TAFTER, in qualità di partner del bando Che Fare, vi fa conoscere da vicino i 6 finalisti del premio dedicato all’innovazione sociale. Fino a sabato 26 gennaio, uno per uno, i responsabili dei progetti finalisti ci mostrano i loro obiettivi, i loro sacrifici e le loro ambizioni nel caso risultassero tra i favoriti della Giuria. La votazione finale, si svolgerà il 27 gennaio.

Verrà data comunicazione ufficiale del vincitore martedì 29 gennaio. Siete pronti a scommettere sul vincitore?

 Parliamo del progetto Diaforà con Fabrizio Persico, presidente della cooperativa La Fenice di Albino

 

 

Siete tra i 6 finalisti del premio Che Fare. Come è nato il vostro progetto?
Diaforà è nato dall’incontro della cooperativa con un luogo, il convento quattrocentesco della Ripa, ad Albino. Questo spazio è stato, nei secoli XV, XVI e XVII, un importantissimo motore economico e sociale del territorio della Val Seriana nonché un significativo riferimento politico e culturale, mentre la successiva confisca napoleonica e privatizzazione gli hanno fatto perdere ogni ruolo. Il progetto, in accordo con le istituzioni pubbliche e private del territorio (Comune di Albino, Provincia di Bergamo, Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, associazioni e imprese locali) intende anzitutto restituire il convento alla fruizione pubblica. Ancor prima, però, si tratta di ripristinarne l’originaria vocazione di Centro di studio, di ricerca e di formazione, facendone il cuore progettuale e metodologico di un programma di rinnovamento economico e culturale di un territorio messo in ginocchio dalla crisi di questi anni (il Progetto Valseriana: un sistema che fa differenza, presentato e finanziato dalla Fondazione Cariplo). Rimettere in moto il tessuto economico e sociale significa fare i conti con una rinnovata nozione di identità, ripensandola a partire dalla differenza, per trovare risorse e collaborazioni nel dialogo delle differenze e nella ricchezza che ne deriva.

 

Perché il vostro progetto è innovativo?

PRIMA INNOVAZIONE: credere che la cultura non sia soltanto un costo ma possa davvero diventare un investimento, capace di restituire le risorse profuse. Un programma di ripensamento e di ricostruzione della economia di un territorio che si affidi al turismo e all’ambiente (come è il Progetto Val Seriana) deve trovare nella cultura il motore: vanno individuate prospettive nuove di lettura del paesaggio, occorre imparare a valorizzare la cultura materiale, occorre affrontare le radici del passato per avere memoria del futuro. Le conferenze pubbliche di Diaforà per la prossima primavera (marzo/aprile 2013) portano, infatti, il titolo “Im-maginare il futuro. La differenza come condizione di vita” e “Affrontare la crisi. Se la cultura fa differenza”.

SECONDA INNOVAZIONE: la scelta di un tema nevralgico per il nostro tempo, la differenza. Di fronte al panorama di rapide trasformazioni e ai problemi che ne derivano diventa pressante la domanda sull’uomo, e sul pianeta che lo ospita, alla ricerca di quella genuina “natura umana” che il progresso sociale, materiale e morale dovrebbe difendere e perseguire. Domanda, questa, a cui hanno sempre risposto tutte le culture della terra, ciascuna a modo proprio. Da qui due significati della “differenza”: anzitutto, l’uomo fa differenza in quanto avverte la responsabilità della sua vita e il compito “morale” della sua esistenza personale e collettiva. Compito reso oggi urgente e problematico dalle nuove frontiere della biologia che modificano in profondità le nostre conoscenze sul fenomeno della vita e le nostre possibilità di intervento, lasciando presagire scenari futuri straordinari ma anche decisamente inquietanti. La differenza, poi, concerne la stessa dimensione umana, specificandosi in una pluralità di differenze interne, che la articolano in espressioni e interpretazioni spesso dai tratti comuni talvolta con caratteristiche anche molto lontane e magari inconciliabili o reciprocamente incomprensibili. La differenza è quindi inscritta nel cuore dell’umano.

TERZA INNOVAZIONE: l’impianto metodologico del progetto invita a prestare attenzione più alle conseguenze che ai principi, sui quali di solito è molto difficile trovare un accordo. Allo stesso modo, accanto alla teoria, Diaforà intende svolgere una considerazione approfondita delle pratiche. Ragionare in base alle conseguenze e porre al centro la questione delle pratiche: in questo modo Diaforà non si limita a favorire il confronto tra i vari ambiti della diversità, non intende soltanto documentare le buone ragioni e gli intenti che ogni diversità pone a base della propria esistenza e della pretesa a conservarsi, non si limita nemmeno a favorire il dialogo e la conoscenza reciproca. Mira invece ad accompagnare tutto ciò con una precisa domanda: a partire da quali pratiche e sulla base di quali azioni si è giunti alle credenze e ai valori che si sono affermati nel corso della storia e ogni volta in maniera ben definita.

QUARTA INNOVAZIONE: l’attenzione alle pratiche si traduce in un costante feed-back tra attività di ricerca e laboratori e riguarda anche il concreto dialogo tra le discipline: le scienze umane, la biologia, l’etologia, le neuroscienze, ma anche la scienza dei materiali e l’architettura, così come le pratiche artistiche, letterarie e teatrali, che diventano altrettanti punti di vista da cui indagare il tema della diversità.

