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Intervista a Ivan Canu, direttore artistico e didattico del Mimaster di illustrazione di Milano
Com’è nato il progetto Mimaster?
Il progetto Mimaster è nato nel febbraio del 2009 nello studio Bandalarga, fondato da illustratori fra cui Libero Gozzini e Gianni De Conno, cui si aggiunsero da subito Piera Nocentini e Giacomo Benelli. La composizione attuale è un’evoluzione del passaggio dalla Scuola del Fumetto, che ci ha prodotti per prima, all’attuale amministrazione di OPPI – Organizzazione per la preparazione professionale degli insegnanti (www.oppi.it). Io ne sono il direttore artistico e didattico, mi affianca Giacomo Benelli per le comunicazioni esterne e la progettazione, con la collaborazione poi di uno staff numeroso.
Sin dal primo momento il punto di forza è stata la partecipazione di artisti internazionali uniti alle eccellenze italiane. In 4 anni abbiamo ospitato americani (Holland, Ascencios, Guarnaccia, Nascimbene, Fingeroth, Red Nose Studio, Blechman, Ruzzier, Daniel), canadesi (Kunz), francesi (Roca, Bernard, Bloch, Ehretsmann, Martin), belgi (Crowther), austriaci (Zwerger), russi (Dugin), spagnoli (Ajubel, Amargo). E gli italiani Carrer, Innocenti, Bussolati, Orecchia, Scarabottolo, Giacobbe, Mai, Macchia, Ponzi, Maggioni, Mattotti, Valentini, Ferrari, Papini, Maddalena, Ghermandi.
Ciascun docente, nella formula del workshop di una o due settimane, elabora con la direzione i temi e le metodologie su cui far lavorare la classe, puntando su un approccio all’illustrazione direttamente collegato al mercato di destinazione (e di provenienza dei diversi professionisti che chiamavamo a insegnare).
Le aree tematiche spaziano dall’illustrazione editoriale per magazine e quotidiani, quindi con un approccio molto adulto e concettuale al lavoro e una tempistica di progetto e di realizzazione fra le più concentrate, all’illustrazione del libro per l’infanzia, la più nota e con il mercato più ampio negli ultimi 15 anni, delle copertine dei libri per ragazzi, adolescenti e adulti e delle riviste, dall’editoria scolastica all’illustrazione di comunicazione istituzionale (per manifestazioni o festival o per prodotti musicali o immagine coordinata per parchi a tema). L’approccio metodologico unisce la formazione al contatto diretto col mercato. Da un lato, inserendo un corso pratico sul diritto d’autore, la contabilità, la fiscalità e una serie di interventi di editor (Rizzoli, Mondadori, Salani, Pearson, Kite, Lapis, Carthusia, Coccole Books, Principi & Princìpi, Zoolibri, De Agostini, Feltrinelli, Casterman, Flammarion, Penguin, Creative Company, Panini, Moritz Verlag, Vicen Vives).
Dall’altro, ospitando professionisti dell’editoria, mostrando i diversi ruoli con cui l’illustratore si confronta nel lavoro. Nascono così le “masterclass” in cui editori, art director, editor, blogger, agenti, autori, stampatori, grafici incontrano la classe per una giornata di confronto sui diversi mestieri e sul mondo dell’editoria. Come l’agente Chrystal Falcioni di Magnet Reps. o Debbie Bibo, Nicholas Blechman della New York Times Book Review, Stefano Cipolla de La Repubblica, Adriano Attus de Il Sole 24 Ore, Aris Papatheodorou di Le Monde, Jennifer Daniel di Bloomberg Businessweek, fra i più noti.
Quali sono gli elementi di eccellenza che caratterizzano Mimaster da altri corsi?
Trattandosi di una startup ante-litteram, concepita da professionisti per formare altri professionisti futuri nel mercato dell’illustrazione (in particolare editoriale, l’unica il cui mercato fosse ancora in piedi dopo la crisi dell’illustrazione pubblicitaria negli anni ’90), il Mimaster ha da subito cercato un profilo innovativo, rispetto ai corsi e alle scuole esistenti già nel territorio nazionale.
Vogliamo infatti presentare la professione dell’illustrazione nelle più diverse sfumature, perché sia evidente durante il corso la mole di potenzialità che il mestiere e i mercati offrono, senza rinchiudersi nel recinto delle opportunità (poche) dell’editoria nazionale o nella sfera autoreferenziale del considerarsi “artisti”.
Dalla terza edizione, ad esempio, abbiamo introdotto la formula dei moduli tematici che racchiudono i corsi e le masterclass su temi come l’illustrazione per infanzia e bambini, quella per ragazzi e adulti, quella per magazine e quotidiani, l’animazione e il digitale per eBook e app. In questo modo siamo diventati antesignani di un movimento che si sta facendo progressivo e inarrestabile nel panorama editoriale internazionale sia perché questa formula consente spesso a professionisti e non solo a giovani amatori, di seguire percorsi di interesse senza dover frequentare un anno intero di corso, sia perché in questo modo sperimentiamo l’applicazione delle illustrazioni a prodotti inconsueti.
