Intervista al dott. Alberto Cassani, coordinatore della candidatura di Ravenna a capitale della Cultura 2019

ravenna2019Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
La candidatura di Ravenna a Capitale Europea della Cultura 2019, sostenuta da tutte le principali città della Romagna, si fonda sull’attivazione del capitale sociale del territorio.
Mettere al centro il capitale sociale significa per noi dare importanza al fare insieme, al lavorare in rete, alla collaborazione per costruire progetti condivisi. Questa è una delle prerogative storiche delle nostre città, culla della cooperazione, che vogliamo valorizzare grazie anche a questa candidatura. Far leva sul capitale sociale è inoltre un modo per costruire un nuovo modello di società e di governo delle nostre città, in cui innovazione sociale e cultura si intrecciano a favore dello sviluppo del territorio.
Altro tema identitario importante per una città come Ravenna, custode di uno straordinario patrimonio storico artistico, è il rapporto tra antico e contemporaneo. La candidatura può aiutarci a reinterpretare il passato in modo innovativo, favorendo un dialogo più aperto e coraggioso con la contemporaneità.
Dalla valorizzazione del fare insieme e dalla reinterpretazione del passato nasce l’idea del Mosaico di culture che si fa mosaico in movimento in una proiezione dinamica verso l’Europa e verso l’innovazione culturale.

Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
Essendo stati primi, già nel 2007, a manifestare una volontà di candidatura, abbiamo avuto modo in questi anni di mettere in campo degli strumenti in grado di stimolare una larga partecipazione dei cittadini ravennati e quella dei territori a noi vicini.
Abbiamo costituito una salda rete con le altre città della Romagna che si è poi tradotta non solo in protocolli d’intesa istituzionali ma in comitati artistico organizzativi periferici che, insieme a quello ravennate, hanno collaborato alla costruzione dei progetti.
Per quanto riguarda il coinvolgimento della cittadinanza, Ravenna è l’unica candidata ad avere realizzato un’Open Call che ha raccolto oltre 400 proposte, molte delle quali sono state poi inserite nel dossier di candidatura.
Parallelamente, abbiamo attivato in tutta la Romagna 28 working group organizzati per temi e settori che hanno coinvolto centinaia di operatori culturali, economici e sociali.
Crediamo che tutti questi strumenti abbiano funzionato, trovando terreno fertile e producendo una progettualità ricca che è confluita nelle Cinquetracce, i macrocontenitori di suggestioni che saranno articolati in 18 nuclei tematici da cui scaturiranno centinaia di progetti ed eventi. I percorsi delle Cinquetracce disegnano uno scenario ampio del nostro tempo nel quale Ravenna può incontrare l’Europa: e così, infatti, in Di soglia in soglia si sviluppano progetti legati alla diversità culturale, all’accoglienza e all’ospitalità; nella Danza dei contrari si esamina il tema del conflitto e alcune coppie di opposti verificando la capacità di mediazione dell’arte e della cultura; in Verso il mare aperto ci si occupa delle relazioni verso l’esterno, del rapporto con l’Oriente e con l’acqua; in Immaginare l’immaginario l’attenzione viene puntata sulla creazione artistica, sull’immaginario dell’infanzia e sulle nuove tecnologie; e, infine, in Trasformo dunque siamo il tema del cambiamento si connette all’esperienza del fare insieme e alla costruzione di nuove identità collettive.
Il tema dell’innovazione trova poi una sua esplicitazione anche sul versante della trasformazione urbana che a Ravenna, oltre a tradursi in progetti di miglioramento e implementazione infrastrutturale, trova il suo cuore pulsante nella riqualificazione della Darsena di città: 140 ettari di territorio da ripensare all’insegna della cultura.

Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
Le criticità di Ravenna sono quelle comuni a quasi tutte le città italiane e si concretizzano in una generale debolezza infrastrutturale, in una certa resistenza di fronte al cambiamento, in un retaggio spesso localistico e in un rapporto non compiuto con l’Europa. Caratteri presenti sul territorio nazionale, quindi anche nelle altre candidate, rispetto ai quali la candidatura a Capitale della Cultura può fornire degli anticorpi e degli strumenti concreti per favorire una maggiore apertura culturale, economica e sociale dei territori.

I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
Nel nostro lungo percorso di candidatura abbiamo cercato di coinvolgere tutte le principali realtà economiche: associazioni di categoria, imprese, operatori turistici. Essendoci mossi con grande anticipo rispetto agli altri, abbiamo avuto il tempo di seminare e quindi di raccogliere risultati.
A Ravenna si può dire che la candidatura sia di tutta la città e non solo di chi abitualmente produce cultura. Tutti i soggetti coinvolti hanno inoltre dato un apporto progettuale partecipando all’Open Call, ai working group e proponendo idee che già ora il dossier di candidatura ha in parte recepito.

Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
La linea divisoria tra l’auspicio e la previsione realistica è sottile: diventare Capitale europea della Cultura 2019 per una città medio-piccola come Ravenna e per un territorio non grande come la Romagna, rappresenterebbe un salto quali-quantitativo di enorme importanza tale da permettere un miglioramento delle vie di collegamento e delle reti infrastrutturali, la realizzazione di nuovi contenuti culturali e il rafforzamento della nostra proiezione internazionale a partire dal moltiplicarsi delle relazioni con soggetti culturali europei.
Significherebbe provare a superare per una lunga fase storica il retaggio provincialistico comune a tutte le città italiane non metropolitane che costituiscono la maggior parte del tessuto urbano nazionale.

 

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