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Intervista al Prof. Vittorio Longheu, docente di progettazione architettonica al Politecnico di Milano – sede di Mantova e membro del Comitato Promotore di Mantova 2019.
Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
È un’identità che ha le proprie ragioni in una storia molto lunga, che parte da Virgilio e arriva fino ai giorni nostri. Trova dei punti significativi soprattutto in periodi specifici della storia della città che coincidono con l’alto medioevo e il rinascimento, caratterizzato dall’ascesa di una grande corte europea, quella dei Gonzaga. Da qui, nel tempo, la città ha costruito la propria identità e il proprio valore, sia dal punto di vista economico, sia sulle modalità di governance del territorio e, sia dal punto di vista culturale con una straordinaria apertura all’Europa. La città ha immaginato il suo percorso di candidatura proprio per rivendicare questa identità. Il processo che si è sviluppato in questi anni ha messo a sistema il rapporto tra modernità, contemporaneità e passato: il passato non è solo un luogo dove trovare verità, ma è anche la chiave per capire il proprio presente e immaginare il futuro.
Il tema della candidatura, il suo slogan, è “La nuova corte d’Europa. Smart Human City”. Tenendo insieme le istanze contemporanee di una città veloce, che sa dialogare con la contemporaneità e sa leggere e capire il presente, ha posto al centro della propria riflessione non tanto l’accezione puramente tecnologica, futuribile della città, ma l’uomo, la storia, il territorio. “Smart” diventa anche “Human” e la città si trasforma in un luogo sociale nel quale lo spazio di relazione fra le persone struttura i suoi valori in relazione con il passato. È un progetto articolato che nasce da una lettura sui temi della città già qualche anno fa sviluppato da prof. Settis.
Ma l’aspetto fondante della candidatura è il suo partire dal basso, dalle persone, perché il valore culturale della città impone una valutazione corale sul senso di questa candidatura, che è anche un momento per immaginare il futuro. La relazione con più di sessanta associazioni culturali che operano in città, il rapporto con i cittadini, sentire le loro impressioni su quello che si sta facendo e che si è fatto è diventato il bagaglio, il tessuto sul quale è stato redatto il dossier di candidatura.
Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
È stato abbastanza semplice individuare gli elementi qualitativi attraverso i quali esprimere la candidatura, perché erano già presenti nei sistemi culturali operanti in città. È un percorso che si sviluppa in continuità, ma che innesta una diversa qualità relazionale tra questi operatori e l’Europa. Primo fra tutti emerge, in questo senso, il tema dell’inclusione sociale. Mantova e il suo territorio sono il secondo territorio per inclusione, capace di accogliere e inserire. Emerge, poi, la stessa capacità e volontà che aveva la corte gonzaghesca di attrarre nuovi talenti. In questo senso il progetto sviluppa, dal punto di vista strutturale, un ampio sistema relazionale che parte dall’idea di macro-regione, tenendo conto che, facendo una circonferenza di 200 km, Mantova è al centro di un sistema amplissimo di grandi città culturali, come Bologna, Ferrara, Cremona, Brescia, Treviso, Trento, Bolzano. Questo insieme strutturato è volano per uno degli altri temi importanti, quello relativo all’ampliamento della rete turistica. Abbiamo 32 milioni di arrivi turistici con circa 139 milioni di presenze. Mantova oggi accoglie circa 500.000 turisti all’anno. Mettere a sistema questo ampio bacino significherebbe ampliare l’attrattiva turistica che la città ha congenita in sé ma che non riesce a sviluppare per tutta una serie di ragioni, che il progetto di candidatura cerca di trasformare da debolezze in punti di forza.
Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
Il tasto dolente sul quale si è lavorato è la capacità ricettiva che la città offre, non tanto considerando i numeri attuali, ma pensando ai numeri che si possono realizzare attorno a questi 200 km di raggio. La città si sta attivando partendo dal basso, attraverso l’idea di un sistema alberghiero diffuso, con il suo fulcro nel centro storico, che parte dalla possibilità, attraverso investimenti relativi, di attivare strutture ricettive di straordinaria qualità e di facile gestione.
