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“Hometown – Mutonia” è il documentario realizzato dal collettivo ZimmerFrei, che indaga la realtà della comunità-villaggio costituita negli anni ’90 da gruppi di creativi cyber-punk, nei pressi di Santarcangelo di Romagna. L’opera viene presentata al Festival Internazionale del Film di Roma e proiettata al MAXXI.
La produzione fa parte di un progetto più ampio denominato “Temporary Cities” e si è avvalso del sostegno del Santarcangelo Festival.
Abbiamo voluto saperne di più interpellando direttamente Anna de Manincor e Massimo Carozzi, tra i componenti di ZimmerFrei, per comprendere meglio quanto da loro documentato.

 

Il documentario Mutonia rientra nel progetto più ampio “Temporary Cities” del vostro collettivo ZimmerFrei. Di cosa si tratta? Quali sono le sue peculiarità?
“Temporary Cities” è una serie di documentari in cui ci dedichiamo a un’area molto piccola di una grande città: una strada di Bruxelles (LKN Confidential), una collinetta che ricopre un centro sportivo in mezzo ai condomini a Copenhagen (The Hill), il quartiere ex-rom di Budapest (Temporay 8th), un bar del quartiere del mercato e del porto a Marsiglia (La beauté c’est ta tête). Sono ritratti molto parziali di territori complessi, in cui le trasformazioni urbanistiche, gli investimenti immobiliari e l’ingegneria sociale che accompagna i progetti di “city branding” stanno cambiando la vita quotidiana e stanno progressivamente rendendo le capitali europee molto simili tra di loro. Non giravamo in Italia dal 2008 (Memoria Esterna, dedicato a Milano) e, dopo il Kunstenfestivaldesarts e il circuito di festival di arte pubblica InSitu, è stato di nuovo un festival di teatro a produrre un nostro film.

 

Mutonia, a differenza delle altre realtà documentate nel progetto, si trova in un piccolo borgo di provincia, Santarcangelo di Romagna per l’appunto. Quali le differenze riscontrate rispetto alle altre comunità presenti invece in grandi agglomerati urbani? Come hanno accolto il vostro progetto i mutoid?
Hometown ha avuto una gestazione lunga, proprio per questa differenza con le altre città. Abbiamo considerato Mutonia un distretto, un quartiere di campagna del paese di Santarcangelo. Non siamo certo i primi a girare un video al Campo, i suoi abitanti sono abituati a veder spuntare operatori e reporter nei momenti più impensati, ma dopo i primi giorni, dato che non accennavamo ad andarcene, il nostro rapporto è cambiato progressivamente. Siamo passati dalla circospezione alla discussione sull’intero progetto, dalle interviste solo audio alle riprese “senza costrutto” in cui ognuno è intento a fare quello che fa senza occuparsi più di dove si trova la camera. Tutto “è campo”. E’ un processo lungo, accidentato e sempre diverso in ogni situazione. Non vogliamo ottenere la “trasparenza”, sarebbe una menzogna, e anche la “realtà” è irriproducibile, si tratta di vivere insieme mentre il film si va facendo e cambia il suo corso con quello che succede al momento.

 

Mutonia nasce in seguito ad un invito lanciato dal Festival di Santarcangelo alla Mutoid Waste Company, che per eseguire le sue performance ha allestito il campo, poi divenuto permanente, richiamando seguaci di questo stile di vita da tante parti del mondo. Che impatto ha avuto la loro presenza sugli abitanti di Santarcangelo? Come si è sviluppato il rapporto tra queste due comunità?
Quando i Mutoid sono arrivati nel 1990 erano dei marziani, traveller cyber-punk provenienti da Londra, Berlino, Barcellona, mescolati alle più diverse compagnie di artisti e teatranti che invadono Santarcangelo ogni estate. Ma in Romagna non si rimane marziani a lungo, è una terra che ama pensarsi popolata da personaggi singolari, i romagnoli non si stupiscono di nulla e la zona tra Gambettola e Santarcangelo è la mecca dei rottamai e customizzatori di motori e carrozzerie fin dal dopoguerra. Al bar del circolo in cui si gioca a bocce e a briscola ci hanno detto: “I Mutoid? Ma son dei patacca!”

 

Al momento l’amministrazione locale di Santarcangelo sta valutando lo smantellamento di Mutonia, decretando in qualche modo il destino di questo particolare villaggio. Quali conseguenze prevedete ne deriveranno per i mutoid? E quali per i santarcangiolesi?
L’ingiunzione di sgombero è arrivata questa primavera, appena dopo la caduta della giunta, come conseguenza della causa intentata da un vicino di campo per “abuso edilizio” e vinta dopo 10 anni di iter legale. Il fatto è che i Mutoid non hanno edificato nulla, ma le loro case mobili, truck, container, pullmann trasformati in laboratori di scultura e meccanica, sono tutti mobili e smontabili, ma non tutti possono essere regolarmente immatricolati. Come ad esempio una casa sull’albero, una doccia all’aperto, un capanno per gli attrezzi, la casetta del cane, delle galline, dei giochi dei bambini… Se il Campo fosse smantellato i suoi abitanti dovrebbero migrare nuovamente sulle rotte dei traveller con le loro case-guscio come seconda pelle, perdendo amici e lavoro (oltre che artisti o musicisti gli abitanti di Mutonia sono anche tecnici specializzati, editor, macchinisti teatrali e scenografi e scultrici come Lupan, KK e SU_e_side realizzano laboratori sul riciclo nelle scuole, installazioni e performance) e scomparirebbe una delle originalità per cui questo piccolo paese è conosciuta anche all’estero: le piadine, il festival di teatro, Tonino Guerra e i Mutoid!
Ma Santarcangelo perderebbe soprattutto dei propri cittadini a tutti gli effetti, il campo è un insediamento temporaneo ma anche un luogo di origine, homeland, una piccola hometown da cui partire e tornare. I figli e i nipoti dei primi arrivati adesso frequentano le scuole locali dalle materne alle superiori. Gli abitanti del campo hanno avuto molte conferme del sostegno degli abitanti del paese e della rete internazionale a cui sono collegati e gli amministratori locali prevedono di poter indire una conferenza di servizi che riunisca Comune, Provincia, Regione e Sovrintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e scrivere una norma che dia spazio all’eccezionalità di un’esperienza che fa parte del patrimonio culturale e della storia contemporanea di quel territorio.

 

Con quale spirito presentate il vostro lavoro in un parterre importante e ampio come quello del Festival Internazionale del Film di Roma?
Siamo curiosi di vedere gli altri film presentati insieme al nostro e contiamo sul fatto che il pubblico del cinema contemporaneo, appassionato ed esigente, abbia già da tempo superato le categorie e le “sperimentazioni” che i grandi festival scoprono e premiano in questo periodo.