vitoaccVi piacerebbe girare uno spot pubblicitario sulle vostre passioni?

Non affannatevi, la cinepresa è già all’opera da tempo! Il marketing comportamentale è questo: non uno scherzo, ma una call to action in piena regola che entra nelle nostre “case” virtuali, a volte, senza neanche bussare. Una sorte di grande fratello in rete in perenne modalità “on” che traccia la nostra navigazione in internet e ci regala quei consigli per gli acquisti che desideriamo, senza neanche saperlo.
Sulla scia del gettonato “like” di Facebook, il viaggio dei nostri interessi online è, difatti, iniziato da anni. Preziose informazioni sui nostri profili sociali vengono raccolte, catalogate e archiviate proprio come si fa nei musei; ma non basta, qualcosa è cambiato nel panorama pubblicitario odierno. Se ieri si parlava di broadcasting e di induzione applicata agli spot online, oggi le parole d’ordine sono narrowing e deduzione storica, o meglio, si assiste al passaggio da una targhettizzazione su larga scala a una segmentazione sempre più inversa e oculata che mira a monte, o meglio, all’analisi dei nostri comportamenti d’acquisto più specifici.

In altre parole, i sistemi informatici non tracciano più solo ed esclusivamente i nostri interessi ma misurano le nostre passioni. La linea di demarcazione è sottile, ma il raggio d’azione è illimitato quanto strategico è l’utilizzo sempre più frequente dei dati filtrati dalla nostra abituale navigazione in rete. Così anche in tempi di crisi, la macchina della pubblicità guadagna terreno sulle nostre stesse azioni, anticipando bisogni a noi sconosciuti, ma studiati grazie all’effetto del data mining prodotto per lo più dai cookie applicati al browser, che scavano in profondità nei nostri comportamenti online generando e registrando una vera e propria mappatura del singolo target di riferimento. Quindi, non si parla più di patrimonio di informazioni, ma di un vero e proprio bagaglio di dati che viaggiano con la stessa cifra evolutiva degli strumenti sempre più in voga di search advertising e web analysis: in trasformazione come la realtà!

Ma quali sono i rischi reali per il consumatore?

Ritrovarsi bersagli di un viaggio contromano dove si diventa registi e attori invisibili del proprio spot preferito interpellando se stessi in un curioso “sguardo in macchina” che desterebbe l’attenzione anche dell’artista più avvezzo Vito Acconci.

Del resto, il passaggio da consumatore a “consumattore” è breve quanto il salto alla profilazione di utente di un servizio. Se da un lato il marketing comportamentale colpisce dritto al cuore della nostra privacy, dall’altro ci offre senza dubbio la possibilità di pensare e scegliere con maggiore facilità e senza messaggi invasivi i nostri acquisti grazie all’interpretazione capillare dei nostri comportamenti “sedimentati”.

In Usa, dove il behavioural marketing è molto più diffuso, si registra non tanto il divieto di questo modello strategico quanto la maggiore informazione degli utenti e la conseguente regolamentazione della pratica di accettazione di termini e condizioni di utilizzo di servizi web anche attraverso l’estensione della definizione di “informazione sensibile”.

In Italia, cresce la credibilità del web così come il mercato dell’online advertising ma ciò che avanza è proprio il mercato delle analisi. È, infatti, tutta italiana la start up Aida Monitoring che rende “umana” la business intelligence attraverso l’analisi del giusto mix di comportamenti e identità online degli utenti. Nata nel 2013, realizza dashboard personalizzate di monitoraggio in tempo reale delle conversazioni che si sviluppano sui Social e sul Web intorno a persone o a temi specifici e, integrandole con i dati relativi alle performance dei clienti online, offre alle aziende modelli interpretativi traducibili in azioni concrete.

E allora, ciak, si gira…che lo spot abbia inizio!