La vita contemporanea impone ritmi caotici, ci si muove nelle città da un punto all’altro sempre proiettati verso il prossimo impegno o la prossima cosa fare, a mala pena consapevoli dello spazio che ci circonda. Ma cosa succede quando si è costretti a fermarsi e ad aspettare? Alle fermate degli autobus, fuori dalle lavanderie automatiche o poco prima che l’ufficio postale apra ogni giorno si ritrovano persone intente a ingannare l’attesa. Navigando sul web con gli smartphone, telefonando, ascoltando musica con l’iPod ci si ritira in una sorta di isolamento tecnologico in cui, pur essendo “collegati” virtualmente, si è in realtà separati dalla comunità circostante.

Per riattivare una sana dinamica di socializzazione e vivere in maniera più partecipativa lo spazio urbano arriva dalla Nuova Zelanda il primo esempio di micro-cinema. L’iniziativa si chiama Stairway Cinema ed è stata realizzata nella città di Auckland da OH.NO.SUMO, un collettivo di progettazione architettonica sperimentale. Per un’intera settimana, all’incrocio di Symonds Street e Mount Street – dove i tempi di attesa dei mezzi pubblici sono eterni – il gruppo neozelandese ha costruito sulle scale esterne di un edificio pubblico, una microarchitettura costituita da un telaio in legno ricoperto in tessuto, creando un nuovo spazio dove sedersi e godere su un apposito schermo cortometraggi e video. L’esperienza individuale dell’attesa è stata sostituita da un’esperienza comunitaria e sociale, portando alla creazione di un momento di condivisione, divertimento e fruizione diversa dell’architettura. I filmati proiettati all’interno del micro-cinema sono stati selezionati sulla base di raccomandazioni e commenti raccolti online e sui social media, secondo un processo democratico che ha permesso al pubblico di curare quella che è diventata una collezione virtuale ed un’espressione efficace delle tendenze attuali.

Alla base del lavoro svolto da OH.NO.SUMO. c’è il desiderio di realizzare progetti architettonici e di design che offrano un modo alternativo di fruire lo spazio pubblico utilizzando le potenzialità nascoste di spazi già esistenti che vengono riscoperti attraverso processi divertenti e resi accessibili e fruibili in nuove modalità. Starway Cinema ha dimostrato come uno spazio urbano senza particolare appeal, sia stato in grado di diventare il luogo giusto per sperimentare un’inedita modalità di condivisione, raggiungendo l’obiettivo di creare un ambiente di scambio sociale all’interno della città.

In questo stesso senso si inseriscono iniziative come Amaca Parking, promossa dall’associazione Esterni a Milano, che ha visto la trasformazione di un’area di parcheggio in una vera e propria area di sosta collettiva destinata alla decompressione e alla tranquillità; attraverso l’allestimento di una serie di strutture a raggiera in grado di supportare dieci amache ognuna, sono state create delle vere e proprie isole dove fermarsi e condividere, spesso con estranei, momenti di relax in un’atmosfera che ha naturalmente favorito l’interazione e lo scambio sociale.

Il bisogno di riappropriarsi dello spazio urbano e quello di rompere la barriera di isolamento in cui sempre più spesso le tecnologie ci confinano, emerge da esperienze come quelle appena descritte e ci porta a riflettere sulle infinite possibilità di sperimentazione che l’architettura, l’arte e il design possono offrire per aiutare a recuperare una dimensione sociale del vivere quotidiano che rischia di scomparire e che è la naturale manifestazione di quel bisogno partecipazione e di appartenenza alla comunità e al luogo che si abita propria dell’uomo.