SONY DSCLa Calabria è una terra di contrasti, e l’ho capito durante il mio soggiorno sul versante ionico. Il mio punto fermo era Capo Rizzuto, una splendida area marina protetta con bellissime spiagge, incantevoli fondali, alle spalle delle quali sorge il comune di Isola Capo Rizzuto, un luogo privo di tessuto urbano dove sembrano essere sorte prima le case e poi le strade, dove le vestigia del paese sono abbandonate al peggiore degrado. Da Capo Rizzuto è facile raggiungere capo Colonna, Crotone ma viaggiando di più anche Cirò Marina e Scolacium.

In ognuno di questi siti c’è qualche attrazione archeologica e da buona archeologa non potevo saltarne nemmeno una. A Capo Colonna c’è la bellissima e solitaria colonna del tempio di Hera che svetta sul promontorio affacciato al mare ionico, dove l’unico rumore percepibile è quello del mare che si infrange contro le barche. L’area è a ingresso gratuito, come il vicino museo dall’allestimento impeccabile; un percorso ben ideato e scientificamente curato che guida alla scoperta della storia del territorio attraverso tre temi cardine: terra, sacro e mare. Inaugurato nel 2002 avrà certamente richiesto un notevole sforzo economico, eppure non si paga il biglietto, l’area per il bookshop non è allestita, non c’è un’area ristoro, nessun merchandising, nessun indotto.

Per mangiare si può andare nella vicinissima Crotone, la strada che collega i due siti è una bellissima passerella sul mare, ma se sono passate le due del pomeriggio ed è la prima domenica di settembre c’è il concreto rischio di dover ripiegare sull’unico esercente ancora aperto per pranzare sul lungomare crotoniate: un kebabaro turco. In compenso si può trovare aperto l’infopoint turistico dove si possono avere utili indicazioni su visite guidate della città e sull’importante museo archeologico. L’aneddoto divertente è che anche il lunedì a pranzo può capitare di dover ripiegare sul kebabaro turco, perché è settembre e i ristoranti del lungomare crotoniate applicano l’orario invernale, con annesso riposo settimanale, di lunedì.

Se non siete appassionati potete anche risparmiarvi di andare a visitare i resti del tempio di Apollo Alaios a Cirò Marina, perché ne rimangono solo i blocchi di fondazione. Se però, caparbiamente, decidete di andare preparatevi a sentirvi umiliati e offesi. Umiliati come italiani e offesi come cittadini quando vedrete che i resti del tempio sono “protetti” da una recinzione in filo spinato all’interno di un’area destinata al pascolo di cavalli, con un enorme complesso industriale a un centinaio di metri di distanza. Se cocciutamente volete visitare le vestigia di un tempio che ovunque, oltre ad essere rispettato, sarebbe anche valorizzato diversamente, prestate attenzione a dove mettete i piedi: i cavalli non possono avere riguardo di qualcosa di cui non abbiamo riguardo noi per primi.

Se poi avete la possibilità di muovervi verso sud, oltre Catanzaro, non potete mancare il sito di Scolacium. Non importa se non ne avete letto niente da nessuna parte, se non ci sono indicazioni stradali per raggiungerlo, nemmeno al bivio che vi conduce al sito, con quel po’ di fortuna necessaria a trovarlo vedrete un posto splendido.

Uno storico e immenso oliveto con piante secolari all’interno del quale hanno rintracciato l’antica città romana di Scolacium. Potete vedere il foro, il teatro, l’anfiteatro, ma anche il museo dell’olio, oltre a quello archeologico, dove ci sono macchinari di inizio ‘900. Camminare tra gli ulivi non ha prezzo, è un posto capace di distendere gli animi e i pensieri. Anche qui niente biglietto, niente bookshop, ma qualche macchinetta per l’erogazione di caffè e merendine.

Insomma non sempre in Italia non si spendono soldi per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, qualche volta si spendono, anche bene, ma l’investimento non finisce con la realizzazione del parco archeologico o del museo. Si deve proseguire con delle scelte di marketing appropriate, si deve promuovere il bene, si deve offrire ristoro e merchandising ai turisti, ma soprattutto si deve fare rete con strutture alberghiere e ristoratori perché l’indotto è la grande potenzialità del turismo culturale, come ha ben capito il kebabaro di Crotone.

 

metapontosommersoNon sono solo naturali le cause che l’8 ottobre scorso, per la terza volta in cinque anni, hanno provocato l’inondazione del Parco archeologico dell’Area Urbana di Metaponto, sommersa da circa 80 mila metri cubi di acqua, fango e detriti. Coperti totalmente i templi di Apollo Lykaios, di Artemis e di Atena e i quartieri abitativi e produttivi; dalle acque melmose emergono solo parzialmente le sommità del Tempio di Hera e dell’Ekklesiasterion/Teatro.

Che il territorio tra le foci dei fiumi Bradano e Basento, fosse “fragile” lo avevano capito ante litteram gli stessi coloni greci che, provenienti dall’Acaia nel nord del Peloponneso, nella seconda metà del VII secolo a.C. fondarono la città di Metaponto. Per primi “modificarono” il paesaggio della piana metapontina e per rendere disponibile il territorio agricolo ai coloni, nel corso del V secolo a.C., intrapresero un’ importante opera di bonifica dell’area. Una fitta rete di canali, documentata archeologicamente tra il Bradano e il Cavone, permise di drenare le acque piovane dai terrazzi verso l’ampia vallata costiera e da quest’ultima verso i due fiumi e la linea di costa, ridimensionando l’endemico fenomeno degli impaludamenti e delle alluvioni.

Oggi, invece, l’uso del territorio metapontino è diventato una pratica incontrollata di disboscamenti, di espansioni di aree agricole e di occupazioni edilizie, dovuta non solo a mancate pianificazioni, ma anche a speculazioni che ne hanno determinato il dissesto idrogeologico rendendo, di conseguenza, ingestibile la tutela del Parco archeologico dell’Area Urbana, testimone dell’antica colonia greca.

Manca di fatto nella comunità e nell’amministrazione dei territori un’alfabetizzazione di base per poter tutelare e conservare il paesaggio, che come recita la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 “è una determinata parte del territorio, cosi come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” e che soprattutto “svolge funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale” come dovrebbe disciplinare la Legge n. 14 del 9 Gennaio 2006!

 

Ada Preite, archeologa, dottoranda EPHE – Paris, segretario sezione Basilicata Associazione Nazionale Archeologi – ANA

 

 

italian museum signIn Italia, negli ultimi vent’anni, il ruolo del privato nel settore culturale si è costruito e giocato principalmente sul fronte dei servizi aggiuntivi. Facendo il loro ingresso con la Legge Ronchey del 1993 ed ampliando progressivamente il loro raggio d’azione con le misure normative che sono seguite – dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004 al Decreto Legge 159 del 2007 – imprese e organizzazioni hanno provato ad introdursi nel mercato dei servizi culturali, fronteggiando numerose difficoltà, dall’inadeguatezza normativa alle restrizioni amministrative imposte.

Se inizialmente la Legge Ronchey ha previsto la concessione di un set ristretto di servizi – nello specifico: il servizio editoriale, di vendita e riproduzione, i servizi di caffetteria e ristorazione e la vendita di beni legati all’informazione museale – perseguendo criteri di convenienza finanziaria e aumento della qualità offerta, col passare degli anni è cresciuto il numero delle attività affidate a soggetti esterni all’amministrazione pubblica. Sempre più spesso sono i servizi afferenti la gestione ordinaria ad essere dati in concessione, dalla gestione delle biglietterie alla vigilanza delle sale, insieme ad attività strettamente connesse alla valorizzazione, come ad esempio la didattica. Il Codice Urbani ha posto l’accento sulla volontà di favorire forme di sussidiarietà orizzontale nella gestione del patrimonio e i “servizi al pubblico” sono oggi diventati, a tutti gli effetti, un tassello nel più ampio piano di valorizzazione delle strutture culturali.

L’evoluzione del contesto e delle stesse attività culturali rendono oggi particolarmente manifesti i limiti e le criticità dell’assetto giuridico vigente, che dovrebbe essere rivisto e aggiornato da molteplici punti di vista, dalle modalità di esternalizzazione dei servizi alla durata degli affidamenti, dalla sperimentazione di forme innovative di collaborazione alla concessione di una maggiore autonomia decisionale ai privati.

Il mondo dei servizi aggiuntivi in Italia si trova ad affrontare una situazione di forte confusione, le esperienze maturate negli ultimi vent’anni presentano oggi un settore frammentato, poco trasparente, dall’apparente scarsa redditività, popolato da soggetti imprenditoriali incapaci di progettare i servizi e la valorizzazione in un’ottica ad ampio spettro. Si pone la forte necessità di rivederne le dinamiche e la regolamentazione, così da far evolvere il settore e i suoi protagonisti.

In questa fase di transizione sempre più spesso viene chiamato in campo il Facility Management, quale potenziale best practice per il settore culturale, vera e propria chiave di volta per avviare una nuova fase della gestione pubblico-privata della cultura. In estrema sintesi, per Facility Management s’intende il coordinamento unitario di tutte le attività che non rientrano nel core-business aziendale ma che sono tuttavia necessarie per il funzionamento dell’organizzazione. A caratterizzare con forza questo approccio è l’affidamento unitario di tutte le attività non core – quindi di servizi fra loro anche molto diversi – ad una singola impresa o ATI, che ne cura la gestione in un’ottica integrata, riducendo i costi amministrativi e gestionali legati alla diversificazione dei contratti e agevolando l’accorpamento di alcune prestazioni. Il fornitore che subentra s’impegna a predisporre una sorta di cabina di regia sulle varie attività – si pensi ad esempio al Global Service – deve per questo possedere un insieme di competenze ampio e diversificato ed è spesso vincolato da accordi e contratti basati sulle performance

Ma il sistema culturale italiano è pronta ad accogliere il Facility Management?
L’ecosistema italiano della cultura può essere efficacemente paragonato ad un museo diffuso, una rete che ospita quattro o cinque attrattori e circuiti di grande richiamo, ma che annovera poi un fitto tessuto di istituti culturali di dimensioni minori, disseminati capillarmente sul territorio nazionale. Per ricchezza e frammentazione il patrimonio culturale italiano può considerarsi unico e non si può non prendere atto di tale unicità anche nelle scelte amministrative.

Il Facility Management può rivelarsi uno strumento adeguato anche per la gestione dei servizi culturali nei sistemi minori? Le nostre imprese sono giunte ad uno stato di maturità che consenta loro di competere con i grandi gruppi internazionali attivi nel settore? Se così non fosse, questi soggetti sarebbero gli unici a beneficiare dell’apertura del mercato e, ancora una volta, assisteremo inerti alla colonizzazione delle nostre risorse.

Prima di rivolgere tutte le attenzioni ad uno strumento come il facility management forse dovremo partire dai limiti strutturali della situazione attuale per sostenere la nascita e la crescita delle PMI del settore culturale, guidandole all’interno di sistemi territoriali ben oliati, capaci di trasformare gli attrattori culturali in fonti di ricchezza da ridistribuire sul territorio. I musei, le aree archeologiche e i siti culturali sono catalizzatori di flussi, attorno ai quali possono nascere e svilupparsi tutta una serie di servizi, dal retail al turismo, alle nuove tecnologie – che possono costituire terreno fertile per una generazione di startup e micro imprese innovative.

Un giorno, forse, queste imprese saranno maturate ad un punto tale da poter competere con i grandi player internazionali e l’apertura del mercato non potrà che essere lo step fondamentale per proseguire con una crescita virtuosa. Fino a quel momento, non possiamo pensare di fronteggiare i giganti con le nostre sole mani e dobbiamo saper valutare attentamente i retroscena di ogni scelta di gestione afferente il patrimonio.

 

decvalcIl 19 agosto 2013 “Tafter” ha proposto alla propria comunità un approfondito dossier sul decreto legge “Valore Cultura”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 agosto.

A distanza di una decina di giorni, proponiamo una qualche integrazione ed alcuni aggiornamenti. Il dossier IsICult / Tafter ha registrato diffusi apprezzamenti, in quanto tentativo finora unico di analisi accurata e complessiva del provvedimento: piace osservare che lo stesso Ministro Bray ha aggiunto ai suoi “preferiti”, poche ore dopo la sua pubblicazione, il Tweet con cui Tafter segnalava il dossier sul decreto legge.

Il Ministro però, ad oggi, non ha ancora ritenuto di rispondere ad alcuni quesiti che gli venivano posti, nell’economia complessiva dei commenti elaborati nel dossier.

Qualche risposta potrebbe emergere dall’iniziativa prevista nell’ambito del Festival di Venezia il 2 settembre prossimo. Non si ha più notizia degli “Stati Generali sul Cinema” che pure erano stati annunciati nell’ambito del Festival di Venezia: in effetti, l’organizzazione dell’iniziativa – secondo alcuni affrettata e soprattutto mal preparata (si segnala il caustico articolo di Stefano Pierpaoli, attivista del cinema indipendente italiano, pubblicato il 3 luglio sul blog “Consequenze Network di cultura partecipata”, dall’eloquente titolo “Il Mi(ni)stero delle Attività Culturali – Partite di giro e riunioni segrete”) – era stata frenata dagli annunci polemici “delle categorie” sul piede di guerra: i cinematografari tutti (dagli autori ai produttori) avrebbero disertato iniziative veneziane con presenza governativa, se non fosse stato prima ripristinato il tax credit.

Il 20 luglio, una ventina di associazioni del settore cinematografico italiano avevano diramato un comunicato di fuoco contro il Governo Letta, dal titolo netto e chiaro: “Il Governo impedisce l’approvazione del rifinanziamento del tax credit”, mentre tutto il Parlamento all’unanimità l’avrebbe approvato. Il presidente Letta ha detto: “Mai più tagli alla cultura, se dovesse avvenire mi dimetterei”. 45 milioni in meno al cinema, la più grande industria culturale del Paese: PRESIDENTE CHE FA?????? È incredibile! Si condanna il cinema italiano alla chiusura. Dopo che al Fus sono venuti a mancare circa 22 milioni di euro, ora si tagliano altri 45 milioni al Tax Credit, rendendo impossibile produrre cinema e audiovisivo in Italia”.
Il tono del comunicato era esasperato (incluso il maiuscolo sulla domanda retorica al premier ed i 6 punti interrogativi 6), ed aveva un sapore un po’ passatista: non sappiamo chi sia stato l’estensore della prima bozza, ma scommettiamo che abbia un passato da sindacalista. Si leggeva che la decisione assunta dal Governo avrebbe impedito “alle produzioni straniere di venire a produrre da noi, con gravissimi danni per esempio a Cinecittà, aprendo di nuovo la strada alla delocalizzazione delle produzioni italiane, mettendo a rischio di chiusura il 40 % delle sale cinematografiche, in prevalenza piccole e medie strutture, che non potranno digitalizzare gli impianti. Eppure il cinema e l’audiovisivo fatturano il doppio del trasporto aereo!!!”.

Non entriamo nel merito di queste simpatiche stime nasometriche sulle dimensioni del settore (3 punti esclamativi 3 inclusi), perché più volte abbiamo dimostrato, anche sulle colonne di “Tafter”, che una delle cause della crisi del sistema culturale italiano vada ricercata proprio nella fallacia delle analisi economiche, nel deficit del sistema informativo-statistico, e nella conseguente impossibilità di disegnare prospettive affidabili e efficaci strategie. Stile retrò a parte, il tono del comunicato era oggettivamente minaccioso. Si leggeva ancora: “Ma il Ministro dei Beni Culturali indice una assise a Venezia per parlare di cinema. Le associazioni tutte, ancora una volta unite e compatte, non parteciperanno ad alcun convegno veneziano, ritireranno immediatamente i propri rappresentanti dai tavoli preparatori degli “Stati Generali”, riterranno sgradita la presenza di chiunque del Governo voglia presenziare a manifestazioni veneziane, annunciando fin d’ora di uscire dalle sale di proiezione se questo accadesse, metteranno in campo da oggi le iniziative di lotta e mobilitazione più utili, efficaci, eclatanti, per far capire ai cittadini come l’Italia sarà più povera senza il proprio cinema”.

