sprechi42 Kg. Questa è la stima del peso del superfluo. È quello che ogni italiano, in un anno, etichetta come “spazzatura”, malgrado sia commestibile, utile e, per alcuni, risorsa preziosa.
Tradotto in risultati aggregati, significa una stima di 15 miliardi di euro persi (buttati) ogni anno in Italia cui vanno aggiunte le perdite che avvengono durante la fase di trasformazione: 3,5 miliardi. Altro che IMU: questa sarebbe la popolare gallina dalle uova d’oro se, volendo sovvertire un altro estratto di luoghi comuni, esordissimo dicendo che non tutto l’oro luccica, e anzi, a volte, ha qualche macchia. È da questi dati che hanno preso le mosse i relatori della tavola rotonda organizzata dalla Fondazione Bracco il 28 maggio presso la raffinata cornice del Teatrino di via Cino del Duca a Milano. L’incontro dal titolo “Lo spreco diventa risorsa? Consumo responsabile e nuovo valore del cibo”, che fa parte della programmazione del vasto palinsesto rappresentato dagli Expo Days, ha visto come protagonisti Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market, e Andrea Giussani, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. “In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo”, sottolineano i relatori, “abbassare i costi inutili dovrebbe essere una priorità”.

Trasformare questa riflessione, sicuramente vera, in una serie di attività che la rendano concreta, non è tuttavia così facile. Il problema è che, come appare sempre più evidente, bisogna pensare ad un nuovo sistema produttivo, perché in quello attuale non si presta molta attenzione ai limiti fisici di disponibilità delle risorse, mentre in realtà non solo esistono, ma hanno assunto dimensioni tali che ignorarli è sintomo di incoscienza. Per fortuna, quando emergono difficoltà, si aguzza l’ingegno e con esso vengono stimolate le innovazioni, che propongono processi efficaci volti a ridurre le inefficienze di mercato.
Tra queste soluzioni figurano le esperienze delle organizzazioni che i relatori presiedono rispettivamente.

Last Minute Market incentra la propria attività su ciò che potrebbe essere definita un’“economia del dono”, fondata su azioni di recupero delle eccedenze alimentari. “In un’Italia, che presenta crescite a due binari, il lavoro di Last Minute Market mette in relazione il binario di ciò che viene perduto con quello di coloro “temporaneamente senza potere d’acquisto,” afferma Segrè. Ma i due binari non possono essere solo tenuti insieme da una pensilina: è importante che a un certo punto convergano. Per questo motivo accanto al lavoro di ricerca, Last Minute Market ha avviato da tempo un’attività di coinvolgimento delle istituzioni, giocando un ruolo importante nella promozione della legge 244/2007, la cosiddetta legge “antisprechi”. Sprecare è immorale e bisogna trovare una soluzione. E l’intervento di Nunzia De Girolamo, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sul Corriere della Sera del 14 maggio scorso, mostra come quest’argomento rientri nell’ordine di lavoro dell’attuale classe politica.

Se Last Minute Market si costituisce come un sistema professionale di riutilizzo dei beni invenduti dalla grande distribuzione alimentare, non agendo direttamente nell’azione di recupero, ma permettendo l’incontro tra domanda ed offerta, Banco Alimentare Onlus, interviene invece sul campo, agendo come un vero e proprio “spin-off” della grande distribuzione: 1.650 volontari e 21 magazzini in grado di raccogliere e distribuire alimenti commestibili, ma non commercializzati, ad associazioni caritative. Con un sistema che garantisce al donatore la tracciabilità dei prodotti offerti, il Banco Alimentare ha creato nei suoi 25 anni di attività una rete di partnership davvero imponente, che solo nel 2012 ha recuperato più di 61000 tonnellate di eccedenze alimentari, distribuite successivamente a circa 9.000 associazioni caritative, che, a loro volta, hanno potuto fornire assistenza alimentare a più di 1.800.000 persone.

Se “consumare di più, sprecare di meno” sembra un ossimoro, implementare una politica di educazione del singolo e di recupero dalle grandi distribuzioni migliorerebbe sicuramente l’efficienza del nostro sistema Paese, in cui, è bene ricordarlo, sono 4 milioni le persone a rischio di povertà alimentare. La speranza è che l’attività di queste organizzazioni non si limiti ad essere una generica best practice isolata, ma che presto diventi lo stimolo per la creazione di iniziative analoghe. Perché purtroppo, e i dati lo dimostrano, ce n’è ancora bisogno.