Tutti ricorderemo la favola di Pinocchio, il burattino nato dalla penna di Collodi che un bel giorno, dopo varie peripezie, riesce finalmente a diventare un bambino vero: partendo da questa metafora Babilonia Teatri, compagnia teatrale attiva nel campo del teatro di ricerca (Premio Ubu 2011) e Gli Amici di Luca, associazione bolognese che si occupa delle persone risvegliatesi dal coma, stanno portando in scena in vari teatri italiani lo spettacolo teatrale “Pinocchio”.
A Roma, grazie alla fondazione Romaeuropa, lo spettacolo è andato in scena al Teatro Palladium in quel quartiere magico e retrò che è la Garbatella.

Relegare questo spettacolo ad una mera recensione, ad un descrizione di ciò che avviene su un palco spoglio e volutamente povero, con tre protagonisti seminudi e con difficoltà motorie che interagiscono con una voce fuori campo sarebbe estremamente riduttivo.
Quello che colpisce, infatti, durante tutto lo spettacolo è l’estrema umanità, la corporeità di questi protagonisti interrogati di volta in volta per cognome dalla voce di Enrico Castellani (alle spalle del pubblico) che incanala il discorso sui sentieri del passato, quello del Pese dei Balocchi in cui ognuno si sente invincibile e irrefrenabile, passando poi per il coma, per quel tunnel nero nero stando alla descrizione degli attori, dal quale riesci a scorgere una sola lucina gialla che cerchi disperatamente di raggiungere, arrivando poi al presente in cui il corpo è di nuovo protagonista e le cure che gli si riservano per tornare ad uno stato di normalità motoria sono dei piccoli traguardi che rendono la strada meno dura.

E così Paolo Facchini, Luigi Ferrarini e il più giovane Riccardo Sielli si raccontano al pubblico, con estrema semplicità e senza alcuna forma di pietismo: non ci sono polemiche politiche né denunce, non ci sono colpe né rimorsi. C’è solo la salda e chiara consapevolezza di una condizione presente, tragico effetto di un momento sconsiderato (per tutti e tre i protagonisti il coma è stato causato da un incidente, in moto o in macchina) che ora deve essere non pagato ma superato, grazie alle terapie, grazie al teatro.

Luca Scotton, un Pinocchio in pantaloncini con un naso lungo di carta, assiste in silenzio a tutto lo spettacolo in cui le risposte dei tre protagonisti, disposti in orizzontale sul palco, si intervallano a momenti di lettura della favola di Pinocchio e di intermezzi musicali.

Cosa rimane allora di uno spettacolo teatrale così? Rimane quel senso di ironia che guida tutto il copione e gli interventi a braccio, il coraggio di guardare negli occhi una vita che ti ha chiuso bruscamente una porta in faccia ma che poi ti ha riaperto una porticina di servizio e la consapevolezza che, in fondo, nulla nella vita è scontato oppure conquistato del tutto

“L’azione teatrale riesce ad avere un effetto riabilitativo che incrementa il nostro progetto di integrazione sociale – afferma il direttore del centro studi per la ricerca sul coma all’interno della Onlus Amici Di Luca, Fulvio De Nigris – un’esperienza che è stata molto utile per il loro reinserimento e ancora lo sarà per altri ragazzi che stanno compiendo quel difficile e lungo cammino verso il risveglio.”

Si spegne la luce, si arresta la musica. I protagonisti restano immobili. Il pubblico applaude, commosso. Mi giro per capire se qualcun altro, come me, ha gli occhi umidi e non mi sorprende vedere che la ragazza seduta di fianco a me fa lo stesso.
Tutta la platea si alza in piedi e applaude, come fosse lo stesso profondo gesto liberatorio che gli attori hanno fino a quel momento compiuto, tra una risata pianificata nella sceneggiatura e una genuina, libera, inaspettata.

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