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Ieri, 19 giugno 2013, si è tenuta a Roma, nella cornice pomposamente istituzionale della sala che la Camera dei Deputati ha dedicato ad Aldo Moro (non sappiamo quanto l’eterodosso celebrato avrebbe in realtà apprezzato…), una giornata in memoria del più famoso Assessore alla Cultura d’Italia: Renato Nicolini (1942-2012), assessore nelle giunte romane guidate da Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli ed Ugo Vetere (1976-1985).
L’iniziativa, promossa da uno dei cinque figli, Ottavia (che si professa filosofa di professione) e dall’ultima compagna, l’attrice Marilù Prati, ha rappresentato un’occasione stimolante di riflessione, sia sulla politica culturale sia sulla politica italiana tout-court.
Brillante – come sempre – l’intervento di Stefano Rodotà, che ha ricordato come tutta l’esperienza politica e personale di Nicolini rappresenti la lotta al “riduzionismo”, ovvero al tentativo di ridurre la politica ad amministrazione del contingente, a rapporto con “la polizia ed il mercato”, allorquando dovrebbe essere invece continuo invito alla provocazione creativa, alla “fantasia al potere”. Rodotà ha rintracciato nelle teorie e pratiche di Nicolini la radice della sua idea di cultura come “bene comune”.
Il neo eletto Sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha ricordato di aver conosciuto Nicolini quando, allora al Policlinico Gemelli, fu il medico curante di colei che scoprì essere la madre dell’Assessore, e ha ricordato la fascinazione subita nei confronti di un uomo che aveva il dono di essere lieve anche nei momenti di tristezza, con un sorriso sempre un po’ malinconico (atteggiamento che peraltro molto affascinava le donne). Il Sindaco ha approfittato dell’occasione per annunciare che l’edizione 2013 dell’Estate Romana, che era a rischio a causa di un bando surreale emanato negli ultimi giorni della Giunta Alemanno (incredibile caso di bando che si dichiara subordinato all’eventuale – ?! – acquisizione di risorse…), si terrà, avendo reperito le risorse necessarie (almeno 2 milioni di euro, a fronte di una richiesta minima di 2,5 milioni da parte delle cosiddette “associazioni storiche” della manifestazione romana).
Franco Purini, amico e collega del Nicolini architetto sin dai tempi dell’Università, ha ricordato come Renato sia stato interprete di una lettura trasversale di autori che hanno formato la sua poliedrica personalità: da Nietsche a Gramsci a Debord. L’Estate Romana (progetto tutt’altro che “effimero”, se è vero che sopravvive dopo oltre trent’anni: la prima edizione risale al 1977) è in effetti un esempio eccellente di una logica (post-moderna) di ibridazione di linguaggi, di superamento della separazione ideologica tra culture alte e culture basse, nonché l’avanguardistico tentativo di “riappropriazione” della città, di rifondazione urbanistica, di ridefinizione degli spazi della socialità, da parte della cittadinanza.
L’organizzatore culturale Andres Neumann ha evocato l’immagine dello “sciamano”, per rappresentare la capacità di Nicolini di vedere oltre, di cercare di costruire realtà ispirate all’utopia.
Sono poi intervenuti Vincenzo Frustaci, dirigente dell’Archivio Capitolino, e Donato Tamblé, Soprintendente Archivistico per Roma ed il Lazio, che hanno comunicato che la biblioteca e l’archivio personale di Nicolini, messi a disposizione dalla famiglia, sono stati dichiarati proprio il 19 giugno beni di interesse culturale e storico nazionale, e verranno quindi messi a disposizione della collettività.
Infine, va segnalato che è stato pubblicato dalla Camera dei Deputati un libro che raccoglie gli interventi di Nicolini durante la sua attività parlamentare: è stato deputato per 3 legislature (IX, X e XI) ovvero dal 1984 al 1994, prima nelle fila del Pci e nel 1992 come esponente del Pds.
Nonostante il livello qualificatissimo degli interventi e la stimolazione intellettuale provocata, abbiamo percepito una qual certa nebbia farisea nella celebrazione della memoria del Nostro: stupisce molto che nessuno abbia nemmeno fatto cenno a come la “carriera politica” di Nicolini sia stata sostanzialmente interrotta quando nel 1993, in dissenso rispetto al proprio partito, decise di non sostenere la candidatura di Rutelli come possibile Sindaco di Roma, e si candidò con una lista autonoma, denominata “Liberare Roma” (si osservi che lo slogan “liberiamo Roma” è stato peraltro ripreso da Marino nella sua recente campagna elettorale).
Ne scrivo a ragion veduta, perché sono stato il responsabile della comunicazione della sua campagna elettorale, autofinanziata francescanamente: Nicolini ottenne un 8 % dei voti, al ballottaggio fu poi eletto Rutelli, Nicolini frequentò poi per un qualche tempo Rifondazione Comunista, ma mai tornò a ricoprire ruoli, a livello nazionale o locale significativi, se non quando Bassolino Sindaco lo chiamò, per una breve stagione (dal 1994 al 1997), come Assessore alla Cultura di Napoli. Nessuno ha ricordato che nell’estate del 2009 decise di prendere la tessera del Pd e prospettò una candidatura (che autodefinì “creativa e democratica”) alle primarie, cui presto rinunciò, rendendosi conto che aveva contro, ancora una volta, “il partito”.
