Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Intervista al Professore Paolo Verri, direttore del Comitato per la candidatura di Matera a Capitale europea della Cultura 2019.
Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
Sono piemontese e sono arrivato da pochi anni a Matera per questo lavoro, dopo averla visitata da turista e da operatore culturale, e devo dire che Matera è una città assolutamente sorprendente, straordinaria, fuori dal normale per quello che rappresenta e per quello che può rappresentare, per il suo passato e il suo presente ma anche per il futuro che lascia intravedere. È una città in cui si abita da ottomila anni senza soluzione di continuità, ed è una città che rischiava di scomparire. Fino a quando, negli anni ‘50, Togliatti e De Gasperi, visitandola, si resero conto che le condizioni di vita erano impossibili da sostenere in quel modo. Stava rischiando di divenire una città come Petra o Cuzco e rimanere disabitata. Invece, nella metà degli anni ’60, è stata riabitata e l’arrivo di Pasolini negli anni ’50 ha cominciato a far intendere quale potesse essere l’immaginario che scaturiva da quella città, il suo binomio di natura e cultura, l’aspetto del costruito e dell’intaccato, del non toccato, e cominciò a nascere l’idea delle grandi mostre di arte contemporanea da organizzare nei Sassi nella seconda metà degli anni ’80. Poi, grazie all’impulso di Pietro Laureano, è arrivato il riconoscimento di Matera come parte del Patrimonio Mondiale Unesco, prima città del sud ad ottenere questo onore. A partire da allora, cioè dal 1993, la città ha cominciato ad avere una storia completamente diversa: invece che precipitare in un collasso, ha cominciato a re-immaginare il futuro e una riqualificazione, grazie soprattutto ai materani che hanno immaginato un futuro possibile. Oggi ci troviamo in un nuovo momento di svolta, dopo che il turismo è cresciuto del 200% negli ultimi dieci anni ci si chiede: cosa fare di questa città? Matera può diventare un parco tematico sulla demo-antropologia o può rimanere una città in cui si intende produrre cultura, dare stimolo alla creatività e attrarre giovani da tutto il mondo, senza lasciare che l’unica sorte possibile sia quella di aspettare turisti. Ed è proprio questa la sfida della candidatura: mettere in gioco tutti questi temi e capire come possano essere di servizio anche per altre città simili in Europa e nel mondo.
Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
Per quanto riguarda Matera, il dossier inerente alla candidatura non è top secret: le idee che si possono avere in merito ad una città, lo dico come urban planner, sono per forza di cose diverse rispetto a quelle che si possono avere per un’altra, perché ogni città ha una sua identità e una sua individualità. Le cose vengono fatte su misura. Il nostro, quindi, è un processo aperto, abbiamo una community online con la quale abbiamo discusso dei contenuti. Dal 19 settembre comunicheremo tutto attraverso la Rai, su Materadio.
La prima componente del nostro dossier per la candidatura è il metodo: abbiamo riscontrato che si sta sviluppando, a partire dalla candidatura, una sorta di “istinto partecipativo”, come lo definisce Charles Darwin, cioè nel nostro caso la capacità e la voglia del cittadino di mettersi in gioco per candidarsi. Su questo facciamo leva. Questa voglia di partecipare dà il titolo al dossier di candidatura, “Insieme”, che richiama un importante libro pubblicato da Richard Sannett l’anno scorso, “Togheter”, un invito ad una economia e ad una politica collaborative. Se, infatti, il ‘900 è stato il secolo della competizione, il XXI secolo non può che essere il secolo della collaborazione, pena la sparizione di forme di urbanità ed urbanesimo.
La seconda componente riguarda i contenuti: a cosa si applica il metodo? A cinque temi in particolare, contenitori di contenuti.
1) Il futuro remoto: quelle cose che sono così avanti da richiamare un passato lontano nel tempo. Ad esempio: a Matera esiste il Centro di Geodesia Spaziale italiana. In questo luogo si studia come cambia la terra nel corso dei secoli, quali sono gli impatti causati da certi fenomeni naturali, dagli tsunami in Giappone, ai terremoti in tutto il mondo, ad altri fenomeni legati a stelle, asteroidi e così via. Così come fa il Centro di Geodesia Spaziale, noi immaginiamo che le politiche e il cambiamento debbano essere valutate non solo in un tempo breve, ma anche e soprattutto in un tempo lungo e quindi il tema del futuro remoto riguarda la capacità di scrutare lontano tenendo ben presente quali sono le necessità del presente.
2) Radici e percorsi: roots and routes. A partire dalle nostre radici lontane nel tempo, si tratta di considerare cos’è successo nei nostri territori, incontrando forme di società e momenti storici diversi gli uni dagli altri: l’impatto dell’arrivo dei greci, il nostro territorio facente parte della Magna Grecia, Pitagora e Zenone che abitavano in quella che era la Grande Lucania, l’apporto dei bizantini, degli arabi, dei Borboni e più recentemente le nuove indicazioni che consentono di coltivare i campi. Si tratta, quindi, di avere una grande attenzione verso la diversità e una grande considerazione verso il mutamento sociale e come questo si adatta al mutamento culturale.
