djLa rivista Forbes ha pubblicato la lista dei DJ che hanno guadagnato di più nel corso dell’ultimo anno, stilata non solo sulla base delle vendite di produzioni e remix, ma soprattutto dei guadagni derivanti dalle performances live nei più prestigiosi clubs del mondo.
È il secondo anno consecutivo che la prestigiosa rivista di economia e finanza, conosciuta a livello internazionale, decide di pubblicare una classifica per certi versi bizzarra, che prende in considerazione non gli uomini più potenti della terra o quelli dal patrimonio personale più grasso, bensì dei musicisti che sono impegnati ogni giorno in una missione solo all’apparenza facile: intrattenere milioni di giovani in tutto il mondo. Professionisti che non troverete mai in tv e solo raramente sui giornali, perché la loro forza è nel contatto con i giovani e gli appassionati del settore, soprattutto attraverso il web e i new media.

I guadagni sono cospicui, soprattutto per chi, in questi ultimi anni, è riuscito a costruirsi un nome di tutto rispetto: chiedetelo a Calvin Harris, che grazie a collaborazioni di alto livello (Rihanna, giusto per fare un nome), remix e performance coinvolgenti, è riuscito a guadagnare in un anno la bellezza di 42 milioni di dollari. Del resto, la classifica di Forbes è uno specchio dei tempi: inutile discutere e riflettere su quanto sia giusto che un DJ guadagni queste cifre. La questione è un’altra e copre diversi aspetti, dall’economia alla cultura.

In qualche modo, non deve neanche sorprendere che la rivista americana abbia scelto di compilare questa classifica: la EDM (sigla che indica l’insieme di generi relativi alla Electronic Dance Music) non è più un mondo underground e di nicchia come accadeva solo dieci o quindici anni fa. E’ facile, oggi, trovare dei DJ nelle classifiche degli album o dei singoli più venduti, soprattutto negli stores digitali. Basti pensare all’escalation dello svedese Avicii, che dopo il grande successo di Levels, ha catturato nuovamente il favore del pubblico con il recente Wake Me Up, brano campione di vendite.

Si tratta di un boom che ha conquistato l’Europa intera nel giro di poco meno di un decennio e che ora va alla conquista di un mercato particolarmente difficile, quello americano. Nessuno può prevedere se questa operazione di conquista culturale da parte dell’Europa avrà successo, ma alcuni piccoli segnali lasciano intendere che il futuro della EDM in America sarà alquanto roseo, come dimostra l’attenzione del pubblico verso questi generi (Trance ed Electro House in testa) e i loro produttori più famosi, e anche l’exploit di alcune località, come Las Vegas, che stanno diventando sempre di più un punto di riferimento importante per i Clubbers (gli amanti della musica da discoteca e dei generi Dance Elettronici) di tutto il mondo, contendendo il prestigioso scettro a luoghi leggendari come Ibiza.

Ma la questione è molto più ampia e, come anticipato, interessa il mondo della cultura sotto diversi punti di vista: se la EDM sta conquistando sempre più spazio nel pubblico, soprattutto grazie alla vitalità e freschezza che la caratterizza. Gli appassionati chiedono sempre qualcosa di nuovo e i big li accontentano, non solo proponendo singoli e album originali con una certa velocità, ma soprattutto lanciando nuove stelle emergenti e futuri prodigi della Dance Elettronica. Ecco allora che quei milioni di dollari conquistati in un anno iniziano ad assumere una luce diversa: se da un lato una buona parte di questi soldi vengono spesi in ville, staff, divertimenti personali e jet privati (necessari per viaggiare da una parte all’altra del mondo ed essere presenti nelle più prestigiose discoteche del pianeta, soprattutto in estate), dall’altro è anche vero che un buon livello di queste entrate viene investito nella ricerca e promozione di giovani talenti. Non stiamo parlando più di semplici DJ, ma di veri e propri investitori culturali.

Prendiamo il caso dell’olandese Armin van Buuren (ottavo nella classifica Forbes con “appena” 17 milioni di dollari): un nome che in Italia, purtroppo, non è ancora conosciuto come dovrebbe (anche se l’ultimo singolo, This Is What It Feels Like è andato benissimo anche da noi!), ma che all’estero viaggia su livelli altissimi, tanto da posizionarsi al primo posto della classifica dei DJ più conosciuti e amati al mondo per ben 4 volte negli ultimi 5 anni. Un record imbattibile! Ebbene, Armin è co-fondatore e mentore dell’etichetta discografica Armada Music, una delle label EDM più famose e prestigiose, che oltre ad avere sotto contratto alcuni grandi nomi del settore (Paul Oakenfold, Chicane, ATB, Dash Berlin e altri), riunisce tante piccole labels indipendenti, spesso create, a loro volta, dai produttori più “anziani” e dalla forte esperienza. Lo stesso Armin ha da poco lanciato una nuova label, la “Who’s Afraid of 138?!” (due sole uscite all’attivo al momento), che riprende il titolo di uno dei brani del suo ultimo album “Intense” ed è impostata maggiormente sullo stile Uplifting che tanti proseliti ha in Europa, soprattutto nelle regioni settentrionali.

I giovani produttori “sfornati” da queste labels sono tanti e spinti non solo da una forte passione per la EDM, ma anche da una carica creativa unica nel suo genere, in grado di rinnovare costantemente questo settore. Dall’altro lato, i DJ più maturi non hanno paura di investire sulle nuove risorse. E non hanno neanche paura che uno di loro, un giorno, possa prendere il loro posto. Anzi, ne sono quasi felici, perché significa assicurare una linea di continuità a un mondo, quello EDM appunto, che nel corso dei prossimi mesi e anni continuerà a crescere in modo irrefrenabile.

Immaginate se una logica del genere fosse attuata dalla nostra classe politica o da alcuni segmenti della nostra società. Immaginate un responsabile d’azienda che, con coraggio, decide di investire sui giovani più capaci come fanno i DJ professionisti: riuscirebbe a dare una risposta concreta al drammatico problema della disoccupazione giovanile, garantendo un ricambio generazionale che può portare solo freschezza, originalità e creatività nel mondo industriale e, di conseguenza, all’interno della società nella sua interezza. E se altri potessero seguire il suo esempio, magari a livello nazionale, le cose non potrebbero che migliorare. In poche parole, dal mondo Dance Elettronico possiamo solo imparare…

Certo, ci fosse un’attenzione maggiore da parte dei DJ più noti nei confronti di alcuni temi caldi, come quello dei diritti umani (per fare un esempio, lo stesso Armin ha ricevuto critiche da molti fans per aver suonato in Russia, nazione che da diversi mesi calpesta i diritti degli omosessuali in modo brutale e orribile), il quadro sarebbe perfetto. Dalì consigliava di non avere paura della perfezione, perché non riusciremo mai a raggiungerla. Ma chissà, qualcosa potrebbe muoversi anche in questo segmento. E a quel punto, non resterà che aprire gli occhi di fronte a una rivoluzione socio – culturale che sta già scorrendo sotto i nostri occhi e suonando nelle nostre orecchie.