Spesso si leggono sui giornali titoloni del tipo “Il cinema italiano è in crisi”, lanciati ora da personaggi del grande schermo, ora da qualche premuroso critico. Opinione rispettabile e in parte vera, se si pensa al ruolo che ha avuto effettivamente il cinema italiano in passato, ma che alla fine non regge, soprattutto se si pensa al mancato sostegno da parte di media, produttori e finanziatori verso i registi giovani ed emergenti, gli unici davvero in grado di rilanciare il cinema italiano. Si sa, l’Italia è un paese che, stranamente, sembra avercela a morte con le nuove generazioni…

Poi capita di vedere nelle sale cinematografiche un film coraggioso e originale dal titoloCome non detto”, preannunciato da una campagna pubblicitaria forte, presente in diversi punti strategici delle principali città, persino sulle Frecce di Trenitalia. Un film diretto da un regista emergente, Ivan Silvestrini (bravissimo alla sua prima prova), con un cast misto di attori importanti, come Monica Guerritore e Ninni Bruschetta, e di presenze meno famose, ma comunque in ascesa, come Andrea Rivera e Francesco Montanari.

Certo, un lavoro da solo non può cambiare lo status quo del cinema italiano, ma può servire a smuovere le acque. Ed effettivamente, “Come non detto” era il film ideale per rompere gli equilibri arrugginiti del sistema culturale italiano. Ma la palla non è stata presa al balzo: il lavoro, prodotto dalla Moviemax e sostenuto anche dal MiBAC (cui va dato merito di aver fatto una scelta giusta e coerente con il piano di sostegno al cinema italiano, senza se e senza ma), arriva solo in pochissime sale e vi rimane per un periodo di tempo esiguo. Risultato? L’incasso totale è stato stimato in poco più di 200.000 euro. Un enorme peccato, perché il cinema italiano ha bisogno, oggi più che mai, di affidarsi agli emergenti, ai giovani registi, a personaggi che hanno il coraggio di affrontare temi tabù in Italia.

Silvestrini ha realizzato un lavoro di alta qualità, capace di colpire al cuore delle persone per la delicatezza del tema trattato, l’omosessualità, affrontato con un misto di ironia, comicità e ansiosa inquietudine. Nello specifico, il film vede come protagonista Mattia (interpretato dall’altrettanto bravo Josafat Vagni) un giovane universitario gay che spera di cominciare una nuova vita trasferendosi in Spagna, dove lo aspetta il suo fidanzato, Eduard. Tuttavia, il giorno prima della partenza è tormentato dal dubbio che attanaglia ogni ragazzo gay: fare o no coming out con la propria famiglia? Le cose si complicano quando Eduard, a sorpresa, gli dice che sarebbe arrivato a Roma nel tardo pomeriggio per conoscere i suoi genitori, senza sapere che il fidanzato romano gli ha sempre raccontato bugie sulla serena accettazione dei suoi familiari in merito alla loro relazione.

A questo punto Mattia non ha scampo e, per quanto possa essere difficile e devastante, deve dire tutto ai suoi genitori, almeno per cercare di vivere più serenamente. Il finale, poi, rivelerà il resto.

Accanto alla trama leggera e coinvolgente (ricca di flashback, ma sempre lineare), che riesce a trattare il tema gay senza mai cadere nei banali stereotipi, fa piacere constatare quanto il film sia vero, sincero. Il travaglio interiore di Mattia, le sue ansie, le sue paure, le offese che gli vengono rivolte e verso le quali riesce ad avere un riscatto finale, i suoi momenti di felicità, il suo rapporto d’amore, le sue amicizie sincere, sono tratti comuni a tantissimi ragazzi che si sono trovati, o si trovano, nella stessa situazione. Molti di quelli che hanno fatto coming out possono riconoscersi alla perfezione in Mattia e nel suo coraggio: a qualcuno è andata altrettanto bene, a qualcun altro no. Ma va dato merito a Silvestrini di aver preso per mano una vicenda molto sentita nella vita di ogni omosessuale, spesso affrontata con dolore, ansia e paura. Difficile trovare un altro film che riesca a parlare di coming out con tanta realtà e vivacità. Già solo per questo il cinema italiano (e i suoi appassionati) dovrebbe ringraziare il regista e dovrebbe imparare da lui ad avere più coraggio nell’affrontare certi argomenti.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=hcQudPY2AnA?rel=0]

Ma si tratta pur sempre di un film che parla di omosessualità, una cosa inaccettabile nel Paese bigotto in cui viviamo… E così, un lavoro che poteva portare una ventata di freschezza nel cinema italiano, che meritava molta più visibilità e che è riuscito a parlare di omosessualità in modo originale, con serenità e senza vergogna, diventa al contrario un prodotto da evitare per l’Italia omofoba. Poco importa se è piacevole da guardare e se riesce a gettare una luce ben diversa dal solito (e sicuramente più veritiera) sul mondo omosessuale. Viene naturale chiedersi se un giorno questo Paese riuscirà ad uscire dal Medioevo socio – culturale in cui vive. Qualunque sia la risposta, l’Italia ha ancora una volta dimostrato di essere indietro anni luce rispetto a molti altri paesi occidentali.

Un’altra occasione persa… Un vero peccato!