3) Connessioni e ricezioni. Bisogna fare in modo che in certe società interamente digitali, invece di vivere il tema della frammentazione, si dia spunto alla riflessione e all’approfondimento dei propri pensieri culturali. Allo stesso modo, gli strumenti che abbiamo non devono tarpare le nostre ali, ma devono aiutarci a vivere meglio, da qui ai prossimi quindici anni, sempre in maniera collaborativa.
4) Continuità e rottura. Matera nel passato ha rischiato il collasso, ma noi non vogliamo diventare una città basata solo sul turismo, non perché non amiamo i turisti, anzi, ma perché li consideriamo “cittadini temporanei”, persone che devono aiutarci a dare continuità al cambiamento.
5) Utopie e distopie. Matera nel corso dei secoli ha vissuto diverse utopie: dall’utopia socialista di Campomaggiore, all’utopia di Adriano Olivetti che ha creato il più importante villaggio agricolo contemporaneo negli anni ‘50, fino alla marcia per Scanzano Ionico in cui 100.000 persone si sono opposte all’idea che la Basilicata diventasse deposito di scorie radioattive. Quindi un luogo di utopie positive, ma un luogo in cui si vivono anche certe volte delle distopie. Vogliamo discutere di tutto questo lungo 12 mesi di attività.
La terza componente riguarda l’investimento sui temi di cultura. Si pensa che Matera sia lontana, in realtà a Matera si arriva molto velocemente attraverso Bari: siamo a 300 km da Bari, connessi con 4 corsie e prossimamente saremo collegati in 50 minuti con un treno che parte da Bari Centrale. Ma siamo percepiti come lontani e quindi è necessario lavorare su questa percezione. Siamo riconosciuti, poi, come una città dal grande passato architettonico, ma vogliamo anche rinnovare e lavorare su quattro aree della città: una riguarda proprio i Sassi, all’interno dei quali faremo rinascere un’area disabitata attraverso un museo multimediale, il Museo Demo-etno-antropolgico, o DEA, che sarà un esempio di come debba essere un museo contemporaneo in Europa oggi, un museo fatto di esperienze, interazione e non di semplice visione di teche.
Un secondo grande asse di sviluppo sarà il Castello Tramontano, un castello del 1500 dentro un grande parco, che ospiterà l’Università e la nuova università, un luogo di attrazione di studenti dall’Italia e dall’estero.
Poi una grande area dedicata alle cave, dalle quali si estrae la calcarenite, materiale molto duttile, con la quale vengono costruite le case di Matera. Dentro le cave creeremo un centro per spettacolo, intrattenimento, congressi, utilizzando delle strutture temporanee, quindi con un impatto molto basso sul consumo di suolo.
La quarta area è quella del borgo La Martella di Adriano Olivetti, voluto dal grande imprenditore piemontese e disegnato da due grandi architetti e urbanisti, Ettore Stella e Ludovico Quaroni.
È previsto un investimento complessivo di circa 700 mila euro sulle infrastrutture e le trasformazioni urbane, e un investimento di circa 50 mila euro sulle attività dell’anno in cui Matera sperabilmente sarà capitale.
Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
La mancanza principale è proprio quella per cui ci candidiamo: proponendo Matera vogliamo entrare nella mappa d’Europa. Oggi la crescita del turismo straniero è straordinario. Se il turismo italiano cresce dell’11 %, il turismo straniero cresce del 30% l’anno. Questo perché abbiamo degli ottimi alberghi e attiriamo un pubblico di fascia alta di lunga permanenza, che punta sulla qualità. Tuttavia la nostra produzione culturale e la nostra innovazione tecnologica non sono al livello dell’Europa. Il nostro punto di debolezza è proprio la nostra sensibilità nei confronti delle reti europee e internazionali e il fatto di candidarci significa cercare di essere consapevoli di ciò e rimediare.
I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
Ritengo, per mia esperienza, che non sia possibile pensare ad un progetto per lo sviluppo turistico e culturale, autonomo, si può fare soltanto considerando le altre città, gli altri grandi attrattori. Dobbiamo essere altamente collaborativi e cooperativi. Per questo lavoreremo per una sempre maggiore attrazione turistica, assieme alle altre città candidate. A tal proposito abbiamo dato vita ad un organismo, Italia 2019, un cappello sotto al quale ci riconosciamo e collaboriamo tutti.
Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
Posso rispondere con una battuta: prima vinciamo, poi vediamo. Noi, intanto, attueremo tutto quello che è previsto nel dossier di candidatura: sia lo sviluppo delle quattro aree urbane, sia la comunicazione correlata ad esse, sia il programma culturale. Se dovessimo vincere, questi progetti verranno attuati con maggiore velocità, intensità e redditività, perché qualunque titolo se ben giocato dà queste opportunità. Matera ha conosciuto un primo salto di qualità tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80, un secondo tra l’82 e il ’93, ora le spetta un altro balzo in avanti. Le rimarrà l’orgoglio di continuare a cambiare, sapendo che soltanto nel cambiamento c’è la vita.