“Last minute”, dopo i tamburi di guerra, il 2 agosto, il tax credit è stato ripristinato, ma era effettivamente un po’ tardi per riprendere la organizzazione degli… “Stati Generali”. Il Presidente dei produttori dell’Anica Angelo Barbagallo, poco dopo la conferenza stampa di Letta e Bray, aveva espresso apprezzamento “per la svolta impressa dal Governo”, segnalando che “ora si potrà riprendere, a partire da Venezia, quel percorso di confronto e collaborazione con l’Esecutivo, essenziale per definire una politica cinematografica all’altezza dei tempi e inserita in una visione generale del ruolo della cultura nel Paese”. Ma il lavoro dei “tavoli preparatori” degli “Stati Generali del Cinema” era stato sospeso… Si è quindi deciso di procedere con… prudenza.
Il 28 agosto, l’ufficio stampa dell’Anica ha confermato quel che la Direzione Generale per il Cinema – Mibact, aveva annunciato il 22 agosto: “il Mibact, in collaborazione con Istituto Luce-Cinecittà, Anica e La Biennale di Venezia, promuove durante il Festival, per lunedì 2 settembre, un convegno intitolato “Il futuro del cinema: da settore assistito a industria culturale strategica. Dopo la stabilizzazione del tax credit e verso la Conferenza Nazionale”. Tra i relatori, vengono annunciati: Riccardo Tozzi (Presidente Anica), Angelo Barbagallo (Presidente Sezione Produttori Anica), Richard Borg (Presidente Sezione Distributori Anica), mentre l’Apt annuncia che sarà presente con Fabiano Fabiani (Presidente dell’Associazione dei Produttori Televisive)… Sono previste le conclusioni di Massimo Bray.

Il 30 agosto l’ufficio stampa del Mibac ha reso noto il programma completo del convegno: ci sembra si tratti di una semplice riproposizione di una “compagnia di giro” (le cui tesi sono note da anni), e francamente temiamo che il valore aggiunto che verrà prodotto dal convegno sarà quindi inevitabilmente molto modesto, anche per l’assenza di voci “fuori dal coro”. Da segnalare che sono previste, nell’ambito della kermesse veneziana, anche due altre iniziative convegnistiche (che forse risulteranno più vivaci rispetto alla passarella ministeriale), promosse dall’Anac, martedì 3 settembre e per mercoledì 4: la prima è intitolata “Cinema italiano oggi: Una visione strategica per i necessari provvedimenti di rianimazione” (la metafora è forte, ma efficace), e la seconda è intitolata “Rai e rinnovo conessione: Quale itinerario per un servizio pubblico?”. E vanno segnalate anche altre occasioni di dibattito, promosse dalla “triade” Mibac Dg Cinema/Istituto Luce-Cinecittà (che è ormai una sorta di “braccio operativo del Mibac, anzi quasi un ufficio interno del dicastero) / Anica (che è sovvenzionata dalla Dg Cinema del Mibac per queste attività): martedì 3 settembre (dalle 10 alle 12), presso il Mercato del Film-Venice Film Market, la presentazione del “Report attività Dg Cinema 2012”, e di “Focus su film d’interesse culturale e analisi dei sottostanti accordi di produzione”, a cura di Alberto Pasquale e Bruno Zambardino; mercoledì 4 settembre (dalle 10 alle 13), ancora presso il Mercato del Film-Venice Film Market, “Focus” sul consumo di cinema “Sala e salotto 2013: il sequel”, realizzato da Ergo Research, su iniziativa di Anica e Univideo, in collaborazione con Anec-Agis, a cura di Michele Casula; ed “Appeal e potenzialità del cinema italiano in Usa”, indagine Swg per Istituto Luce-Cinecittà, a cura di Rodrigo Cipriani Foresio e Adrio De Carolis; “L’industria dei contenuti alla prova degli Ott e delle Tlc”, a cura di Giandomenico Celata ed Enrico Menduni… Insomma, molti fuochi d’artificio.

Questa mattina è stata presentata un’altra ricerca ancora: “Schermi di Qualità tra crisi economica e rinnovamento”, curata Gianni Celata e a Rossella Gaudio. Lo studio ha messo in evidenza che gli schermi del Progetto “Schermi di Qualità” (fortemente sostenuto dal Mibac, realizzato dall’Agis, d’intesa con le associazioni dell’esercizio cinematografico Anec, Anem, Fice, Acec) concorrono in modo significativo al box office complessivo, registrando nel primo semestre 2013 un 18 % delle presenze ed il 16,5% degli incassi dell’intero mercato. La quota di mercato dei film italiani non è esaltante, rappresentando il 33 % del totale. Si segnala che il 76 % dei biglietti venduti in “SdQ” si realizza nei cinema da 1 a 4 schermi. Dati interessanti, ma, ancora una volta, manca una lettura organica, sistemica, critica: si rinnova il deficit di elaborazione strategica e di “policy” e “governance”. E… in fondo, cosa ne resterà, dopo Venezia, di tutte queste elucubrazioni e dibattimenti?! Si rinnova l’obiezione sul senso di queste iniziative convegnistiche all’interno di una kermesse come il Festival di Venezia: nella economia della macchina mediatica, la scollatura dell’attricetta di turno provoca cento volte più “appeal” del più stimolante dibattito. La domanda resta: che senso strategico ha organizzare iniziative di questo tipo, “a latere” di un festival?! Anche il dibattito più intrigante è destinato ad ottenere due righe sui quotidiani. I riflettori, in queste situazioni, sono puntati altrove.

Dai grandiosi ed ambiziosi “Stati Generali” ad una più prudente e modesta “Conferenza Nazionale”. Ah, ricchezza della lingua italiana! Ma qualcuno – non soltanto Brunetta ed i polemisti de “il Giornale” – obietterà certamente qualcosa, rispetto alla titolazione dell’iniziativa, che propone una netta dichiarazione di superamento dello status di settore “assistito”, per quanto riguarda il cinema… Sarà anche interessante ascoltare l’opinione di Fabiani, ovvero quella di un settore (la lobby debole, l’Apt) che è stato inopinatamente (cioè senza alcun criterio logico e mediologico e di politica culturale) escluso dai benefici del tax credit, avendo Bray innovato privilegiando il settore musicale… Innovazione e contraddizione.

Siamo lieti che il Ministro molto telematico abbia letto ed apprezzato il dossier IsICult, ma ci avrebbe fatto ancor più piacere ricevere un suo feedback.

Segnaliamo – en passant – la precisione comunicazionale di Bray (e della sua addetta stampa, Caterina Perniconi), che il 22 agosto ha diramato un testo come quello che segue, correlato all’ambizioso progetto di pedonalizzazione dei Fori Imperiali avviata dal Sindaco di Roma Ignazio Marino ed alla necessità di registrare il parere dell’opinione pubblica: “Mibac: precisazione in merito alle parole del Ministro Bray. In merito alle dichiarazioni del ministro Massimo Bray sui Fori Imperiali rilasciate a Radio Anch’io, si precisa che il riferimento a una consultazione dei cittadini era da attribuirsi al normale iter di coinvolgimento della popolazione le cui necessità devono essere ascoltate dagli addetti ai lavori in un processo come quello che vorrebbe la creazione del più grande parco archeologico del mondo”.
Che precisione, che accuratezza… E va notato che sempre il 22 agosto Bray ha segnalato sul proprio profilo Twitter che aveva “postato” una lunga risposta del Ministro alla “Lettera di un musicista al Ministro alla Cultura”, firmata da Anna sul suo blog Laflauta (l’anonima Anna si autodefinisce con ironia “veneziana, bionda, flautista, jazzista, maestrina di canto, amazzone, mamma… e blogger”). Bray dichiara tra l’altro che “sarebbe auspicabile un’eventuale defiscalizzazione totale dei contributi che privati o aziende conferiscono per l’organizzazione di eventi artistici”: eccellente, se si passerà dalla bella idea alla concreta norma. Si segnala che anche il Presidente della Siae, Gino Paoli, ha deciso di postare un suo commento sul blog Laflauta, innescando una interessante polemica sul ruolo della Società Italiana Autori Editori.

Abbiamo effettuato un’accurata ricerca su web, ed osserviamo che, complice forse l’agosto vacanziero e torrido, non sono molti – in verità – i commenti in relazione al decreto legge del 2 agosto.

La Confederazione Italiana Archeologi (ebbene sì, esiste anche questa… Cia!), sul proprio sito web, in un commento intitolato “L’urgenza non diventi fretta”, ha espresso “parziale soddisfazione per il decreto Valore Cultura, annunciato dal Governo e dal Ministro Bray, di cui ancora non sono chiari i particolari”, ma si tratta di un commento pubblicato il 7 agosto, prima che il testo venisse reso noto: “Accogliamo con favore il rinnovato interesse per Pompei – ha sostenuto Alessandro Pintucci, Presidente dell’associazione – ma non vorremmo che con l’istituzione di una Direzione Generale ad hoc per il sito si replicasse la situazione di commissariamento e gestione straordinaria, che tanti danni ha arrecato al centro vesuviano negli anni passati. Siamo, invece, preoccupati per le annunciate assunzioni annuali di 500 stagisti: il nostro settore ha bisogno di interventi strutturali, ci sono decine di società che stanno rischiando di chiudere a causa della crisi e centinaia di professionisti, molti più grandi degli under 35 interessati dal Decreto, che stanno pensando seriamente di cambiare lavoro o di trasferirsi in altri Paesi, con una perdita di conoscenze ed esperienze che francamente non ci possiamo più permettere (…). La sensazione è che l’urgenza del provvedimento, che pure condividiamo, sia stata tradotta in un’operazione condotta di fretta. Auspichiamo un ripensamento del Ministro su questi punti, prima del licenziamento definitivo del decreto”. Il Ministro non sembra però averci ripensato, alla luce del testo licenziato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto.

Alla presa di posizione critica – che abbiamo già segnalato nel dossier pubblicato il 19 agosto – da parte dei sindacati Cgil Slc, Cisl Fistel, Uilcom e Fials (resa nota il 7 agosto), ha fatto seguito la critica manifestata da un altro sindacato, Libersind-Confsal (che si autodefinisce Confederazione Generale Sindacati Autonomi Lavoratori) che ha scritto al Ministro l’8 agosto ed ha diramato il 12 agosto un comunicato stampa ripreso dall’agenzia Adnkronos: “Libersind-Confsal chiede a Bray di emendare il decreto “Valore Cultura” per quanto riguarda il collegamento tra accesso agli stanziamenti delle fondazioni lirico-sinfoniche e riduzione dell’organico delle stesse”, perché “non è assolutamente condivisibile l’impostazione per la quale ancora una volta a pagare i danni causati negli anni da amministrazioni “politiche” fallimentari di alcune Fondazioni debbano essere i lavoratori”. Ribadiamo che si prevede un “autunno caldo” per la lirica italiana

Tra le questioni apparentemente meno importanti, e segnalate quasi da nessuno, va ricordato che il Decreto Legge, all’articolo 4, ha introdotto l’obbligo di prevedere la libera disponibilità online per i risultati delle ricerche finanziate almeno per il 50 % con fondi pubblici. In un intervento pubblicato sul blog Roars (Return On Academic ReSearch), Paola Galimberti si è chiesta come mai questo (apprezzabile) intervento sia stato emanato per iniziativa del Mibac e non di quello competente per l’università e la ricerca.
Gli risponde in modo accurato ed interessante l’esperto di biblioteconomia Giovanni Solimine, in un post del 27 agosto sul suo blog, intitolato “Dl cultura e accesso aperto”: “In effetti non c’è da sorprendersi, per almeno due motivi: in primo luogo, perché finora non sembra che il Miur stia esprimendo una “cultura di governo” capace di andare oltre l’emergenza e i provvedimenti urgenti, e poi perché il Dl Cultura, per quanto parziale e insufficiente, lascia intravedere un respiro piuttosto ampio, che va oltre il puro e semplice ambito dei “beni culturali” e che cerca di affrontare i temi dell’accesso alla cultura e alla conoscenza.
Attendiamo il governo – se, come c’è da augurarsi, durerà – e il parlamento a nuove e più impegnative prove: la prima è proprio la conversione in legge di questo decreto, che qualcuno potrebbe cercare di svuotare proprio per gli aspetti più profondamente innovativi. PS: senza volerci arrogare meriti che non abbiamo, mi permetto di ricordare che l’obbligo dell’accesso aperto per i risultati delle ricerche finanziate con danaro pubblico era presente tra i provvedimenti sollecitati dal Forum del libro in una lettera aperta ai candidati alle ultime elezioni politiche, che aveva trovato in Massimo Bray, poi divenuto titolare del Mibact, uno dei suoi più convinti sostenitori”. Solimine, in altri post del suo blog, manifesta giudizi complessivamente positivi sul decreto legge “Valore Cultura”, ritenendo il “bicchiere pieno al 75 %”.

Su altro fronte (cinema), sull’edizione del “Giornale dello Spettacolo” (il mensile dell’Agis) del 28 agosto, in distribuzione al Festival di Venezia, Enrico Di Mambro, riferendosi al ripristino del tax crediti a favore del cinema, scrive che “testimonia un metodo di lavoro nuovo, segnato da un concreto fattivo confronto tra le parti”. A noi sembra – in verità – l’ennesimo topolino partorito dalla montagna, ovvero dal tira-e-molla tra Governo e lobby varie, senza alcun disegno strategico di ampio respiro: un intervento utile, ma più palliativo di breve termine che cura di lungo periodo. Di Mambro enfatizza che la stabilizzazione permanente del budget di 90 milioni di euro l’anno è resa possibile dal sistema di adeguamento di copertura determinato dagli articoli 14 e 15 del decreto legge, ovvero dalle assise sui combustibili, gli alcool e sul prelievo fiscale sui prodotti da fumo. L’esponente dell’Agis lamenta che l’autorizzazione per i crediti di imposta riguarda l’attività di produzione, mentre è sospesa l’autorizzazione per il credito d’imposta per la digitalizzazione delle sale (e ne siamo lieti, dato che la “battaglia per il digitale” ci sembra benefici già abbastanza di sostegni regionali, grazie ai fondi europei: si legga l’intervento su “Tafter” del 7 agosto: “Sull’utilità della digitalizzazione delle sale cinematografiche”): “la misura, infatti, viene ancora oggi applicata in termini limitativi e penalizzanti mediante l’adozione della clausola ‘de minimis’”. Di Mambro segnala anche una corrigenda opportuna: non è stata riprodotta la norma tecnica in base alla quale eventuali “avanzi” rispetto al plafond dei 90 milioni di euro l’anno vengano destinati ad alimentari lo stanziamento della parte cinema del Fus. Forse si tratta di errori ed errorini determinati da una qual certa fretta.

In effetti, nel dossier realizzato da IsICult per Tafter, avevamo prestato poca attenzione agli articoli 14 e 15 del decreto, liquidandoli come norme tecniche di finanziamento degli interventi normativi, cioè per la cosiddetta “copertura”.

