È arrivata un po’ in sordina, a ridosso delle vacanze di Natale, una decisione inappellabile presa da Enac e Adr holding che controlla l’hub di Roma Fiumicino, dove convogliano tutti i voli in partenza e in arrivo per la capitale: il decantato aumento delle tasse aeroportuali che faranno lievitare le tariffe dagli attuali 16 euro a cifre che variano dai 26 ai 50 euro per passeggero. Un incremento consistente, che quasi raddoppia le entrate che ogni viaggiatore in transito da e per Roma apporterà nelle casse della holding capitanata da Gemina(gruppo Benetton) che di Adr detiene il 95%. Della proposta dell’aumento a carico dei passeggeri si vociferava nei mercati azionari da tempo tanto che già nel 2010 la banca d’affari americana Citigroup consigliava di investire nel titolo nel quale confidava un grande margine di guadagno proprio in vista degli incrementi promessi da Enac.

Le entrate delle tariffe aeroportuali vengono assorbite completamente da progetti di ristrutturazione degli spazi aeroportuali che li impongono e, nel caso dello scalo di Fiumicino le previsioni riportate dal Piano Nazionale degli Aeroporti sembrano essere molto positive: se ad oggi lo scalo romano convoglia su di sé il 30% del traffico nazionale, raggiungendo la quota di 37 milioni di passeggeri, nel 2020 è previsto aumento a 50 milioni sino ad un raddoppio del traffico attuale nel 2030 con una quota di 80 milioni di passeggeri. Un incremento di traffico che allarma i vertici di Adr, i quali sostengono che la situazione potrebbe raggiungere in questo modo la saturazione, anche in vista dei piani di sviluppo turistico professionale e congressuale per la capitale di cui già si parla da un paio d’anni. Pertanto, la soluzione ritenuta più idonea per prevenire la saturazione è stata quella di ideare un raddoppio dell’aeroporto Leonardo Da Vinci. In sintesi, il progetto prevede un aumento della superficie delle aerostazioni di 1.300 ettari che si aggiungeranno ai 1.600 già esistenti che verranno invece riqualificati. Nei nuovi spazi saranno ampliate le strutture dei terminal e verrà creata una nuova pista che si andrà ad aggiungere alle 3 già esistenti. Il progetto è già stato delineato su un documento congiunto di Adr ed Enac e affidato allo studio ingegneristico Scott e Wilson. L’investimento calcolato per l’intera operazione che dovrebbe terminare nel 2044 (data che coincide con la scadenza della concessione di Adr per gestire lo scalo), ammonta a poco meno di 12 miliardi di euro. Una cifra cospicua che verrà finanziata proprio dall’aumento delle tariffe e dall’indotto commerciale che deriverà dalle zone ritagliate dai 1.300 nuovi ettari che saranno dedicate ad hotel, negozi, uffici e centri congressi.

Perciò, a conti fatti, nessuno degli imprenditori della holding di Adr investirà capitali privati per il progetto di raddoppio e, nel 2044, gli stessi si ritroveranno a cedere la concessione di uno scalo che non solo avrà visto aumentare esponenzialmente il proprio traffico, ma anche la propria superficie e il proprio indotto.
Due considerazioni:
la prima: la superficie dei 1.300 ettari aggiuntivi per il raddoppio è formata da terreni agricoli che saranno espropriati. Buona parte di questi appezzamenti appartiene alla Maccarese spa, di proprietà sempre della famiglia Benetton: questi fondi grazie al cambio di destinazione d’uso da agricolo ad edificabile acquisteranno valore e si ritroveranno ad ospitare le nuove infrastrutture aeroportuali e strutture turistico commerciali
la seconda: al fianco di questa mastodontica opera di costruzione sarà avviato contemporaneamente un lavoro di messa a norma delle infrastrutture pubbliche stradali e ferroviarie per rendere accessibile lo scalo: un progetto che prevede la creazione di complanari per collegare l’autostrada Roma Fiumicino con il Gra, di un bypass parallelo al Raccordo Anulare che colleghi la Roma Civitavecchia con la SS148 Pontina, l’ampliamento di via della Scafa e del corrispettivo ponte, il potenziamento del trenino della Roma Lido, l’incremento delle corse del treno Roma Termini – aeroporto Leonardo da Vinci. Si tratta quindi di opere pubbliche di completamento necessarie per non intasare il traffico già congestionato su queste arterie di comunicazione, la cui competenza però non sarà a carico di Adr, bensì del Comune di Roma e di Anas spa, la prima facente parte del cda di Adr, la seconda invece del gruppo Atlantia, sempre appartente alla famiglia Benetton.

