Che cosa si intende oggi per innovazione sociale? Ma, soprattutto, può oggi questa definizione così generica soddisfare un’ampia rete di esigenze che si muovono dal profit al no-profit?
Ne parlano Marco Belpoliti e Bertram Niessen sull’inserto Domenicale del Sole24Ore, citando nel concreto uno dei più innovativi bandi in ambito culturale: “Che Fare”, uno spazio che permette alle imprese sociali profit e non profit di realizzare il proprio progetto grazie ad un premio di 100 mila euro.

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Il Novecento è stato interamente fondato su grandi processi di standardizzazione. Non solo uniformità dei processi di produzione industriale, come nelle catene di montaggio della Ford, ma anche uniformità nell’accesso al welfare e all’istruzione, nella burocrazia statale, nei mezzi di comunicazione e nei modelli di consumo.

Quando Castells ha scritto La nascita della società in rete molti lettori hanno preferito soffermarsi su una lettura prevalentemente tecnica della questione, secondo la quale il grande cambiamento paradigmatico, sopraggiunto con la fine del secolo passato, è stato soprattutto un problema infrastrutturale. Ma la trasformazione reticolare della società ha degli sviluppi che vanno ben oltre Internet: si tratta, infatti, di un fenomeno di vastissima portata che, proprio grazie alle possibilità di reperimento, organizzazione e ri-aggregazione delle informazioni, sta trasformando il mondo in cui viviamo in un’ecologia nella quale si affolla un numero di attori sempre più eterogenei.

È allora questo il momento per iniziare a ripensare il mondo attorno a noi come uno spazio della molteplicità, come aveva intuito Italo Calvino nella sua “lezione americana”. Accanto ad attori e processi che rimangono saldamente sotto il controllo dei monopoli della produzione di beni e servizi, iniziano a cercare, e trovare, un loro posto dei fenomeni nuovi, che si muovono secondo criteri inediti e non-standardizzati.

La definizione corrente per indicare questo panorama complesso è “innovazione sociale”; un termine che non può che lasciare insoddisfatti, per la sua genericità e il suo prestarsi a equivoci di ogni sorta. Eppure, al momento, nonostante questo, appare il termine migliore che abbiamo per indicare una serie d’iniziative, sia profit che non profit, che cercano di rafforzare il tessuto civico delle nostre società, favorendo relazioni orizzontali e comunitarie, colmando il più delle volte i vuoti lasciati dalla pubblica amministrazione nella sanità, nell’educazione, nella cultura.

L’innovazione sociale ha tanti volti quanti sono i territori nei quali opera; se si esplora a giro d’orizzonte le nuove forme di sostenibilità economica, sociale e ambientale s’intravedono iniziative che riguardano il micro-credito, il crowdfunding (il finanziamento di servizi o prodotti in modo distribuito attraverso Internet), passando poi per le social enterprise, che operano direttamente sul mercato.

 

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