Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sottoscriveva la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che compie oggi 24 anni. Questa data è perciò celebrata in tutto il mondo per ricordare l’importanza di tutelare i più piccoli e i loro diritti fondamentali.

bambinimondo

 

 

L’invito lanciato dall’UNICEF quest’anno è in particolare quello di cancellare la violenza sui bambini, per cui ha istituito anche un sito web e lanciato un apposito hashtag: #ENDviolence against children. La società civile mondiale è così chiamata a non chiudere più gli occhi dinnanzi a questi orribili abusi, ma a denunciare tali crimini, che passano troppo spesso inosservati e impuniti.

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L’Italia ha ratificato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel 1991 e oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato questa particolare ricorrenza affermando che: “Poter essere accolto e crescere all’interno di un ambiente familiare sereno rappresenta un fondamentale diritto del minore, un bene sociale irrinunciabile”. Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha invece menzionato il dato secondo cui oltre il 10% dei ragazzi italiani non è iscritto a scuola, denotando “un impoverimento etico, in cui valori quali giustizia, uguaglianza, merito, tutela dei diritti fondamentali, sembrano non trovare più cittadinanza”.

Nel Rapporto UNICEF 2013 relativo al benessere dei Bambini nei Paesi ricchi, il nostro Paese figura al 22° posto su 29 nazioni esaminate.
In particolare:

– Benessere materiale: 23° posto su 29
– Salute e sicurezza: 17° posto
– Istruzione: 25° posto
– Comportamenti e rischi: 10° posto
– Condizioni abitative e ambientali: 21° posto

Questi dati devono farci riflettere per comprendere che molto c’è ancora da fare. La giornata del 20 novembre deve perciò rappresentare un monito importante per ricordare quanti e quali diritti devono essere garantiti a ciascun bambino.

UNICEF Italia ha lanciato per l’occasione la campagna “IO come TU – Mai nemici per la pelle”, volta ad eguagliare tutti i bambini, senza distinzione alcuna, attraverso una lunga catena umana contro le discriminazione dei minori di origine straniera presenti nel Paese. Il programma prevede inoltre più di 100 eventi pubblici come seminari, incontri, marce, laboratori, volti in particolare a garantire il diritto di cittadinanza ad ogni bambino.

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Il Telefono Azzurro, associazione da anni impegnata nell’aiuto dei minori, coglie a sua volta l’occasione per lanciare un appello alle istituzioni nazionali e raccoglie in 14 punti le misure di intervento necessarie per garantire una adeguata tutela dei bambini.

1 – Che vengano incrementate le risorse attualmente assegnate al Fondo per le politiche sociali, al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, nonché al Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso l’utilizzo di una copertura finanziaria ipotizzata in un primo momento dal Governo che avrebbe portato ad un aumento dell’aliquota al 22 sulle rendite finanziarie, con introiti conseguenti che superano di gran lunga i 100 milioni di euro l’anno;

2 – Che vengano aumentate le risorse da destinare a livello nazionale e regionale per la piena attuazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti che vivono in Italia partendo da un congruo rifinanziamento del “Fondo asili nido”, istituito durante la XV Legislatura, prevedendo un ripianamento del taglio di risorse perpetrato dall’attuale Legge di Stabilità al Fondo per il contrasto alla pedopornografia, e prevedendo adeguate risorse economiche per il prossimo bando di affidamento del Servizio 114 Emergenza Infanzia;

3 – Che vengano previsti interventi per il sostegno delle famiglie in condizione di povertà estrema, in aggiunta a quanto già previsto in modo ancora non adeguato dalla legislazione vigente, promuovendo politiche attive e misure efficaci di sostegno alla famiglia. Ciò dovrebbe avvenire anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse destinate non solo all’incremento delle strutture e dei servizi socio educativi per l’infanzia, ma soprattutto al potenziamento dei servizi di prevenzione e cura offerti dal sistema sanitario, e più in particolare dalle professioni pediatriche, garantendo l’attuazione e l’uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale;

4 – Che venga previsto un accentramento e una razionalizzazione delle competenze istituzionali sull’infanzia e l’adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un’azione realmente efficace delle politiche in materia, istituendo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Dipartimento responsabile delle scelte strategiche e politiche che incidono sulla vita dei bambini e degli adolescenti nel nostro Paese che operi in pieno coordinamento con la Commissione Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza recentemente costituita;

5 – Che sia colmata la carenza di un adeguato sistema di raccolta dati sulla condizione dei bambini e degli adolescenti, non solo promuovendo maggiormente l’azione degli organismi attualmente deputati a questa funzione, ma anche stanziando adeguate risorse per l’istituzione di un “Osservatorio permanente”, composto da bambini e adolescenti, capace di offrire dati puntuali e aggiornati sulla loro condizione, favorendone l’ascolto e la partecipazione attiva anche attraverso le nuove tecnologie.

