Sarà in scena domani e dopodomani (23 e 24 maggio 2013) al Teatro le Maschere e poi ancora a Roma nel teatro di Tor Bella Monaca, Pinocchia la storia di una burattina moderna. Tratto dalla pièce di Stefano Benni  lo spettacolo conduce, soprattutto per le donne, ad una riflessione profonda su come ci vedono gli uomini oggi.

Abbiamo intervistato Monia Manzo, che è regista e protagonista dello spettacolo in procinto di cominciare le prove generali….

Pinocchia ha una genesi lontana che, come nel gioco del telefono senza fili, si trasforma un pò ad ogni fase che attraversa. Parte dal Pinocchio di Collodi, arriva a Pinocchia di Benni e approda in teatro con te. Cosa è rimasto dell’una e dell’altra opera nella tua rappresentazione?
Di Collodi sono rimasti solo i richiami a questi personaggi che però sono stati trasformati dal punto di vista letterario: non sono più archetipi o figure favolistiche ma veri e propri protagonisti quotidiani. Questo era già stato messo in luce da Stefano Benni che stravolge i protagonisti lasciando però qualcosa: il grillo parlante, ad esempio, rimane un tuttologo come nella versione originale ma viene attualizzato.
Pinocchia è invece un personaggio emblematico della menzogna contestualizzato nella società attuale in cui la bugia viene utilizzata per fare carriera, per conquistare gli uomini e così via. Il significato viene quindi un po’ traslato pur rimanendo forte.
Nella trasposizione teatrale abbiamo aggiunto una componente vernacolare in quanto ci sono dei personaggi che adottano un linguaggio dialettale come il gatto e la volpe, che parlano rispettivamente romano e napoletano. Non lo abbiamo fatto per stereotipare ma per avvicinare queste figure alla letteratura che le vede furbe e fanatiche.

Pinocchia è un personaggio artificiale che porta in scena le difficoltà delle donne moderne, i disagi che spesso vivono, i ruoli che queste devono necessariamente interpretare. In che cosa ti senti simile a lei?
Si, in parte ci sono passata anche io in questa fase di vita propria di Pinocchia e credo che capiti alla maggior parte delle donne dai 25 ai 35 anni.
L’estetica spesso ti assegna un’etichetta che non vorresti, a cui non credi di assomigliare e a cui però ti senti di appartenere.
Molte nostre coetanee utilizzano l’aspetto esteriore per questioni meramente lavorative, come scorciatoia verso il successo, credendo di avere una marcia in più e cancellando così le lotte della femministe delle nostre mamme o nonne.
Pinocchia in questo senso rappresenta il tentativo femminile di sopravviviere e ribellarsi ad una società maschilista che vede la donna come un oggetto da dominare.
L’immagine della donna che viene proposta nello spettacolo è quella di una burattina che risponde ai desideri di un uomo, grande, che vuole manipolarla e gestirla perché attratto dai suoi canoni estetici.
Si va a toccare una nota dolente della società contemporanea in cui donne intelligenti devono spesso fingere di essere sciocche o ingenue per andare avanti.
Il teatro, il cinema servono ad educare la società e a farci prendere consapevolezza delle nostre potenzialità.

Stefano Benni ha visto il vostro spettacolo?
Stefano Benni è a conoscenza dello spettacolo e sarà invitato nelle repliche successive.

Dove porterete Pinocchia dopo questa tappa di Roma il 23 e 24 maggio al Teatro Le Maschere?
Saremo sempre a Roma, il 24 e 25 giugno al teatro di Tor Bella Monaca nella nuova gestione di Alessandro Benvenuti. Da settembre, invece, vogliamo farlo girare anche fuori dalla nostra regione.