Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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L’Italia è un paese che si vende da solo. Non è una vanteria ma un’amara constatazione.
Perfino nella crisi dilagante del 2011 il nostro Paese è riuscito a tenere duro e a compensare con arrivi internazionali (soprattutto dai Brics) la decrescita del turismo domestico, ma nel 2012 i segni della flessione si cominciano a fare più evidenti.
E’ una patologia di lungo corso quella italiana, dove la crisi diventa una cartina di tornasole utile a denunciare ciò che è palese: manca una strategia organica tesa a valorizzare e far rendere al meglio il nostro variegato patrimonio naturale e artistico come valida offerta turistica.
Si pensi alle difficoltà (infra)strutturali, ai problemi di regolamentazione, alle continue riforme dell’ENIT, fino alla scarsa modernità di gran parte del comparto.
Solo il 47.9 % delle strutture ricettive (con prevalenza positiva tra gli alberghi e negativa tra le strutture complementari) è dotato di uno strumento che consenta ai clienti di effettuare la prenotazione delle camere direttamente online, quindi di un canale di vendita diretto, relegando spesso il portale al ruolo di semplice vetrina.
Il governo Monti e l’attuale governo Letta sembrano intercettare sulla carta due delle istanze chiave: la strategia e il binomio cultura-turismo.
I super-tecnici avevano elaborato un Piano Strategico Nazionale del Turismo, realizzato sulla base dell’analisi redatta dal Boston Consulting Group, e anche un più operativo Conto Satellite sul Turismo. Il PSNT, al di là della bontà delle analisi compiute dalla consulting convocata, risulta comunque uno strumento da cui avviare una discussione di merito tra tutti gli interlocutori, anche se ex-post.
Il neonato governo di larghissime intese ha invece assegnato al Ministro Massimo Bray il MiBac insieme alla delega al turismo, quasi a sottolineare il doppio filo che lega conservazione e cura a valorizzazione e proposizione dell’immensa ricchezza italiana.
La speranza è che le ottime parole spese dal ministro, tese a unire valori di conoscenza costituzionale del pubblico bene a necessità economiche, non sfocino in una mera catalogazione enciclopedica del possibile, ma si tramutino in una esplicazione delle azioni necessarie.
A tal proposito è interessante quanto posto in evidenza dal 18° Rapporto sul Turismo Italiano, a cura di Mercury e Irat (Istituto di ricerche sulle attività terziarie del Consiglio Nazionale delle Ricerche) a cura di Emilio Becheri e Giulio Maggiore: anche il binomio Turismo e Affari regionali dato in dotazione a Piero Gnudi, sul finire del 2011, aveva una sua forte ragion d’essere ponendo fine ad un troppo protratto gioco delle parti Stato-Regioni che feriva anche il tema turistico.
La logica delle Regioni nel settore è fondamentale per molteplici ragioni, sia costruttive che di studio, a partire dalle differenze territoriali.
Sempre facendo riferimento al Rapporto citato: Veneto, Toscana, Lombardia, Lazio e Trentino raccolgono il 71% della clientela estera, mentre il meridione insieme alle isole intercettano solo l’11,5% degli arrivi e il 13,3% delle presenze, per altro quasi tutti in Sicilia e Campania.
I motivi prevalenti per andare nelle due regioni di punta del sud sono arte e cultura e non come verrebbe spontaneo pensare il sole e il mare. Infatti il turismo balneare nel 2012 ha fatto registrare in tutta la penisola un calo del 10% nelle presenze e del 15% nella spesa e preannuncia un trend negativo nel 2013 che verrà contenuto solo dal turismo balneare di prossimità internazionale nel nord Italia.
Eppure le best practice sono a portata di mano, basti guardare ad alcuni modelli di Spagna e Francia per carpire utili strumenti. Per la consapevolezza di avere materiale e risorse su cui lavorare superiori a entrambi basta guardarsi in casa.
La crisi può essere l’ennesima opportunità di ricostruirsi trovando la propria strada tra strategie, potenzialità e deleghe varie.