“A Carnevale ogni scherzo vale!”, sono detti che rendono bene l’atmosfera che si respira in questo periodo dell’anno: tra maschere, coriandoli e feste, ci si concede inoltre qualche piacere in più per il palato.
Il Carnevale è infatti fin dall’antichità il periodo in cui si accettava una sana e circoscritta inversione dell’ordine prestabilito, con scambio di ruoli nella compagine sociale.
Con l’avvento del Cristianesimo il Carnevale, precedendo il periodo di penitenza della Quaresima, è ancor più divenuto tempo per bagordi e allegria.
Oggi la ricorrenza è l’occasione per giocare con travestimenti, scherzi e feste in cui non possono mancare i dolci tipici.

Ogni regione ha la sua ricetta carnevalesca, ma a predominare sono ovunque i dolci fritti.

Hanno numerosi nomi, come chiacchiere, frappe, cioffe, bugie, dato dal diverso aspetto assunto, ma l’impasto di base è sempre lo stesso: uova, farina, burro, zucchero e liquore a piacere, il tutto fritto e poi spolverato di zucchero a velo. Esistono declinazioni diverse delle chiacchiere o frappe, cotte al forno, con gocce di cioccolato, miele, anice, ma di certo sono le regine del Carnevale. Si ritiene che abbiano origine già nell’antica Roma, quando nel periodo dei Saturnali, si preparavano le frictilia, dolci fritti nel grasso animale, che le donne più anziane, col capo cinto d’edera, distribuivano per le strade.

Altra leccornia, immancabile per il Carnevale, sono le castagnole: dolci tondi e fritti, hanno origine in Emilia Romagna, ma sono ormai diffusi dal nord al sud della penisola. La loro forma e il loro colore brunito ricorda appunto le castagne, da cui prendono il nome, e che in questo periodo hanno ormai  concluso la loro stagione.

Una variante delle castagnole semplici sono le fritole veneziane, arricchite con uvetta sultanina e pinoli. Appaiono sulle tavole già dal 7 gennaio e vi rimangono fino a metà quaresima. La loro presenza nella tradizione locale è testimoniata anche nella commedia “Il Campiello” di Carlo Goldoni, ambientata nel Carnevale del 1755, la cui protagonista Orsola è per l’appunto una frittolera.

La Toscana vede protagonista anche il Berlingozzo, dolce a forma di ciambellone dal sapore agrumato: farina, zucchero, burro, uova, lievito e scorze di agrumi sono gli ingredienti. Il nome deriva dal “berlingaccio”, termine dialettale con cui si indica il giovedì grasso e una maschera tipica del ‘400. Non a caso il verbo “berlingare” esprime il divertirsi a tavola.

Le Zeppole di San Giuseppe, festeggiato il 19 marzo, sono una ricetta tipica del periodo di Carnevale in Campania. Nell’800, per il giorno del santo, i friggitori napoletani si esibivano davanti le loro botteghe nella preparazione di questi dolci costituiti da una pasta fritta e zuccherata, accompagnata con una farcitura di crema.
Queste delizie sono molto diffuse anche in Sardegna, con il nome di Is tzìppulas, e in tutta l’Italia meridionale, in Puglia, Calabria, fino in Sicilia, dove sono preparate con farina di riso e ricoperte con miele d’arancio.

In Basilicata e Campania il martedì grasso si porta in tavola il Sanguinaccio, ricetta diffusasi anche in altre regioni italiane. Si tratta di un dolce al cucchiaio, dalla consistenza del budino, preparato con cioccolato e aromatizzato con sangue di maiale appena sgozzato. L’origine del dolce deriva proprio dal fatto che, in questo periodo più freddo dell’anno, gli allevatori erano soliti macellare il suino. Oggi il sanguinaccio è ormai per lo più preparato senza ricorrere al sangue dell’animale.

In Umbria, a Marsciano, il Carnevale è l’occasione per gustare le cialde all’aroma di liquore e anice, farcite con panna, così come vuole una tradizione risalente al ‘600. Allora infatti, durante il periodo carnevalesco, si raccoglievano offerte per intercedere a favore delle anime del Purgatorio e parte del ricavato veniva impiegato per la preparazione di queste cialde, distribuite alla popolazione durante la festa. I ferri in cui veniva pressato l’impasto per la cottura raffiguravano spesso stemmi nobiliari, simboli o motti.

Nel meridione si servono poi i Taralli al naspro, ciambelline aromatizzate all’anice e ricoperte di una glassa al limone. Un tempo si servivano su vassoi ornati con pizzi e accompagnati da liquore di rosolio.

La Sicilia offre tante ricette carnevalesche: tra queste ricordiamo la mpagnuccata, di origine araba, menzionata nel testo del 1877 “L’antico carnevale della contea di Modica”, scritto dal barone Serafino Amabile Guastella. Si tratta di palline di pasta fritte e ricoperte con miele, servite su foglie di limone, tipiche dell’isola.