L’ingresso del Brasile nelle prime posizioni della classifica relativa alle mostre più visitate in tutto il mondo nel 2012 suggerisce che i musei del paese passano attraverso una fase d’oro. Oltre alle inclusioni di mostre come “Amazônia: Ciclos de Modernidade” e “Antony Gormley: Corpos Presentes” (rispettivamente la seconda e la settima, entrambe al Centro Cultural Banco do Brasil di Rio de Janeiro) nella classifica del quotidiano The Art Newspaper, l’apertura di nuovi musei si aggiunge all’entusiasmo nazionale. Ma solo l’enfasi sui numeri può significare il buon funzionamento delle istituzioni e del settore museale nel suo insieme?

Il Museo d’Arte di Rio (MAR), recentemente aperto, ha ricevuto ad esempio circa 15 mila persone nelle prime due settimane di attività, mentre l’Istituto Inhotim, a Brumadinho (MG), ha ricevuto circa 300 mila persone nel 2012, una crescita del 35% rispetto al 2011. Chiaramente, nelle città turistiche come Rio de Janeiro, un elevato numero di visite è fatta di persone che si recano al museo una sola volta, mentre nelle zone meno turistiche, una frequenza elevata può significare visite ripetute. Il MASP, a San Paolo, è un’altra istituzione in cui i numeri di visita sono aumentati; nel 2011, ci sono stati 774.665 visitatori, mentre nel 2012, 845.101. Ma nonostante i buoni risultati, la somma della vendita dei biglietti rappresenta una voce minima nel bilancio annuale dell’istituzione (R$10 milioni, €3.8 milioni).

I gestori museali brasiliani cercano quindi di diversificare le loro risorse al fine di aggirare i vincoli finanziari. La Pinacoteca dello Stato di San Paolo, ad esempio, è diventata un riferimento in tal senso grazie ad un modello di gestione curato da un’organizzazione sociale, l’Associazione Pinacoteca Arte e Cultura, un’istituzione privata che gestisce il museo dal 2006. Tutte le attività dei dipartimenti del museo sono state trasformate in progetti, cercando di ottimizzare le risorse e i risultati, oltre che sviluppare partnership con le aziende che comprendano il valore della cultura e ormai sostengono il museo. Inoltre, l’organizzazione sociale garantisce la trasparenza nella gestione del denaro pubblico. Il modello d’organizzazione sociale è stato  anche adottato al Museo d’Arte di Rio, con l’Istituto Odeon, il quale riceverà una sovvenzione di R$12 milioni (€4.6 milioni) all’anno per l’amministrazione del museo.

In Brasile però, nonostante questi esempi, non si riesce ancora a trovare nuove forme giuridiche che consentono la gestione condivisa dal settore pubblico e privato. Così, l’apertura del Museo d’Arte di Rio mette in discussione la vera necessità di tanti musei nella città (nei prossimi anni, si inaugurerà a Rio de Janeiro il Museo del Futuro e il nuovo Museo dell’Immagine e della Musica). Le aperture di nuovi musei possono essere necessarie, però mentre ci sono tanti investimenti su queste nuove istituzioni, i fondi destinati a quelli già esistenti sono scesi a livelli davvero bassi. La Biblioteca Nazionale, ad esempio, con gravi problemi infrastrutturali, è una prova dell’indifferenza verso la sostenibilità della cultura nel paese. Allo stesso modo, con un budget di R$ 8 milioni (€3 milioni) all’anno, il Museo Nazionale di Belle Arti brasiliano si affida ad altri servizi, come l’apertura di un bistrot all’interno del museo, per mantenere il bilancio in nero.

La denuncia dall’ex-Ministro della Cultura Ana de Hollanda, nel settembre 2012, è stata una delle critiche più forti allo stato attuale della cultura del paese, dove una delle principali preoccupazioni sono le condizioni strutturali degli edifici collegati al ministero. Secondo gli esperti, riconfigurare i musei federali brasiliani dovrebbe essere la priorità del governo.

Il Brasile è ormai considerato una nazione emergente, tuttavia nessun paese instaura un vero processo di sviluppo se non valorizza il suo patrimonio culturale. Così sorprende che, nel primo bilancio del governo di Dilma Rousseff, i fondi destinati alla cultura sono scesi da R$2,29 miliardi (€871 milioni) nel 2010 a R$2,13 miliardi (€810 milioni) nel 2011. Nel 2012, c’è stata ancora un’altra riduzione del 14%, il più grande calo negli ultimi dieci anni.

Gli alti numeri di visite mostrano che esiste una domanda culturale, però prima di tutto ci doveva essere una riqualificazione delle istituzioni federali che hanno ancora bisogno di una struttura operativa, di personale e di attività educative.