In questo senso, diventa forte e importante anche la presenza del territorio, con città di grande qualità come Sabbioneta o Castiglione. Ad esempio, all’interno del progetto di candidatura, si sta sviluppando un ciclo di conferenze sull’architettura e uno dei maestri mondiali dell’architettura, l’architetto Tadao Ando, è stato ospitato in uno di questi piccoli alberghi nel centro della città. Dopo un mese ci ha mandato una lettera dicendo che quello è l’albergo che lui ritiene più bello al mondo. Ecco come si può trasformare, con investimenti relativi e sostenibili, un punto di debolezza in una qualità.
Gli elementi che stanno alla base di quest’idea sono:
Il chilometro zero, ovvero il programma culturale prevede la valorizzazione delle eccellenze mantovane a km 0 che sanno dialogare con l’Europa ed il mondo come il Festival Letteratura o l’Accademia Virgiliana, per esempio.
L’Impatto zero. Il riutilizzo di edifici e complessi monumentali presenti in città, sottoutilizzati o non utilizzati, con Mantova 2019 vengono rigenerati, senza costruire nulla di nuovo, ma recuperando.
Il costo zero. Perché tutti i progetti che vengono presentati nel palinsesto degli eventi di Mantova 2019 saranno finanziati tramite risorse provenienti da progetti europei. Sono programmi interni alle linee guida della Comunità Europea e quindi passibili di finanziamenti, o attraverso lo sfruttamento del brand Mantova, attraverso privati, sponsorizzazioni e crowdfunding. Quest’ultimo è un sistema di mecenariato diffuso che già Mantova sta sviluppando, attraverso le piccole offerte di cittadini che hanno permesso di restaurare alcuni monumenti e che adesso stanno consentendo di partecipare alla candidatura.
I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
Sicuramente sì. Uno degli aspetti importanti della candidatura è lo sviluppo delle attività economiche e culturali. Già il sistema culturale di Mantova è molto ampio e complesso, e si snoda attraverso una serie di eventi come il Festival della Letteratura, il Mantova Film Fest, le rassegne per l’infanzia, il teatro, i percorsi mozartiani. Il problema è fare rete, sistema, articolare una proposta ampia che stia insieme non solo a livello teorico, ma anche attraverso azioni strutturali, a partire dall’idea di macro-regioni, attraverso scambi e attività relazionali. Immaginiamo di coinvolgere un ampio territorio che si rivolge anche all’Europa con tutti i sistemi culturali che la città ha già sviluppato nel tempo.
Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
Dal punto di vista materiale, il progetto prevede, in accordo anche col Ministero, l’ultimazione di una grande progetto su Palazzo Ducale, la riorganizzazione del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, lo sviluppo e la ristrutturazione del teatro sociale e la costruzione di un museo di arte contemporanea. Quest’ultimo sarà laboratorio di cultura sulla contemporaneità, costituendo assieme al Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, alla Casa del Mantegna e al Tempio di San Sebastiano di Leon Battista Alberti, un polo culturale parallelo al grande sistema culturale costituito da Palazzo Ducale e dal Museo Archeologico. Si tratta, quindi, di un sistema di grandi spazi culturali con la possibilità di accogliere grandi flussi turistici.
Tutte le altre strutture dedicate all’organizzazione nel 2019 degli eventi e del palinsesto saranno completamente removibili e a impatto zero. L’eredità che tutto ciò, in definitiva, lascerà alla città sarà un grande apparato culturale, aggregativo, riconoscibile, aperto all’Europa, non solo dal punto di vista culturale ma anche da un punto di vista sociale, attraverso la trasformazione della città in un polo capace di attrarre giovani talenti, costruendo con le università di Mantova un centro di ricerca e di sviluppo a livello internazionale.