Un esempio fra tutti è la realizzazione di un prototipo di guida digitale inclusiva (ovvero utilizzabile sia da udenti che da sordi) per visitare Villa Necchi-Campiglio a Milano.
Ciò che vogliamo traspaia è il fatto che non ci ispiriamo ad un unico modello ma abbiamo colto, nel corso degli anni aspetti metodologici, didattici, organizzativi, che riteniamo tra i più interessanti o di cui abbiamo sperimentato l’efficacia. Non a caso, dalla sua prima edizione, il Mimaster è molto cambiato.
Così, gli americani ci hanno portato l’esperienza di SVA, Parsons, The Illustration Academy e dei seminari di ICON, i francesi quella dell’Emile Cohl di Lyon, i russi Dugin la formazione dell’Accademia di Stuttgart. Da ciascuno abbiamo preso spunti e chiesto pareri, opinioni, critiche. Il pregio dei progetti innovativi in settori che sono ingessati, asfittici, in crisi per definizione, è che aprono spazi lasciati scoperti da quanti si dirigono un po’ frettolosamente altrove, dove il business o la moda contingente si sono spostati.
Perché l’illustrazione, con l’esplosione tecnologica della rivoluzione digitale dei tablet, con gli eBook, le app, i games interdisciplinari, sta trovando un mercato di enormi proporzioni e di grandi prospettive. Che l’Italia, com’è suo solito, nella sua parte istituzionale non ha ancora colto appieno, ferma anche nei dibattiti alle discussioni se la carta e il suo odore e la sua tattilità non sia una specie da proteggere dall’estinzione; come se il digitale fosse un nemico e non l’opportunità che possa aprire un nuovo mercato. Credo si possa definire questo un momento di frontiera, non a caso subito colto dai paesi più sensibili al concetto come gli USA, l’Asia e le nazioni sudamericane più dinamiche.
Parliamo del mondo dell’illustrazione in Italia. Quali sono i legami, gli enti, i circuiti all’interno del quale vi muovete?
L’illustratore è una libera professione, legata certo alla qualità del proprio lavoro ma anche molto ormai alla complessa capacità progettuale e di rapporti necessari, che soprattutto in tempi di forte crisi dell’offerta diventano la discriminante fra le diverse proposte. La figura dell’illustratore artista, chiuso nella sua casa a produrre capolavori nell’attesa reverenziale degli editor, il cui valore prescinda dalla sua capacità imprenditoriale e di autopromozione, è relegata ormai alla sfera delle casistiche o delle curiosità naif.
Ormai la professione è complessa, radicata nei social anche per la sua pubblicizzazione: all’illustratore sono richieste progettualità complesse, articolate, competenze grafiche, di editing e strategie di marketing. Non che a me dispiaccia, personalmente. La scelta artistica può essere ancora interessante, ma limitarsi ad essa è antistorico prima ancora che poco pratico. Si può avere un’idea dell’evolversi della figura dell’illustratore guardando la composizione dell’AI-Associazione Illustratori, che negli anni ha rappresentato la cartina di tornasole della professione e dei suoi aderenti e, pur nei suoi naturali alti e bassi, resta un riferimento ancora per i giovani che si affacciano a questo mestiere.
La crisi netta dell’illustrazione pubblicitaria, che negli anni ’80 era il dominus incontrastato e godeva di un mercato ricchissimo e molto ampio, non è stata interamente assorbita dal sorgere dell’editoria, trattandosi di un mercato di gran lunga più ristretto ed economicamente meno forte, con tempi di lavoro dilatati e destinazioni d’uso fra le più diverse.
In Italia gioca ancora una buona fetta di mercato la scolastica, ma anche qui rispetto agli anni ’90 si parla di una contrazione significativa, cui resistono meglio i gruppi maggiori come De Agostini o Pearson che negli anni hanno acquisito piccole e medie realtà editoriali anche d’eccellenza (la CIDEB nel primo caso, la Bruno Mondadori nel secondo).
Gli illustratori più attivi si proiettano più spesso verso l’estero, fra paesi tradizionalmente forti e richiesti come la Francia (molto meno l’Inghilterra e la Germania, rispetto ai decenni scorsi) e gli Stati Uniti, con la fortuna che i nuovi media, la diffusione di internet e dei social hanno aperto tutti i mercati e ridotto molto il gap comunicativo e linguistico. Se pensiamo che i tradizionali annual illustrati, i volumoni che tutti abbiamo conosciuto e ai quali abbiamo almeno una volta partecipato – per avere l’opportunità di finire sotto gli occhi di un art director o di un editore illuminati – sono stati soppiantati almeno dieci anni fa prima dai siti web, poi dai social dedicati come FB e Pinterest, quindi dai blog e dai forum che sono diventati talvolta organi semiufficiali consultati dagli editori e dagli specialisti, per scoprire nuovi autori.
Che percorsi di inserimento nel mondo del lavoro maturano dopo questa esperienza? E che riscontri avete in un mercato che ha ridotto disponibilità e opportunità?
