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A New York si sta parlando di cultura: lo si sta facendo proprio ora grazie al dibattito organizzato per il 12 giugno dall’ONU in collaborazione con l’UNESCO e a cui prenderanno parte influenti figure del comparto culturale internazionale.
Parliamo di personalità del calibro di Mr. Vuk Jeremic, il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, di Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU, di Irina Bokova, direttore generale ONU e di una schiera di rappresentanti istituzionali provenienti da Portogallo, Bangladesh, Capo Verde, Argentina, Jamaica, Marocco, Benin, Guyana, Senegal, Sud Africa, Brasile, Spagna.
Ad illustrare invece nel dettaglio le best practises del mondo culturale internazionale ci sarà il direttore del Metropolitan Museum, Thomas P.Campbell, il direttore dell’Orchestra Filarmonica di Belgrado e il capo servizio della sezione Musica del New York Times.
Una bella rimpatriata, verrebbe da dire, con un ordine del giorno a dir poco ambizioso: stilare le linee programmatiche dell’agenda sviluppo 2015 in ambito di cultura e sviluppo ripensando le strategie finora adottate in questo ambito discutendo sul ruolo e sull’impatto che la cultura ha per lo sviluppo dei Paesi del mondo.
Il meeting internazionale, così si legge nel draft programme, è stato fortemente voluto soprattutto in luce dei risultati ottenuti durante Rio+20, in cui con forza si è evidenziato come scienza, tecnologia, innovazione e cultura saranno fondamentali per il raggiungimento dei MDGs (Millennium Development Goals).
Le domande a cui gli esperti di tutto il mondo e i rappresentanti dei vari paesi dovranno rispondere sono:
– Come potrà la creatività contribuire ad uno sviluppo sostenibile?
– Quale il ruolo del patrimonio culturale e della creatività nell’assicurare uno sviluppo integrato delle società?
– Come la creatività e i beni culturali potranno garantire una crescita economica sostenibile?
– Come la creatività e i beni culturali potranno portarci verso un’urbanizzazione e una crescita più bilanciata?
– Riusciremo a sfruttare la cultura come mezzo di pace e riconciliazione tra popoli?
I documenti ufficiali stilati durante il dibattito verranno resi noti tra qualche giorno. La speranza è quella di ottenere un Report che indichi le attività da intraprendere e le risorse, sociali ed economiche, a disposizione.
Certo, dopo il fallimento di Rio+20, nulla lascia presagire dossier densi di proposte che i vari capi di Stato siano impazienti di mettere in pratica.
Forse, dovremmo semplicemente rallegrarci del fatto che si sia sentita l’esigenza di un meeting internazionale dedicato alla cultura e allo sviluppo, del fatto che finalmente, dopo decenni, a livello internazionale e coadiuvati da ONU e UNESCO il mondo intero cominci ad interrogarsi su come questo strano oggetto che chiamiamo “cultura” possa davvero servire a risolvere i conflitti sociali e ad accrescere lo sviluppo sociale.
Ma verrà il momento in cui questa tiepida gioia non sarà più sufficiente. E allora, a prescindere da ogni Organizzazione Mondiale e Internazionale, ognuno dovrà dimostrare cosa può fare per un paese migliore.