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“L’arte attoriale è una malattia mentale che solo il palcoscenico può guarire”. E’ scritto sulla bacheca facebook dei Commediomani, la compagnia con età media 21 anni che ha portato in scena al Teatro Ghione di Roma gli Innamorati di Carlo Goldoni, per la regia di Pino Quartullo.
Il teatro è stato fondato e diretto fino al 2005 dall’attrice italiana Ileana Ghione ed oggi, divenuto s.r.l., è diretto da Roberta Blasi e alterna una stagione classica a progetti innovativi con una forte attenzione al sociale.
Quando entriamo è affollato,il pubblico è assolutamente eterogeneo, dagli affezionati del Teatro di una certa età a molti giovani,essendo estremamente giovane la compagnia in scena.
E’ accogliente, con le rifiniture di vernice nera e le poltrone di classico velluto rosso e la piccola cavea creata ad hoc per l’orchestra rende vivace la sala.
L’orchestra è tutta al femminile, si chiamano Le Arzigogole: 9 donne agli archi, al pianoforte e alla chitarra.
Quello che colpisce di questa messa in scena è l’accuratezza sia in scelte come quella della musica dal vivo, sia nei costumi, ottenuti grazie ad un accordo con il Teatro dell’Opera di Roma, di rara raffinatezza grazie a sete rosate e tulli neri, sia nella recitazione dei giovani attori.
Nulla lasciato al caso, impreciso.
La Commedia, che si propone di mischiare in comico soggetto “la passione e il riso dolcemente ”, è stata scritta da Goldoni in seguito ad un soggiorno romano, sulla via del ritorno a Venezia. L’ambientazione è quella di una casa borghese, tenuta dal decaduto Zio Fabrizio che si ritrova a dover badare e a dover far maritare senza dote le due nipoti Flaminia ed Eugenia.
Pino Quartullo dipinge le contraddizioni dell’amore, il tendere verso qualcosa di grande, di assoluto della giovane Eugenia e allo stesso tempo le sue paure, il suo non filtrare la gelosia, il timore di non essere abbastanza, l’estremo bisogno di conferme attraverso la scelta di ripartire il suo ruolo e quello dell’amato Fulgenzio, tra tre attori che agiscono all’unisono ma seguendo vettori diversi. C’è Eugenia che si alza, aggressiva, capricciosa e furiosa con Fulgenzio che ha in scena un’altra sé che invece resta sulla sedia, quasi impaurita. E’sempre solo uno, ma non lo stesso da scena a scena, che parla, che agisce e gli altri si muovono sul palco ad amplificare o a contrastare le azioni di chi parla, a tratti come specchi fedeli, a tratti come riflessi delle contraddizioni interiori.
I personaggi secondari, come lo Zio Fabrizio, che parla in grande e oramai è ridotto in povertà, veste come uno straccione e vende fino all’ultima posata per poter comprare il cibo per cucinare un pranzo da signori, o come i servitori, sono molto caricati, macchiette che non lasciano scampo alla risata del pubblico.
La musica dell’orchestra non è mai invadente e sempre di supporto, di conservazione della dimensione poetica dell’opera.
L’energia in scena non cala mai, cresce proprio con i personaggi secondari, come la serva di Eugenia, Lisetta, che spia i signori dalla cucina insieme al servitore di Fulgenzio: lei seleziona sempre con immancabile acume cosa sia opportuno e non opportuno dire alla propria padrona; lui è guidato da ingenuità, da riverenza incondizionata verso il suo buon padrone.
Apprezzabile e degno di nota anche il lavoro sugli accenti, con Lisetta che parla siciliano e il servitore di Fabrizio con marcato accento nordico, tutti elementi che aiutano a riconoscere i personaggi, a riportarli velocemente al nostro tempo.
Non manca anche l’esplicito raccordo iniziale e finale con i giorni nostri, attraverso un ritorno degli attori nel “personaggio” della compagnia teatrale. I personaggi-reali sono in ansia nell’affrontare La commedia e nel dover fare i conti con la precarietà economica e quella delle relazioni, le stesse fragilità di Eugenia e Fulgenzio, quelle universali dell’amore.
Che anche questa malattia mentale dell’amore si possa curare con il palcoscenico?
Calano le quinte e il pubblico appare carico, pare aver assorbito e ora voler restituire l’energia di questi giovani attori, che hanno davanti una strada certo non semplice, ma che trasmettono la loro carica e determinazione verso il loro sogno artistico, superando a pieni voti la prova Goldoni.