Scacchi, un’opera del 1952 rivela attenzioni culturali e visive ampie, tra riverberi modulari, ispirazioni di radice optical e investigazioni cromatiche minimali, giocata com’è sul doppio filone giallo-nero.

Scacchi è una delle opere presenti nella mostra antologica dedicata a Mario Nigro in corso alla Kunstsammunger di Chemnitz, in Germania, a cura di Ingrid Mössinger e Francesca Pola. Sfogliando il volume (pp. 119) si prosegue nella tracciabilità del suo percorso con nuove sollecitazioni, legate ancora alla modularità ma intesa con uno spirito più emancipato, meno inglobato nelle regole formali. Affiorano così dipinti come Pittura: fuga del 1952, e una selezione ragionata del ciclo Spazio totale degli anni Cinquanta.

Studiando il bel catalogo prodotto per l’occasione, spunta con chiarezza il lungo itinerario di quest’ artista che alla professione scientifica – aveva una doppia laurea in Farmacia e Chimica – preferì il confronto con l’arte sin dagli anni Quaranta, in pieno dibattito tra astrazione e figurazione, che proprio in Italia ebbe esiti di grande respiro. Nato nel 1917 a Pistoia, visse dapprima a Livorno con la famiglia d’origine, e poi sostanzialmente a Milano, sin dal 1958, fino al 1992, anno della sua morte.

A un certo punto del suo percorso, Nigro sembra non accontentarsi della bidimensionalità, tenta soluzioni differenti per associare la modularità a un afflato plastico, sempre però rigorosamente ritmico: germinano così le quattro colonne prismatiche – presenti in mostra e documentate nel volume – che scandiscono lo spazio reale e immaginario dell’epifania artistica. Donando tra l’altro allo spazio espositivo un equilibrio che ben si coniuga con il resto delle opere in mostra, creando in fin dei conti un’installazione unitaria, qualcuno direbbe addirittura “totale”. Negli anni Settanta, il percorso si fa ancor più interessante, la superficie dell’opera è “trattata” con nuovo rigore, segmenti colorati cadenzano la fisionomia dei dipinti, facendo emergere ampie estensioni bianche su cui puntare l’attenzione del pensiero e della meditazione filosofica. Perché nel lavoro di Nigro c’è anche questo.
La naturale prosecuzione di questo lavoro è la serie dei ritratti immaginari legati al mito.

Da i ritratti: Agamennone del 1988 affiora però un aspetto inedito per Nigro, ovvero la dirompente forza cromatica ed espressiva delle zaffate di colore, che graffiano il supporto, lo violentano quasi, suggerendo tangenze vitalistiche dopo il lungo peregrinare di stampo minimale e per certi versi assodato. Sono grandi lavori che fanno percepire l’ampio raggio degli interessi visivi di Nigro, il suo lungo viaggio alla scoperta del segno e dello spazio della non-rappresentazione. La mostra e il relativo catalogo sono stati realizzati grazie al sostegno della galleria d’arte milanese che segue con attenzione il lavoro di Nigro, A arte Studio Invernizzi, insieme all’archivio Nigro di Milano.

Oltre alle introduzioni affidate al figlio di Nigro e al direttore del museo, il volume Mario Nigro– con testi in tedesco, inglese e italiano, edito da edito da Kunstsammlungen Chemnitz – si avvale di un saggio della studiosa Francesca Pola che mira alla lettura del complesso itinerario dell’artista. Una selezione delle opere e gli apparati biografici, bibliografici ed espositivi chiudono questo volume, fondamentale punto di riferimento per chi intende confrontarsi con l’Opera del maestro italiano insieme al ricco catalogo generale edito in anni recenti per la cura attenta di Germano Celant.

Ma questa doppia attenzione – espositiva e editoriale – del nuovo progetto, fa emergere altresì alcune riflessioni sul sostegno dell’arte italiana all’estero, che spesso in questi anni di ristrettezze economiche per le istituzioni del nostro paese passa naturalmente dall’attenzione operativa dei privati, in questo caso della citata galleria milanese e dell’archivio Nigro. Il tandem pubblico-privato in tal senso continua ad essere un momento valido di confronto e divulgazione dei nostri beni, che, ricordiamolo, sono anche quelli della storia dell’arte del secolo scorso, spesso dimenticati ingiustamente.
La mostra sarà visitabile fino al 3 febbraio 2013.
Approfondimenti sul sito internet ufficiale della mostra