lecce19Intervista al Dott. Raffaele Parlangeli, delegato del Comune di Lecce per la candidatura della città a Capitale europea della Cultura 2019

Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
Il territorio della città di Lecce, Provincia di Lecce, Comune di Brindisi e Provincia di Brindisi sono gli enti che insieme supportano la candidatura di Lecce a capitale europea della Cultura.
Ad oggi, dal punto di vista operativo, abbiamo ritenuto la proposta presentabile perché Lecce, città nel profondo sud affacciata sul Mediterraneo, insieme a Brindisi, crea una sinergia di porti e aeroporti capace di garantire concretamente servizi ottimali agli incoming futuri. Questa area ionico-salentina, che ha radici storiche, ci consente di presentarci come micro-macro territorio che può accogliere con porti e aeroporti i flussi esterni.

 

Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
Il territorio in questo momento popone di sperimentare il ruolo dell’Europa dal basso riconsiderando una serie di modelli che sono poi le trame del nostro programma culturale. Sono modelli di riorganizzazione del territorio in funzione del cogliere le tematiche dell’industria culturale e creativa per ripensare il territorio che guadi così al futuro e all’Europa e che pensi a ciò che siamo e a quel che potremo essere.
Da qui lo slogan “Reinventare Eutopia” per proporre nuove idee e potenzialità basate su molteplici aspetti: c’è il nuovo modello di democrazia per condividere i nuovi programmi e progetti europei culturali, un diverso modo di coinvolgere il welfare e l’inclusione sociale, un ripensamento dell’educazione intesa come competenze rispettive nel campo della formazione, l’intento di risvegliare il potenziale umano giovane rispetto all’Europa, la volontà di creare opportunità e cooperazione rispetto a nuovi modelli di economia, il rispetto dell’ambiente e del territorio, ma anche la volontà di garantire la funzione di valorizzazione dei beni culturali non solo in termini statici, ma anche dinamici con le nuove tecnologie, l’avere infine una città smart che lo dimostri anche come capitale europea della cultura.

 

Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
Più che mancanze si tratta di un’identità che abbiamo costruito rispetto a Lecce e Brindisi e, in questo momento la dimensione regionale, con la candidatura di Taranto, può forse porre delle incertezze, che non è da escludere si riveleranno magari opportunità nella fase successiva. L’altro limite è stato l’entusiasmo collettivo smorzato dalle tempistiche del bando: la pausa estiva ha in un certo senso raffreddato il coinvolgimento unanime su cui abbiamo puntato. Basando tutto il modello sulla partecipazione pubblica, con la raccolta delle varie istanze sociali, la stagione estiva ha distratto i cittadini che si sono concessi al nostro mare. In Bulgaria, ad esempio, la scadenza è stata stabilita ad ottobre e anche da noi tale tempistica avrebbe favorito maggiormente un riepilogo delle informazioni necessarie a preparare il dossier. Lavorare un po’ meglio con la Regione, ci avrebbe inoltre giovato di più.

 

I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
In questo momento abbiamo fatto una scelta molto forte che è stata quello di non prendersi con le infrastrutture montate in termini diretti rispetto ad infrastrutture già finanziate. Il parco progetti delle opere infrastrutturali già finanziate lo abbiamo riservato alla programmazione 2014-2020. La presentazione del nostro sistema di eventi, per un importo pari a 40 milioni di euro, si fonda su una proposta basata sul multilevel governance europeo: una quota nazionale, una cittadina, una regionale con i fondi europei e abbiamo creato un consorzio di privati che sostiene sin da ora il processo di candidatura. Tra loro molti sono imprenditori disposti ad investire nel progetto perché le ricadute possono essere importanti.
Il nostro modello è una nostra proposta culturale, che diventa proposta culturale strategica perché articolata in un programma scadenzato con una serie di progetti: ciò consente di utilizzare al meglio le risorse comunitarie provenienti dalla programmazione 2014-2020. Abbiamo già fatto richiesta affinché questo documento diventi un documento di programmazione strategica e possa interagire con tutti i livelli di governo, regionali, nazionali e comunitari.

 

Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
In questo momento c’è un grande entusiasmo perché questo progetto nasce dalle tante persone che hanno partecipato: 127 Comuni, circa 200 associazioni e ben 560 volontari, una piattaforma di capitale sociale umano difficile da disperdere. Come dicevamo, questo programma, qualsiasi sia l’esito della candidatura, può comunque essere convertito in un programma strategico 2014-2020, che di certo serve. Sicuramente la candidatura è un catalizzatore che può rappresentare un buon sistema per impiegare i fondi europei.

 

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