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“Si dice che la cultura non è “di destra” o “di sinistra”?! Ebbene, io non ci credo granché”: così il Ministro Massimo Bray (con l’accento sulla “y”, alla salentina), a conclusione del suo intervento all’incontro “E/leggiamo”, tenutosi mercoledì 26 giugno nella Capitale, organizzato dall’Associazione Forum del Libro a Fandango Incontri (uno spazio policulturale allocato all’interno del Palazzo Incontro della Provincia di Roma), in via dei Prefetti. Affermazione forte e netta (finanche discutibile da un punto di vista “liberal” o destrorso), comunque in qualche modo in contrasto col tono pacato con la quale è stata pronunciata. Il Ministro è peraltro ormai noto per i suoi toni morbidi, à la Letta (Gianni, il… camerlengo).
Nella fattispecie, si è trattato di una risposta al Presidente dell’Associazione Italiana Editori (nonché di Confindustria Cultura) Marco Polillo, ma… procediamo con ordine.
Nello scorso febbraio, il Forum del Libro presentò ai candidati parlamentari una lettera aperta dal titolo “Un voto per promuovere la lettura”, con la quale si chiedeva più attenzione da parte della classe politica “al libro, alla lettura e ai loro luoghi, dalle biblioteche alle librerie, dalla scuola all’università e agli enti di ricerca”: in particolare, i più di 6mila firmatari (ad oggi) propongono 5 “punti” programmatici, definiti “semplici ma importanti, che non hanno carattere di parte ma interessano tutti gli italiani”, da usare come ossatura per una legge organica ed efficace, volta a contrastare il drammatico effetto dei tagli alla cultura, scuola e ricerca messi in atto dai governi recenti (e nemmeno tanto recenti).
Sintetizziamo allora questi cinque punti:
– Scuola: istituzione e riconoscimento come parte qualificante della formazione le biblioteche scolastiche, con l’introduzione in organico di un bibliotecario professionista; realizzazione annuale, da parte del Miur, di un “piano nazionale per la lettura”, valorizzando le migliori pratiche sul territorio e stimolando l’introduzione di attività di lettura nell’offerta formativa;
– Biblioteche: abrogazione dell’art. 19 del decreto n. 95 del 2012 cosiddetto “spending review 2” (ovvero: mantenere nelle cosiddette “funzioni fondamentali dei comuni” le attività e i servizi culturali); modifica dell’art. 15 della legge sul diritto d’autore, per rendere gratuite le letture pubbliche nelle biblioteche (si ricordi che il testo recita che “non è considerata pubblica la esecuzione, rappresentazione o recitazione dell’opera” esclusivamente “entro la cerchia ordinaria della famiglia, del convitto, della scuola o dell’istituto di ricovero, purché non effettuata a scopo di lucro”: da non crederci, ma così è e d’altronde abbiamo ancora a che fare, in Italia, con una legge sul diritto d’autore la cui radice risale al 1941);
– Librerie: riconoscimento delle librerie “di qualità”, con agevolazioni fiscali e per la locazione delle sedi;
– Digitale: concedere ai libri elettronici il pieno riconoscimento nel novero dei “prodotti culturali”, con le agevolazioni fiscali conseguenti; si ricordi che in Italia l’Iva è ancora al 21 %, mentre è agevolata al 4 % per i libri stampati, un vero paradosso! (l’ebook è considerato un “servizio” piuttosto che un “prodotto”); da segnalare che, nelle stesse ore, Giovanni Legnini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in audizione di fronte alla Commissione Cultura della Camera, ribadiva l’intendimento del Governo per l’equiparazione; garanzia di libera disponibilità in formato digitale dei prodotti della ricerca finanziata per oltre il 60 % da denaro pubblico; avviamento di un progetto nazionale di digitalizzazione dei prodotti fuori commercio o liberi da diritti;
– Coordinamento delle politiche pubbliche, statali, regionali e locali, in un “Piano Nazionale della Lettura”, da aggiornare annualmente; evoluzione del Centro del Libro e della Lettura, da dotare di maggiore autonomia e di strumenti normativi e finanziari adeguati, anche nell’ottica di un’adeguata formazione degli operatori.
Dopo l’introduzione di Giovanni Solimine (Presidente del debole Centro per il Libro e la Lettura, istituito nel 2005 e mai realmente decollato), il Ministro Bray ha fatto il punto della situazione secondo la propria prospettiva: dalle sue parole, si evince che al Ministero dell’Università e della Ricerca sembrerebbero molto sensibili alla questione delle biblioteche scolastiche, e che discussioni sul tema si concretizzino addirittura anche in Consiglio dei Ministri.
