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Alle ore 11,00 del 19 luglio di settanta anni fa il cielo di Roma fu squarciato dalle bombe degli alleati americani e il quartiere S. Lorenzo si trasformò in un cimitero di rovine. Venerdì 19 luglio il Municipio III di Roma ricorderà il tragico evento con la proiezione, alle ore 17 e alle 20, di “Io c’ero” del regista Rosario Maria Montesanti, presso il caffè letterario LiberThè, in viale Adriatico 20 (quartiere Montesacro).
Nell’infausto giorno dell‘incendio di Nerone le “fortezze volanti” – 321 bombardieri (B25 e B26) e molti caccia – partirono dagli aeroporti dell’Africa settentrionale alle 7,00 del mattino del 19 luglio e alle 11,00 circa 500 unità degli alleati americani sganciarono 4.000 bombe (circa 1.000 tonnellate) sulla città di Roma. Il bombardamento durò fino al primo pomeriggio, causando circa 3.000 morti e 10.000 feriti nel solo quartiere di San Lorenzo, 40.000 persone rimasero senza tetto e la basilica fu distrutta. La città sacra era stata violentata e deturpata, i vivi erano sepolti sotto le macerie e i morti erano stati catapultati fuori dalle tombe del Verano, i superstiti non dimenticarono più il rumore assordante degli aerei e il fetore di sangue e cadaveri che in quel caldo imperversò per giorni. Un brano di storia ormai noto ma, per non dimenticare, abbiamo voluto saperne di più dal regista di “Io c’ero”.
Come lo definiresti: più un film o un documentario?
In realtà era il numero zero realizzato da me per l’Istituto Luce, un mio progetto, costituito da un preambolo dove si racconta la genesi del bombardamento e soprattutto spiega il perché furono gli americani, e non gli inglesi, a bombardare Roma. Gli inglesi erano esperti in bombardamenti notturni, ma avevano degli aerei che correvano il rischio di essere abbattuti a differenza di quelli americani, che volavano più in alto e quindi erano irraggiungibili per la contraerea italiana. In questa prima parte ci sono delle immagini provenienti da Washington in cui si vede il bombardamento dagli aerei, si vedono i piloti americani che salgono sui veivoli in Tunisia per raggiungere poi lo scalo S. Lorenzo. Avevano lanciato dei volantini, per avvertire la popolazione di tenersi lontano dagli obiettivi militari, che però nottetempo i fascisti tolsero proprio per evitare che la popolazione fosse avvisata. Avrebbe dovuto essere un bombardamento tecnico contro lo scalo, ma questo era inserito nel quartiere; hanno bombardato anche il carcere minorile. Dopo la prima parte in cui si racconta la genesi del bombardamento di 8-9 minuti, ci sono sei testimonianze, qualcuno di loro è già morto purtroppo. Ci sono racconti come quello del barbiere di S. Lorenzo, Bordoni, che ha raccolto nella sua bottega le foto di tutti gli abitanti di S. Lorenzo che sono morti, quello del proprietario del ristorante Pommidoro che ha perso, nel bombardamento, la madre e la sorella per cui, secondo lui, se gli americani hanno forse liberato qualcuno, a lui hanno distrutto la vita. Quindi sono presenti sia materiali di repertorio che testimonianze dirette. Non è in realtà un documentario perché è nato come un programma che avevo progettato per la Rai, doveva essere un numero uno di una serie che poi ha preso un’altra strada. Ho fatto La grande storia, i Misteri del nazismo, e ho ideato una serie di programmi su eventi quale l’Alluvione di Firenze, il Vajont, la Stazione di Bologna, fino al concerto dei Beatles a Milano. Per fortuna ci sono altre emittenti che tengono di più alla cultura e alla memoria storica, sono convinto che conoscere il passato aiuta a vivere il presente e il futuro.
Perché ritieni, ancora oggi, importante parlarne e lasciarne testimonianza? Soltanto per lasciarne una memoria storica o perché pensi che ci siano degli elementi che possano essere attuali ancora oggi?
Oggi, nel 2013, possiamo comunque cogliere alcune analogie: la guerra del tempo era fatta dai tedeschi con i carri-armati oggi c’è una guerra fatta sempre dai tedeschi con lo spread, una guerra finanziaria che ha messo in ginocchio la Grecia. Un’altra analogia con la nostra realtà è che veniamo da vent’anni di ‘regime’, un certo tipo di politica sbagliata. Un’altra analogia è che anche oggi il Papa, Francesco, è sceso tra la gente a Lampedusa, come Pio XII, senza Curia, scese tra la gente dando i propri soldi agli abitanti di S. Lorenzo, soldi della famiglia Pacelli.
Qual’è’ stato il tuo rapporto con questi testimoni?
Non amo fare interviste e mi piacciono i racconti autonomi, mi sono fatto raccontare la loro esperienza. Il più colto e razionale, un preside, è stato quello che poi si è commosso raccontando come gli è morto davanti il suo compagno di banco e amico del cuore. In questi rapporti c’è stato un po’ di tutto: il grande senso storico del barbiere Bordoni, come la grande rabbia del proprietario del ristorante, e la grande commozione del preside.
Cosa è cambiato dopo aver parlato con loro nella tua conoscenza di questo tragico evento?
Fare il regista è un po’ come fare il ‘ladro’. Prima di iniziare mi sono documentato, interpellando alcuni storici, come è mia abitudine nei vari lavori che ho fatto. Io ho vissuto il quartiere di S. Lorenzo da studente universitario e, invece, conoscendo questi anziani che hanno la fotografia di cosa è accaduto, che ti raccontano anche particolari minimi, oggi è un quartiere di cui conosco la storia. Una donna-testimone che abita vicino a Ciampino mi ha raccontato che ogni volta che sente gli aerei che partono, ancora oggi, le viene la pelle d’oca perché il rombo dei motori evoca in lei il bombardamento, la guerra. In “Io c’ero” ci sono le prime immagini del bombardamento girate dagli operatori dal terrazzo di Cinecittà in cui si vede la prima bomba, in lontananza, caduta su S. Lorenzo. Nel 2008 “Io c’ero” è stato già proiettato nella piazza di S. Lorenzo, ma non per una ricorrenza particolare; lo presentò Corrado Augias, con cui ho collaborato e con cui lavoro da quattro anni. Ho fatto con lui i Segreti di Roma, ora ho fatto i Segreti della musica. La versione attuale di “Io c’ero” è stata rivisitata per la televisione ma la Rai non l’ha ritenuta interessante. Quindi, quella che sarà proiettata venerdì, è una versione leggermente diversa legata alla ricorrenza.
Hai realizzato insieme a Storaro e Maurizio Calvesi il dvd “Dentro Caravaggio”, poi quello su Leonardo e quello su Bernini. Puoi parlarmi di quella esperienza?
Storaro, 4 premi Oscar, raccontava, nel dvd, la luce di Caravaggio per ben 40 minuti. Quando giovane entrò a San Luigi dei Francesi fu colpito dalla Conversione di San Matteo e da lì è iniziato il suo modo di lavorare, rimase folgorato dalla luce di Caravaggio. Come direttore della fotografia si è sempre ispirato a Caravaggio. Quando Coppola lo chiamò per Apocalypse Now Vittorio non capì il perché di quella scelta dal momento che i suoi film intimisti erano piuttosto lontani dalla guerra del Vietnam. Coppola gli disse: mi serve una fotografia caravaggesca, c’è un primo piano di Marlon Brando che deve essere illuminato come se fosse stato dipinto da Caravaggio!
Ogni storia ha bisogno di essere illuminata dalla luce giusta…