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Per una volta non sono stati gli atenei italiani ad analizzare, esaminare, valutare. Il maestro si è trasformato in scolaro e le 133 strutture sparse sul territorio italiano, tra università ed enti di ricerca, sono state oggetto di indagine da parte dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione, nata nel 2006. Ci sono voluti 20 mesi perché 14.770 revisori concludessero la monumentale opera di valutazione che per la prima volta ha messo sotto esame la produttività della ricerca degli atenei italiani (progetto VQR).
Sono state considerate 14 aree scientifiche e per ogni struttura sono stati tenuti in conto 7 indicatori che si riferiscono a fattori come la qualità della ricerca, la capacità di attrarre risorse o l’internazionalizzazione; e altri 8 indicatori relativi, invece, alla capacità di relazione, connessione e valorizzazione del contesto socio-economico.
Per quanto riguarda i 95 atenei italiani, è stata fatta una distinzione in base a grandi, medie, piccole università e la posizione di ciascun ateneo in graduatoria è stato determinato da un valore medio tra tutte le aree considerate. Ai primi posti tra le grandi università figurano: Padova, Milano Bicocca, Verona, Bologna, Pavia. Le prime 5 classificate delle medie università sono state: Trento, Bolzano, Ferrara, Milano San Raffaele, Piemonte Orientale e Venezia Ca’ Foscari. Infine, tra gli atenei più piccoli, spiccano Pisa Sant’Anna, Pisa Normale, Roma Luiss, Trieste Sissa, Roma Biomedico. Se si considerano, invece, le classifiche “tematiche”, per le Scienze matematiche e informatiche abbiamo nell’ordine: Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Pisa. Per le Scienze economiche e statistiche: Padova, Milano Bocconi, Bologna. Per le Scienze dell’antichità, letterarie, artistiche: Padova, Milano Politecnico e Bologna. Per le Scienze giuridiche: Trento, Padova, Verona.
Come si può ben notare, la vittoria degli atenei del nord su quelli del sud e del centro è quasi schiacciante. Roma La Sapienza, nella classifica generale, è solo al 22° posto e il consiglio nazionale delle ricerche, il CNR, è risultato il grande assente dalle classifiche Anvur. Le Università di Catania e Palermo sono al 30° e al 31° posto, Bari e Cagliari al 26° e 27° posto, mentre risalgono un po’ la china solo Catanzaro, Napoli e Salerno che si attestano più o meno a metà classifica.
Alla luce di ciò, non sono mancate le polemiche, specialmente se si considera che tra i 6,69 miliardi di euro che il Miur ha stanziato per la ricerca nelle università, 540 milioni, cioè il 7%, dovrebbero essere distribuiti in base al merito, ovvero proprio in base ai risultati di questa ricerca. Il Cnr, ad esempio, si giustifica sostenendo che il centro privilegia i rapporti con il mondo delle aziende e l’interdisciplinarità, mentre la valutazione dell’Anvur ha messo in luce gli atenei che si occupano principalmente di ricerca pura. C’è anche da dire, poi, che l’indagine è stata compiuta per gli anni dal 2004 al 2010, escludendo per forza di cose, risultati importanti come quello dell’Istituto nazionale di fisica nucleare che nel 2012 è stato coinvolto nella scoperta del bosone di Higgs.
Certo è che si tratta di un momento significativo e importante per l’università e la ricerca italiana. Il fatto che si parli di questi due settori, a lungo ignorati o deprecati, e che si investano 10 milioni di euro per istituire un agenzia (l’Anvur appunto) che ne monitori lo stato di salute, è sicuramente un passo avanti positivo. Forse il passo successivo, quello di stanziare parte di fondi in base ai risultati di questa classifica, necessita di un altro po’ di rodaggio per essere effettuato. Bisognerebbe prima capire tutte le sfaccettature della ricerca, delle sue applicazioni e della sua produttività. E magari evitare il rischio di affondare ancora di più quegli atenei che sono già in fondo alle classifiche, e che, pur non essendo prestigiosi, garantiscono però una distribuzione democratica dell’accesso al sapere nel nostro Paese.
D’altra parte persino dall’Anvur giunge la necessità di cautela nell’applicare ai risultati della ricerca una distribuzione delle risorse, nonostante l’esito incoraggiante e positivo del loro lavoro: “crediamo che la VQR dispiegherà i suoi effetti benefici nei mesi e negli anni a venire se i suoi risultati saranno studiati nel dettaglio e analizzati con attenzione, e utilizzati dagli organi di governo delle strutture per avviare azioni conseguenti di miglioramento. Un segnale incoraggiante è lo spirito di grande interesse e collaborazione con l’ANVUR delle strutture valutate, per le quali la VQR ha richiesto lavoro e impegno in un momento di grande trasformazione e difficoltà (in particolare per le università)”.