È possibile “fare sociale” sfruttando al meglio le risorse che ci offre il web? In apparenza la risposta scontata sarebbe certamente positiva, tuttavia le implicazioni possono essere molteplici.

Per incanalare al meglio le informazioni e veicolare i messaggi in modo che raggiungano il maggior numero di utenti (e soprattutto gli utenti interessati), è necessario conoscere appieno le regole del vasto universo che rappresenta internet e tutte le caratteristiche degli strumenti che lo caratterizzano. Lo sanno bene coloro che internet lo hanno reso non solo uno strumento fondamentale ma il protagonista del proprio lavoro.

Il motore di ricerca Google e il canale video Youtube hanno strutturato insieme un progetto dalle potenzialità immense: si chiama “Internet for good” ed ha come obiettivo quello di agevolare l’ingresso nel web delle organizzazioni no profit, quelle rivolte al sociale e al fundraising per diffondere le loro iniziative e progetti, soprattutto tra le giovani generazioni.

Già attivo negli Stati Uniti, la presentazione ufficiale in Italia è avvenuta ieri pomeriggio alla presenza del ministro per la cooperazione e l’integrazione Andrea Riccardi. Ad aprire la presentazione è stato proprio un rappresentante della best practices made in Usa, Hunter Walk, il Director of Product Management di Youtube, che ha raccontato come all’interno dell’azienda di video più famosa della rete, i dipendenti dedichino venti ore del proprio lavoro settimanale gratuitamente per spiegare ed introdurre le aziende nelle potenzialità della Rete e per carpire al meglio i segreti di questo strumento, sia per il sociale che per l’istruzione.

Diffondere quindi la cultura del web e radicarla nei piani di comunicazione aziendali soprattutto a livello virale. I risultati di questo ed altri esperimenti già online li rende noti il presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, Alberto Contri: la app inglese iHobo, attraverso la quale i giovani possono adottare un loro coetaneo senza tetto virtuale e prendersi cura di lui, con lo scopo di accrescere la consapevolezza della diffusione di questo fenomeno; oppure la nave New rainbow Marrior di Green Peace realizzata e varata grazie allo sfruttamento del crowdfunding online e alle donazioni di privati cittadini che potevano acquistare ogni singolo pezzo della nave, dal più insignificante al più costoso, per permetterne la costruzione.

E ancora, l’applicazione di Amnesty International presente nella versione online del settimanale tedesco Die Welt, attraverso la quale i lettori posoono firmare la petizione contro la pena di morte oppure il progetto Donate blood in Brasile, che sfrutta invece Facebook per sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni sulla necessità di donare il sangue per salvare vite umane.

Altro esempio è la divertente iniziativa dei volontari del WWF che, travestiti da panda e dotati di un unico volantino da distribuire sono riusciti a far arrivare il loro messaggio a più di 285 mila persone. Posizionandosi alle estremità di una scala mobile di un centro commerciale molto affollato i volontari davano a chi saliva e scendeva sempre lo stesso volantino (per non doverne realizzare migliaia che avrebbero compromesso numerosa vegetazione) e riprendendoselo di volta in volta. Il video che riprende la sequenza, attraverso la diffusione virale online è riuscito a raggiungere così le 285 mila persone, un numero sicuramente maggiore rispetto all’impatto che avrebbero avuto i semplici, costosi e nocivi per l’ambiente volantini cartacei.

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Sono solo alcuni dei progetti già realizzati, ma le idee da portare in campo sono ancora numerose e le potenzialità nei diversi settori del no profit e dell’education saranno ancora maggiori. Così come spiegato in maniera incisiva lo stesso Hunter Walk, “l’obiettivo non è quello di cambiare il mondo come affermano molti imprenditori, ma quello di aiutare il mondo a cambiare sé stesso”.