Essere una ragazzina di 14 anni non è semplice come molti pensano: si avvertono i primi cambiamenti fisici, c’è il confronto con i coetanei, la scuola e le prime responsabilità.
Se però sei una bambina pakistana, con il grande desiderio di imparare e andare a scuola, questi appariranno come problemi secondari.
Malala Yousafzai è stata infatti raggiunta da alcuni proiettili all’uscita dall’aula dove si recava quotidianamente per seguire le lezioni, sfidando il regime dei talebani vigente a Mingora e in tutta la valle dello Swat.
L’istruzione per le donne è infatti avversata dai fondamentalisti che costringono le bambin, fin dalla più tenera età, a matrimoni con uomini adulti. I tentativi di ribellione a queste regole sono puniti con la violenza; assurda eppure molto comune l’usanza di sfregiare in volto le donne con l’acido.

Malala Yousfzai è stata accusata di “infedeltà e oscenità” per aver condotto sin dal 2006, una coraggiosa campagna di denuncia contro i soprusi subiti da lei e dalle sue coetanee, costrette a recarsi a scuola con il burka per nascondere la propria identità e i libri scolastici. Il diario in cui ha avuto la forza di raccontare quanto accade nel suo Paese si è trasformato in un blog della BBC Urdu. Malala è stata poi protagonista di due documentari del New York Times, che l’hanno definitivamente consacrata a voce delle bambine pakistane. Il suo motto è “dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani”.
Sapeva che la sua tenacia sarebbe stata punita nella maniera più barbara, ma Malala ha evidentemente avuto la speranza e la fiducia nel futuro che solo i bambini possiedono.
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Le sue condizioni sono ora critiche: a rivelarlo è il tenente colonnello Junaid Khan, che dirige l’ospedale militare di Peshawar dove Malala è stata soccorsa. Aiuti sono stati offerti alla ragazza dagli Emirati Arabi e dagli USA, del cui presidente Obama è grande fan, ma spostarla è ora troppo rischioso per le condizioni fisiche in cui versa: è stata infatti colpita da due proiettili, uno al collo e l’altro alla testa.
Ora il mondo prega affinché Malala sopravviva e torni a scuola con le sue compagne.

Questo episodio barbaro non è purtroppo isolato, ma ogni giorni milioni di bambine subiscono ancora soprusi e vedono violati i loro fondamentali diritti.
Simile alla vicenda di Malala, è quella di Bharti Kumari, indiana di Kusumbhara, nel Bihar. La sua storia commovente si è trasformata in un libro intitolato “La Maestra Bambina”: abbandonata neonata è stata adottata da una famiglia di poveri agricoltori dalit, la casta inferiore della società indiana; la sua voglia di imparare l’ha condotta ben presto a condividere le nozioni apprese con gli altri bambini del suo villaggio, nonostante la povertà anteponga la preoccupazione della semplice sopravvivenza. Il suo impegno e coraggio l’hanno premiata: notata da un giornalista locale, è stata condotta alla Gandhi Memorial Public School dove ha completato gli studi.
Questo le ha permesso di guardare al futuro con fiducia, a dispetto delle sue umili origini che l’avrebbero altrimenti costretta a una vita umiliante. La consapevolezza dell’aver ricevuto un’istruzione le ha fatto affermare: “Il domani, è ancora tutto da scrivere”.

E forse non tutti sanno che l’11 ottobre è proprio la giornata mondiale per la difesa dei diritti delle bambine. Quest’anno si tiene la sua prima celebrazione, con eventi in oltre 60 Paesi, che illumineranno di rosa i maggiori monumenti. A New York si terrà invece una cerimonia alla presenza del Nobel per la Pace Leymah Gbowee.
A Malala, a Bharti e alle tante, troppe bambine che come loro ancora subiscono ingiustizie inaccettabili, dedichiamo questa giornata.

Oggi è partita inoltre la campagna di sensibilizzazione verso questo fenomeno, volta a dar voce a tutte le bambine ‘invisibili’ del mondo, ad affermare con forza i loro diritti, a promuovere la pari dignità fra i sessi, garantendo alle ragazze più povere le stesse possibilità.
La campagna per l’istruzione delle bambine è stata lanciata dall’organizzazione internazionale Plan. La testimonial è l’attrice Freida Pinto che nel video ci chiede di alzare la mano per la causa. Noi alzeremo anche la voce!

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