pubblicoprivatoIl 30 luglio scorso, è stato sospeso il bando europeo di aggiudicazione della concessione di servizi relativi all’area archeologica romana del Teatro di Marcello, offrendoci nuovamente lo spunto per approfondire l’annosa questione sull’affidamento al privato del patrimonio culturale Italiano.
Sono anni che gli esperti s’interrogano riguardo l’eticità di interventi privati nella gestione del nostro patrimonio.

Il punto di partenza fu nel 1993 la legge Ronchey, che prevedeva la concessione dei servizi aggiuntivi museali a istituti privati. L’assegnazione, della durata massima quinquennale, sarebbe stata aggiudicata alla migliore offerta dal punto di vista qualitativo ed economicamente più vantaggiosa, o meglio, a maggiore canone di locazione e di percentuale versata al Ministero dei Beni Culturali sulle vendite effettuate. La legge stabiliva che sarebbero stati a carico del concessionario gli oneri di allestimento, di realizzazione ed erogazione di servizi e prodotti di vendita, i quali avrebbero dovuto seguire rigidi canoni stabiliti dalle Sovrintendenze; qualora fossero disattese le specifiche in termini di tempistiche o di qualità, vi sarebbe stato il decadimento della concessione e il versamento di un compenso.
Dopo il primo slancio della fine degli anni ’90 e l’aggiudicazione delle prime grandi concessioni presso aree archeologiche e museali illustri, tra cui il Colosseo e Pompei, non si sono raggiunti i risultati attesi, perdendo nel tempo il controllo anche sulle concessioni già accordate e determinando un clima d’incertezza per le poche imprese private che operano nel settore.
In un periodo di tagli alla spesa pubblica, e ai beni culturali, è necessario l’avvio di Partenariato Pubblico Privato per la tutela del patrimonio Italiano, che ormai lo Stato non solo non riesce a valorizzare, ma non è in grado nemmeno di mantenere.
Gli strumenti per questa finalità sono molti, dalla concessione di servizi, che come già illustrato, grazie all’intervento dei privati, dei loro fondi e del loro spirito imprenditoriale riuscirebbero a rendere l’offerta culturale più appetibile e la gestione dei siti economicamente sostenibile.

Un altro strumento, è il Project Financing che prevedrebbe la realizzazione di grandi restauri a carico di privati in cambio della concessione di gestione del sito e dei relativi proventi per un numero stabilito di anni, al termine dei quali il bene ritornerebbe allo Stato restaurato e già avviato ad attività in grado di garantirne la sostenibilità economica.
Nel Partenariato il Pubblico deve ricoprire il ruolo di garante della tutela del bene, della qualità delle opere e dell’eticità dei servizi; mentre il privato è portatore di fondi e di know-how imprenditoriale finalizzato alla valorizzazione e alla sostenibilità economica del patrimonio.

Il mondo anglosassone, già dagli anni ’80, vede nel contributo dell’imprenditoria privata un ruolo cardine nella gestione dei siti culturali. Laddove la gestione dei servizi aggiuntivi ai musei è erogata in collaborazione con i privati si è guadagnato sia in qualità sia in redditività, si veda la capacità dei musei Inglesi e Americani, Tate e Guggenheim in primis, di sviluppare il ramo del merchandising tanto da aver aperto shop on-line nei siti internet istituzionali. Grazie allo sviluppo delle attività museali collaterali, sono riusciti ad ottenere la fidelizzazione del pubblico, dati provano che delle circa 4.500.000 persone/anno della Tate Modern i due terzi sono inglesi, potendo così contare non solo sul passaggio dei turisti, ma sulla presenza costante di pubblico locale.
La diatriba sulla gestione Pubblica o Privata del patrimonio culturale Italiano è un argomento che deve essere superato, oggi la necessità è di iniziare la collaborazione per salvare il patrimonio che man mano si sta irrimediabilmente perdendo, e puntare a renderlo economicamente sostenibile e redditizio in modo che possa diventare punto di partenza per lo sviluppo dell’intero Paese.