Il numero massimo di iscritti, dopo le prove di ammissione che si svolgono ai primi di luglio e a metà settembre, è fissato a 25.
Il Mimaster si è connesso da subito con le realtà editoriali e produttive italiane e internazionali, attivando collaborazioni nelle diverse formule dei contest interni alla classe e delle commissioni che, nel tempo, gli editori hanno proposto al Mimaster per avere la soluzione più professionale ai loro problemi.
I contest agevolano l’inserimento diretto dei corsisti nel mercato e nelle sue diverse articolazioni, consentendo a molti di loro di lavorare con quelli che saranno poi i committenti naturali, in una formula di selezione interna che alla fine produce portfolio molto selezionati, non omologati e spesso poi consultati di nuovo dagli stessi clienti che li hanno scartati la prima volta. Accade di frequente che anche esterni, che si siano iscritti a workshop o moduli, abbiano l’occasione di mostrare il loro lavoro e di collaborare con realtà editoriali approcciate solo grazie al Mimaster.
È il caso di Le Monde, della NYT Book Review, di Businessweek, del Sole 24 Ore che hanno dato spazio non solo agli allievi (Paola Rollo nel 2012, Stefano Pietramala e Luca D’Urbino nel 2013, illustratori di rubriche della Book Review del NYT) ma anche a contributi di professionisti esterni. In tal senso, il Mimaster si colloca in una dimensione che va oltre la realtà formativa e tocca ruoli che tradizionalmente sono delle agenzie o dei consulenti editoriali, pur senza prendere i benefit che questi ruoli richiedono. Infatti tutti i contatti e i rapporti di lavoro che si creano durante il corso master non prevedono commissioni percentuali, ma li riteniamo il valore aggiunto del progetto, assommati alle consulenze continue che tutti i partecipanti ricevono rispetto a contratti, agenti, fisco e fatturazione. Dal Mimaster emergono anche realtà professionali dinamiche, come lo studio Armad’illo a Milano, formato da 10 ex allievi del 2011o la rivista Lucha Libre, in cui collaborano numerosi nostri studenti di varie edizioni. Ci sono exploit individuali, che hanno pubblicato i progetti di tesi già nell’anno in corso, realizzando l’ambizione per la quale si erano iscritti al corso quasi alla lettera. Non a caso abbiamo dedicato proprio agli “alumni” delle varie edizioni una sezione del sito, in cui teniamo gli aggiornamenti sulle loro carriere e i lavori che hanno fatto subito dopo l’uscita dal master.
Quali sono le attività collaterali durante l’anno accademico? Prevedete appuntamenti o eventi speciali?
La più significativa attività di collaborazione, è la Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, di cui il Mimaster sin dalla sua nascita è un partner organizzatore oltre che avere uno stand dove ogni anno presenta le novità e i progetti. Per la Fiera è nato anche un progetto molto fortunato come The illustrate Bologna Children’s Book Fair survival Guide, una mole di materiale, scritto e disegnato, eterogeneo e di altissimo livello pensato da me e da Giacomo, con il contributo dei più vari operatori della fiera, di amici e colleghi illustratori e autori, di un eccellente progetto grafico realizzato dallo Studio Bozzo di Torino. È un progetto che è stato così ben accolto, che proseguirà anche nel 2014 in una veste e con contenuti rinnovati e qualche sorpresa.
Cosa bolle in pentola nel prossimo futuro e quali le novità che dovremmo aspettarci?
La sindrome del deserto dei tartari ci appartiene poco e io ho il personale difetto, per fortuna condiviso dai miei compagni di sortite, di voler sempre sperimentare e rinnovarsi. A Novembre, parteciperemo alla seconda edizione del festival milanese Bookcity, ospitando il grande Peter Sìs, premio Hans Christian Andersen, con un workshop basato sul suo “La conferenza degli uccelli”, che sarà laboratorio con la classe ma anche spunto per una festa della comunicazione multilinguistica e multiculturale e si aprirà alla comunità non solo dei lettori e degli appassionati del festival, ma anche del quartiere di Villapizzone, dove opera Oppi. Parte consistente di questo laboratorio, sarà il coinvolgimento dei sordi, la cui lingua sarà parte integrante dell’operazione.
Abbiamo due nuovi partner, con i quali faremo un percorso sperimentale di un anno: la Fondazione Mondadori, nostri vicini di quartiere e autori del più importante master di editoria in Italia, da più parti imitato. E poi lo spagnolo iCONi, master sull’albo illustrato per l’infanzia e organizzatore del prestigioso IlustraTour di Valladolid, appuntamento internazionale sull’illustrazione. Con entrambi, abbiamo stipulato accordi di programma e di partnership che avranno il culmine nelle comuni presentazioni alla Fiera di Bologna 2014.
Non sono le sole collaborazioni a cui ci stiamo dedicando e che speriamo avranno una concreta e fortunata realizzazione nei prossimi mesi. Confido ne potremo parlare fra un anno, magari.