Filippo Cavazzoni, Direttore Editoriale del “think tank” liberista Istituto Bruno Leoni (Ibl), ci ha segnalato: “La maggior parte delle coperture si ottengono con l’inasprimento delle accise: questa volta non sui carburanti, ma sugli oli lubrificanti, la birra, gli aperitivi, i vini liquorosi, le grappe, i prodotti “da fumo”, ecc. Se è davvero così, mi pare davvero criticabile: perché un bevitore di birra deve finanziare il tax credit?”.
Temiamo che sia proprio così. Il quesito è saggio, ma richiederebbe un’analisi approfondita e quindi una revisione radicale del concetto stesso di “dare” ed “avere” nel bilancio dell’italico Stato, ed ovviamente non soltanto in materia di politica ed economia della cultura. Si prendi “a chi”, per dare “a chi”, con quale logica politica ed economica?! Nel caso in ispecie, le “stampelle” per il cinema (tax credit) così come il ripianamento dei debiti degli enti lirici (determinati da cattiva gestione) vengono “socializzati” a carico della fiscalità generale (qualcuno può evocare il cosiddetto “metodo Stammati”, dal nome dell’allora Ministro che, nel lontano 1977, decise che lo Stato doveva intervenire per ripianare i debiti contratti dagli enti locali con il sistema bancario: un meccanismo perverso che ha stimolato una continua espansione della spesa pubblica, le cui conseguenze stiamo ormai pagando). Ha un senso, tecnico e politico, una scelta di copertura di questo tipo?!

Sui quotidiani del 28 agosto, si leggeva che il Governo, per alimentare il fabbisogno derivante dall’abolizione (per il 2013) dell’Imu, avrebbe introdotto novelle tasse sugli alcolici (già fatto per il tax credit, appunto) e sui giochi, per garantire giustappunto adeguata copertura pro Imu. E subito s’ode il grido di allarme di Confindustria, ovvero della sua anima “ludica”: il Presidente di Confindustria Sistema Gioco Italia (che aderisce a Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici), Massimo Passamonti, ha dichiarato “che l’ultimo aumento sugli apparecchi da intrattenimento, effettuato nel 2012 per garantire una copertura di 150 milioni, ha in realtà causato una perdita di 300 milioni di minor gettito erariale” (si ricorda che il settore del gioco produce circa 8 miliardi e mezzo di euro l’anno di entrate erariali, e non ci sembra che lo Stato dedichi minima attenzione alla gravità del fenomeno della ludopatie…). Secondo Passamonti, si tratterebbe di una misura “demagogica” e “controproducente”. Chissà cosa ne pensa il Presidente di Confindustria Cultura, Marco Polillo…

In verità, riteniamo che debba invece proprio esistere un nesso logico (e finanche ideologico, quindi politico) tra le varie voci del bilancio dello Stato: che danari che alimentano il ricco e ozioso settore del gioco (e finanche del tabacco) vadano a sostenere il prezioso e delicato settore della cultura lo troviamo logico, naturale, sano (ed era, non a caso, una delle proposte che furono avanzate nel documento “Appunti e proposte per una Agenda della Cultura” elaborato dalla veltroniana Fondazione Democratica Scuola di Politica, su cui scrivemmo su queste colonne), così come sarebbe logico imporre anche al settore del telecomunicazioni, ai provider ed agli aggregatori di contenuto (Google in primis) una qualche forma di obbligo ad alimentare la filiera delle industrie creative, per stimolare la produzione di contenuti originali di qualità. Ah, modello francese che sempre invochiamo…

Non ripresa da nessuno, riportiamo anche la dichiarazione della ex Ministro Giorgia Meloni, resa nota il 2 agosto stesso (aveva già letto il testo del decreto legge?!), sul suo blog: “Il decreto legge ‘valore cultura’ del governo Letta presenta qualche luce e molte ombre. Se da un lato consideriamo positivo il rifinanziamento del tax credit per il settore cinematografico e l’apertura nei confronti degli operatori culturali privati, dall’altro prendiamo atto che il provvedimento non introduce interventi strutturali e organici per attuare veramente il principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione. Fratelli d’Italia, unica forza politica che ha dedicato ampio spazio alla cultura nel suo programma elettorale, è pronta ad intervenire alla Camera per modificare e migliorare il decreto”. Osserveremo con attenzione, onorevole Meloni.

Da segnalare anche un’interessante presa di posizione dell’eterodosso storico dell’arte Tomaso Montanari (autore – tra l’altro – dell’eccellente pamphlet “Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane”, Minimum Fax), che ha spiegato sulle colonne de “il Fatto Quotidiano”, il 18 agosto, perché ha deciso di accettare di far parte della (pletorica) Commissione ministeriale promossa dal Ministro Bray (ne scrivevamo anche nel dossier IsICult/Tafter) per la riforma del Ministero: “Come sanno i lettori di questo blog, non ero stato certo entusiasta del meccanismo politico che ha portato alla nomina di Bray: ma con la stessa onestà devo ammettere che, a distanza di tre mesi e mezzo, il bilancio è decisamente positivo. Bray sta rimettendo al loro posto i ras del Collegio Romano, sta rimotivando le soprintendenze, sta tenendo testa ai sindaci prepotenti (ha salvato il Maggio Musicale dalla irresponsabile liquidazione che avrebbe voluto Matteo Renzi). Ha imposto al Segretario Generale del Mibac di ritirare la pessima circolare sulla rotazione triennale dei direttori di museo e dei funzionari territoriali firmata da Ornaghi. Ha fatto anche ritirare lo stupidissimo e dannoso provvedimento sul noleggio delle opere nei depositi dei musei. Ha impedito che passasse l’idea (cara a Scelta Civica e alla sua sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni) di affidare Pompei ad una fondazione di diritto privato: e se il Parlamento non la stravolgerà (e soprattutto se il Direttore Generale sarà scelto tra i ranghi del Mibac), la struttura che il Decreto Valore Cultura prevede per Pompei ha tutte le carte in regola per funzionare”.
Ci auguriamo che la sua lettura dei fenomeni in atto non pecchi di ottimismo, ed auspichiamo soprattutto che Montanari mantenga alta la guardia. E, ancora, che la Commissione si dimostri veramente alacre, se deve concludere i propri lavori entro fine ottobre (2013). Anche se a budget zero.

Infine, ribadiamo (dopo attenta ri-verifica) che, curiosamente, il decreto legge (lanciato con il titolo-slogan “Valore Cultura”) si intitola, nella sua versione definitiva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9 agosto, “Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”, ma in verità non v’è 1 articolo uno dedicato al… turismo! In occasione della conferenza stampa del 2 agosto, Bray aveva effettivamente dedicato pochi secondi all’argomento, dichiarando: “C’è l’impegno a dedicare i prossimi sforzi a mettere insieme un pacchetto di importanti provvedimenti proprio sul turismo”. Ma intanto “il turismo” è rimasto nel titolo del provvedimento. Un refuso?! Una rimozione?! Un pre-annuncio?! Abbiamo già segnalato che sul suo blog la Sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni, il 2 agosto, aveva scritto: “Sono stati presi anche provvedimenti utili per il turismo, in particolare per rilanciare il turismo sostenibile e culturale”. Evidentemente, sono rimasti in “mente dei”, ovvero all’ultimo minuto s’è seccato l’inchiostro della penna ministeriale… Segnaliamo quel che scrive Luciano Arduino sul suo ipercritico “Tutto-sbagliato-tutto-da-rifare”, blog “di critiche costruttive sul turismo e sulla cultura”, nel post del 28 agosto “Il Decreto del Turismo di Massimo Bray, bypasserà ancora una volta il Parlamento?”, che rilancia quanto aveva già polemicamente scritto il 3 agosto “Eilturismo?”.

Ed attendiamo che la Sottosegretaria delegata, Simonetta Giordani, si manifesti.

Anche perché sempre più si diffonde il novello (orribile) acronimo del dicastero: “Mibact”, con quella graziosa “t” finale. Mentre le politiche del turismo italiano continuano ad essere abbandonate a se stesse. Ed Andrea Babbi, Direttore Generale dell’Enit dichiara (intervista al blog “Terra Nostra” di Nicola Dante Basile su “Il Sole 24 Ore”, il 27 agosto) che, su un budget di 18 milioni di euro l’anno di risorse statali, l’ente spende 17 milioni per la gestione (200 dipendenti, 80 italiani e 120 esteri), ed ha quindi a disposizione soltanto 1 milione di euro per promuovere l’Italia nel mondo. E lo stesso Babbi evidenzia la contraddizione interna, tra livello Stato centrale e livello Regioni: l’Apt Emilia Romagna ha un budget di 12 milioni di euro, il Trentino 25 milioni, 28 milioni la Sicilia. Per non dire dei 44 milioni che il governo svizzero affida al proprio ente turistico…

 

Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult

 

Scarica qui il testo del decreto legge “Valore Cultura” dell’8 agosto 2013, nella sua versione in formato Pdf pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 2013.

 

 

pubblicoprivatoIl 30 luglio scorso, è stato sospeso il bando europeo di aggiudicazione della concessione di servizi relativi all’area archeologica romana del Teatro di Marcello, offrendoci nuovamente lo spunto per approfondire l’annosa questione sull’affidamento al privato del patrimonio culturale Italiano.
Sono anni che gli esperti s’interrogano riguardo l’eticità di interventi privati nella gestione del nostro patrimonio.

Il punto di partenza fu nel 1993 la legge Ronchey, che prevedeva la concessione dei servizi aggiuntivi museali a istituti privati. L’assegnazione, della durata massima quinquennale, sarebbe stata aggiudicata alla migliore offerta dal punto di vista qualitativo ed economicamente più vantaggiosa, o meglio, a maggiore canone di locazione e di percentuale versata al Ministero dei Beni Culturali sulle vendite effettuate. La legge stabiliva che sarebbero stati a carico del concessionario gli oneri di allestimento, di realizzazione ed erogazione di servizi e prodotti di vendita, i quali avrebbero dovuto seguire rigidi canoni stabiliti dalle Sovrintendenze; qualora fossero disattese le specifiche in termini di tempistiche o di qualità, vi sarebbe stato il decadimento della concessione e il versamento di un compenso.
Dopo il primo slancio della fine degli anni ’90 e l’aggiudicazione delle prime grandi concessioni presso aree archeologiche e museali illustri, tra cui il Colosseo e Pompei, non si sono raggiunti i risultati attesi, perdendo nel tempo il controllo anche sulle concessioni già accordate e determinando un clima d’incertezza per le poche imprese private che operano nel settore.
In un periodo di tagli alla spesa pubblica, e ai beni culturali, è necessario l’avvio di Partenariato Pubblico Privato per la tutela del patrimonio Italiano, che ormai lo Stato non solo non riesce a valorizzare, ma non è in grado nemmeno di mantenere.
Gli strumenti per questa finalità sono molti, dalla concessione di servizi, che come già illustrato, grazie all’intervento dei privati, dei loro fondi e del loro spirito imprenditoriale riuscirebbero a rendere l’offerta culturale più appetibile e la gestione dei siti economicamente sostenibile.

Un altro strumento, è il Project Financing che prevedrebbe la realizzazione di grandi restauri a carico di privati in cambio della concessione di gestione del sito e dei relativi proventi per un numero stabilito di anni, al termine dei quali il bene ritornerebbe allo Stato restaurato e già avviato ad attività in grado di garantirne la sostenibilità economica.
Nel Partenariato il Pubblico deve ricoprire il ruolo di garante della tutela del bene, della qualità delle opere e dell’eticità dei servizi; mentre il privato è portatore di fondi e di know-how imprenditoriale finalizzato alla valorizzazione e alla sostenibilità economica del patrimonio.

Il mondo anglosassone, già dagli anni ’80, vede nel contributo dell’imprenditoria privata un ruolo cardine nella gestione dei siti culturali. Laddove la gestione dei servizi aggiuntivi ai musei è erogata in collaborazione con i privati si è guadagnato sia in qualità sia in redditività, si veda la capacità dei musei Inglesi e Americani, Tate e Guggenheim in primis, di sviluppare il ramo del merchandising tanto da aver aperto shop on-line nei siti internet istituzionali. Grazie allo sviluppo delle attività museali collaterali, sono riusciti ad ottenere la fidelizzazione del pubblico, dati provano che delle circa 4.500.000 persone/anno della Tate Modern i due terzi sono inglesi, potendo così contare non solo sul passaggio dei turisti, ma sulla presenza costante di pubblico locale.
La diatriba sulla gestione Pubblica o Privata del patrimonio culturale Italiano è un argomento che deve essere superato, oggi la necessità è di iniziare la collaborazione per salvare il patrimonio che man mano si sta irrimediabilmente perdendo, e puntare a renderlo economicamente sostenibile e redditizio in modo che possa diventare punto di partenza per lo sviluppo dell’intero Paese.

museiAvete già preso impegni per Ferragosto? Magari il mare e le grigliate non sono abbastanza per voi, e preferireste passare una giornata in compagnia di Manet, di un faraone egizio o di un artista contemporaneo. Ebbene, potete farlo. Anche questo 15 agosto, molti musei italiani preferiscono trascorrere le loro vacanze con voi, e offrono un ricco programma di mostre, alcuni anche qualche evento particolare, per trascorrere un ferragosto all’insegna dell’arte.
Ecco quello che propongono i principali musei italiani, da nord a sud:

 

ROVERETO

Il MART propone le seguenti mostre:

Paolo Ventura. Mago Futurista (Casa De Pero)
Andata e ricordo. Souvenir de Voyage
Costruire il Trentino. Premio di Architettura 2009/2012 (Biblioteca del Mart)
Controcultura tra America e Italia. Kulchur e Roman High/Roma Sotto (Biblioteca del Mart)
Adalberto Libera. La città ideale

Informazioni:
MartRovereto. Corso Bettini, 43, Rovereto (TN)
Tel: 800 397760
Tel: 0464 438887
info@mart.trento.it

 

VENEZIA

I Musei Civici restano aperti, ciascuno con la sua attraente proposta di mostre:

– Palazzo Ducale
Manet. Ritorno a Venezia, fino all’1 settembre
Fortezze veneziane del Mediterraneo, fino al 22 settembre

– Museo Correr
Vedova Plurimo, fino al 13 ottobre
Caro al Museo Correr, fino al 27 ottobre 2013

– Ca’ Rezzonico
A Very Light Art. Mario Airò / Stefano Arienti / Cerith Wyn Evans / Flavio Favelli / Luigi Ontani / Gabriel Orozco / Heimo Zobernig, fino al 24 novembre
Imbarcazioni da regata, al 10 settembre 2013

– Casa Goldoni
Antonella Zaggia.Cartemarcíe. Gioielli di carta, fino al 17 settembre

– Ca’ Pesaro
The Sonnabend Collection, fino al 6 gennaio 2014

– Palazzo Fortuny
Tapies. Lo sguardo dell’artista, fino al 24 novembre

– Museo del vetro
Seguso. Vetri d’arte: 1932-1973, fino al 29 settembre
Anna Skibska. This American bulldog is sleeping on the job or…Art in the face of economic crisis, fino all’1 dicembre
Eraldo Mauro. Diapositive, fino all’1 dicembre

– Museo del merletto
Flora Viale. Frammenti sacri, fino al 5 gennaio 2014

– Museo di Storia Naturale
Bestiario contemporaneo, fino al 24 ottobre

Informazioni:
Tel: 041 2405211
info@fmcvenezia.it

Anche il Peggy Guggenheim resta aperto, proponendo ben 4 mostre.

Informazioni:
Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701, Venezia
Tel: 041 2405.411
info@guggenheim-venice.it

 

MILANO

La Triennale di Milano e il Triennale Design Museum saranno aperti per tutto il mese di agosto, anche il giorno di Ferragosto.

Continuano la sesta edizione del Triennale Design Museum, le mostre:
E subito riprende il viaggio… Opere dalle collezioni del MA*GA dopo l’incendio
– La mostra dedicata al Premio Mies van der Rohe 2013,
Gae Aulenti. Gli oggetti e gli spazi
– Il design italiano incontra il gioiello
– La meraviglia come esercizio
Velasco Vitali. Foresta Rossa. 416 città fantasma nel mondo,

Con il biglietto unico è possibile visitare tutte le mostre al costo di 10 Euro.