Ad inizio 2010, aveva pubblicamente sostenuto la necessità delle primarie per la scelta del candidato del centro-sinistra a presidente della Regione Lazio, dichiarando di voler partecipare alle stesse. Poche settimane prima di morire (soffriva da tempo di una terribile malattia), pubblicò su “il Manifesto” (il 28 giugno 2012) un articolo che così iniziava: “Confesso di restarci un po’ male, quando vedo che nessun giornale o gruppo associa a sinistra il mio nome alle ormai prossime elezioni per il sindaco di Roma”. Come dire?! La passione e la tenacia, nonostante le batoste, non l’avevano certo abbandonato.
In sostanza, Nicolini rappresenta la figura di un politico irrituale ed anticonformista, un uomo colto e creativo, un intellettuale umanista, un artista eccentrico, sganciato dalle dinamiche della partitocrazia, vecchia e nuova, tollerato fino a quando non ha superato i “limiti”.
Alessandra Mammì ha intitolato un suo intervento su “l’Espresso” con un efficace “Nicolini, il Grande Escluso”. Spesso emarginato, comunque visto con sospetto dagli apparati vecchi e nuovi. Emarginato in vita e celebrato post-mortem: un po’ come avvenuto per Pasolini (che certamente aveva tratti comuni con Nicolini, entrambi agli antipodi rispetto all’idea di “intellettuale organico”), la “buona società” si rivela spesso abile nel cordoglio, ma non riesce a ben mascherare il respiro di sollievo per essersi liberata di un personaggio scomodo.
La lungimiranza che mostrarono i sindaci (comunisti) Argan, Petroselli e Vetere nei confronti del giovane Nicolini fu un atto di coraggio (soprattutto in considerazione dei tempi), rispetto alla conservazione che spesso caratterizza le macchine burocratiche dei partiti.
Nessuno ha però adeguatamente enfatizzato, nella celebrazione in memoria, la radicale diversità (caratteriale, culturale, arriverei a sostenere antropologica) di Renato rispetto alla gran parte dei “politici di professione”. Era veramente… un diverso!
Tutti hanno poi evocato l’Estate Romana, assurta quasi a dimensione mitica, dimenticando che negli ultimi anni Nicolini aveva assunto una posizione molto critica rispetto alla degenerazione mercantile che la sua idea aveva subito nel corso del tempo.
Si era (si è) esaurita la carica di innovazione e di trasgressione, e l’Estate Romana si è andata via via trasformando in una sorta di inutile bazaar culturale, in un banale supermarket dello spettacolo. Crediamo che questa visione critica di Nicolini verso la sua stessa creatura debba stimolare il Sindaco Marino, al fine di una lettura innovativa del mercato dell’offerta e della domanda culturale capitolina, che ha necessità di nuove invenzioni, nuove provocazioni, nuove trasgressioni.
Non di riprodurre l’esistente, ma osare: sperimentare nuove forme e nuovi linguaggi e… nuovi luoghi finanche. È certamente importante assegnare risorse alle “manifestazioni storiche” dell’Estate Romana (almeno per garantire l’occupazione, verrebbe ad aggiungere!), ma è forse più importante e strategico ragionare sul senso e sulla validità della mera riproposizione di un intervento pubblico che attualmente finisce per riprodurre quel che il mercato è ormai in grado di produrre da solo.
Nessuno, infine, ha ricordato che nonostante si tratti di uno dei concetti che più hanno reso famosa Roma negli ultimi 40 anni in tutto il mondo, incredibilmente non esiste una monografia sull’Estate Romana, né un saggio critico sull’esperienza politica, culturale, artistica di Renato Nicolini.
Quali le ragioni di questa incredibile rimozione??? Di fatto, l’unica pubblicazione è il suo libro di memorie, “Estate Romana 1976-1985. Un effimero lungo nove anni”, ripubblicato l’anno scorso dalla Città del Sole (la prima edizione era stata pubblicata nel 1991 da un editore il cui nome era tutto un programma, Sisifo…). Qualche riflessione storico-critica è contenuta nel nostro contributo al saggio a più mani pubblicato nel 2008 da Donzelli “Capitale di cultura. Quindici anni di politiche a Roma”, scritto con Gianni Borgna, Roberto Grossi, Carlo Fuortes, Franco Ferrarotti, ma quella voleva essere una piccola traccia che purtroppo non ha avuto gli adeguati sviluppi di ricostruzione politica e culturale di una esperienza profonda.
Mentre il Sindaco lasciava la Sala Aldo Moro, scusandosi per la necessità di tornare in Campidoglio per perfezionare la gestazione della Giunta, qualcuno ha simpaticamente urlato: “Sindaco, ci dia un Nicolini assessore!”. Magari fosse. Avrà Marino il coraggio necessario per affidare l’incarico ad una persona lontana dai poteri forti (anche del sistema culturale romano) e soprattutto fuori dal coro, per dare voce (e palcoscenici) alle infinità diversità che Roma ancora non riesce ad esprimere?! Ce lo auguriamo.
Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale