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Intervista ad Alessio Lo Giudice, Assessore alle Politiche culturali del comune di Siracusa.
Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategie e il progetto del 2019?
L’identità sulla quale abbiamo puntato per Siracusa e il Sud Est è quella di essere una terra di frontiera, tema che abbiamo deciso di attribuire a tutto il progetto di candidatura. Siracusa e il Sud Est sono istituzionalmente frontiera dell’Europa e i confini delle loro coste coincidono con i confini dell’Europa. È proprio attraverso questi confini che l’Europa, soprattutto in questo periodo, sta incontrando culture diverse, anche vivendo vicende drammatiche come quella degli sbarchi.
L’identità di terra di frontiera si riferisce anche al suo passato e alla sua storia. Da sempre questa terra è linea di demarcazione tra occidente e oriente. Basti pensare ai rapporti con l’oriente greco che ha fondato la cultura siciliana e con l’oriente in senso più ampio. Quindi “Frontiera d’oriente”, non solo perché ci troviamo nella parte orientale della Sicilia, ma anche perché deriviamo dall’oriente greco e abbiamo un rapporto privilegiato con l’oriente contemporaneo, in qualità d’avanguardia d’Europa. È un territorio che può e deve sfruttare al massimo questo suo essere terra di margine, terra periferica, lanciando anche una provocazione all’Europa: far in modo che la frontiera si faccia capitale.
Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
È una candidatura che interessa tutto il territorio. Sono coinvolti, oltre ai comuni della provincia di Siracusa, quelli di Catania e di Ragusa, oltre al comune di Piazza Armerina. Quello che mettiamo in campo è da un lato il consolidamento di alcune iniziative importanti già presenti sul territorio. Mi riferisco al Festival del Cinema di Frontiera di Marzamemi, alle rappresentazioni classiche dell’Istituto Nazionale Dramma Antico, alla Biennale della Ceramica di Caltagirone, etc. La novità è che ci mettiamo in rete e li rappresentiamo all’interno di un’offerta culturale unica,
declinata su un singolo tema. Dall’altro lato, poi, vogliamo attrarre e proporre ulteriori eventi e manifestazioni, come il Premio Europa per il Teatro, premio internazionale che si tiene a San Pietroburgo o a Salonicco e che si svolgerà a Siracusa nel 2019. Si parte, quindi, da alcune realtà esistenti che, messe in rete, fungono da attrattori per altri eventi di livello internazionale che possono caratterizzare ancora di più il territorio.
Inoltre, la candidatura coincide anche con un periodo di forte evoluzione progettuale: anche la parte infrastrutturale, che viene esplicitamente richiesta nel bando per presentare il dossier di candidatura, è molto significativa. È un territorio che, attraverso l’elaborazione di piani strategici, attraverso la riqualificazione progettuale delle sue città, è coinvolto in una fase di progressiva evoluzione. In molti casi presenteremo progetti di riqualificazione, come quello riguardante, ad esempio, il porto di Siracusa, i cui finanziamenti sono già stanziati e che è in corso. O progetti che interessano altre infrastrutture ugualmente significative, come l’autostrada: è di questi giorni l’approvazione del finanziamento per il tratto che arriverà fino a Modica. Comiso aderisce all’iniziativa e quindi gli aeroporti che intervengono nella candidatura sono due, Catania e Comiso e non sono tante le candidate che possono mettere a disposizione due aeroporti. Gli asset messi in campo sono, quindi, da una parte quelli dettati dal coinvolgimento delle istituzioni culturali più importanti del territorio: istituzioni regionali, l’INDA, i festival e dall’altra un panorama infrastrutturale che, considerati i ritardi e le mancanze storiche di questo territorio, rappresenta di sicuro un’importante novità.
Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
Le mancanze del territorio sono legate alla sfida stessa presentata col progetto di candidatura. La mancanza storica di questo territorio risiede nell’incapacità di creare una rete di programmazione culturale, con un’offerta culturale concentrata: ci si è limitati troppo spesso ad esperienze o iniziative localistiche, sporadiche o non presentate come espressione dell’intero territorio, ma solo di una città o di un comune. Stiamo cercando di superare la resistenza di questa terra a fare un lavoro coordinato. Proprio per questo il valore della candidatura va al di là dell’esito perché si tratta, in ogni caso, di una grande esperienza che coinvolge un’area cosiddetta “vasta”, tramite il progetto di un’evoluzione infrastrutturale e di un’offerta culturale variegata al suo interno, ma con una linea di fondo condivisa.
I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
Senza dubbio. Una delle cose che mi ha stupito lavorando sul territorio è che siamo riusciti a coinvolgere nella candidatura non soltanto le istituzioni culturali, ma anche quei soggetti legati storicamente al mondo delle imprese e del commercio, come Confindustria, Camera di Commercio, CONFCOMMERCIO e altre istituzioni di questo tipo che vedono nella programmazione culturale la vocazione vera e propria di questa terra. Questa candidatura ha un valore che non è solo culturale, ma anche sociale ed economico. Grazie al coinvolgimento di operatori come la Fondazione Garrone, la Fondazione IBM Italia e altri soggetti più legati al mondo dell’economia e delle categorie produttive che della cultura, contiamo di richiamare un flusso di operatori che sono attratti anche per ragioni economiche, da opportunità di investimento finanziario. Non a caso, ad esempio, la compagnia aerea AirOne ci ha proposto di avviare tariffe ridotte per i collegamenti con la Sicilia nel 2019. Stiamo cercando, poi, di proporre un programma culturale che non sia solo di nicchia, dedicato agli addetti ai lavori. Vorremmo proporre un programma “popolare”, usando la formula del festival – il festival internazionale del jazz per fare un esempio.
Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
Rimarrà qualcosa che prescinde dal risultato, si tratterà, cioè, di un’esperienza importante: l’avvio di un percorso di programmazione e di coordinamento nell’ambito delle politiche culturali. Un percorso, mi azzardo a dire, in qualche modo “storico” perché finalmente, non solo a parole ma soprattutto con i fatti, con una collaborazione concertata, l’intero territorio mostra di aver deciso su cosa puntare per il futuro. La vera e grande responsabilità è mantenere questo cantiere aperto, realizzare il grande patrimonio progettuale che abbiamo raccolto a prescindere dalla candidatura e, a lungo termine, cambiare il volto del territorio stesso. Il sud est della Sicilia ha la caratteristica principale di essere dotato di un patrimonio naturalistico e culturale di altissimo livello e quello che deve rimanere dopo il titolo è la capacità imprenditoriale da parte delle istituzioni di sfruttare al massimo questo territorio.
Leggi le interviste alle altre candidate a Capitale europea della Cultura 2019.