percdceIntervista al Prof. Lucio Argano, della Fondazione “Perugiassisi 2019”.

 

Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
La candidatura di Perugia deriva dalla costituzione di una apposita Fondazione per gestire l’iter, formata dalle istituzioni della città, ma anche dalla Regione Umbria e dal Comune di Assisi – tanto che è nato l’equivoco della candidatura Perugia-Assisi.
Questa proposta è in effetti volta a far sì che quel che verrà fatto in tale ambito, si riverberi su tutto il territorio regionale, con una sponda valoriale su Assisi, con i luoghi di San Francesco.
L’identità del progetto intende valorizzare l’esistente, la storia di Perugia, la sua internazionalità, in quanto sede di quattro strutture accademiche e alcuni centri di eccellenza formativa.
Perugia e l’Umbria, soffrendo della crisi economica e della mancanza di un obiettivo forte che rivitalizzi il territorio, ha trovato nella candidatura motivo di rilancio. La Regione ha infatti goduto di un certo benessere, ma dal 2001 sta registrando la caduta di produzione, con la chiusura di centri dell’industria pesante, come le acciaierie di Terni, e la perdita di alcune produzioni alimentari. L’Umbria rimane però una meta molto attrattiva, come dimostrano i dati sulle migrazioni: il territorio continua ad essere ospitale, assicurando un buon livello di welfare a tutti.
Il progetto di candidature vuole cercare di valorizzare gli aspetti migliori di Perugia e dell’Umbria, correggendone quelli più negativi.

 

Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
Perugia si candida coinvolgendo il territorio come riverbero della città e con grande attenzione rispetto agli elementi valoriali della Regione, per rilanciare le sue peculiarità e uscire da una crisi che sta patendo e che rischia di condurre al declino.
L’Umbria sta cercando una nuova spinta e crediamo che la cultura sia la leva giusta e necessaria cui far riferimento.
Tra gli asset che intendiamo mettere in campo c’è l’internazionalità di Perugia, con l’Università per Stranieri in primis, il patrimonio materiale umbro, come quello paesaggistico, artistico e architettonico, ma anche quello immateriale, costituito da appuntamenti ed eventi culturali come il Festival di Spoleto, l’Umbria Jazz, senza dimenticare attività e imprese che si muovono sulle industrie creative, come l’azienda Cucinelli, conosciuta in tutto il mondo.
Queste sono le basi da cui partire per sviluppare una serie di progetti che si muovano su direttrici di cambiamento e crescita. E’ in campo, ad esempio il recupero dell’ex carcere di Perugia, ad ora dismesso.

 

Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
Facendo una disamina obiettiva, abbiamo molti punti di forza, mentre quelli di debolezza, quando lavori su progetti a larga scala, si concentrano sulla difficoltà di costruire un consenso diffuso, anche ad alti livelli. Speriamo ad esempio nella possibilità di interloquire con le istituzioni statali, affinché ci consentano di impiegare spazi di proprietà pubblica per svolgere attività e realizzare progetti. Oltre al consenso e alla ricerca degli appoggi statali, rimane comunque il grande impegno a trovare finanziamenti e sponsor che rendano il tutto sostenibile.

 

I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
Le candidature per il titolo di Capitale europea della Cultura 2019 rappresentano, al di là di tutto, uno stimolo importante per tutte le città in lizza, un’occasione grande per tornare a progettare, dopo che la crisi e la situazione politica italiana ha giustificato una situazione di stasi generale. E’ stato costituito inoltre un tavolo tra alcune delle città candidate, chiamato Italia 2019, attorno al quale ci si è impegnati a scambiare informazioni, fare un sito web, un logo condiviso, con l’idea che la Capitale europea della Cultura 2019 rappresenti una crescita diffusa.
In tal senso la candidatura di Perugia, diversamente dalle altre in lizza, oltre a coinvolgere le istituzioni locali, ha costituito una fondazione di partecipazione. Il soggetto che gestisce tutto il progetto è dunque una fondazione che al suo interno raccoglie al momento quasi 100 soggetti, in rappresentanza quasi dell’intera società civile: oltre alla Regione, alle amministrazioni di Perugia e Assisi, ci sono anche i Comuni, compresi quelli più piccoli, gli artigiani, le imprese, la Camera di Commercio, le associazioni culturali, ecc. Quel che è stato fatto fino ad ora è il frutto di un lavoro comune, emerso dall’ascolto di tante componenti, con oltre 120 incontri sul territorio, che hanno avuto modo di esprimersi all’interno della fondazione, designata inoltre di verificare il lavoro via via svolto.

 

Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
Alla città rimarrà un metodo di lavoro e potrebbe sopravvivere la fondazione che magari sarà convertita in uno strumento per il territorio e le istituzioni, qualora lo decidano le diverse componenti. Naturalmente, se Perugia vincesse il titolo, godrebbe anche di utili infrastrutture e di importanti spazi recuperati.

 

Le altre candidature a Capitale europea della Cultura 2019