Informazioni:
Triennale di Milano. Viale Alemagna, 6, Milano.
Tel: 02 724341
info@triennale.org

Inoltre, durante i mesi estivi, compreso il 15 agosto, milanesi e turisti potranno visitare gratuitamente la rete dei musei civici milanesi:
Museo del Novecento
Museo Archeologico
Museo del Risorgimento
Museo di Storia naturale
Musei del Castello Sforzesco (Museo d’Arte antica, Pinacoteca, Museo delle Arti decorative, Museo degli strumenti musicali, Raccolte extraeuropee, Museo egizio, Raccolte archeologiche preistoria e protostoria)
Acquario civico
Galleria d’Arte Moderna
Palazzo Morando

 

TORINO

I musei della Fondazione Torino, restano aperti secondo gli orari consueti. Ecco gli eventi da non perdere:

Il Museo Nazionale del Cinema organizza in occasione di Ferragosto, alle ore 18.00, una visita guidata per il pubblico alla grande mostra SCORSESE.

Informazioni:
Museo del Cinema. Via Montebello 20, Torino
Tel: 011 8138560
Tel: 011 8138561

Il Museo Egizio vi aspetta con un fitto calendario di appuntamenti per offrire occasioni di divertimento e apprendimento per grandi e piccini. Non perdete l’occasione di un viaggio nel tempo attraverso più di 4000 anni di storia. Giovedì 15 Agosto verranno proiettati:
ore 15.30 Chi vuol essere faraone? L’antico Egitto in pillole, durata 90 minuti € 5,00
– ore 17.30 “Divinità e spiritualità nell’antico Egitto”, durata 90 minuti, costo € 4,00

Informazioni:
Museo Egizio. Via Accademia delle Scienze 6, Torino
Tel: 011 5617776

– La GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, propone una mostra su Nicola De Maria, Giacomo Manzù e Michela Pachner.
Alle ore 16, i Servizi Educativi della GAM propongono un percorso di visita alla mostra dedicata alle opere su carta di Nicola De Maria, allestita nell’Exhibition Area al primo piano del museo. La grande antologica presenta circa 300 lavori su carta che l’artista ha realizzato a partire dagli anni Settanta fino ad oggi. La mostra si articola nel rapporto tra il disegno e lo spazio dipinto, la fragilità della carta e la monumentalità della parete, in un costante dialogo dimensionale dove il canto del disegno si confonde nella musicalità della parete.
Per prenotare Tel: 011 4429546-7  (da lun a ven ore 9.30-16.30)

Ingresso al museo: € 10 – ridotto € 8 – gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Visita guidata: € 4

Informazioni:
GAM. Via Magenta, 31, Torino Italy
Tel: 011 4429518
gam@fondazionetorinomusei.it

– Il Palazzo Madama, Museo Civico d’Arte Antica offre una retrospettiva su Elliot Erwitt e la mostra Il collezionista di meraviglie. L’Ermitage di Basilewsky.
Palazzo Madama propone per il giorno di Ferragosto una visita guidata alla mostra “Il Collezionista di Meraviglie. L’Ermitage di Basilewsky”, con inizio alle 16.30. Un percorso attraverso l’arte europea del Medioevo e del Rinascimento, con una selezione di ottantacinque opere, provenienti dalla collezione di Alexander Basilewsky, molte delle quali mai più esposte in Occidente da quando lasciarono la Francia nel 1885.
Per prenotare Tel: 011 4429911 (lun-ven ore 9.30-16.30)

Ingresso: intero € 10, ridotto € 8, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Visita: € 4

Informazioni:
Palazzo Madama. Piazza Castello, Torino
Tel: 011 4433501

Il MAO Museo di Arte Orientale il 15 agosto, alle ore 16, prevede la visita guidata, “I Capolavori del MAO”: dai Paesi Islamici dell’Asia al Giappone, dalla Regione Himalayana al Sud Est asiatico, attraverso millenni di storia, le collezioni del MAO Museo d’Arte Orientale raccontano importanti tradizioni culturali e artistiche del continente asiatico. “I capolavori del MAO” si sofferma su una selezione di opere particolarmente significative di ogni galleria del Museo, accompagnando il visitatore in un affascinante viaggio tra arte, storia, religione, filosofia.
Per prenotare Tel: 011 4436927

Ingresso al museo: € 10 – ridotto € 8 – gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Visita guidata: € 4

Informazioni:
MAO. Via San Domenico 11, Torino
Tel: 011 4436927

La Rocca del Borgo medievale resterà aperta dalle 10 alle 18.
Il Borgo Medievale, aperto dalle 9 alle 20, offre la mostra “Il Piemonte dell’Ottocento nell’opera di Anselmo Sacerdote”.

 

GENOVA

A Genova i seguenti musei prevedono aperture straordinarie per il 15 agosto:

Musei di Strada Nuova: dalle ore 10 alle 19

Museo di Storia Naturale “G. Doria”: dalle ore 10 alle 19
Nobody’s Perfect – Biologia nello Spazio

Castello D’Albertis: dalle ore 13 alle 22
SCRITTO SULLA PELLE. Daphne Cazalet

Musei di Nervi, GAM e Raccolte Frugone: dalle ore 10 alle 19
SEMI EQUI. Marica Moro e Duilio Forte
NaturaConTemporanea

Musei di Nervi – Wolfsoniana: dalle ore 10 alle 18
Filippo Romoli grafico e cartellonista

Mu.MA – Galata Museo del Mare: dalle ore 10 alle 19.30 (ultimo ingresso ore 18)
Oltre il mare
Dinghy Centennial Day
Monoliti del mare

Mu.MA – Museoteatro della Commenda di Prè: dalle ore 10 alle 19
Il Cammino delle Commende

Emporio-museo ViadelCampo29:Rosso: ore 10.30-12.30/14-19

Tutte le informazioni sul sito www.museidigenova.it

 

EMILIA ROMAGNA

In Emilia Romagna, come già da qualche anno, il 15 agosto il pubblico troverà aperti tutti i musei e le zone archeologiche gestiti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.

Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna propone alle ore 18:30 la visita guidata alla mostra “Autoritratti – Iscrizioni del femminile nell’arte italiana contemporanea”. La mostra rappresenta un’ampia e articolata esposizione collettiva dedicata ai rapporti fra donne e arte in Italia negli ultimi decenni.
Il tema, elaborato da un gruppo appartenente allo staff femminile del museo con il coordinamento curatoriale di Uliana Zanetti, ha suscitato l’interesse di affermate artiste, critiche, studiose e direttrici di musei italiane che hanno aderito all’iniziativa, la cui collaborazione si traduce in diverse modalità di ricerca e divulgazione sviluppate in un confronto continuo fra le partecipanti.

Informazioni:
MAMbo. Via Don Minzoni 14, Bologna
Tel: 051 6496611

A Ferragosto, tutti aperti i Musei Archeologici Nazionali di Parma, Ferrara, Marzabotto (BO) e Sarsina (FC), la Villa Romana di Russi (RA) e gli scavi archeologici di Veleia (PC)

Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
Dopo la normale apertura a pagamento dalle 9.30 alle 17, riapre gratuitamente dalle 18 a mezzanotte con “Tlin…tlin. Ferragosto al Palazzo di Ludovico il Moro”, variegata kermesse a gradazione alcolica, con degustazione di vini e prodotti freschi dal territorio.
Il programma prevede alle 18 “Costruiamo un mosaico”, iniziativa per i più piccoli a cura del Gruppo Archeologico Ferrarese, e alle 19 una visita guidata gratuita al museo e ai suoi tesori.
Fino a mezzanotte gli archeologi della Soprintendenza Caterina Cornelio, Paola Desantis e Valentino Nizzo saranno a disposizione del pubblico per curiosità e approfondimenti sulla storia e i tesori del Museo

Informazioni:
Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, Via XX settembre 122.
Tel: 0532 66299 (€ 5,00)

Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto (BO)
Aperto dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18,30 mentre l’area archeologica dell’antica città di Kainua è visitabile dalle 8 alle 19.
Nel giorno che la tradizione cattolica dedica alla Madonna, l’archeologa Bojana Gruska propone alle 16.30 “Donne e Dee etrusche nel giorno dell’Assunzione di Maria”, visita guidata gratuita alla scoperta del ruolo della donna nella società etrusca e dell’importanza delle divinità femminili di 2500 anni fa.
E’ gradita la prenotazione: 051 932353 – gbojana@hotmail.com

Informazioni:
Museo Nazionale Etrusco di Marzabotto (BO), Via Porrettana sud 13
Tel: 051 932353 (€ 2,00)

Museo Archeologico Nazionale di Parma
Aperto dalle 13 alle 19 (chiusura biglietteria ore 18.30), al suo interno è possibile scoprire l’archeologia parmense dalla Preistoria ai Longobardi e visitare la mostra “Storie della prima Parma. Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche”.

Informazioni:
Museo Archeologico Nazionale di Parma. Piazza della Pilotta
Tel: 0521 233718 (€ 4,00)

Museo Archeologico Nazionale di Sarsina (FC)
Sarà aperto dalle 13.30 alle 18.30. Mentre l’Antiquarium e gli scavi dell’antico municipium romano di Veleia, a Lugagnano Val d’Arda (PC), saranno visitabili dalle 9 alle 19.

Informazioni:
Museo Archeologico di Sarsina (FC). Via Cesio Sabino 39
Tel: 0547 94641 (€ 2,00)

Complesso della Villa Romana di Russi (RA)
Aperto dalle 9 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 19). A partire dalle 15.30, si torna a vivere come 2000 anni fa con “Le ferie di Augusto”, rievocazioni in costume, laboratori artigianali, visite guidate, omaggi a tema e un fresco ristoro.

Informazioni:
Villa Romana di Russi (RA), Via Fiumazzo
Tel: 0544 581357 (€ 2,00)

 

FIRENZE

In città sono molti i musei a restare aperti:

Cenacolo di Santa Apollonia, Via XXVII Aprile 1, 8.15 – 13.50
Chiesa e Museo di Orsanmichele, Via Arte della Lana 1, 10.00 – 17.00
Galleria degli Uffizi, Piazzale degli Uffizi 1, 8.15 – 18.50
Galleria dell’Accademia, via Ricasoli 58/60, 8.15 – 13.50
Giardino di Boboli e Giardino Bardini, Piazza Pitti 1, 8.15 – 19.30
Museo degli Argenti e Galleria del Costume, Piazza Pitti 1, 8.15 – 18.50
Museo di San Marco, Piazza San Marco 3, 8.15 – 16.50
Museo Nazionale del Bargello, Via del Proconsolo 4, 8.15 – 17.00
– Parco delle ex Scuderie Reali, Piazzale di Porta Romana, 8.00 – 20.00

 

 

VOLTERRA

Anche a Volterra, in provincia di Pisa, musei e aree archeologiche offrono interessanti appuntamenti:

Museo etrusco Guarnacci
orario 9.00-19.00
Ingresso: € 8,00 intero, € 6,00 ridotto
Con all’interno la mostra di Carlo Balderi

Pinacoteca civica ed Ecomuseo dell’Alabastro
orario 9.00-19.00
Ingresso: € 8,00 intero, € 6,00 ridotto
Con all’interno le mostra I luoghi dove i destini si incontrano di Andrea Granchi e Tular confine di Carlo Pizzichini

I tre musei di cui sopra si possono visitare anche con un biglietto cumulativo di € 10,00 intero e € 6,00 ridotto, inoltre è prevista una promozione famiglia che con € 20,00 permette di vedere tutti i musei e di ottenere lo sconto nelle altre strutture.

Aree archeologiche dell’acropoli etrusca e del Teatro romano
orario 10.30-17.30
Ingresso: € 2,50

Palazzo dei Priori
orario 10.30-17.30
Ingresso: € 3,50 intero, € 2,50 ridotto, € 8,00 famiglia
Con all’interno le mostra Storie e utopia. Durer è il mio profeta di Raffaele de Rosa

Sono previste, inoltre, alcune aperture prolungate in notturna e servizi per i visitatori: laboratori per famiglie e bambini e visite guidate.

 

ROMA

Nella capitale resteranno aperti i seguenti musei e siti archeologici:

– Anfiteatro Flavio- Colosseo, Piazza del Colosseo, 8.30 – 19.15 (chiusura biglietteria 18.15)
– Arco di Malborghetto, Via Barlassina 1, 9.00 – 13.00 / 14.30 – 18.30
– Foro Romano e Palatino, Piazza Santa Maria Nova 53, 8.30 – 13.30
– Galleria Corsini, Via della Lungara 10, 8.30 – 19.30
– Galleria d’Arte Antica – Palazzo Barberini, Via delle Quattro Fontane 13, 8.30 – 19.30
– Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti, 131     8.30 – 19.30 (ultimo ingresso 18.30)
– Galleria Spada, Piazza Capodiferro 13, 8.30 – 19.30
– Mausoleo di Cecilia Metella, via Appia Antica 161, 9.00 – 16.30 (chiusura biglietteria 15.30)
– Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti Decorative, Via Boncompagni 18, 8.30 – 19.30
(ultimo ingresso 19.00)
– Museo e Galleria Borghese piazzale Scipione Borghese 5, 9.00 – 19.00
– Museo Hendrik Christian Andersen, via P. S. Mancini 18/24, 8.30 – 19.30
– Museo Mario Praz (Palazzo Primoli), Via Zanardelli 1,    9.00 – 19.30 (ultimo ingresso 18.30)
– Museo Nazionale d’Arte Orientale, via Merulana 247/248, 9.00 – 19.30
– Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, Piazza Santa Croce in Gerusalemme 9/4,    8.30 – 19.00
– Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Piazza San Marco, 49     8.30 – 19.30
– Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, Viale A. Lincoln 3, 9.00 – 14.00
– Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, Piazza G. Marconi 8/10, 9.00 – 20.00
– Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lungotevere Castello 50, 9.00 – 19.30
– Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Piazzale di Villa Giulia, 9     8.30 – 19.30
– Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi, Via delle Botteghe Oscure 31, 9.00 – 19.45
– Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, Via di S. Apollinare 44, 9.00 – 19.45
– Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti 1, 9.00 – 19.45
– Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano,Via E. De Nicola 78, 9.00 – 19.45
– Parco delle tombe di Via Latina, Via dell’Arco di Travertino 151, 9:00 – 17:30
– Scavi di Ostia Antica, Via dei Romagnoli 717,    8.30 – 19.15 (ultimo ingresso 18.00)
– Villa dei Quintili, Via Appia Nuova 1092, 9.00 – 16.30

Informazioni:
http://poloromano.beniculturali.it
http://archeoroma.beniculturali.it/musei
http://archeoroma.beniculturali.it/siti-archeologici/
http://www.gnam.beniculturali.it/

Inoltre:

Il MAXXI apre le sue porte a tutti i romani che rimarranno in città nel mese più vacanziero dell’anno!
Per tutti i residenti biglietto d’ingresso ridotto (€8,00 anziché €11,00) e, per i giovani fino a 26 anni, un’ulteriore agevolazione: paghi un biglietto ed entri in due!

L’offerta del museo è particolarmente ricca in questo momento, con ben sette mostre in corso e, nella piazza, l’installazione HE che accompagna l’estate del MAXXI: una gigantesca lanterna gialla sospesa che di giorno crea ombra e di notte si accende di mille colori, progetto vincitore del programma YAP (Young Architects Program) con il MoMA PS1 di NY, Istanbul Modern e Constructo di Santiago del Cile.

All’interno, i video con le star hollywoodiane e le sculture di Galleria Vezzoli, in uno straordinario allestimento che trasforma il MAXXI in una galleria tardo ottocentesca; l’atmosfera intima e rarefatta delle foto di Luigi Ghirri. Pensare per immagini; i colori e i segreti degli arazzi di Alighiero Boetti a Roma; i video emozionanti di Fiona Tan. Inventory; il rapporto tra architettura, paesaggio ed energia della mostra Energy, con, tra le altre, la lieve installazione di Sou Fujimoto, nuova “star” dell’architettura che ha da poco realizzato il Padiglione estivo della Serpentine Gallery di Londra; le foto e i modelli dei migliori progetti che hanno partecipato al progetto YAP 2013 in tutte le quattro sedi.
Infine, nello Spazio D di fronte al museo, la mostra The Sea is My Land: 140 video e fotografie di 22 artisti del Mediterraneo che racconta l’incessante metamorfosi del Mare Nostrum.

