Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Che il museo dovesse rinnovarsi per superare una crisi considerata ormai endemica da più parti non è cosa nuova. Dagli anni Novanta sono state diverse le proposte avanzate per dare alla geografia museale una collocazione più sensibile ai cambiamenti in atto. La struttura del museo di ultima generazione si è così aperta ad una forma e a un contenuto che respirassero lo spirito del tempo. Spazi interattivi, dialogo con il territorio circostante, riqualificazione di aree abbandonate o in stato di degrado urbanistico, appeal della forma architettonica, affidata spesso ad un progettista di fama internazionale. Due i modelli che si sono affermati a larga maggioranza: la costruzione ex novo di un’area espositiva, oppure il recupero di una struttura precedente, riconfigurata ad hoc per un uso migliore. In entrambe i casi, il medesimo obiettivo: ridare alla città o a un suo quartiere una nuova vita.
Così, dal Piece One di New York all’Hangar Bicocca di Milano, dal Museu da Electricidade di Lisbona alla Città delle Arti e delle Scienze di Valencia, passando per la tappa necessaria e imprescindibile del Guggenheim di Bilbao, il museo ha assunto un nuovo volto. Il MUSE, il Museo delle Scienze di Trento, che inaugurerà il 27 luglio, si inserisce nel solco di questa tradizione. Con uno sguardo che tiene conto, su tutto, della geografia del luogo, del contesto locale e, soprattutto, delle esigenze del territorio.
Realizzato in tempi record dallo studio di Renzo Piano, l’edificio porta a compimento lo sforzo di inserirsi nel paesaggio trentino in modo disinvolto, assottigliando quel protagonismo fine a sé stesso che i progetti delle archi-star spesso recano con sé, e coniuga, attraverso la sua struttura architettonica leggera e quasi trasparente, la vocazione naturalistica del contenuto e quella tecnologica del contenitore. Situata in una valle ai piedi dalle Dolomiti, l’architettura di Piano si propone come metafora del paesaggio circostante: i suoi quattro piani di vetro, legno e metallo convergono come a ricordare una vetta montuosa, la luce naturale irradia l’edificio e una piscina che sfrutta l’idrografia dell’Adige e le acque piovane fa specchiare la costruzione nel cielo. Non solo, al dialogo con la morfologia del territorio, il museo aggiunge un’impronta ambientalista: l’uso di sistemi di tri-generazione sfruttano le risorse rinnovabili e consentono l’efficienza dei consumi e una riduzione della dispersione energetica, con una eccellente performance a livello di sostenibilità.
I quasi tredicimila metri quadrati sono stati inoltre ricavati dalla bonifica dei vecchi stabilimenti Michelin su cui il quartiere un tempo vantava la propria ricchezza, in un’area che, pur a due passi dal centro storico, ha subito sin dall’epoca asburgica stravolgimenti urbanistici. Ora i collegamenti per rendere il nuovo spazio un luogo di transito e di percorrenza da parte dei cittadini saranno più solidi, grazie alla costruzione di un tunnel ciclopedonale, di un parco pubblico e di una piazza per accogliere visitatori e passanti. Sulla scorta dei musei di nuova generazione, sensibili al contatto con il tessuto urbano, il MUSE vuole dunque proporsi come agorà, come punto di incontro per il territorio. Lo dimostra il fatto che la campagna di promozione si è aperta coniniziative social che hanno in primo luogo coinvolto gli abitanti nei luoghi storici della città e sulla rete, per esempio fotografando i passanti in posa davanti al manifesto promozionale della struttura o lanciando con una open call rivolta a cittadini, scienziati, artisti e appassionati l’invito a partecipare attivamente all’inaugurazione.
Ma se il rapporto con la città e i suoi abitanti rimane privilegiato, il museo non dimentica la destinazione internazionale e tecnologica dello Science Centre, con spazi di visita immersivi, con una forte impronta alla multimedialità dell’apparato informativo e infografico, specie negli spazi preposti alla didattica e al gioco, e con una vena sperimentale e creativa nella scelta del contenuto espositivo. Le informazioni in tre lingue, in italiano, tedesco e inglese, fanno da spalla alla posizione geografica della città, porta tra l’Italia e l’Europa, e destinano il MUSE a un dialogo con un contesto geopolitico più ampio.
La museologia italiana ha insomma tutto da imparare dall’esperienza che sta per nascere a Trento. La nostra troppa sfiducia, da un lato incoraggiata dalla crisi, dall’altro incrementata da un’inestinguibile vocazione all’immobilismo e alla mera constatazione dello status quo, rischia infatti di annichilire le forze che potrebbero dare un nuovo volto alla forma-museo. Il MUSE, non ancora un’eccellenza, ha tutte le carte in regola per essere da esempio all’identità nazionale. Per guardare all’esterno con un occhio vigile al territorio. Per essere globale, rispondendo però a una domanda locale. Per creare un legame interno e aprirsi, contemporaneamente, al di fuori. Come la sua collezione, immersa nelle Alpi e allo stesso tempo narrazione della storia dell’umanità e del rapporto millenario dell’uomo con l’ambiente. Come a dire, visitatori di tutto il mondo, accorrete!