Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Il fenomeno non è nuovo, nasce nel 2003 ad opera del programmatore statunitense Casey Fenton con la finalità di mettere in comunicazione persone disponibili a scambiarsi ospitalità. E’ un servizio gratuito, è diventato anche abbastanza conosciuto. Parliamo del Couchsurfing!
Mmmm…sembra interessante ho pensato, ma la cosa è finita lì, fino a quando, spinta dalla necessità (alberghi tutti pieni e prezzi alle stelle), finisco con l’iscrivermi per testare la cosa. Inoltro un po’ di richieste per essere ospitata con un amico a Basilea, e scopro un mondo di relazioni, di profili, di vite. Li esamino, e seleziono quelli più interessanti o che hanno buone referenze e così, dopo un po’ di risposte, mi ritrovo a casa di Sara, maestra di scuola elementare, 24 anni, svizzera. Sara conosce un po’ d’italiano, ha vissuto per un breve periodo in Italia, a Rimini. In ogni caso possiamo sempre parlare in inglese. La casa è bella, ci ospiterà sul divano, in salotto, c’è perfino un piccolo balcone, dove ci sediamo e ci conosciamo un po’. I nostri 2 giorni scorrono intensi, siamo in giro, tenendoci sempre in contatto con lei (“ci vediamo a casa più tardi”). La prima sera ci raccontiamo la giornata e rimaniamo d’accordo per organizzare un’uscita insieme il giorno successivo. Sara ci invita ad un concerto in uno spazio ricavato da un seminterrato di una libreria, è accogliente e carino. Canta una specie di “Gianluca Grignani svizzero” ma la melodia ci piace, ci contagia. Dopo andiamo a cena fuori tutti insieme in un posto tipico. Questo si che è entrare nella vita di una normale ragazza svizzera, vedere cosa fa, come passa il suo weekend…l’indomani si riparte. Sara mi chiede “ora sei più tranquilla sul CS? Cosa ne pensi?” E’ evidente che cerca una conferma in me, forse perché ha scorto i miei primi dubbi.
Situazione capovolta. Vivo a Roma, tutti vorrebbero visitare la Caput mundi. Tra le richieste ne seleziono una. Ci scriviamo in inglese, anche se lui è spagnolo. Sembra un esperto viaggiatore easy going… prima di arrivare a Roma, mi chiede se voglio qualche regalo dalla Spagna. E’ la prima volta che è ospitato, anche lui una new entry del CS. Beh, anche per me è la prima volta che ospito. Cosa ne pensa la mia coinquilina? Ci siamo dette..ok proviamo. Ma poi…” gli posso lasciare le chiavi di casa? Dove dormirà? Sarà un tipo affidabile? “..ok, let’s take the risk!”.
Drinnn…eccolo è lui, incredibile è già arrivato?!? Apro la porta e mi trovo davanti Jordi, 30 anni, fisioterapista di Barcellona. Arriva nel bel mezzo di una cena tra amici, tutti italiani. Eravamo in sette a tavola, lui è l’ottavo…lo presento come Otto, poi penso che si sarà interrogato parecchio sul perché è stato presentato così, forse si sarà sentito in imbarazzo nel fare questa entrata trionfale in una casa di sconosciuti. Comunque, regge il colpo, se la cava bene. Qualcuno gli parla spagnolo e lui capisce l’italiano, la serata fila liscia. L’indomani e i giorni a seguire Jordi cammina, cammina, cammina per la città, mi raggiunge ovunque senza mai perdersi, una notevole precisione, ne sono piacevolmente sorpresa. Lunedì, prima della sua partenza, lo invito ad un evento con alcuni colleghi (una mostra al centro di Roma), dopo, tornando insieme verso casa, si sorbisce il mio sfogo (in italiano!!) sulla giornata lavorativa andata male. In ascensore mi chiede “qual è il tuo colore preferito?”, gli rispondo “…bhò, non so, ultimamente mi piace parecchio il rosso”. Cuciniamo e mangiamo insieme. Gira la pasta sul fuoco, si mette al mio fianco per fare i piatti (per poi confessare che odia fare i piatti). Siamo ai saluti, mi ringrazia tanto, dice di aver cercato di essere il miglior ospite possibile (e ci è riuscito!), ci scambiamo opinioni sul CS…ritrovo i miei stessi dubbi, ma anche piacevoli conferme sull’interessante fenomeno.
Torno a casa martedì e trovo una bella pianta rossa in salotto e un lungo post-it (quello che gli lasciavo la mattina), scritto in un mix di italiano, inglese e spagnolo.
Sarò stata fortunata, però penso che in questo Couchsurfing ci sia parecchio di buono: alimenta una certa fiducia reciproca nell’affidarsi all’altro, allo straniero, a colui che viene da fuori, in un’epoca in cui la fiducia, perfino tra conterranei, sembra merce sempre più rara. Favorisce la comprensione di nuove culture e la condivisione di momenti comuni. In fondo, anche questo è uno scopo del viaggiare. Non sempre accade di “entrare” in un’altra cultura: spesso nel viaggio ci si perde tra le attrazioni turistiche di massa, ma attraverso un “insider” conosci meglio il paese, parli con le persone, fai domande e trovi più facilmente risposte. Pensiamo che stiamo attraversando tempi bui? Che la nostra società sia alla deriva? Leggo su un noto magazine italiano i risultati di una ricerca di uno psicologo sperimentale di Harvard, Steven Pinker. Sembra che il nostro tempo sia “il più pacifico, tollerante e altruista che la storia abbia mai conosciuto” dice l’autore. Il numero di morti causati da atti violenti, in relazione alla popolazione totale è, rispetto ai secoli passati, molto ridotto, nonostante i grandi eccidi che hanno macchiato, ad esempio, il XX secolo. Il numero di guerre è calato, e il controllo esercitato dai governi e dai loro assetti istituzionali e giuridici ha sicuramente imposto un freno all’anarchia e alla giustizia fai da te a causa della quale si poteva morire per futili motivi, senza nemmeno che vi fosse una pena per quanto commesso. L’economia ha inoltre regolato i rapporti umani attraverso lo scambio di beni, la filosofia illuminista e l’attenzione per la prima volta verso i Diritti umani hanno creato una cornice concettuale favorevole e via via la civilizzazione ha ordinato le vite di ognuno.
Mettere in relazione la presunta pacificazione che stiamo vivendo e il fenomeno del CS può sembrare una forzatura, oppure, guardando da un’altra prospettiva, anche offrendo il nostro divano all’ospite straniero stiamo dando il nostro contributo, seppur piccolo, a costruire e mantenere una società più aperta e solidale verso il prossimo, remando contro il razzismo e la violenza. Chissà se Casey Fenton ci aveva già pensato allora.