Informazioni:
MAXXI. Via Guido Reni 4A, Roma
Tel: 06 3225178

 

A Ferragosto il MACRO è aperto con i consueti orari:
La sede di via Nizza 138 dalle ore 11.00 alle 19.00
(la biglietteria chiude un’ora prima).

MACRO Testaccio (piazza O. Giustiniani 4) dalle ore 16.00 alle 22.00
(la biglietteria chiude 30 minuti prima).

Le mostre in corso sono:

SAM DURANT
La stessa storia
a cura di Bartolomeo Pietromarchi
23 aprile – 8 settembre 2013
MACRO
Sala Bianca – via Nizza 138

Ritratto di una città #2.
Arte a Roma 1960 – 2001
16 maggio – 15 settembre 2013
MACRO
Sala Enel – via Nizza 138

Scrivere la pittura disegnare il linguaggio.
Gastone Novelli. Opere su carta
a cura di Paola Bonani e Benedetta Carpi de Resmini
16 maggio – 22 settembre 2013
MACRO
Project Room 1 – via Nizza 138

JI DACHUN
Forgotten Desires and Accompanying Clouds |
I desideri dimenticati e le nuvole che li accompagnano
a cura di Bartolomeo Pietromarchi
16 maggio – 22 settembre 2013
MACRO
Project Room 2 – via Nizza 138

Sterling Ruby
SOFT WORK
22 maggio – 15 settembre 2013
MACRO Testaccio
Padiglione B – piazza O. Giustiniani 4, Roma

EXTRA LARGE
Fino al 22 settembre 2013
MACRO Testaccio
Padiglione A – piazza O. Giustiniani 4, Roma

Informazioni:
Tel: 06 671070443

 

 

NAPOLI

Anche a Napoli l’offerta culturale prevista per il 15 agosto è ricca. I seguenti musei sono aperti con questi orari:
– Castel Sant”Elmo, Via Tito Angelici, 8.30 – 19.30
– Museo  Archeologico Nazionale, Piazza Museo, 19, 9.00 – 19.30
– Museo di Capodimonte, Via Miano 2, 8.30 – 19.30
– Museo di San Martino, Largo San Martino, 8.30 – 19.30
– Museo Nazionale della Ceramica “Duca di Martina” (Villa Floridiana), Via Cimarosa 77,     8.30 – 19.30
– Palazzo e giardini  Reali di Napoli, Piazza del Plebiscito 1,    9.00 – 20.00 (chiusura biglietteria ore 19.00)
– Parco della Floridiana, Via Cimarosa 77, 8.30 – 19.30
– Parco di Capodimonte, Via Miano 4, 8.30 – 20.00
– Tomba di Virgilio, Via Salita della Grotta 20, 8.30 – 14.30

Informazioni:
www.polomusealenapoli.beniculturali.it
Tel: 081 2294401

Inoltre:

Il museo MADRE, dall’1 al 31 agosto, offre alle cittadine e cittadini campani e a tutti i turisti che trascorreranno le vacanze in città la possibilità di avvicinarsi al mondo dell’arte contemporanea, visitando gratuitamente il nuovo allestimento del museo con gli spazi di Re_PUBBLICA MADRE, le mostre in corso dedicate a Thomas Bayrle, Mario Garcia Torres, Giulia Piscitelli e Per_formare una collezione #1, primo capitolo del progetto dedicato alla formazione della collezione permanente.

Per tutto il mese sarà inoltre possibile partecipare alle visite didattiche a cura del Dipartimento di Educazione del museo. Tutti i giorni alle ore 17:00 un operatore didattico accompagnerà i visitatori alla scoperta dei linguaggi artistici della contemporaneità.

Informazioni:
MADRE. Via Settembrini 79, Napoli
Tel: 081 19313016
info@madrenapoli.it

 

POMPEI

Gli Scavi di Pompei rimarranno aperti dalle 8.30 alle 19.30, con ultimo ingresso previsto per le ore 18.00.

Informazioni:
Tel: 081 8575111
info@pompeiisites.org

 

BASILICATA

Giovedì 15 agosto 2013, i seguenti Musei e Aree archeologiche della Basilicata rispetteranno i seguenti orari

Bernalda / località Metaponto

Museo Archeologico Nazionale di Metaponto: ore 9-20
Area archeologica di Metaponto: dalle ore 9 ad un’ora prima del tramonto

Grumento Nova

Museo Archeologico Nazionale dell’alta Val d’Agri: ore 9-20
Area archeologica di Grumentum: dalle ore 9 ad un’ora prima del tramonto

Matera

Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata: ore 9-20
Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola”: ore 9-20

Melfi

Museo Archeologico Nazionale del Melfese “Massimo Pallottino”: ore 9-20

Muro Lucano

Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano: ore 10.30-13 / 17.30-20

Policoro

Museo Archeologico Nazionale della Siritide: ore 9-20
Area archeologica di Siris – Herakleia: dalle ore 9 ad un’ora prima del tramonto

Potenza

Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu”: ore 9-20

Tricarico

– Area espositiva di Palazzo Ducale: ore 10-13 / 17-20

Venosa

Museo Archeologico Nazionale di Venosa: ore 9-20
Area archeologica di località San Rocco: dalle ore 9 ad un’ora prima del tramonto
– Abbazia Santissima Trinità e Museo del Territorio di Venosa: ore 9-13 / 15.30-18.30

Informazioni:
sba-bas@beniculturali.it

 

BARI

In provincia di Bari, l’estate museale continua anche il 15 agosto con:

Museo Nazionale Archeologico, Via Santeramo 88, Altamura, 8.30 – 13.30
Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”, via Giandonato Rogadeo 14, Bitonto, 9.00 – 22.00
Museo Nazionale Archeologico (Castello Normanno Svevo), Piazza dei Martiri, Gioia del Colle, 8.30 – 19.15
Castello Svevo, Piazza Federico II di Svezia, Bari, 8.30 – 19.30
Palazzo Simi, Strada Lamberti 1, Bari, 9.00 – 19.15

 

CAGLIARI

A Cagliari restano aperti:

– Il Museo Archeologico Nazionale, Piazza Arsenale 1 – Cittadella dei Musei, 9.00 – 20.00
– La Pinacoteca Nazionale, Piazza Arsenale 1 – Cittadella dei Musei, 9.00 – 20.00

Informazioni:
Tel: 070 655911
Tel: 070 60518245
sba-ca@beniculturali.it

 

PALERMO

Nel capoluogo siculo, la Galleria d’Arte Moderna segue gli orari consueti con ultimo ingresso alle 17.30.
Da non perdere è la mostra temporanea, Il Museo tra storia e costume. Opere dai depositi, inaugurata il 12 luglio e visitabile fino al 22 settembre.

Informazioni:
GAMPalermo.Via sant’Anna 21, Palermo
Tel:  091 8431605
servizimuseali@galleriadartemodernapalermo.it

 

Per scoprire tutti gli altri musei d’Italia che restano aperti il 15 agosto è possibile visitare il sito del MiBAC.
Per informazioni sugli orari di apertura è attivo un call center del MiBAC che risponde al numero verde 800991199, gratuito per chiamate da telefonia fissa effettuate dal territorio italiano. Il servizio è accessibile tutti i giorni dalle 9:00 alle 19:45.

 

notteforiIl neoeletto sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha deciso di chiudere al traffico delle auto private via dei Fori Imperiali, dal Colosseo a Piazza Venezia. Con concretezza, l’operazione si sta realizzando in tempi brevi e sembra avere le caratteristiche per proporsi come biglietto da visita della nuova giunta. Intorno a questa scelta stanno crescendo aspettative che tendono a farla diventare un punto di riferimento di riflessioni, proposte e interrogativi di chi ha cuore il rapporto con la cultura nel nostro paese.
E’ realistico pensare che questa attenzione vada attribuita a una felice coincidenza che pone il provvedimento del sindaco Marino nel punto di snodo di diverse problematiche che riguardano la vita nelle nostre città.

La chiusura infatti nasce dalla preoccupazione per la tutela del Colosseo e dell’area circostante messe a dura prova dal traffico, dallo smog e dai lavori della Metro C. A questo vanno aggiunte le proteste di cittadini e operatori per il rischio di degrado di un’area che sembra essere stata abbandonata al turismo di massa tra venditori di paccottiglia, giganteschi torpedoni e pochi servizi. Nei quartieri limitrofi a via dei Fori Imperiali non sono pochi gli abitanti che preferiscono usare le proprie case per i bed and breakfast piuttosto che abitarci. E il problema riguarda da tempo tutto il centro storico romano abitato solo da una esigua minoranza di cittadini.
Ecco allora che sulla questione della chiusura di via dei Fori Imperiali confluiscono le attenzioni di diverse sensibilità: la necessità di un ambiente non inquinato; la speranza di liberare Roma dal traffico delle auto in favore di un migliorato trasporto pubblico; la possibilità di avviare politiche di turismo sostenibile in contrasto con il turismo di massa, “mordi e fuggi” che molto toglie alla città senza restituirle nulla; e finalmente il recupero della centralità della cultura.

Il quadro generale per avviare questo lungo e virtuoso cammino è fornito dalla necessità di ricostruire quella “città pubblica” il cui tramonto è descritto con cura e attenzione nel recente libro di Francesco Erbani. Un campo semantico che vede al suo centro la cultura restituita ai cittadini perché elemento di costruzione del senso civico e della dimensione sociale, fattore di inclusione e cittadinanza, formidabile motore di democrazia e partecipazione.
Se questo venisse realizzato verrebbero sciolti i dubbi intorno al ruolo di Della Valle per il restauro del Colosseo. Capiremmo meglio quale indirizzo dare alle politiche culturali e come migliorare il problema del rapporto tra centro e periferia.

Infine, potremmo riflettere più serenamente sulla scelta di affidare alle sorelle Fendi e al magnate francese del lusso Bernard Arnault l’uso del Palazzo della Civiltà del Lavoro all’Eur. E liberarci della gabbia strettissima dell’ideologia dominante che vede nell’affido ai privati l’unica strada per risolvere il problema dei beni culturali nel nostro paese. Riusciremmo così a intravvedere soluzioni più civili e responsabili per la gestione del nostro patrimonio.

In questo quadro, due iniziative apparentemente di valore secondario, potrebbero far sperare in una diversa concezione delle politiche pubbliche: la somministrazione ai cittadini di un questionario e l’invito a partecipare alla festa di inaugurazione. Sono solo un’operazione di marketing? Prevedono autentica partecipazione? E in che modo?

La festa sarebbe interessante se rappresentasse il primo passo di una restituzione del patrimonio culturale ai cittadini. Il questionario è benvenuto se fosse l’inizio di una pratica di partecipazione.
Fruizione e produzione culturale hanno bisogno di modalità precise per essere attivate. E queste modalità riguardano la sostenibilità della vita nei nostri quartieri, al centro come in periferia, per i residenti come per i turisti.

Le isole pedonali non bastano: possono anzi diventare un boomerang. Una brutta ferita come quella che vede il centro di Roma, da Fontana di Trevi al Pantheon, attraversato da masse di turisti ignari della città che percorrono un solco che ha mutato profondamente la fisionomia di quelle strade oggi occupate solamente da negozi di souvenir, pizzerie a taglio, bar e ristoranti. Si deve fare meglio, molto meglio. E di più.

Gioacchino De Chirico è un giornalista culturale ed esperto di comunicazione

LAVORO, ARCHEOLOGI PROTESTANO AL PANTHEON - FOTO 1Sempre più frequentemente  ci si imbatte in notizie di ritrovamenti archeologici effettuati grazie alla realizzazione di lavori pubblici o privati. Infatti l’Italia sempre più povera  in tema di ricerca e di università arricchisce la propria storia in modo sempre maggiore con i dati storici rintracciati durante scavi d’emergenza. La sensazione che suscitano questi ritrovamenti è sempre di stupore, sorpresi che il nostro territorio abbia ancora così tante informazioni da svelare sul nostro passato.

Fortunatamente negli anni si è intensificata la presenza degli archeologi sui cantieri dal forte rischio archeologico, affinché, in caso di ritrovamento, si possa intervenire per salvaguardare il reperto archeologico e studiarlo, il tutto sempre sotto il vigile occhio delle Soprintendenze .
Quanti pezzi di storia ci saremmo persi per strada se non ci fossero stati gli archeologi a vigilare? Probabilmente molti, perché l’Italia mostra ancora molta insofferenza verso gli scavi archeologici, percepiti come fonte di costi e di disagi urbani.
Ma se non ci fosse l’archeologia con quali occhi guarderemo indietro? Se non sapessimo leggere il nostro passato che identità avremmo?
Purtroppo da quanto risulta da recenti appelli delle associazioni di categoria , ANA e CIA, questo prezioso lavoro vale davvero poco, tra i sette e i cinque euro l’ora. L’insofferenza per l’archeologia nasce infatti da qui, dalle aziende e dagli enti i quali, tenuti su richiesta delle Soprintendenze a garantire la presenza degli archeologi nei loro cantieri , strappano contratti al massimo ribasso. Una gara a chi offre la cifra più bassa, e non a chi offre il miglior servizio al miglior prezzo.
La presenza dell’archeologo è percepita come un’imposizione, e tanto vale affrontarla con il costo minore.
Ma questo è solo un aspetto di un problema più ampio, culturale, che è lo stesso che ci vale i moniti dall’Europa, che fa crollare i muri a Pompei, che lascia immutato un ministero vetusto e ingessato in una burocrazia lenta che non sa mettere a frutto nemmeno le scarse  risorse economiche a disposizione.
Gli archeologi in Europa? Meglio sorvolare sulla retribuzione degli archeologi in Inghiterra, uno stipendio minimo è di 19.000 annui, basterà raccontare che in Portogallo ogni comune può assumere alle proprie dipendenze uno o più archeologi, esiste per legge la  figura dell’archeologo come funzionario comunale: intuizioni che in Italia sono appena nate e arrancano.
Bisogna far presto , perché quando in Italia ci si accorgerà di quanto poco lungimiranti siamo stati nel gestire la nostra ricchezza primaria e di quanto sia utile  l’archeologia preventiva ad ottimizzare tempi e costi delle opere,  i nostri archeologi potrebbero essere fuggiti altrove, o aver ripiegato su un lavoro più dignitoso.

pompeipanoLo scorso 27 giugno si è conclusa a Phnom Penh, in Cambogia, la 37sima riunione UNESCO. In tal sede l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha aggiornato la lista del patrimonio mondiale dell’Umanità prendendo in esame le candidature di beni ambientali e culturali di ogni Paese.
L’Italia ha messo a segno altri tre riconoscimenti: si tratta del vulcano Etna, in Sicilia, delle Ville e Giardini medicei in Toscana, mentre l’Archivio LUCE è entrato nel Registro della Memoria del Mondo.
Per il Bel Paese tuttavia non sono giunti solo onori, ma anche un legittimo richiamo al senso di responsabilità che gli deriva dal fatto di vantare il più grande numero di siti UNESCO, 49 in tutto.

A preoccupare è in particolare la condizione dell’area archeologica di Pompei tanto che dai vertici dell’Organizzazione è stato lanciato un ultimatum volto a ripristinare le ottimali condizioni del sito entro il prossimo 31 dicembre.

La sfida è ardua ma dal Ministero giungono voci ottimiste: Bray rassicura che due dei cinque cantieri previsti sono già stati avviati, il terzo partirà nei prossimi giorni, ma i rimanenti sono bloccati in attesa di verifiche supplementari relative alla trasparenza (considerazione non certo edificante). Secondo il neo ministro entro il 2015 saranno attivi a Pompei 39 cantieri in tutto, ma nel frattempo, gli scioperi dei dipendenti MiBAC avvenuti nei giorni scorsi non consentono previsioni rosee.
Nel sito campano i principali problemi, purtroppo comuni a molti altri luoghi della cultura italiani, sono: carenze strutturali, danneggiamenti, costruzioni abusive, carenza di fondi e mancanza di personale.