Fin qui, tutti d’accordo. I problemi emergono quando invece si valutano l’introduzione delle lavagne elettroniche («quando ormai le generazioni native digitali sono abituate a lavorare sui tablet: siamo cronicamente in ritardo all’appuntamento con la tecnologia…»), o l’editoria scolastica («ormai quasi totalmente in mano a soggetti stranieri…»).
E’ sul quinto punto, però, che il Ministro concentra l’attenzione più critica, tanto pungente quanto calma: «l’innovazione e una totale riforma dell’Amministrazione sono urgenti al Mibac. Ad esempio, non si possono gestire più di 750 siti internet-vetrina, con un’interattività pari a zero, senza rimandi e collegamenti (…) Sulla questione finanziaria, siamo in una situazione paradossale e nota a tutti: non siamo in grado non solo di effettuare, ma nemmeno di programmare gli interventi necessari.
Che poi non ci si venga a lamentare da me, se cade un pezzo di un muro a Pompei…». Carenza di fondi e nell’organicità delle amministrazioni che li devono gestire: un ritratto che conosciamo bene, noi italiani, soprattutto se si parla di cultura. Ci sia consentito, però, egregio Ministro: ma con chi dovrebbe lamentarsi, il cittadino o l’operatore, se non con il Ministro competente, che immaginiamo se ne faccia interprete nell’economia del Consiglio dei Ministri?! Se… Enrico Letta predica bene e razzola male, Lei è pur libero di dimettersi, per coerenza.
Sia chiaro: ben vengano iniziative come quella promossa dal Forum; ma va detto che non riteniamo così “automatica” l’attribuzione della colpa dei dati preoccupanti sulla lettura nel nostro Paese (nel 2012, solo un misero 18,4 % di italiani ha dichiarato di aver letto almeno un libro ogni tre mesi) a questi pur gravi ed innegabili deficit strutturali e di offerta; così come ci sembra di dover forse proporre una inversione del rapporto causale “lettura” / “qualità e tenore di vita” cui si fa riferimento nell’incipit dell’appello dell’Associazione Forum del Libro: piuttosto che un “chi legge, sta meglio”, un più realista (e cinico) “chi sta meglio, legge (e va al museo o a teatro)”!
Parlando di “sistema cultura”, di sinergie pubblico-società civile, Bray ha preso spunto dal dibattito sull’eccezione culturale: «In Francia – ha sostenuto – “Le Monde” ha pubblicato un dossier di 16 pagine sulla questione, e non limitandola al solo settore dell’audiovisivo: il nostro Paese deve costruire il proprio futuro sui contenuti, e questa direzione dev’essere chiara all’opinione pubblica». Viene da commentare che l’interesse dei media francesi per queste tematiche è direttamente proporzionale agli impegni governativi…
Dopo il Ministro, con un “intervento lampo”, la neo-parlamentare Flavia Nardelli (Commissione Cultura, Pd, già Segretaria Generale della Fondazione Sturzo) ha suggerito la possibilità dell’inserimento di alcune prime misure attraversi emendamenti mirati durante l’iter del “Decreto Fare”, ed è poi subito scappata alla votazione parlamentare sull’acquisto degli F-35, da cui la battuta di Bray: «Con un carrello di uno dei jet militari, si otterrebbero i 500 milioni di euro per concretizzare questi buoni propositi».
Lidia Ravera, Assessore alla Cultura della Regione Lazio, ha invece portato la sua esperienza pre-elettorale in “tour” nelle biblioteche laziali, osservando «precariato o lavoro gratuito associati a grande passione, dedizione ed entusiasmo».
Il Presidente dell’Aie Marco Polillo ha colto al balzo l’opportunità di parlare anche dei lavoratori in campo librario, editoriale e bibliotecario: «Non va bene che si “sfrutti” la passione, per ignorare le necessità dei lavoratori: le persone che lavorano nella cultura non hanno potere contrattuale, perché vanno avanti anche se le istituzioni e la politica se ne disinteressano». Sul “fare sistema”, locuzione tanto inflazionata nella teoria quanto ignorata nella pratica, ha sostenuto che «noi privati già lo facciamo, e le innumerevoli iniziative spontanee (vedi “Letti di Notte” o “Piccoli Maestri”, i cui padrini e madrine hanno partecipato all’incontro, ndr) lo dimostrano. Lo sforzo, insomma, deve essere reciproco e coinvolgere anche la politica…».