Ricapitolando: il raddoppio della superficie aeroportuale lo finanzieranno i passeggeri con gli introiti dei biglietti; l’ammodernamento delle opere pubbliche necessarie per non congestionare le vie di comunicazioni lo pagheranno gli enti pubblici con i soldi dei contribuenti o con probabili aumenti delle tariffe autostradali di cui già si vocifera da tempo. E l’incasso dell’indotto a chi andrà? A Gemina. Ma quanto questo raddoppio è realmente necessario? Prendiamo ad esempio lo scalo aeroportuale della città più amata dagli italiani: Heathrow a Londra. Nella capitale inglese la superficie attuale dello scalo è di 1,227 ettari, le piste presenti sono solo 2 ( e infatti il governo inglese sta discutendo se costruirne una terza per non farsi surclassare da Francoforte e Amsterdam dove le piste sono tre e non quattro come previsto dal raddoppio di Fiumicino) e il traffico dei passeggeri raggiunge già oggi quota di 70 milioni. Si tratta di dati risalenti al 2011, che non tengono conto dell’incremento notevole che lo hanno raggiunto l’anno passato grazie alle Olimpiadi che hanno attirato milioni di turisti. Forse perché ad Heathrow prima di lanciarsi in progetti pluriennali e mastodontici hanno cercato di razionalizzare l’esistente, che è lo stesso consiglio scritto nelle prime pagine del sopracitato Piano Nazionale per gli Aeroporti.

Fiumicino si presenta oggi ad un livello di efficienza non certo eccellente rispetto allo standard europeo e forse prima di pensare ad un allargamento andrebbe migliorata la pulizia e l’operatività delle strutture attuali e razionalizzato il piano di arrivi e atterraggi come fatto all’estero. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, inoltre, il territorio agricolo scelto per il sedicente raddoppio non sembra essere il più indicato: la zona del litorale romano per buona parte, infatti, in passato era di natura acquitrinosa e al di sotto del livello del mare. Colate di cemento come quella prevista su di un territorio già eccessivamente impermeabilizzato dall’urbanizzazione incontrastata, potrebbero aggravare la tenuta per il deflusso delle piogge che rischiano di non essere più assorbite dal terreno. Non a caso nel progetto di raddoppio presentato da Adr viene accennato al potenziamento dell’idrovora di Focene. Ma siamo certi che sarà sufficiente per prevenire gli allagamenti che sempre più frequentemente minacciano il litorale laziale?
Inoltre siamo sicuri che le infrastrutture verranno create di pari passo con l’ampliamento delle strutture aeroportuali, oppure rischieremo di trovarci con un immenso hub isolato e irraggiungibile? Con l’approvazione infatti della delibera 105 del 20 dicembre scorso, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha previsto che la spesa per la realizzazione delle opere pubbliche può essere rivista ( e quindi ampliata) anche in corso d’opera e dopo l’aggiudicazione della gara. L’assenza di un tetto di spesa quanto potrà allungare i tempi di realizzazione e messa in operatività delle infrastrutture necessarie?

Forse gli interrogativi sulla fattibilità e sulla utilità per cittadini e turisti di tale opera superano i presunti benefici. A meno che non si tenga conto dei benefici per i principali azionisti di Gemina spa.