 

Il Progetto Grande Pompei prevede l’impiego di ben 105 milioni di euro, in parte messi a disposizione dall’Unione europea, e alcuni privati, come l’imprenditore Pietro Salini, hanno avanzato l’intenzione di donare denaro per il restauro del sito.
E’ necessario ora non disperdere tali risorse, come purtroppo è accaduto in passato, al fine di avviare quel processo di recupero che già da tempo doveva essere partito. Il piano di manutenzione programmata di Pompei è stato infatti approvato già nel marzo 2012 e, sebbene la sovrintendente Cinquantaquattro assicuri che tra il 2011 e il 2012 sono stati messi in sicurezza “oltre cento punti della città antica”, è bene dare ulteriori segnali.

L’ultimatum dell’UNESCO è in realtà la richiesta, entro la fine dell’anno, di un rapporto sulle attività svolte per la conservazione del sito; il presidente della commissione italiana Giovanni Puglisi chiarisce inoltre che il governo e il ministero sono a conoscenza di tale documento e dunque perfettamente pronti a collaborare.

Il 31 dicembre è tuttavia molto più vicino di quel che sembra e per recuperare la credibilità perduta, anche a livello internazionale, c’è davvero molto da fare e non ci si può certo rilassare sugli allori.
Il successo della mostra in corso al British Museum di Londra, dedicata proprio ai reperti pompeiani, ci ricorda del resto quanta stima verso il nostro patrimonio abbiano all’estero, ma anche la grande responsabilità che l’Italia deve assumersi.

 

sicilyNel 2007, in occasione del decennale dell’Associazione SiciliAntica, il Presidente della Sede di Acireale Prof. Benintende evidenziava come nel territorio fra il mare Ionio e i fiumi Alcantara e Simeto siano presenti tutte le tipologie che, singolarmente, costituiscono titolo per chiedere all’UNESCO la qualifica di Patrimonio dell’Umanità. Una profetica relazione che vede oggi avverarsi, con l’inserimento dell’Etna nella WHL, l’auspicio che allora espresse SiciliAntica.
In effetti il Mongibello, com’è anche chiamato sin dal periodo della dominazione araba, non è solo il vulcano più attivo del mondo, ma un vero continente culturale nel quale non sono presenti solo testimonianze geologiche, ambientali, vegetali e animali rarissime. Uno scrigno ricchissimo di tutte le testimonianze della cultura materiale delle tante etnie la cui presenza è qui documentata almeno dal quarto millennio avanti
Cristo: questa è l’Etna (nomen omen).
Sembra quasi che terremoti violenti ed eruzioni frequenti, alcune delle quali sviluppatesi dalla sommità sino al mare, abbiano voluto risparmiare aree archeologiche di grande interesse. I resti semisepolti della torre del Filosofo (legata alla leggenda di Empedocle) ad oltre 2900 m s.l.m., le grotte e capanne preistoriche di Tartaraci a 970 metri di altitudine, la città sicula del Mendolito, le terme romane di Santa Venera al Pozzo, fino al tempietto di Capomolini in riva al mare (solo per citarne alcune)sembrano testimoniare quanto sia appropriato l’epiteto di “gigante buono” dato al vulcano. Naturalmente non mancano architetture religiose: la Cuba bizantina di Santa Domenica è forse quella più suggestiva, o militari: i dongioni normanni di Adrano, Paternò e Motta Sant’Anastasia, o, ancora, residenze nobiliari: per tutte il “castello” di Orazio Nelson duca di Bronte.
Ma riteniamo il riconoscimento UNESCO dell’Etna una tappa e non un traguardo: la Sicilia attualmente è la regione con il più alto numero di siti nella lista ed altri se ne aggiungeranno a macchia di leopardo.
Viene, però, spontaneo chiedersi: cosa hanno in più le isole Eolie delle Egadi? Il parco archeologico di Selinunte è meno interessante di quello di Agrigento? I mosaici romani del Tellaro sono artisticamente inferiori a quelli di Piazza Armerina? Il barocco del Val di Noto è più importante delle cattedrali Normanne del Val di Mazara? Da queste considerazioni nasce l’invito che SiciliAntica, da tempo, ha inoltrato alle autorità regionali: proporre l’inserimento della Sicilia – nella sua totalità – nella WHL.

 

Simona Modeo è Presidente di SiciliAntica

archimederomaMostra sui generis ideata dal Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, in collaborazione con il Max-Planck-Institut für Wissenschaftsgeschichte di Berlino e con il contributo dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. L’esposizione è divisa in due filoni principali: il contributo di Archimede allo sviluppo delle scienze in età ellenistica e i codici manoscritti contenenti le opere dello scienziato, che proprio nel 1400, grazie alla riscoperta di dotti umanisti, furono tradotti in latino e ripresero a circolare.

Il percorso espositivo, suddiviso in otto sezioni, inizia con un nucleo di reperti archeologici, ricostruzioni e applicazioni multimediali che servono a ripercorrere la grandiosità e lo splendore di Siracusa nel III a.C. e la sua importanza nel bacino Mediterraneo, il cui contraltare, sulla sponda opposta, era la mitica Alessandria d’Egitto.
Siracusa possedeva già nel V secolo a.C. uno dei più grandi teatri del mondo greco, con 67 ordini di gradini. Ierone II donò a Tolomeo la splendida Syrakousia, nave del 235 a.C. lunga 87 m. e larga 18 m., straordinariamente sfarzosa, con pavimenti in mosaico. Continui sono gli scambi scientifici con Alessandria, per esempio con il responsabile della sua straordinaria Biblioteca, Eratostene di Cirene, cui si deve il calcolo della circonferenza della terra, mentre Aristarco elaborò, nella metà del III a.C., un’ipotesi eliocentrica.

In mostra è esposto l’orologio solare e la vasca da bagno in terracotta dell’epoca. Sono presenti molti reperti del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, tra cui alcuni gioielli di straordinaria lavorazione. In particolare un video ci consente di ammirare l’ingrandimento di un orecchino con pendente ad aquila, esposto alla mostra, di cui solo in tal modo è possibile vederne la fitta e delicatissima trama. Molti i busti con ritratti di personaggi famosi, filosofi e oratori.

Alla morte di Ierone II, Siracusa si alleò con Cartagine e Archimede perse la vita a causa di un soldato romano durante l’assedio della città siciliana. Anche la civiltà islamica gli tributò onori e commentò alcune sue opere, per non parlare di grandi scienziati come Leonardo e Galileo.
In mostra sono esposti i modelli delle opere a lui attribuite, come la vite senza fine con cui era facile tirare in secca le navi (da cui la frase: “datemi un punto d’appoggio e solleverò la Terra”), le macchine da difesa – specchi ustori per incendiare le navi nemiche e ganci con cui arpionarle-, orologi ad acqua, l’abaco con cui effettuare i calcoli con i grandi numeri,  fino alla dimostrazione dello spostamento di una quantità di acqua proporzionale al peso della massa immersa, scoperta a cui la leggenda riferisce l’esclamazione: “Eureka!”.

Molti sono gli aneddoti riferiti alla concentrazione assoluta con cui Archimede lavorava, tanto da dimenticarsi di mangiare, curare la propria persona, fino a rifiutarsi, perché impegnato nello studio della geometria, di seguire il soldato romano che lo uccise nel 212 a.C.
Al piano più alto della mostra troviamo la sezione didattica, dove l’acqua inserita nei contenitori in vetro rende evidente come il volume di un cilindro con base uguale a quella di un cono e al diametro di una sfera è la somma di quello della sfera (2/3) più quello del cono (1/3). Istruttivi i modelli delle leve: è visibile che una leva è in equilibrio quando i pesi sono inversamente proporzionali alla distanze dal fulcro.
L’allestimento multimediale della mostra si rivela un arricchimento importante e integra le opere esposte, mentre la disposizione dei reperti, soprattutto nella prima parte, in vetrine cui è possibile girare intorno, ma in spazi ristretti, spesso crea difficoltà ai visitatori.

 

Da pochi giorni (esattamente il 28 marzo) è iniziata la mostra “Life and death Pompeii and Herculaneum”, Vita e morte a Pompei ed Ercolano, al British Museum di Londra. Durerà fino al 29 settembre ed ha già registrato una serie di sold out, prenotazioni e interesse senza eguali.
Pompei si conferma richiamo nazionale ed internazionale, e nonostante tutti i problemi di immagine ed economici conserva il suo fascino ed il suo appeal. La mostra, come evoca il titolo stesso, racconta i momenti clou della vita e della morte della popolazione pompeiana. Per la prima volta assoluta il British Museum a Londra, uno dei templi della cultura più prestigiosi del mondo, ospita esposizioni delle due grandi città archeologiche campane, e l’iniziativa si è già rivelata vincente, visto il successo incredibile, avuto già nei primi giorni di mostra. L’evento attesissimo da critici ed appassionati, ha visto migliaia di biglietti distribuiti ancora prima dell’apertura del 28 marzo, in prevendita. Secondo stime potrebbero registrarsi, alla fine della mostra, più di 400mila visitatori.
La vita e l’eruzione vengono raccontate con circa 250 reperti, tra cui alcuni tra i più emozionanti: dal “Ritratto del fornaio”, al mosaico “Cave canem”, dai calchi di alcune vittime abbracciate, al cane agonizzante, fino a pezzi di mobili in legno ritrovati ad Ercolano; tutto trascina il visitatore nell’antica tragedia della vita cittadina stroncata dall’eruzione. E’ già stata battezzata “La mostra dell’anno”, sponsorizzata da Goldman Sachs e curata da Mary Beard, in stretta collaborazione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.
Pompei ed Ercolano sbarcano così a Londra. Investimento in visibilità, popolarità e reputazione positiva, perché si tratta per la maggior parte di reperti in prestito gratuito e per la prima volta volati nel Regno Unito (molti di questi mai esposti anche in Italia).
Del grande evento londinese ci sembrano di grande interesse due elementi di novità e di particolare curiosità: il primo, #PompeiiLive, evento nell’evento, ossia un live cinematografico prodotto dal British Museum in cui si possono apprezzare le meraviglie di ieri e di oggi di Pompei ed Ercolano, visibile all’ingresso del Museo ed in molte sale del Regno Unito; il secondo, “Life and art in gardens at Pompeii and Herculaneum”, è legato al mondo dei giardini dell’epoca, infatti, una conferenza si terrà il 18 aprile, su come venivano progettati, piantati ed ornati i giardini dell’epoca, usati per rilassarsi, per socializzare, ecc.
Insomma, un notevole mix di elementi che non può che produrre un sicuro successo: un museo tra i più importanti, attivi e visitati del mondo; una collezione che richiama, incuriosisce, emoziona; innovative iniziative a corredo del grande evento culturale.
Pompei ha bisogno anche di queste attività, non può solo aspettare, deve anche “andare” dove può farsi ammirare. Con attenzione massima alla particolarità ed all’unicità dei reperti che si spostano, senza aver paura di “mostrarsi” al mondo intero. In questo modo si conquisterà un “accento internazionale”. Naturalmente tutto ciò non basta, occorre ripensare e rigenerare Pompei ed Ercolano, che possono da sole essere volano di sviluppo culturale ed economico della Campania e del Sud Italia. A questi giorni di mostra proviamo a dare un valore aggiunto: facciamo tesoro anche delle eccellenze internazionali (ben consapevoli che Pompei è un unicum al mondo) e portiamo qui ciò che manca o ciò in cui si è carenti. Dagli aspetti strettamente organizzativi ed operativi, agli aspetti comunicativi ed innovativi. Ci aiuterà a raccontare meglio i nostri “tesori” per coinvolgere ed emozionare i visitatori, anche a casa propria.

 

Tesoro, mi si stanno restringendo i monumenti … chissà se un giorno qualcuno ci farà un film; le teste critiche non mancano, da Moore a Emmott. Ma nel frattempo forse potrebbe essere utile abbandonare i consueti (e consunti) costumi da guelfi e ghibellini. Quel viandante che si trovasse a passeggiare accanto ai templi della Concordia e di Giunone nella Valle dei Templi si stupirebbe certo di quel patchwork urbanistico che l’involontaria creatività di molti amministratori ha costruito tra sassi antichi e cementi armati. Se ne è parlato tanto, ma nel frattempo chi firmava le carte bollate era distratto, o non capiva, o semplicemente aveva incassato il pretium sanguinis (banconote, mica sesterzi).

Ora, che succede dopo decenni di letargo? Si propone di restringere la demanialità dell’area escludendone le zone perdute, e si accende la miccia della polemica. I ghibel-lini dimenticano che la competenza in materia di beni culturali in Sicilia è regionale, per uno Statuto varato ancor prima della Costituzione; i guelfi sopiscono e accomodano in pieno stile curiale; i non allineati – non mancano mai, sono quelli che aspettano di conoscere il vincitore prima di schierarsi – danno un colpo al cerchio e uno alla botte: il partito del “ma anche” gode sempre di molti proseliti. Nel frattempo è il caso di dipanare una convivenza scomposta tra monumenti e case d’abitazione che non si possono certo demolire. Agrigento ha contratto un morbo, chiamiamolo disinvoltura edilizia in spregio della cultura. La questione è facile, tutto sommato: mettiamoci nei panni del degente indecente.

Il medico ha sbagliato, anche con una nostra complicità? Sostituiamolo e cambiamo comportamento; domandarci troppo a lungo di chi possa essere la colpa ci fa solo perdere tempo. Però qualche regola di condotta per i giorni futuri magari ci aiuta a guarire. Le cicatrici sono brutte da vedere ma non si possono eliminare. Però si possono inventare nuove terapie: assistere i vincoli urbanistici con la sanzione credibile del blocco dei lavori e della demolizione con forti sanzioni pecuniarie; destinare una quota rilevante dell’imposta immobiliare a manutenzione, restauro e promozione dell’area archeologica; incoraggiare la comunità residente a fruire dell’area usando le ricevute di trasporti, acquisti culturali (libri, ad esempio) e servizi municipali come buono sconto sui biglietti d’ingresso; emanare un bando internazionale per il manager dell’area da selezionare sulla base di un progetto strategico e da retribuire in base ai risultati conseguiti.

Così volgeremmo lo sguardo al futuro invece di avvitarci nella vana disputa su chi ha peccato. Come pare sia stato detto nella Camera Lacrimatoria, il carnevale è finito. Ma, per favore, non allunghiamo la quaresima. E’ tempo di agire.

 

Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto all’Università di Catanzaro

Esistono molte eccellenze nel nostro Paese che operano senza che venga riservata loro la dovuta attenzione: un esempio è l’attività portata avanti dal Ministero dei beni culturali in sinergia con i nuclei dei carabinieri subacquei, che collaborano per scoprire e tutelare il grande patrimonio presente sotto le nostre acque, nonostante la spending review metta a dura prova la loro importante missione. Abbiamo perciò voluto dare la parola alla Dott.ssa Annalisa Zarattini, responsabile MiBAC del Servizio di Archeologia Subacquea e al Comandante Renato Solustri del Nucleo Carabinieri Subacquei di Roma.

La Dott.ssa Zarattini ci spiega meglio in che modo il Ministero dei Beni culturali collabora con l’Arma e nello specifico con il Nucleo Carabinieri Subacquei di Roma, guidato dal Comandante Solustri.

 

Dott.ssa Zarattini, cosa si intende quando si parla di archeologia subacquea? Che posizione ricopre nel più ampio panorama dell’archeologia classica?

