rushmovieSe non è il miglior film dell’anno, poco ci manca. È difficile non rimanere incantati ed emozionati di fronte all’ultima fatica cinematografica di Ron Howard, Rush, basato sulla leggendaria sfida tra i piloti di Formula 1 Niki Lauda (interpretato da Daniel Bruehl) e James Hunt (Chris Hemsworth). Gli incassi parlano da soli: 48 milioni di dollari guadagnati in tutto il mondo e 4 milioni di euro nella sola Italia. E il merito non è solo dei tantissimi appassionati di Formula 1 che hanno atteso con ansia per mesi l’uscita di Rush… Perché se è vero che il film ha avuto un grande successo in Paesi come Italia e Regno Unito, dove la tradizione dello sport a motori è molto forte, è anche vero che senza il tocco di Hollywood, questo lavoro sarebbe stato distribuito solo in poche decine di sale in diversi Paesi.

Per quanto gli americani abbiano il “brutto vizio” di romanzare ogni cosa, va riconosciuto al regista americano di essersi attenuto quanto più possibile alle cronache del tempo: la somiglianza degli attori con i personaggi originali è impressionante, la ricostruzione delle vetture usate dai piloti è fedelissima, così come la sequenza di eventi che ha caratterizzato il duello tra Lauda e Hunt, dalle prime scaramucce in Formula 3 (categoria minore degli sport motoristici a quattro ruote) fino alla famosa stagione 1976, massimo emblema della rivalità tra i due nemici – amici.

Rush è un film che ha la capacità di parlare a tutti, sia a chi non ha mai seguito una gara di Formula 1, sia a coloro che sono disposti ad alzarsi anche alle 4 di notte pur di seguire in diretta la gara in Australia. Nessun linguaggio complesso, nessun nome o episodio dato per scontato: la narrazione prosegue in modo lineare e chiaro, coinvolgendo al massimo lo spettatore e riportandolo indietro nel tempo. Ma occhio a definirlo semplice documentario… Perché, oltre ai momenti salienti della sfida Lauda – Hunt, l’attenzione viene posta anche sulle vite private estremamente diverse dei due protagonisti: da un lato abbiamo un Hunt che ama sfruttare la sua bellezza da dongiovanni per conquistare il cuore delle donne e che si abbandona spesso al fumo e all’alcool; dall’altro lato abbiamo un Lauda che è, invece, schivo, riflessivo, per niente amante della socialità e mondanità.

Un dualismo che si traduce, poi, anche sulla pista: all’Hunt aggressivo che provava a infilarsi in ogni spazio e desiderava correre anche in condizioni difficilissime, si contrappone un Lauda più “calcolatore”, scrupoloso, attento a ogni dettaglio, uno che pensava sempre alle conseguenze delle sue azioni prima di compierle e non aveva peli sulla lingua, anche a costo di sembrare antipatico agli altri. Gli opposti si attraggono e infatti tra i due piloti nacque una bellissima e sincera amicizia, come sottolineato soprattutto nelle battute finali del film, probabilmente la parte più bella e commovente.

Realtà e finzione si fondono in un tutt’uno, fino a diventare quasi indistinguibili. Per non parlare dei tanti piccoli indizi che Ron Howard ha disseminato nel corso del film per soddisfare l’entusiasmo degli appassionati più incalliti. Giusto un paio di esempi: l’inquadratura che si sofferma sul nome di Tom Pryce, pilota morto nel 1977 all’età di 27 anni nel corso del Gran Premio del Sud Africa, vittima di un incidente tanto orribile quanto sfortunato. O la dura critica di Lauda nei confronti del suo Team, la Ferrari, per averlo rimpiazzato con un altro pilota (Carlos Reutemann) subito dopo il terribile incidente che lo ha portato a un passo dalla morte nel Gran Premio di Germania del 1976, del quale lo stesso Lauda porta i segni ancora oggi.

Come evidenziato da molti, Rush fa emergere anche il ricordo di un’epoca, quella degli anni ’70 e ’80, che ha visto probabilmente i più grandi duelli di sempre nella storia della Formula 1. Non solo Lauda contro Hunt, ma anche Gilles Villeneuve contro Arnoux, Senna contro Prost. Ma anche in tempi più recenti, la Formula 1 ha saputo regalare delle sfide memorabili, come quelle tra Michael Schumacher e Mika Hakkinen. Stiamo parlando di grandissimi Campioni del passato, Uomini (volutamente con la “U” maiuscola) ancora prima che piloti. Persone che hanno sfidato la morte pur di seguire una passione personale molto forte. Piloti che si prendevano a sportellate, senza guardare in faccia a nessuno, pur di raggiungere il gradino più alto del podio.

Oggi, purtroppo, non ci resta granchè di questo spirito sportivo… Gli attuali piloti di Formula 1 corrono con tanta elettronica a bordo (cosa che, invece, mancava nelle auto dei Campioni del passato) e seguendo sempre la traiettoria ideale, quasi come se fossero su un binario. Basta uscire un po’ fuori da questa traiettoria e si rovina tutto. Gli azzardi sono pochi: paradossalmente, i piloti erano più spericolati 20 o 30 anni fa, quando le auto di Formula 1 erano pericolosissime e gli incidenti mortali erano tristemente numerosi, che non adesso. Soprattutto dopo la morte di Senna a Imola è iniziato un processo di rafforzamento delle misure di sicurezza che ha portato le auto di Formula 1 attuali a essere dei veri bunker ultra-sicuri. Ma questo pare non aver incoraggiato al massimo lo spirito agonistico della maggior parte dei piloti che corrono adesso.

Ecco, quindi, che Rush assume un nuovo significato, ovvero quello di aiutarci a ricordare le sfide del passato non tanto in chiave nostalgica, quanto per offrire un paragone genuino tra quelli che vengono considerati Campioni oggi e quelli che lo erano in passato. Una bellissima lezione di stile, valori sinceri (come il coraggio e l’amicizia) e umiltà che ci viene regalata da uno che, fino a non molto tempo fa, a stento sapeva cosa fosse la Formula 1. Non sorprende, quindi, che inizino già a circolare voci su un futuro film dedicato alla rivalità tra Senna e Prost. Di sicuro sarebbe un altro grandissimo successo!