Per gli appassionati di vino e di uva, la vendemmia è un momento magico, unico. Sotto il Vesuvio, noto per essere un vulcano pericoloso e anche per le generose terre da cui nascono uva e vini tra i migliori al mondo, e più precisamente negli scavi di Pompei, questo momento della vendemmia ha un sapore ancora più unico e speciale.

All’interno dell’area archeologica meglio conservata al mondo, ci sarà la XIII edizione della vendemmia attraverso il tradizionale taglio delle uve nei vigneti sperimentali posti all’interno dell’area archeologica, nel Vigneto delle Fontane a Mosaico.

L’obiettivo è quello di produrre il vino pregiato detto Villa dei Misteri, prodotto da Mastroberardino, grazie ad una saggia partnership che dura dal ‘96. La raccolta delle uve si terrà nei vigneti del Foro Boario, del Triclinio estivo, della Domus della Nave Europa, della Caupona del Gladiatore, di Eusino e nell’Orto dei Fuggiaschi.

L’esperimento della vendemmia a Pompei Scavi, grazie agli studi del Laboratorio di Ricerche applicate e con la collaborazione dell’azienda vitivinicola Mastroberardino (eccellenze, rispettivamente, in ambito scientifico e vitivinicolo), è nato nel 1994 e fino ad oggi ha visto estendersi l’area interessata fino alle Regiones I e II.

L’assoluta particolarità rispetto alla “classica” vendemmia è l’uso di esperienze di viticoltura di duemila anni fa, nota interessante e nuova nonostante l’età delle tecniche perché si riesce in questo modo a raccontare e “riprodurre” Pompei antica, la sua cultura vitivinicola, la sua tradizione passando per la protezione, la difesa e la valorizzazione del territorio e dell’ambiente.

Nessun concime, vista la ricchezza del terreno e nessun ricorso al diserbo se non meccanico, il Villa dei Misteri è un risultato ambizioso ottenuto dalla collaborazione tra esperti, studiosi ed enologi che racchiude il recupero e la storia di un territorio oltre il tempo e la natura. Perché non è bastata la forza irruenta del Vesuvio e non sono bastati duemila anni di “lontananza” tra terreno ed uva a spezzare l’incredibile forza che da sempre unisce terra e tradizione.

La cultura e la ricerca possono, ancora una volta, salvare e salvaguardare territorio e memoria, anche quando sembra non esserci più speranza.