La scomparsa di Walter Santagata è del tutto inaspettata, e lascia un vuoto davvero profondo. Sono molte e tutte importanti le sue creature culturali: il Master World Heritage at Work che da anni forma progettisti culturali di tutto il mondo; il Centro Studi Silvia Santagata-EBLA che esplora gli orizzonti emergenti del sistema culturale; numerosi libri che hanno offerto interpretazioni laiche e prive di pregiudizi della creazione, produzione e diffusione della cultura; un gruppo di giovani studiosi e ricercatori che grazie al suo incoraggiamento costruttivo e alla sua fiducia hanno saputo formare una squadra solida e dinamica.

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Lascia idee fertili sulle quali riflettere: la salutare ibridazione della cultura istituzionale con le espressioni più basiche della creatività, le connessioni tra il disegno del territorio e la qualità sociale dell’arte, la necessità di incoraggiare l’accesso alla cultura senza pregiudizi. Ha saputo forgiare idee nuove senza mai difenderle acriticamente, accettando la discussione e ascoltando con rispetto ciascun interlocutore. Ha insegnato a tanti giovani economisti della cultura, così come a umanisti e tecnici, che un sistema in costante evoluzione come quello dell’arte va osservato con attenzione presagendone gli sviluppi e le prospettive.

Attivo nel sistema culturale internazionale, ha considerato l’Italia un luogo ricco di esperienze e di suggestioni ma ha sempre preferito il confronto reciproco all’egemonia convenzionale, la dedizione al ruolo formale, la capacità di costruire al compiacimento di dimostrare. La realizzazione di progetti di grande caratura è stata possibile grazie all’energia profusa nel concepirli e attivarli, alla fiducia nei confronti dei giovani studiosi, alla capacità di convincere istituzioni e professionisti di norma riluttanti.

Se è importante tenerne vive idee e intuizioni è ancor più cruciale custodirne il metodo scientifico e professionale fondato sulla curiosità, sullo scambio e sulla stima reciproca.