Ed ecco le parole che hanno provocato la reazione del Ministro, che aprono quest’articolo: «Non c’è una parte politica che si schiera dalla parte delle biblioteche ed un’altra che le vuole bruciare: c’è comunione d’intenti, ma non c’è costruzione di piani». La tesi di Polillo ha provocato diffusi borbottii della platea: è vero che la cultura, in sé, non è di destra o di sinistra, ed è forse anche vero che, in teoria, sia “a destra” sia “a sinistra” si auspica comunque una migliore diffusione della cultura nel tessuto sociale nazionale.
Ma dalle dichiarazioni di intenti alle azioni conseguenti, la distanza può essere abissale. Per rilanciare, anche a destra si auspica “la democrazia”, ma il concetto di “democrazia” non è evidentemente lo stesso a destra o a sinistra (o al centro). Nello specifico delle politiche culturali, a destra c’è chi auspica che “il mercato governi” (dagli estremisti brutali alla Brunetta ai “think tank” raffinati come la Fondazione Istituto Bruno Leoni), a sinistra permane il convincimento dell’esigenza dell’intervento della “mano pubblica” per sanare i fallimenti (ed i deficit) del mercato, e per proporre comunque un intervento che introduca sul mercato quel che il mercato stesso, da solo, non è in grado di garantire (estensione del pluralismo espressivo, provocazione di una domanda non necessariamente rispondente soltanto all’offerta…).
Tornando allo “specifico” librario, aleggiava nel dibattito la proposta di legge promossa recentemente da Andrea Martella, Vice Presidente del Gruppo Pd alla Camera, a sostegno delle piccole librerie e di quelle storiche (si tratta dell’Atto Camera n. 859 “Disposizioni per la diffusione della lettura e il sostegno del sistema delle piccole librerie”, presentato il 30 aprile 2013). La proposta prevede agevolazioni fiscali ai proprietari di immobili per contratti d’affitto stipulati a favore delle piccole librerie, sgravi contributivo del 100 % della contribuzione dovuta per i periodi contributivi maturati nei primi 5 anni di contratto e agevolazioni fiscali, per un importo non superiore a 1.000 euro, sostenute per l’acquisto di libri. Martella spiega: “ogni volta che una libreria storica chiude, un pezzo della storia e della memoria condivisa delle nostre città viene cancellato di netto.
Accade a Venezia, dove negli ultimi anni hanno già chiuso numerose librerie, ma anche a Roma, Firenze, Napoli, Palermo dove librerie indipendenti sono in grandi difficoltà e rischiano la sopravvivenza. Con questa proposta vogliamo affrontare l’emergenza culturale rappresentata dalla chiusura delle librerie indipendenti soprattutto nei centri storici delle città meta di turisti e visitatori dove l’offerta è quindi più diretta ai turisti che ai residenti stessi e dove il problema dei costi (affitti, personale, contributi, imposte) è estremamente oneroso. L’obiettivo di fondo è incentivare lo sviluppo delle piccole librerie e delle librerie di qualità come componenti del patrimonio culturale italiano e strumento della diffusione delle conoscenze. Ed inoltre promuovere una politica di sostegno a favore dei piccoli imprenditori che hanno a cuore la tutela del patrimonio librario e che sviluppano iniziative di promozione culturale sul territorio in cooperazione con enti, scuole, e associazioni culturali”. Eccellente iniziativa, ma si noti che, a distanza di due mesi, l’iter non è stato ancora avviato: come nelle dichiarazioni di intenti del Governo, si comincia a temere una qualche “contraddizione interna” tra “il dire” ed “il fare”!
Nell’affollata sala dello spazio Fandango, da registrare infine interventi e presenze di operatori del settore come il Direttore Generale della Direzione Biblioteche, Istituti Culturali e Diritto d’Autore del Mibac Rossana Rummo, il Presidente Associazione dei Bibliotecari Stefano Parise, il Vicepresidente dell’associazione nazionale dei librai Ali Paolo Ambrosini, Silvia Calandrelli di Rai Educational, il direttore di Rai3 Andrea Vianello, ed intellettuali del calibro di Tullio Gregory e Tullio De Mauro.
Auguriamoci che anche questa “mobilitazione” non resti… sulla carta!
L’articolo è stato redatto da Filippo Oriani, ricercatore e Angelo Zaccone Teodosi, presidente dell’Istituto italiano per l’Industria culturale IsICult