Lecce fu definita città-chiesa, per l’infinito numero di edifici di culto che nella gloriosa età barocca hanno contrassegnato il suo profilo urbanistico.
Oggi molti conventi e monasteri sono stati riconvertiti a spazi museali, sedi universitarie e centri culturali.
Tra questi l’ex convento di Santa Chiara, che da poco più di un anno è diventato MUST, museo storico della città , uno spazio che si è subito caratterizzato per un ampio ventaglio di proposte e servizi in via di definizione. Oltre al percorso permanente dedicato alla scultura di Cosimo Carlucci (1919-1987) – artista salentino di nascita e romano d’adozione, che nel corso del suo lungo percorso riscosse consensi notevoli di critica da parte di Argan, per esempio – con opere da lui stesso donate, prima della morte, al Comune di Lecce, nelle ultime settimane è stato possibile inoltrarsi nel primo step del progetto Mustinart. Generazioni a confronto.

Nelle intenzioni di Nicola Elia, il direttore del museo, questo nuovo format vuole essere un contenitore multidisciplinare – dalle arti visive al design, dall’architettura alla didattica e alla musica – che guarda anzitutto al territorio di riferimento, ma che prevede, per tutto il 2013, anche interventi di artisti e operatori di altre aree. Si è appena conclusa una mostra dedicata alla collezione dell’Istituto statale d’arte Giuseppe Pellegrino della città, con opere di diverse epoche e orientamenti che hanno definito un percorso anzitutto didattico. Dalla scultura di Antonio Bortone (1844-1938), autore, tra gli altri, del monumento a Gino Capponi in Santa Croce a Firenze, e Gaetano Martinez (1892-1951), altro scultore meridionale che ebbe una straordinaria fortuna lontano dalla sua terra, in questo caso a Roma, per giungere a un itinerario di opere concepite dagli “allievi” che negli anni Cinquanta hanno rivitalizzato il clima dell’istituto, tra cui Fernando De Filippi e Salvatore Esposito, ma con lavori della produzione recente dei due artisti. E se nei prossimi giorni inizierà un nuovo ciclo, questa volta legato ad alcuni artisti under 30, con il coordinamento curatoriale di Toti Carpentieri, a conferma anche dell’ampio spettro di proposte per questo nuovo corso del museo, proseguono negli ambienti al piano terra del museo i laboratori didattici curati dall’associazione Leda, che ogni settimana coinvolgono i più piccoli per un percorso ad ampio raggio sull’arte e gli artisti del nostro tempo, e non solo.

Quello dei servizi aggiuntivi è uno dei punti di forza del nuovo spazio, il primo in Puglia a dotarsi ad esempio di una caffetteria attrezzata (ospitata tra l’altro in un ambiente fascinoso), mentre sono in cantiere diversi programmi per il bookshop, che è comunque già operativo da qualche mese.
Ma se un sistema strutturato dell’arte contemporanea a Lecce e in Salento stenta in ogni caso a svilupparsi, anche per via della mancanza di un collezionismo dinamico e di un’operatività continuativa da parte delle pochissime gallerie attive sul territorio, risulta abbastanza vitale quella delle associazioni e degli spazi “alternativi”, che sono poi la linfa vitale di molte città del sud, come conferma anche il coinvolgimento di alcune per la definizione del programma, naturalmente coordinato dal Comune, che sarà presentato nei prossimi mesi per la candidatura della città a capitale europea della cultura per il 2019.

Tra questi in prima linea vi è sicuramente Ammirato Culture House, ospitata in quella che fu la dimora dell’umanista Scipione Ammirato, che grazie a un accordo tra Comune di Lecce, l’associazione culturale Loop House e Musagetes Foundation, la fondazione canadese che sostiene il cambiamento sociale attraverso pratiche artistiche multidisciplinari, propone workshop e dialoghi tra artisti di diversi orientamenti, caratterizzando positivamente la programmazione di questo spazio, che ultimamente si avvale anche dell’associazione Damage Good, molto attenta sui territori della fotografia e della videoarte. Una lunga storia culturale “impegnata” è anche quella dei Cantieri teatrali Koreja, teatro sperimentale ospitato in un grande capannone industriale nella periferia della città, che negli ultimi quattro anni ha proposto Senso plurimo, un progetto curatoriale di Marinilde Giannandrea destinato a un’indagine sulle differenti ricerche dei giovani artisti di area meridionale, mediante una mappatura che ha coinvolto spesso anche altri critici e curatori.

Altro spazio dinamico sono le Manifatture Knos, il classico luogo di archeologia industriale riconvertito per finalità culturali. Oltre al Cineporto dell’Apulia Film Commission, ospita laboratori creativi, spazi espositivi e numerose attività che vanno dalla musica al teatro, dalla didattica dell’arte alle residenze artistiche. Qui due anni fa fu ospitato Default, il progetto che sarà riproposto dal settembre prossimo con diciotto artisti (metà europei e metà asiatici), selezionati con un bando internazionale, che dialogheranno in città con diversi partners internazionali (info ramdom.net).

Ma il fermento è anche frutto di operazioni silenziose, lunghe militanze da parte degli operatori di settore, che hanno sfornato in questi anni – complici anche i finanziamenti destinati dalla Regione Puglia alla giovane creatività e alla nuova imprenditoria culturale – appuntamenti legati ai più svariati ambiti dell’arte. Per non parlare delle aree limitrofe, il chiacchierato Salento, palestra in divenire di numerose esperienze di recupero della tradizione, con prospettive talvolta sostenibili. Impossibile sintetizzare orientamenti e umori di questa sorta di rinascita, anche perché la quantità delle proposte è notevole, non sempre di estrema qualità però, bisogna riconoscerlo. Nonostante la bellezza delle strutture – masserie, castelli, conventi, chiese sconsacrate –, la programmazione non continuativa di alcune realtà rischia infatti di non qualificare fino in fondo un territorio che invece negli ultimi anni brilla per visibilità e affluenze turistiche.

 

Foto di Jenny Okun