L’archeologia subacquea non è altro che l’archeologia che si svolge sott’acqua e per tale ragione gli archeologi devono utilizzare strumenti diversi, adatti ad un ambiente particolare.
Il patrimonio archeologico subacqueo comprende tutta la nostra storia, dalla preistoria ai nostri tempi, ed è quello che noi definiamo anche su base internazionale, visto che l’Italia ha ratificato nel 2009 la Convenzione Unesco per la protezione del patrimonio subacqueo. Il Ministero dei beni culturali è dunque impegnato a proteggere tutto il patrimonio che c’è anche nelle acque nazionali e internazionali.

Che ruolo svolgono i nuclei subacquei dei carabinieri per le vostre attività di studio? Che rilevanza ha la loro attività ai fini della ricerca e della tutela?

L’archeologo deve poter andare sott’acqua per analizzare il patrimonio e il MiBAC ha dunque costituito negli anni una sua struttura di archeologia subacquea con funzionari preposti a questo compito: sono stati quindi avviati dei corsi volti a formare il personale per abilitare le qualifiche ad andare sott’acqua secondo le normative di legge. Nei nostri decreti di immersione, sottoscritti qualche anno fa, è stato previsto che il Ministero sarebbe stato supportato dalle forze dell’ordine, e i funzionari che facevano delle immersioni sarebbero dunque stati seguiti dai nuclei istituzionali dell’arma. Questo perché, al di là dei cantieri di scavo programmati, le immersioni che noi facciamo sono per segnalazione, mentre per evitare che vengano rubati i reperti, gli interventi hanno bisogno di attivarsi nell’immediato: i carabinieri per noi sono allora degli “angeli custodi”; si lavora insieme, sebbene ciascuno per le proprie competenze. In tempo di spending review poi, il Mibac non disponendo di tutti gli strumenti necessari, ricorre all’arma per razionalizzare i propri servizi e servendosi dei mezzi a loro disposizione. Nel Ministero disponiamo di un nucleo tutela patrimonio culturale proprio nei carabinieri e utilizziamo i sommozzatori per interventi sott’acqua.
Attraverso il comando tutela patrimonio culturale dei carabinieri collaboriamo con l’arma in generale, mentre per quel che attiene nello specifico i carabinieri subacquei, essendoci formati insieme, essi sono in grado di agire anche in autonomia per i primi interventi: se nel corso di esercitazioni o altre operazioni trovano materiale archeologico, sanno perciò come procedere per metterlo in sicurezza; prediligono le esercitazioni su siti archeologici, così da controllare allo stesso tempo il patrimonio individuato; sanno come fare una scheda per segnalare l’eventuale presenza di reperti. Quando le soprintendenze fanno dei cantieri di scavo, la presenza di carabinieri è inoltre un deterrente per eventuali malintenzionati, interessati a rubare i beni. Negli anni i media in generale hanno dato molto rilievo alla scoperta del relitto o del tesoro rinvenuto nel mare, piuttosto che al nostro compito giornaliero di difendere il patrimonio, che è ben più impegnativo.
Il MiBAC attraverso il progetto Archeomar, sta poi realizzando un importante censimento di tutti i siti archeologici nelle acque italiane, intraprendendo un’indagine per controllare tutte le segnalazione dei nostri archivi, ma anche per rintracciare e trovare per primi reperti ad una profondità maggiore, ad una bachimetrica dai meno 100 in giù. Questi censimenti si fanno in maniera strumentale e i carabinieri partecipano con noi a tali ricerche che richiedono mezzi messi a disposizione dal Ministero tramite un bando di gara. Alla fine di questa mappatura si intende creare un database che raccolga le coordinate dei reperti, affidate poi alle forze dell’ordine che si occuperanno del controllo del patrimonio individuato.
Ottimizzando queste risorse nell’ambito dello Stato si può dunque giungere ad eccellenti risultati: questa piccola specializzazione che si fa insieme è diventato un piccolo fiore all’occhiello tutto italiano.

Qualora venga scoperto un sito archeologico sottomarino, come operate? Come vengono analizzati e trattati i reperti rinvenuti?

I beni culturali sottomarini sono soggetti a regole molto precise, così come sancisce la convenzione sul patrimonio culturale subacqueo Unesco. E’ prevista la protezione di tutto i reperti, anche della seconda guerra mondiale, per cui è necessario garantirne la conservazione, possibilmente in situ: una nave che affonda è una “capsula del tempo” ed è importante che nulla venga alterato, così da analizzare il materiale nel suo ambiente, senza portarlo in superficie, rendendolo l’ennesimo pezzo da museo.
I reperti rinvenuti ad una profondità di oltre cento metri vengono lasciati lì. Altri oggetti sono stati recuperati negli anni passati, dato che la convenzione Unesco è stata ratificata solo due anni fa e in passato c’era bisogno di riempire i musei: il problema è che il carico delle antiche navi è ingente e il restauro dei reperti ha dei prezzi esosi. Recuperiamo perciò qualcosa solo se siamo sicuri di poter restaurare il reperto che altrimenti si deteriorerebbe: preleviamo dunque dei campioni, ma si tende a lasciare il patrimonio sott’acqua perché si conserva meglio. L’azione del mare è corrosiva a seconda delle profondità: se la profondità è poca il materiale è a rischio per la vicinanza delle attività umane e per il movimento delle onde, che ha un effetto deteriorante. Se il relitto è invece a profondità molto ampie, non subisce il movimento delle onde, ed è dunque stabile; se venisse portato in superficie i sali si gonfierebbero e romperebbero il materiale, ma essendo ricoperto dalla sabbia è svuotato dall’ossigeno e questo ne consente la conservazione, come ad esempio accade per i semi, i frammenti di cuoio o corde che sono rimasti perfettamente inalterati. Sott’acqua si scava come in superficie e se si acquisisce tale possibilità è possibile anche non portare in superficie quel che si trova.
Qualora si rilevasse un reperto, la prima cosa da fare è comunque valutare se è a rischio o meno: nel primo caso si preleva facendo uno scavo. La guardia costiere fa un’ordinanza per la protezione del sito che, come un vincolo archeologico, proibisce di immergersi, di ancorare, ecc. Vincolato lo spazio, si danno una serie di regole atte a proteggerlo.
Tale preservazione deve esser ovviamente supportata da un’educazione in tal senso dei cittadini, come tentiamo di fare attraverso lezioni nelle scuole, insieme all’arma, e con una pubblicità positiva del nostro patrimonio. Stiamo cercando di organizzare visite guidate anche in siti non profondi in modo da valorizzare i reperti subacquei in loco, senza bisogno di prelevarli.

A tal proposito le chiedo un commento riguardo i sempre più diffusi musei sottomarini. Ritiene che si giungerà a questo?

Sì, credo proprio di sì. Dobbiamo pensare al futuro e a tal proposito le faccio l’esempio dell’isola di Ventotene. Lì abbiamo individuato cinque relitti perfettamente conservati: uno di questi è visitabile con un diving locale autorizzato, che organizza immersioni tre volte l’anno, rispettando una serie di controlli. Tutti coloro che hanno fatto tale esperienza sono rimasti stupiti della bellezza di tali testimonianze passate. L’intenzione è poi di porre una telecamera fissa, così come hanno fatto in Sicilia, per mostrare a tutti questo straordinario patrimonio.
Sono tanti i progetti realizzabili: manca solo una spinta di finanziamenti, al momento difficili da reperire, ma gli elementi per promuovere tali bellezze ci sono tutti; la tecnologia ci permette davvero questo e molto altro ancora. Possiamo affermare che tale settore è una nostra avanguardia e dobbiamo farlo sapere agli italiani perché in tale ambito sono stati fatti grandi passi avanti, difficili da trovare in altri campi. Con un piccolo sforzo in più raggiungeremmo importanti obiettivi. Per quel che attiene l’attività quotidiana, riusciamo a portarla avanti proprio grazie alla sinergie di forze con i carabinieri e gli altri apparati statali.

 

Esistono molte eccellenze nel nostro Paese che operano senza che venga riservata loro la dovuta attenzione: un esempio è l’attività portata avanti dal Ministero dei beni culturali in sinergia con i nuclei dei carabinieri subacquei, che collaborano per scoprire e tutelare il grande patrimonio presente sotto le nostre acque, nonostante la spending review metta a dura prova la loro importante missione. Abbiamo perciò voluto dare la parola alla Dott.ssa Annalisa Zarattini, responsabile MiBAC del Servizio di Archeologia Subacquea e al Comandante Renato Solustri del Nucleo Carabinieri Subacquei di Roma.

Ecco come il Comandante Solustri ci ha parlato dell’attività svolta dal suo Nucleo. Nel prossimo articolo dedicato al tema sentiremo invece la voce della Dott.ssa Zarattini.

Comandante Solustri, quando nasce il nucleo subacquei dell’arma e quali sono le funzioni principali che svolge? Quanti nuclei come il vostro esistono oggi in Italia?

La nostra storia inizia nel 1953, quest’anno abbiamo il sessantenario. I subacquei nacquero con due nuclei: quello di Genova e di Napoli per espletare l’esigenza di portare l’attività di polizia giudiziaria anche in ambito subacqueo. Siamo stati i primi al mondo ad avere un organismo di polizia che si occupasse di ricerca di corpi di reato sott’acqua e per questo ci hanno chiamato anche all’estero. Siamo stati dei pionieri in tale ambito.
Il Nucleo di Roma è stato avviato nel 1960 con un barcone adibito ai carabinieri della polizia fluviale sotto il ponte Duca d’Aosta in occasione delle Olimpiadi: la gente che andava allo stadio Olimpico, passando sul ponte, doveva avere un presidio. Da lì il sistema si è evoluto e ora siamo una quarantina di ragazzi in tutta Italia: ci formiamo presso la scuola di istruttori di marina di La Spezia e dal Comsubin (comando subacqueo incursori); dopo sei mesi di scuola veniamo mandati al corso subacquei di Genova e veniamo specializzati in ricerche e refertazione di eventuali corpi di reato. Siamo pochi perché sia le visite mediche che il corso sono molto selettivi.
Eravamo a Roma fino a qualche anno fa in sei e poi siamo arrivati in otto grazie all’arrivo di un infermiere iperbarico, importante per soccorrere gli uomini in caso di incidenti.
A me piace definirci il “braccio bagnato del Maresciallo Rocca”: noi facciamo quello che fa il carabiniere per strada, ma in ambiente marino, lacustre e anche fognario, dato che spesso ci troviamo a fare ricerche anche in questi luoghi. Siamo un po’ dei RIS dell’acqua, che filmano, fotografo e raccolgono reperti per formare il fascicolo dell’indagine. Collaboriamo anche con il Ministero dell’Ambiente per combattere l’inquinamento, con il demanio per indagare su abusi edilizi, compiendo dunque operazioni di diverso tipo. C’è poi un reparto, il TPC (il nucleo Tutela patrimonio dei Carabinieri) che indaga sul trafugamento di opere archeologiche terrestri e noi ci occupiamo di tutela in ambito sottomarino, scandagliando 9.000 chilometri di costa e un mare ricco di reperti, considerato che la nostra penisola è stata la culla della cultura mondiale. Il nostro compito è quello di controllare i siti e di rinvenire anche altri reperti: i bronzi di Riace, del resto, sono stati scoperti proprio a seguito del pedinamento di una persona che si spostava in modo sospetto.

Ai vostri uomini è richiesta una grande specializzazione, ma nonostante l’attività peculiare che svolgete, state subendo tagli ingenti. Che tipo di difficoltà state riscontrando e in che modo le state ovviando?

Nuclei come il nostro ne sono rimasti pochi: fino a due anni fa ce n’erano a Roma, Genova, Napoli, Bari, Trieste, Messina e Cagliari. Poi i tagli della spending review hanno tolto il nucleo di Trieste, lasciando a quello di Genova l’intero Nord-Italia, ma si parla di chiudere anche quello di Napoli, Bari e Messina: noi 13 di Roma dovremo in tal caso gestire tutta l’Italia centro-meridionale con grande disagio per le nostre attività. In tal modo non potremo mai intervenire in modo immediato; ci sono i vigili del fuoco, ma non hanno la possibilità di svolgere compiti di polizia giudiziaria.
Dovremo dunque centellinare i lavori in cui intervenire, con nostro grande dispiacere. I ragazzi dei nuclei chiusi sono stati inoltre reindirizzati nelle centrali territoriali, che non rispondono certo alla loro propensione e preparazione, dopo anni di addestramento e attività subacquea. Il cittadino avrà perciò un disservizio e non un utilità, con perdita inoltre di capitale umano, costato all’amministrazione in formazione, davvero importante: pensare che anche l’Fbi chiede a noi come intervenire nelle ricerche subacquee.
Purtroppo allo Stato italiano non sembra interessare la nostra attività nel campo archeologico: la scoperta dei cinque relitti di Ventotene l’anno scorso, non è stata accolta come ci saremmo aspettati. Con la Dott.ssa Zarattini abbiamo stabilito una sorta di rotta ipotetica dei tempi antichi, quando Giulia, la figlia di Cesare, era stata confinata sull’isola: in tal modo abbiamo intercettato queste navi perfettamente conservate. Con una fondazione americana, disposta ad investire, abbiamo scoperto tali beni. Nella conferenza stampa di presentazione dei rinvenimenti, il MiBAC non c’era, mentre dall’estero chiamavano per poter visitare questi splendidi esemplari di navi romane.

Che tipo di sinergie ci sono con il MiBAC e le Soprintendenze per quel che concerne le attività di archeologia subacquea? Qual è l’ultima operazione di tal genere cui state lavorando?

Il Ministreo dei beni culturali aveva tempo fa un gruppo, lo STAS, il servizio tecnico di archeologia subacquea: visto che per queste attività si appoggiavano sempre a noi, hanno deciso di formare in ogni singola soprintendenza un subacqueo archeologo. Ai corsi tenuti a Giulianova, in Abruzzo, quindici anni fa, abbiamo formato il personale ministeriale per le immersioni, mentre loro ci hanno insegnato come riconoscere i reperti. Poi la cosa è stata interrotta, dopo un incidente sul fiume Velino subito da uno di questi archeologi e da allora si sono avvalsi completamente della nostra collaborazione. Il fatto che la capillarità della nostra presenza andrà a finire per la chiusura dei nuclei di Napoli, Bari e Messina, verrà meno una fetta importante di lavoro culturale, nonostante ci sia questa richiesta da parte delle soprintendenze, che non potranno mai andare a chiedere ad un privato di sopperire a tale attività per costi e autorizzazioni mancanti, come l’iscrizione ad un apposito albo, che noi invece abbiamo.
Per quanto mi riguarda, al fine di colmare queste lacune, stiamo facendo un’opera di sensibilizzazione con i diving, affinché venga rispettato il patrimonio subacqueo: abbiamo perciò coinvolto questi privati dando loro la possibilità di portare gruppi nei siti, ma responsabilizzandoli circa la tutela dei beni stessi, così da avere delle sentinelle private sul territorio, lì dove non possiamo intervenire noi; nel Lazio e in Sicilia, per lo meno, si sta procedendo così. Tali deleghe vengono concesse dalle soprintendenze, ma è uno dei modi attraverso cui poter fronteggiare le nostre mancanze.
L’ultima attività archeologica in cui siamo stati coinvolti riguarda le grotte di Tiberio a Sperlonga dove c’è un museo stupendo. Nelle acque antistanti è stato segnalato un grosso manufatto, talmente imponente che la soprintendente del luogo ci ha chiamato per sondarlo, proprio fuori dalle grotte di Tiberio. D’altronde non possiamo fare ricerche qualora non vi fosse la certezza di trovare qualcosa, per i già citati motivi di spese e costi.
Ritengo comunque che bisogna motivare le persone ad amare il patrimonio: a tal fine andiamo ad incontrare i bambini della scuole e li trovo davvero più attenti degli adulti. Speriamo dunque nelle nuove generazioni affinché si giunga ad una maggiore considerazione delle attività che ruotano attorno ai nostri beni culturali.

