Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Quante volte da bambini vi siete sentiti domandare “Cosa vuoi fare da grande?” La domanda più difficile a cui dare risposta, perché spesso questa condiziona (o ha già condizionato ) l’intero futuro di ognuno di noi. Le repliche innocenti, soprattutto in età puerile saranno state piuttosto banali e scontate, frutto anche della nostra ingenuità infantile: il medico, il giornalista, l’avvocato o semplicemente lavorare in un ufficio in cui fare carriera. Quanti di voi invece hanno risposto: voglio fare l’imprenditore!
Probabilmente nessuno, tenuto conto che la buona parte degli imprenditori nel nostro paese in genere sono dei predestinati che hanno ereditato sia i beni da amministrare che gli strumenti per portarli avanti. Una delle criticità emerse, soprattutto in questo periodo di crisi per il nostro paese, è la mancanza di una autentica cultura imprenditoriale che porti i giovani non a chiedere alle aziende esterne un posto lavoro ma a mettersi in gioco per crearsi un’occupazione con le proprie mani. L’obiettivo del rapporto Restart Italia firmato dal ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera, presentato stamattina a H-Farm a Roncade alla presenza della task force di dodici menti esperte che lo hanno redatto è proprio questo: incentivare le giovani generazioni, le più colpite da un crisi che sta erodendo la sicurezza occupazionale, a creare lavoro per sé e per i propri coetanei, apportando allo stesso tempo ricchezza al proprio paese, senza dover cercare rifugio oltreconfine per il proprio futuro.
Sono cinque le fasi realizzazione per la nascita delle start up italiane (termine abusato per definire una nuova realtà imprenditoriale, fondata da meno di 48 mesi), un vero e proprio banco di prova per rilanciare l’economia e l’occupazione nel nostro paese (negli ultimi quattro anni negli Stati Uniti grazie alle start up sono stati creati 3.000 posti di lavoro). Vediamo quali sono le principali fasi contenute nel rapporto:
– la prima fase è quella del Lancio per la nuova impresa: la partenza è ritenuto il momento più delicato perché spesso la nascita di un’impresa rimane solo un’idea astratta che non riesce a prendere forma concreta per gli eccessivi ostacoli burocratici, le tasse onerose e la normativa giuridica complicata. Questo primo punto fondante e fondamentale prevede la semplificazione amministrativa e degli oneri fiscali: la ricetta della iSrl a statuto zero, una start up innovativa attuabile con una spesa di 50 euro, che garantisca tempi brevi di realizzazione, l’iscrizione al registro delle imprese esente dal bollo e diritti di segreteria, la possibilità di autocertificazione alla camera di commercio e alleggerire gli oneri fiscali soprattutto in questa prima fase in cui la liquidità per l’azienda è piuttosto ridotta. Semplificare inoltre la creazione di organizzazioni che sostengano con i propri capitali per permetterne lo sviluppo e la crescita: il piano è quello di intervenire sulle SGR ( Società Gestione Risparmio) e riorganizzarle.
– La seconda misura a favore delle neonate imprese è quella della Crescita: permettere le condizioni favorevoli per far in modo che la start up superi questa fase iniziale ed esca dallo stato di neo impresa per divenire azienda di riferimento a tutti gli effetti e per far sì che costituisca un elemento determinante per l’occupazione e il reddito del paese. La proposta di attuazione di questa fase mediana è la creazione di un “Fondo dei Fondi” unico per le venture capital. Il suo ruolo è quello di anchor investor per attrarre investimenti privati. Per incentivare gli investimenti da parte di cittadini e imprenditori l’ipotesi è quella di detassare questo denaro impiegato ed esportare in Italia il modello americano del crowfounding.
– La terza fase è quella del mantenimento in essere del sistema: la Maturità della start up consiste nel suo debutto sul mercato, attraverso l’acquisizione da parte dell’impresa da parte di soggetti esterni o alternativamente da parte dei fondatori stessi che in questo modo si riappropriano della loro impresa liquidando la partecipazione dei soci tramite un’operazione di mangement by out. Tra le possibilità dell’acquisizione da parte di un soggetto finanziario esterno c’è quella di una IPO (Initial Pubblic Offering)e conseguente quotazione in Borsa.
– La quarta sezione del rapporto è quella della Consapevolezza, soprattutto da parte dei giovani del valore del creare un’impresa che garantisca lavoro per se stessi e per il paese. La consapevolezza si diffonde soprattutto informando e diffondendo all’interno degli ambienti universitari la cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Per fare ciò una delle prime proposte è quella di sostenere e formare gli insegnanti, attraverso corsi di aggiornamento e nuove tecnologie educative legate a questi temi. È stata avanzata anche l’idea di portare in aula gli imprenditori stessi per raccontare contributo da loro apportato nel campo dell’innovazione.
Un ulteriore punto è la nascita di una Contamination Lab, un luogo di discussione un cui far incontrare studenti, ricercatori e giovani professionisti per sviluppare assieme dei percorsi imprenditoriali condivisi.
La chiave di svolta per la diffusione della cultura dell’imprenditorialità innovativa sarà l’ausilio dei mezzi di comunicazione, prime tra tutte la televisione: è stato richiesto il supporto della RAI per veicolare gli spot esplicativi ed ipotizzata la realizzazione di un reality televisivo in cui sia prevista la competizione tra diversi progetti imprenditoriali, al termine della quale sarà assegnato un contributo in denaro ( il modello richiama l’esperimento inglese dei The Apprentice sulla BBC )
– L’ultima sezione è quella dedicata al ruolo centrale che avranno i Territori: l’idea è quella di eleggere alcuni territori specifici favorevoli per la concentrazione delle start up, in quanto contenenti al proprio interno tutte quelle facilities basilari per l’avvio dei progetti e per assicurarne il successo. Per incoraggiare il ruolo dei territori in tutte le fasi progettuali il governo ha istituito un “Fondo per gli ecosistemi start up” completamente dedicato a co-finanziare i progetti che hanno la possibilità di partire nell’immediato in un determinato territorio propizio alla sua riuscita.
Questa è solo una breve sintesi dei punti contenuti nel rapporto. La versione integrale è stata resa accessibile online dal Ministero stesso già stamane, mentre era in corso la conferenza stampa. Nelle 170 pagine dense si contenuto e di proposte, c’è un punto particolarmente degno di nota: notevole attenzione e sostegno viene dedicato alle start up a vocazione sociale, ovvero tutte quelle imprese il cui campo di applicazione è quello legato all’assistenza sociale, alla sanità, all’alimentare, alla conservazione del patrimonio. Si tratta di start up che per la loro natura intrinseca si concentrino in attività legate al no profit e che rischiano di attrarre minori investimenti proprio per l’incognita del ritorno in termini di fatturato. Al fine di promuovere queste aziende che possono rivelarsi un tassello indispensabile per la società e le famiglie, sono state pensate alcune misure extra: il 20% del Fondo dei Fondi sarà riservato infatti per le start up a vocazione sociale, che una volta arrivate nella fase di maturità potranno essere capitalizzate in una Borsa sociale, loro dedicata. Si tratta di un progetto già sperimentato in Brasile e in Inghilterra, dove sono operative la Social Stock Exchange e la Bolsa de Valores Sociais e prevede la nascita di una vera e propria mercato alternativo in cui quotare solo le start up no-profit.
Scarica qui il file integrale del rapporto