 

In che modo riuscirete a rendere economicamente sostenibile la vostra idea?
Il progetto starà in piedi perché c’è un territorio che lo sorregge e lo vuole. Il Progetto Val Seriana (che ha tra i suoi promotori l’associazione Promoserio e la Provincia di Bergamo) prevede la costruzione della Rete per la gestione integrata dei Beni culturali della Val Seriana in collaborazione con le agenzie locali del turismo e della valorizzazione dell’ambiente. Al centro si colloca Diaforà come motore di ricerca metodologica che avrà sede nel Convento, a sua volta spazio di produzione culturale ma anche riferimento organizzativo per la Rete. I finanziamenti finora ottenuti dalla Regione e dalla Fondazione Cariplo hanno già permesso di far partire il progetto realizzando, in un’ala del convento, l’ostello (da 50 posti) che costituirà, oltre che un punto di riferimento importante per il turismo della valle (attualmente carente di servizi per l’ospitalità turistica) e una soluzione logistica come foresteria per il Centro, anche una fonte di reddito per le iniziative di Diaforà (laboratori, percorsi di formazione, scuola di alta specializzazione), a loro volta in grado di autofinanziarsi, pur parzialmente, aprendosi a una utenza pagante. Nel progetto di ristrutturazione del Convento si prevede di ricavare una Sala convegni, unica nel territorio, che sarà concessa in affitto a soggetti terzi (imprese, banche, università) per iniziative proprie individuando così un’ulteriore risorsa per il sostegno economico dell’intero progetto.

 

Che obiettivi vi siete posti?

1) riaprire il convento al territorio e ripristinarne l’agibilità. Parallelamente attivare la ricerca storiografica sul complesso immobiliare.

2) far crescere nella comunità albinese anzitutto, e nel territorio circostante poi, la sensibilità e l’attenzione verso la dimensione ‘pubblica’ del convento riconoscendone così la funzione originaria. A partire dal 2010 sono state proposte una serie di iniziative (visite guidate ai ‘pezzi pregiati’ del convento, performances artistiche, mostre fotografiche e di pittura, conferenze dedicate alla filosofia, alla letteratura e al cinema, concerti di musica varia, serate in collegamento con Bergamo-Scienza, saggi di fine anno della scuola primaria, proiezioni cinematografiche, iniziative di ‘avvicinamento alla scienza’ per l’infanzia, pranzi dell’associazione pensionati, mostre itineranti) che hanno avuto l’obiettivo di ‘seminare’ il progetto Diaforà.

3) far crescere la sensibilità politica delle istituzioni, anzitutto quelle pubbliche ma anche quelle private. E’ nato su questa strada, sotto il patrocinio della Provincia, il Progetto Valseriana: un sistema che fa differenza che raccoglie enti pubblici e privati, partecipato dal Politecnico di Milano e dall’Università di Bergamo, e finanziato dalla Fondazione Cariplo di Milano.

4) dotare il progetto di una forma istituzionale che lo renda autonomo sia nell’interlocuzione con le varie istituzioni sia nella ricerca di nuovi finanziamenti e, infine, nella capacità di immettere sul mercato le proprie competenze e la produzione della ricerca. Su questa strada è nata Diaforà, l’associazione onlus cui viene affidata la gestione del progetto.

5) dotare l’Associazione degli strumenti per realizzare il centro di eccellenza per la ricerca e gli studi sulla differenza che Diaforà vuole essere: una biblioteca specialistica digitalizzata, la mediateca, una legatoria-casa editrice per la pubblicazione dei risultati della ricerca (e non solo), sale funzionali di studio e di insegnamento, spazi laboratoriali, sala convegni. L’ostello continuerà a far capo alla Cooperativa che devolverà i proventi della gestione all’Associazione garantendo la copertura parziale dei costi di gestione.

6) realizzare una cittadella del sapere strettamente correlata al territorio ma capace di guardare ambiziosamente all’Europa attraverso una serie di scambi e di interlocuzioni con esperienze analoghe già esistenti e già in relazione con i membri del Comitato Scientifico di Diaforà. Soltanto in questo modo sapremo di aver restituito al Convento il suo antico ruolo di fulcro di una fitta rete di relazioni culturali, sociali, economiche e politiche. E a questo territorio e ai suoi giovani qualche prospettiva di futuro.

 

Dateci 3 motivi per i quali la giuria dovrebbe votare per voi.

Il primo motivo è l’unicità del progetto nel panorama della cultura italiana: Diaforà riunisce in sé i tre principi della legislazione sui beni culturali: la tutela (con il previsto restauro del convento), la valorizzazione (attraverso la creazione del Centro di studio e ricerca) e la fruizione (l’apertura al pubblico, attualmente difficoltosa, sarà in futuro assicurata dalla realizzazione del progetto).

Il secondo è che Diaforà può essere una risposta nuova alla crisi di questi anni, anzitutto economica ma non solo: c’è qui l’idea forte che investire nella cultura sia investire nel futuro. E ‘futuro’ vuol dire ‘giovani’ cui Diaforà guarda con particolare attenzione.

Il terzo motivo risiede nella nozione stessa di “differenza”, da intendersi non solo e non soltanto come disagio, ma anche e soprattutto come opportunità, come apertura, come possibilità di riflessione e trasformazione, perché ognuno è portatore di una specifica differenza che dispiega nelle interazioni quotidiane. Il modo di guardare al futuro di Diaforà è quello dell’inclusione, dove le differenze riconoscono l’utilità del dialogo, ognuna come specifica articolazione della natura umana.

 

La scheda di Diaforà su Che Fare
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