OMINILa rete brulica di corsi di formazione, seminari e workshop volti ad approfondire i temi della responsabilità sociale d’impresa. E’ sufficiente digitare su google le parole chiave csr, corso, master e si apre un nutrito elenco di opportunità, destinate ai professionisti che già operano nel settore, ai dipendenti delle aziende e delle pubbliche amministrazioni o ai giovani appassionati della materia che vorrebbero farne un lavoro. Tra i master più rinomati, quelli promossi dall’Università Bocconi, dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e dalla Lumsa di Roma. Questi sono, tuttavia, solo alcuni esempi dell’eccellenza formativa offerta dalle università italiane.

Eppure alcuni dubbi sorgono spontanei. Il sistema formativo, pubblico o privato che sia, non dovrebbe facilitare l’effettivo incontro dell’offerta e della domanda nel mercato del lavoro? E, ancora, siamo sicuri che in una fase storica di recessione, quale quella attuale, le aziende abbiano risorse da investire in responsabilità sociale d’impresa?

I dati relativi ai primi nove mesi del 2012 rilevati dall’Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese del Cerved Group parlano chiaro: con una media di 200 imprese al giorno che escono dal mercato, per un totale complessivo di 55mila imprese chiuse nel 2012, la crisi è nera e le cifre riferite ai primi sei mesi del 2013 non sono certo più rosee.

Visto il contesto è d’obbligo, dunque, domandarsi quale impresa possa permettersi il lusso di investire in csr? Di certo non le piccole e medie imprese che, a causa della contrazione della liquidità e della stretta al credito praticata dalle banche, stentano ad arrivare alla fine del mese. Tendenzialmente le aziende che investono regolarmente in csr sono piuttosto quelle che possono contare su fatturati consistenti, come rilevato da un’indagine condotta da SWG per l’Osservatorio Socialis su L’impegno sociale delle aziende in Italia, 2012.

 

Continua a leggere su Csr – Culture in Social Responsibility