 

I saccheggiatori di reperti archeologici hanno le ore contate. Jason Felch, giornalista del Los Angeles Times da sempre impegnato nella lotta ai furti culturali con inchieste scomode che hanno interessato anche grandi musei americani, ha sviluppato un nuovo progetto chiamato “WikiLoot”, un portale Web che ambisce a porsi a metà strada, per funzioni, contenuti e architettura grafica, tra Wikipedia e WikiLeaks.

Sfruttando la collaborazione degli utenti in pieno stile crowdsourcing, Felch intende realizzare una piattaforma online contenente foto e documentazioni, anche inedite, sulle opere d’arte rubate e non ancora ritrovate, classificandole e analizzandole sulla base delle indicazioni che arrivano dagli stessi utenti. Un’attività che si inserisce nel solco delle sue inchieste giornalistiche, considerando che Felch ha già raccolto una buona quantità di foto e documenti sulle opere scomparse.

Si tratta, però, anche di uno strumento che può tornare molto utile ai musei e ai collezionisti, che prima di acquistare un’opera potranno verificare e controllare la provenienza, soprattutto se dubbia, evitando di incorrere in situazioni rischiose e imbarazzanti, come avvenuto poco tempo fa nel caso del Getty Museum di Los Angeles, che ha dovuto restituire all’Italia la famosa Dea di Morgantina del V secolo a.C., malgrado l’avesse acquistata nel 1986 per 10 milioni di dollari. Dagli accertamenti fatti dagli organi competenti italiani e americani risultò che l’opera era stata rubata e portata negli Stati Uniti illegalmente. Grazie a WikiLoot, casi del genere potrebbero non ripetersi mai più: del resto, il mercato nero dell’arte, oggi, secondo le stime, ha raggiunto dimensioni notevoli, con una valutazione complessiva che tocca i 10 miliardi di dollari l’anno.

Queste le parole di Felch riportate anche sul sito internet ufficiale del progetto: “L’ispirazione di WikiLoot arriva dalla grande quantità di documentazione che è stata elaborata negli ultimi anni, che riguarda soprattutto le antichità Classiche rubate dall’Italia e dalla Grecia. Gli investigatori Europei hanno analizzato diversi archivi, giornali, documenti economici e migliaia di fotografie relative a oggetti rubati di recente. Abbiamo preso alcuni di questi archivi e diversi report interni dei musei americani per cercare di metterli insieme. Nel tempo, siamo sicuri che queste schede, le informazioni open-source e altre tipologie di documenti aiuteranno ad estendere le finalità del progetto anche oltre le antichità Classiche e i musei Americani. Messi insieme, i dati offrono una finestra unica sul mercato nero internazionale. Spesso purtroppo questi dati rimangono fuori dalla nostra portata e conducono ad analisi frammentarie. WikiLoot vuole invertire questa tendenza”.

Parte del lavoro di inchiesta svolto dal giornalista americano è stato già pubblicato nel suo libro Chasing Aphrodite, in cui ha trovato spazio anche la vicenda delle restituzioni, da parte dei musei americani, di 100 capolavori a Grecia e Italia, per un valore complessivo che oscilla tra i 500 milioni e il miliardo di dollari.

Ma Felch ricorda che ci sono ancora moltissime opere rubate che non sono state ancora trovate, soprattutto per quanto riguarda l’arte moderna e contemporanea. E’ il caso del “Concerto a tre” di Vermeer, scomparso nel 1990 oppure del “Le Pigeon aux Petits-pos” di Picasso, scomparso nel 2010.

Tuttavia gli esperti e le forze dell’ordine mettono in guardia dagli aspetti negativi che potrebbero emergere dall’utilizzo di una simile piattaforma, sia per la divulgazione di informazioni riservate, sia per la possibile manipolazione di queste informazioni da parte di malintenzionati. Considerando, però, che il progetto non è ancora ufficialmente partito sul Web, ci sarà tempo e modo per discuterne con i programmatori e individuare le soluzioni alle possibili falle del progetto, che in ogni caso rimane uno strumento utilissimo e democratico per contrastare il traffico di opere d’arte rubate e il saccheggio dei siti archeologici, problemi molto sentiti in un paese ad alta densità culturale come il nostro.

Un sabato piovoso, di fronte al Pantheon: un figurante come gladiatore, le carrozze romane e un centinaio di archeologi, alcuni muniti di elmetto, che parlano ad un megafono e sorreggono striscioni.
“L’archeologia non è una merce”, “Diritti di maternità per le archeologhe”, giovani venuti dalla Sicilia, da Napoli, da Caserta, dalla Toscana che, attraverso un megafono raccontano le esperienze di chi, laureato, specializzato e dottorato, si trova a combattere per avere più diritti, per essere tutelato in un mercato di appalti al ribasso che minano la professionalità ma  anche la sopravvivenza di una figura fondamentale per la tutela del patrimonio archeologico.

Tempo fa abbiamo parlato dell’anomalia italiana che non riconosce legalmente una professionalità preziosa in un paese come il nostro.
Nel 2008, a seguito della prima manifestazione degli archeologi, era approdata alla camera dei deputati la proposta di legge “Madia” che prevedeva il riconoscimento della figura professionale di archeologo  e il suo inserimento nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre ora l’obbligatorietà di una valutazione di impatto archeologico redatta da un professionista è prevista solo nel Codice  degli Appalti.

Da allora tutto tace in Italia: non si è fatto alcun passo in avanti e così, nella piena anarchia, le tariffe si abbassano e l’assenza di una cassa sanitaria ti costringe ad andare in cantiere con la febbre per  non  perdere la “giornata”. Per le donne la situazione è anche peggiore, come sempre in Italia; non esistendo la professione non c’è alcun diritto di maternità, ed è spesso difficile per una mamma archeologa, dopo un periodo di assenza dal lavoro, ritrovare “il giro” e ottenere nuove commissioni.

Quello che ci si aspettava dal ministero era, inoltre,  la ratifica della convenzione della Valletta siglata nel 1992 nella quale si stabilisce che chi opera nelle trasformazioni del territorio deve  farsi carico degli oneri della tutela archeologica prevedendoli già a monte del bilancio le risorse necessarie. Le indagini archeologiche,  se accuratamente programmate e finanziate, sono fonte di conoscenza e rappresentano un’opportunità lavorativa al contrario di quanto si continua a far credere dipingendole come un ostacolo alla realizzazione di nuove opere.

Così l’ANA, l’associazione nazionale archeologi, ha organizzato una giornata di protesta che si è conclusa con un simbolico incatenamento degli archeologi tra le colonne del pronao del Pantheon, un gesto  per dimostrare che si sentono legati da un Ministero indifferente.

L’adesione alla manifestazione non è stata quella che molti speravano, a causa  del mancato coinvolgimento da parte dell’ANA delle altre associazioni di categoria, e le forte critiche rivolte da queste ultime  nei confronti della manifestazione stessa.
Le altre associazioni CIA, CNAP e FAP hanno guardato con sospetto alla manifestazione vista l’assenza dell’ANA dal tavolo di lavoro comune. Il sospetto non è riuscito a tramutarsi in un’adesione disinteressata, né  ha spinto le altre sigle a cercare un dialogo con l’ANA per la causa. Ognuno fermo sulle proprie posizioni, nessuno ha fatto un passo verso una lotta comune;  così la strada per le lotte degli archeologi si mostra sempre più in salita e disseminata di ostacoli.

MuseiD-Italia

 

 

con l’obiettivo di digitalizzare l’insieme del patrimonio artistico sparso sul territorio italiano, tra musei, palazzi, ville, giardini, il Ministero dei Beni Culturali, con l’ausilio dell’Agenzia per l’Italia Digitale, ha realizzato questo sito integrato con il portale Cultura Italia. Presentato lo scorso 14 dicembre, la pagina web è strutturata come un’anagrafe online dei tesori e delle collezioni più importanti sul territorio nazionale. Il portale si prefigge di divenire il punto di riferimento per la fruizione di notizie relative alle mostre, apertura di musei e reperire informazioni sulle strutture, localizzandole grazie alla georeferenziazione. Un progetto ambizioso per dare visibilità a siti archeologici e culturali.

 nonostante le aspettative piuttosto ambiziose, la struttura del sito è ancora piuttosto scarna. La homepage principale racchiude tutte le categorie per ricercare i siti e le notizie d’interesse: una pratica divisione delle regioni, attraverso un menù a tendina sulla sinistra della pagina, consente di ritrovare tutte le informazioni più interessanti per la località selezionata; sempre sulla sinistra è presente invece un menù tematico, dove è possibile ricercare Musei e gallerie, Aree e parchi archeologici, Palazzi e ville, Parchi e giardini, Castelli e fortificazioni, Edifici storici e musei specializzati, Monumenti, Edifici di culto; nella barra superiore si possono ricercare tutte le news, i percorsi, gli eventi e i link.

 l’dea di base del progetto è indubbiamente utile per la raccolta di informazioni pratiche, sfruttando la tecnologia e integrando in questo modo anche il settore dei beni culturali al disegno dell’Agenda Digitale voluto dal governo tecnico. Il sito, tuttavia, almeno in questa fase iniziale è carente dei contenuti necessari.

 al momento non tutte le sezioni del sito sono state completate: cliccando nei campi di ricerca compaiono per adesso solo degli articoli o delle news corredati da interviste ad alcuni direttori dei musei più noti. Mancano delle informazioni utili su orari, indirizzi, collezioni dei diversi siti e palazzi culturali. Gli attuali contenuti pertanto non sono sufficienti e rispondenti al progetto ideale di anagrafe digitale che prevede di racchiudere tutte le informazioni già esistenti nel web, integrandone ulteriori. Una delle sezioni più interessanti è quella che consente di effettuare visite virtuali, ma per adesso è possibile collegarsi solo con le sale del Museo archeologico nazionale di Aquileia. Inoltre il sito in inglese si presenta con un’impaginazione differente rispetto a quello in italiano.
 appassionati e accaniti frequentatori di musei, siti archeologici, biblioteche. A tutti coloro i quali dedicano il proprio tempo libero alla ricerca del monumento o gioiello nascosto di cui non erano a conoscenza. È indicato, inoltre, per turisti in procinto di organizzare un viaggio nel BelPaese.

 http://www.culturaitalia.it/opencms/museid/index_museid.jsp?language=it

Per gli appassionati di vino e di uva, la vendemmia è un momento magico, unico. Sotto il Vesuvio, noto per essere un vulcano pericoloso e anche per le generose terre da cui nascono uva e vini tra i migliori al mondo, e più precisamente negli scavi di Pompei, questo momento della vendemmia ha un sapore ancora più unico e speciale.

All’interno dell’area archeologica meglio conservata al mondo, ci sarà la XIII edizione della vendemmia attraverso il tradizionale taglio delle uve nei vigneti sperimentali posti all’interno dell’area archeologica, nel Vigneto delle Fontane a Mosaico.

L’obiettivo è quello di produrre il vino pregiato detto Villa dei Misteri, prodotto da Mastroberardino, grazie ad una saggia partnership che dura dal ‘96. La raccolta delle uve si terrà nei vigneti del Foro Boario, del Triclinio estivo, della Domus della Nave Europa, della Caupona del Gladiatore, di Eusino e nell’Orto dei Fuggiaschi.

L’esperimento della vendemmia a Pompei Scavi, grazie agli studi del Laboratorio di Ricerche applicate e con la collaborazione dell’azienda vitivinicola Mastroberardino (eccellenze, rispettivamente, in ambito scientifico e vitivinicolo), è nato nel 1994 e fino ad oggi ha visto estendersi l’area interessata fino alle Regiones I e II.

L’assoluta particolarità rispetto alla “classica” vendemmia è l’uso di esperienze di viticoltura di duemila anni fa, nota interessante e nuova nonostante l’età delle tecniche perché si riesce in questo modo a raccontare e “riprodurre” Pompei antica, la sua cultura vitivinicola, la sua tradizione passando per la protezione, la difesa e la valorizzazione del territorio e dell’ambiente.

Nessun concime, vista la ricchezza del terreno e nessun ricorso al diserbo se non meccanico, il Villa dei Misteri è un risultato ambizioso ottenuto dalla collaborazione tra esperti, studiosi ed enologi che racchiude il recupero e la storia di un territorio oltre il tempo e la natura. Perché non è bastata la forza irruenta del Vesuvio e non sono bastati duemila anni di “lontananza” tra terreno ed uva a spezzare l’incredibile forza che da sempre unisce terra e tradizione.

La cultura e la ricerca possono, ancora una volta, salvare e salvaguardare territorio e memoria, anche quando sembra non esserci più speranza.

 

La Sardegna non è solo mare; anche le zone più interne, meno battute dal turismo “da spiaggia”, regalano infatti piacevoli sorprese. L’isola, oltre ad essere meta degli appassionati di acque limpide e cristalline, è caratterizzata anche da testimonianze di una storia millenaria, risalente agli albori della specie umana.
Tipicamente sardi sono ad esempio i nuraghe, costruzioni neolitiche che possono essere ammirate a Nuoro: questa città si erge su un altopiano granitico che suggerisce l’antichità del territorio e qui si trovano il complesso Nuragico Noddule, che presenta tra l’altro un pozzo sacro, e le domus de janas, siti funerari risalenti al III millennio a.C.
Nuoro è però rinomata anche perché città natale dell Nobel per la letteratura Grazia Deledda: proprio a lei è stato dedicato un Museo, ospitato in quella che fu la casa della scrittrice.
Da non perdere nemmeno il Museo MAN, dotato di una valida collezione permanete di arte contemporanea che va dal ‘900 ai giorni d’oggi, con artisti come Antonio Ballero, Francesco Devoto, Giuseppe Biasi.
A pochi chilometri da Nuoro è invece consigliabile seguire le indicazioni per Orgosolo, centro dalle arcaiche origini, reso famoso da Vittorio de Seta che, con il suo film neorealista “Banditi ad Orgosolo”, mise in evidenza la forte persistenza tra gli abitanti di usi e costumi antichi.
Ma questa cittadina è conosciuta soprattutto per i murales visibili sulle facciate dei suoi insediamenti, che dagli anni ’70 sono stati eletti ad arredo urbano predominante, grazie al coinvolgimento degli stessi cittadini.
Da qui, scendendo verso la costa, è d’obbligo dirigersi verso il famoso golfo di Orosei, che prende il nome dall’omonimo centro abitato: qui i colori della natura selvaggia e profumata si mescolano con le mille sfaccettature dell’acqua salmastra, convivendo armoniosamente con un ricco patrimonio archeologico. Da visitare anche il Museo dei Teatrini in Miniatura “Don Giovanni Guiso”, all’interno del cosiddetto Palatzos Vetzos di Orosei.

 

Per godere del mare di questo Golfo, ecco le calette più belle:

spiaggia di Cala Libretto, a 12 chilometri dal centro abitato di Orosei, è abbracciata da una fresca pineta che racchiude l’arenile sabbioso con acque limpide di poca profondità. Perfetta per le esigenze dei più piccoli.

spiaggia di San Curcurica, anch’essa nel Golfo di Orosei, è famosa per la pineta e per l’omonimo stagno alle sue spalle, attrezzato con canoe e sevizi. Per gli amanti dell’acqua dolce e salina.

– l’oasi di Bidderosa è invece un angolo incantato ed esclusivo che comprende cinque meravigliose spiagge, come quella di Berchidda. Per accedervi tuttavia è necessario prenotarsi presso il Museo Guiso di Orosei.

Vi consigliamo di scoprire altri incantevoli scorci di questo angolo di Mediterraneo percorrendo i 6 km di costa, magari a bordo di una piccola imbarcazione.

Per godere di un panorama mozzafiato salite invece sul Monte Tuttavista, dove la natura ha scolpito la Pedra Istampada, una roccia dalla spettacolare conformazione, e sulla cui cima si erge un Cristo in bronzo dello scultore Pedro Angel Terron Manrique.