Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Intervista ad Anna Fiscale, co-fondatrice del progetto QUID
Quid è un nuovo brand di T-shirt che nasce recuperando materiali di fine serie e creando nuovi modelli da rimettere sul mercato attraverso le abili mani di donne svantaggiate. È un progetto innovativo, etico e sostenibile che coinvolge in attività produttive e creative persone in difficoltà, inserendole nel mondo del lavoro e nella società.
Dietro al marchio ci sono le competenze e la grinta di 5 amici under 30: Anna Fiscale, Ludovico Mantoan, Lucia Dal Negro, Umberto Brambilla ed Elisabetta Stizzoli.
Anna, com’è nata l’idea del progetto e come si sviluppa? Perché avete scelto questo nome e come logo una molletta?
Il progetto è nato dalla volontà di concretizzare nel nostro territorio il reinserimento sociale di persone svantaggiate, combinando l’aspetto “frivolo” della moda con quello più utile di creare un impatto positivo nella nostra città.
Nel mio percorso di studi, mi sono sempre focalizzata sulla cooperazione e lo sviluppo internazionali, su progetti volti a valorizzare le capacità di popolazioni in gravi difficoltà socio-economiche.
Di ritorno da Haiti, dopo uno stage presso una ONG internazionale, mi sono chiesta, vista la situazione italiana, cosa potessi fare per la mia terra, in quello spirito che si riflette nella concezione attivista dell’”act locally, think globally”.
Anche gli altri quattro ragazzi, che hanno contribuito a dare vita al Progetto Quid, condividevano lo stesso spirito. Grazie alle loro competenze specifiche nei settori della gestione economico-amministrativa, comunicazione sociale/progettazione e moda, a marzo è nato il progetto QUID.
QUID è il nome del nostro progetto che vuole essere quel “qualcosa in più” in cui crediamo, quella molla che ci permette di immaginare una risposta concreta dando un valore aggiunto al nostro prodotto. Il nostro logo è una molletta con cui teniamo insieme i due aspetti del sociale e della sostenibilità ambientale con quelli di mercato. La molla per fare ciò è la nostra creatività.
Lavorate con persone svantaggiate, in particolare con donne. Qual è la vostra responsabilità sociale? Quante persone siete riusciti a coinvolgere nel progetto Quid?
Per il momento lavoriamo con sette donne, inserite in tre cooperative del territorio. Una ragazza invalida al 70%, tre ragazze ex-alcoliste e tre ragazze che escono dalla tratta della prostituzione, sono state coinvolte a vario titolo nel progetto a seconda delle loro capacità. Alcune si occupano di modifiche sartoriali su capi femminili, altre su capi maschili, altre di aspetti di confezionamento del prodotto. Crediamo molto nella loro emancipazione tramite il lavoro che QUID affida loro.
Oggi i consumatori sono più attenti a quello che acquistano. Come risponde il territorio al vostro progetto?
Per il momento il territorio sta rispondendo positivamente. La combinazione di aspetti sociali (dare lavoro a persone svantaggiate) e di impatto ambientale (riciclare materiale di fine serie) sta premiando la nostra idea. Combinando moda, socialità e sostenibilità ambientale, QUID genera occupazione e crea un modello che pone al centro il cliente come attore in grado di fare la differenza.
Come nascono le maglie Quid? A che target di clienti vi rivolgete?
QUID si rivolge ad un pubblico giovane, attento al fattore moda e alle nuove frontiere di business eco-sostenibile.
Lo styling dei modelli segue le tendenze di moda del momento che il team QUID è riuscito a mappare utilizzando un’indagine di mercato (Facebook) ed effettuando scouting nelle principali capitali d’ Europa. Le personalizzazioni e le modifiche sartoriali, apportate ai modelli QUID, sono realizzate a mano da queste donne che lavorano presso tre cooperative partner del territorio veronese sotto la guida di sarte esperte (volontarie).
QUID riceve settimanalmente i materiali di fine serie, per cui non è possibile sapere in anticipo i colori e le taglie a disposizione. Questo rende ancora più particolare il nostro progetto, perché ogni T-shirt è, di fatto, un’edizione limitata.
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