Cineuropa intervista Calin Peter Netzer, regista di Child’s Pose
Ha co-firmato la sceneggiatura di Child’s Pose con Razvan Radulescu. Come è nata l’ispirazione?
Abbiamo inizialmente lavorato con Razvan su un progetto completamente differente, ma che già ruotava attorno a una famiglia che aveva dei conflitti. Ma lo abbiamo abbandonato e abbiamo cominciato a discutere delle nostre vite e dei rapporti che abbiamo con ciascun membro delle nostre famiglie. Ci siamo detti che era un soggetto interessante. Quindi, tutto è partito dal mio rapporto con mia madre, che abbiamo poi sviluppato sotto forma di finzione.

Perchè ha scelto di ambientare la storia nella classe privilegiata rumena?
Tra madre e figlio, c’è una relazione quasi patologica. Abbiamo scelto la classe medio-alta perché pensiamo sia molto più probabile trovarvi un comportamento simile che non nelle classi sociali più basse. Child Pose è un dramma psicologico.

Perché questo titolo?
Nel film, c’è una scena in cui la protagonista fa yoga e prende la posizione denominata Child Pose. Volevamo inserirlo nel titolo giacché il personaggio del figlio è descritto come una vittima della relazione.

Questo rapporto madre-figlio è caratteristico della Romania?
Secondo la mia esperienza, la possessività dei genitori nei riguardi dei propri figli è molto forte nei paesi dell’ex blocco dell’Est. Questo fenomeno è più frequente in Romania che non in Germania, ad esempio, dove ho passato quasi dodici anni e dove l’educazione dei bambini è molto diversa.


Quali erano le sue intenzioni riguardo alla messa in scena?

Leggendo la sceneggiatura, si direbbe che sia minimalista, ma volevo tentare un approccio nuovo, non utilizzando lunghe inquadratre fisse, ad esempio. Ho cercato di essere vicino ai personaggi, la cinepresa era quasi incollata a loro. E dato che questa storia mi è molto vicina, volevo trattarla nel modo più obiettivo possibile. Ho cercato in particolare di visualizzare durante le riprese quale sarebbe stato il lavoro di montaggio. Avevamo due cineprese, 126 pagine di sceneggiatura e abbiamo girato 13-14 ore al giorno. Abbiamo poi passato due mesi in sala di montaggio. E’ stato un ottimo esercizio per me imparare a perdere un po’ di controllo.

 

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L’articolo è tratto da Cineuropa. L’autore è Fabien Lemercier