Il banco non è male.
Legno grezzo, di quelli che ti fanno i gomiti e non solo, se non stai bene attento a come ti muovi.
Del resto, il saloon deve portare con lui una certa quale eredità in cicatrici.
L’esperienza è importante: da qualche parte lungo la Frontiera si dice che sia il proiettile di ogni colpo andato a segno.
Ma non siamo qui per parlare delle lunghe cavalcate in equilibrio sul confine, quanto di quello che siete venuti a bere: che sia per ristorarvi o per dimenticare, poco importa.
Questo vecchio cowboy sarà sempre qui, pronto a riempirvi i bicchieri e sempre in attesa del prossimo brindisi.

 

 

 

 

Argo
di Ben Affleck

Da gustare come: Vodka tonic, deciso.

Se avete bisogno di: un solido dramma made in Usa che mostri un po’ di scheletri nell’armadio dello Zio Sam.

Di cosa si tratta: archiviato il sorprendente The town, Ben Affleck torna dietro la macchina da presa rivelandosi un regista decisamente migliore rispetto a quanto non sia mai stato nel ruolo di attore, ispirandosi a fatti realmente accaduti per raccontare una vicenda che mescola operazioni militari e di spionaggio senza dimenticare gli intrighi che la politica – e non solo – è disposta ad ordire pur di mantenere ben saldo un certo ordine costituito.
Sicuramente una delle nuove proposte più interessanti che gli States possano offrire al momento.

 

 

 

Ballata dell’odio e dell’amore
di Alex De La Iglesia

Da gustare come: sangrìa. A fiumi.

Se avete bisogno di: immergervi nel mondo stralunato di uno dei più disequilibrati registi iberici.

Di cosa si tratta: un’opera particolare e malinconica tutta – o quasi – ambientata nel mondo del circo che è anche lo spaccato dei drammi che la Spagna visse durante la Guerra Civile e sotto la dittatura di Franco.

Sicuramente non per tutti, Ballata dell’odio e dell’amore resta l’espressione di una delle voci più fuori dagli schemi del Vecchio Continente, giunta dalle nostre parti con un ritardo più che colpevole, considerato che il titolo in questione è già un piccolo cult della rete da tempo.

 

 

 

Red Lights
di Rodrigo Cortez

Da gustare come: assenzio, zolletta infuocata e speranza di non finire perduti.

Se avete bisogno di: un thriller da serata di stacco.

Di cosa si tratta: sfruttando un cast all star – Cillian Murphy, Sigourney Weaver, Robert De Niro -, il poco noto Rodrigo Cortez propone un thriller dal colpo di scena facile che probabilmente farà ribrezzo agli appassionati del Cinema d’autore ma che si colloca con discreta dignità all’interno del mondo dei blockbuster d’intrattenimento non completamente votati ai neuroni e alle funzioni “alte” del cervello.
Non aspettatevi cose da strapparsi i capelli – cosa fondamentale, in questi casi – e piuttosto lasciatevi trasportare dai colpi di scena e dalle atmosfere: se non altro avrete guadagnato una serata di svago.

 

La sposa promessa
di Rama Burshtein

Da gustare come: un amaro, che possa scaldarvi dentro ma anche togliere ogni tipo di ruggine.

Se avete bisogno di: una ventata di Cinema autoriale in un mese certo non tra i più esaltanti per le uscite in sala.

Di cosa si tratta: così come Red lights rappresenta, in qualche modo, il perfetto esempio di blockbuster da weekend al multisala, La sposa promessa è il tipico prodotto da serata di metà settimana in qualche Cinema d’essai. Ambientato a Tel Aviv e legato a doppio filo alle tradizioni ebraiche, racconta i drammi di cuore e di vita attorno alla scelta della giovane Shira, promessa in sposa dalla sua famiglia e scossa da un tragico susseguirsi di eventi.
Considerato che si sta parlando di un’opera prima, direi che una visione potrebbe starci tutta, anche perché proposte di questo genere diventano sempre più rare in una distribuzione che pare scegliere spesso e volentieri le profondità del portafoglio rispetto alla qualità dei prodotti.

 

 

 

 

Il sospetto
di Thomas Vinterberg

Da gustare come: vodka liscia.

Se avete bisogno di: un po’ di sana, vecchia, critica sociale condita da una buona dose di puzza sotto il naso.

Di cosa si tratta: personalmente, non ho mai amato particolarmente Vinterberg. Il regista del più che noto Festen, compagno di merende di Lars Von Trier, mi è infatti sempre parso un esponente di spicco di quella borghesia radical chic che tiene tanto a criticare.
Questo suo ultimo lavoro sembra mantenere il filone della sua appena citata pellicola più famosa, dunque in condizioni migliori non sarebbe finito certo nella mia cinquina di consigli mensili: ma in questo novembre davvero avaro di proposte interessanti dovremo accontentarci dello sguardo irregolare di Mads Mikkelsen – lui sì, uno dei miei protetti – e sperare che non sia così male come sarei portato a pensare.
In fondo, nei salotti europei, il buon Thomas è sempre andato forte.