Era il 1980 quando, all’indomani del terribile terremoto che devastò l’Irpinia, il quotidiano napoletano “Il Mattino” titolava in prima pagina “Fate presto”: un imperativo forte che richiamava al senso di solidarietà tipicamente partenopeo e invitava tutta la cittadinanza ad aiutare chi era rimasto senza una casa e a salvare chi era ancora intrappolato sotto le macerie.
Quel grido di aiuto e di dolore, consegnato all’eternità della memoria dal grande Andy Warhol, è tornato tristemente attuale, dopo il tragico incendio doloso che ha distrutto quasi del tutto il complesso di Città della Scienza, a Napoli. Dello spazio espositivo si è salvato pochissimo: quello che si vede adesso è solo un cumulo di cenere e macerie. Solo i pilastri portanti sono riusciti a resistere in piedi e a salvarsi da quella distruzione così barbara e vergognosa.

Ero appena un ragazzino quando visitai per la prima volta la Città della Scienza, che aveva aperto da pochissimo tempo. Rimasi incantato da tutti quegli esperimenti e dai giochini messi a disposizione per avvicinare i bimbi come me alla scienza e alla natura. Ricordo di essermi divertito molto a provarne la maggior parte, con la curiosità dei miei 11 anni (ora ne ho 26) e con la gioia di riuscire a imparare giocando: il sogno di ogni bambino.
Quella prima visita con la scuola fu una specie di svolta per me e mi piacque talmente tanto che decisi di ritornarci insieme ai miei genitori poco tempo dopo. Da allora a oggi, ho avuto modo di visitare più volte e per diverse occasioni quei padiglioni espositivi. Sono tornato volentieri durante le superiori e vedevo crescere sempre di più quel complesso, che nel frattempo si stava allargando anche sull’altro lato di via Coroglio con il BIC (Business Innovation Centre). Leggevo che lì sarebbe nato un incubatore di imprese. “Che buffo nome” pensai, senza sapere che quello spazio sarebbe diventato, per me, anni dopo, importantissimo.

Anni fa ho partecipato anche all’organizzazione della mostra “Europa Museum”, dove diverse scuole superiori di Napoli hanno elaborato progetti ed esposizioni per comunicare al pubblico la propria idea di Europa in diversi settori, dall’istruzione alla cultura, dall’ambiente all’energia. Ricordo un aneddoto curioso: l’apertura della mostra fu anticipata dall’intervento di alcune personalità istituzionali. In poche parole, una gran noia… Io, insieme all’artista Maria Giovanna Ambrosone (direttrice artistica di quella mostra) e a un’altra ragazza, decidemmo di passare in modo diverso quell’ ora di chiacchiere e andammo a vedere un’esposizione scientifica altamente interattiva che si teneva in un altro padiglione. Ci divertimmo tantissimo… E neanche ci rendevamo conto del tempo che passava. Tornammo giusto in tempo per le conclusioni della discussione e l’apertura della mostra.

E poi, l’anno scorso. Ho passato diversi mesi nell’area del complesso dedicata al progetto Creative Clusters, un concorso promosso dall’agenzia Campania Innovazione e volto alla creazione di imprese innovative, a partire da una semplice idea imprenditoriale. Lo dico senza alcun dubbio: si è trattato di una delle esperienze più belle della mia vita. Partire da una piccola intuizione, confrontarsi con un team competente e con altri ragazzi creativi anche durante le deliziose pause pranzo, vedere crescere sempre di più la tua idea e vederla trasformata, alla fine, in un progetto imprenditoriale abbastanza maturo da essere presentato a business angels e investitori…
Credo di non aver mai fatto un’esperienza tanto bella e formativa come questa. Non riuscivo a capirlo ancora, ma quell’opportunità mi ha aiutato tantissimo… È lì che ho piantato il seme del mio futuro. E’ in quei laboratori settimanali che ho costruito il mio domani. È grazie a Città della Scienza se sono riuscito a sbloccare le mie potenzialità, a pensare in modo creativo e ad avere tante e grandi soddisfazioni, soprattutto sul piano lavorativo. Anche oggi, anche adesso che sto scrivendo.

Città della Scienza non era un semplice museo, ma un cuore pulsante al centro di un territorio molto difficile da amministrare. Un esempio di archeologia industriale che il mondo intero ci invidiava. Un’oasi in un deserto, quello di Bagnoli, sul quale si è parlato troppo e si è fatto poco, anzi pochissimo. Un laboratorio di idee e menti creative dal quale stava partendo un riscatto di noi giovani napoletani.
Chissà se davvero si riuscirà a ricostruire quello che è andato perduto per sempre. Certamente non si potranno riavere indietro i bellissimi ricordi che ognuno di noi porta con sé e conserverà nella memoria. Quel fuoco non ha distrutto solo un patrimonio culturale incredibile, ma ha cancellato le idee di noi giovani, i sogni dei tanti bambini che si sono avvicinati alla scienza e alla cultura con gli esperimenti interattivi e con il simpatico Bit. Ha cancellato il nostro futuro!

Ma noi siamo il futuro, siamo la forza dirompente che può sconfiggere questo cancro della società. Città della Scienza deve essere ricostruita, deve rinascere, più bella di prima, senza se e senza ma. Quel simbolo di riscatto e di costruzione di un futuro migliore non può mancare in una città tanto ambigua come Napoli. Il fuoco distrugge e cancella ogni cosa che incontra sul suo cammino, ma non potrà mai cancellare la nostra voglia di combattere e di modellare una città finalmente degna del suo nome.
Non possiamo permettere che la criminalità vinca ancora una volta e che l’imperativo sia quel fastidioso “Fujitevenne”. Dobbiamo vincere noi, devono vincere i giovani di Napoli, deve vincere la nostra città, devono vincere i buoni. Ma soprattutto, deve vincere la Cultura. Nulla è ancora perduto, ma per favore… Fate presto!