depositomuseoImpara l’arte e mettila da parte, in un deposito, possibilmente. Sono moltissime le opere d’arte che rimangono custodite nei magazzini dei musei statali italiani, precluse agli occhi dei visitatori per problemi di spazio e di denaro.
Spesso si è parlato di usare la cultura come punta di diamante dell’economia italiana. In particolare, l’arte sembra essere uno dei pochi settori a non aver subito i colpi della crisi: la passione investitrice dei collezionisti privati non ha subito il timore del quadro economico generale e, come risulta dell’ultimo Rapporto Istat (2012), singoli cittadini e famiglie non hanno tagliato le spese per tempo libero e cultura.
Ecco quindi tornare alla ribalta arte in deposito ed economia della cultura, grazie all’approvazione del ddl sulle semplificazioni. L’art 14 del ddl prevede infatti che i beni culturali italiani non esposti al pubblico possano essere affittati a paesi esteri per un periodo di 10 anni, da rinnovare una sola volta, per un totale di 20 anni massimo di assenza dal territorio italiano.

Il paese estero ospitante, in cambio della fruizione del bene, dovrà pagare per la concessione dello sfruttamento e assicurarne la protezione e la conservazione. L’opera o le opere dovranno inoltre  essere esposte solo in spazi appositamente dedicati alla cultura italiana.
Si tratterebbe, quindi,  di una vera e propria forma di affitto che si distingue dal prestito di opere d’arte (pratica molto diffusa tra musei nazionali e internazionali) il quale contempla invece il rilascio da parte del MiBAC di un attestato di circolazione temporanea che permette l’esportazione del bene per una durata massima di 18 mesi.

La pratica dell’affitto, invece, avrebbe una duplice fuinzione: da un lato promuovere ed esportare l’arte italiana all’estero, dando visibilità ad opere d’arte che altrimenti difficilmente verrebbero esposte;  dall’altro garantire un ritorno economico immediato per le casse dello Stato.

Le reazioni suscitate dal nuovo disegno di legge sono state ovviamente contrastanti.

A favore della pratica di affitto è Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia. La Belli sostiene infatti la potenzialità di questa forma di scambio, ma mette in guardia sulle necessità di regolamentarla in maniera serie e capillare.
Non del tutto positivo è invece il giudizio del direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze, Antonio Natali, secondo il quale sarebbe meglio puntare maggiormente sulla promozione delle opere, dei musei, degli spazi dimenticati in loco, sul territorio, con un ritorno economico più redditizio e duraturo anzichè lasciar andar via delle opere dal territorio italiano per venti anni.

Sembrerebbe ad ogni modo che l’Italia si stia per adattare ad una certa mentalità internazionale, che considera l’arte una risorsa economica da sfruttare in tutte le sue potenzialità, senza però svilirla o calpestarne l’aurea, tenendo sempre a mente il fondamentale valore culturale e formativo che le è proprio.
La pratica dell’affitto delle opere, se giustamente regolamentata, insieme ad una promozione oculata e all’avanguardia dell’intero patrimonio italiano potrebbe risultare effettivamente il nuovo e vincente volano per la ripresa dell’intera economia italiana.