6 – Che siano assicurate adeguate risorse per contrastare la prostituzione minorile e il gioco d’azzardo, fenomeni che attualmente coinvolgono sempre più la vita dei minori, partendo innanzitutto dal ripristino delle risorse tagliate dalla Legge di Bilancio per il 2014 ai programmi relativi al contrasto al crimine, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché attraverso l’istituzione di un fondo specifico per la prevenzione e la cura delle dipendenze patologiche da gioco rivolto anche ai minori;

7 – Che sino incrementate le risorse attualmente previste dalla Legge di Stabilità per il 2014 finalizzate a finanziare il Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere che all’articolo 7, comma 8 della Legge di Stabilità stessa autorizza una spesa pari a 10 milioni di euro, destinando adeguate risorse per il contrasto alla violenza perpetrata in ambito familiare e fra i giovani adolescenti, nonché per strutture specializzate nella cura delle conseguenze fisiche e psichiche degli abusi sessuali e dei traumi vissuti nell’infanzia e nell’adolescenza;

8 – Che, rispetto al fenomeno del bullismo siano attivate misure di prevenzione e contrasto realmente efficaci, prevedendo anche in Italia l’istituzione di una giornata nazionale sul bullismo, nonché lo stanziamento di risorse per la formazione degli insegnanti e delle altre figure educative (ad esempio, quelle presenti nei contesti sportivi), superando l’attuale dispersione di risorse in progetti di diversa natura ed incerto impatto risolutivo;

9 – Che siano adottate adeguate iniziative volte a concedere la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia, perché solo l’applicazione del principio dello jus soli consentirà di sostenere il processo di integrazione socio-culturale verso un’effettiva convivenza tra persone di origine diversa;

10 – Che venga attivato anche in Italia, come in altri Paesi Europei, il sistema di allerta in caso di scomparsa dei minori e che il Comitato Media e Minori, recentemente costituito, si attivi quanto prima ad adottare provvedimenti tesi a proibire la spettacolarizzazione dei casi di cronaca relativi ai minori da parte dei media, come raccomandato dalle Guidelines del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 17 novembre 2010;

11- Che siano varate al più presto le disposizioni attuative della legge n. 62 del 2011 sulle detenute madri, in moto tale da evitare che i figli trascorrano i primi anni della loro vita (0-3 anni) in ambiente carcerario;

12 – Che sia data piena attuazione, anche attraverso lo stanziamento di apposite risorse finanziarie, al decreto legislativo 12 luglio 2013 n.14 in materia di equiparazione di figli naturali e figli legittimi;

13 – Che venga aperto in sede Parlamentare un confronto trasversale sulle problematiche inerenti i provvedimenti di affido dei minori e sulle questioni concernenti le adozioni nazionali e internazionali;

14 – Che siano destinate adeguate risorse per la cura dei disturbi mentali di bambini e adolescenti, impedendo il ricorso al ricovero in strutture psichiatriche per adulti, pratica ancora in uso in alcune parti del nostro Paese.

 

La Onlus Save the Children ha invece scelto di coinvolgere le Regioni italiane che, secondo quanto prevede la distribuzioni di competenze, sono responsabili in determinati settori di rilevanza sociale. A loro è stato rivolto l’invito affinché istituiscano la figura del Garante regionale dell’Infanzia e la Conferenza dei Presidenti dei Consigli Regionali ha supportato l’iniziativa facilitando l’adozione di una risoluzione in tal senso. Save the Children ha inoltre colto l’occasione per rilanciare la campagna già avviata lo scorso maggio dal titolo “Allarme Infanzia”con l’obiettivo principale di combattere la povertà infantile nel Paese.

allarmeinfanzia

legambientepergreenpeaceLegambiente non ha perso tempo per esercitare pressioni scrivendo al Premier Enrico Letta affinché l’esecutivo italiano intervenga presso il Governo Russo al fine di veder rilasciati i 28 attivisti e i due giornalisti arrestati ingiustamente.

L’associazione del Cigno Verde è al fianco dell’Associazione Greenpeace cui condivide l’allarme lanciato per l’Artico. Anzi crediamo che anche il nostro Governo debba far sentire la propria voce a nome di tutti gli italiani. L’accusa di pirateria inizialmente lanciata sui 28 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti, con il rischio di essere condannati fino a 15 anni di prigione per un’azione dimostrativa pacifica a difesa dell’Artico contro la piattaforma della Gazprom, ci è sembrata un’enormità assolutamente ingiustificata. L’Artico è un bene di tutti che va salvaguardato anche per le generazioni future. Ci preme che vengano rilasciati gli attivisti e i due giornalisti freelance, ingiustamente arrestati il 19 settembre scorso e ancora trattenuti dall’autorità russa per aver tentato di assaltare la piattaforma Gazprom: un’azione dimostrativa che nulla ha a che vedere con le accuse formulate dal Governo Russo, e che vede tra gli attivisti fermati anche l’italiano Cristian D’Alessandro. Cristian è un napoletano che ha abbracciato le cause ambientaliste con passione, coraggio e fermezza. Una persona decisa e perbene che lotta per un mondo migliore, più giusto ed equo, dove un diverso modello di sviluppo sia possibile per scongiurare il declino del genere umano.

L’appello di Legambiente si va ad unire alla mobilitazione internazionale che è partita in queste settimane e che ha coinvolto personaggi illustri come gli undici Premi nobel per la Pace. E dall’assemblea annuale dei circoli in corso a Rispescia (Gr), Legambiente lancia un messaggio di solidarietà e di vicinanza agli amici di Greenpeace con una foto dallo slogan provocatorio “Colpevole di pacifismo”. Le azioni di Greenpeace, seppur eclatanti, sono pacifiche per definizione e quella che sta avvenendo in Russia, con la detenzione dei 30 membri dell’equipaggio della nave Arctic Sunrise compreso il nostro amico Cristian, è una risposta violenta e spropositata al gesto di protesta dell’associazione ambientalista che vuole solo accendere i riflettori sulla delicata questione dell’Artico e dell’inquinamento marino.

 

Nabil Pulita è Delegato Nazionale Legambiente

 

 

 

TITOLOThe Art Collecting Legal Handbookthearthandbook

 

 

COSEChiunque abbia a che fare in modo approfondito con il mondo dell’arte sa quanto sia difficile barcamenarsi tra la legislazione dei beni culturali. Una volta varcati i confini di una nazione, infatti, le normative riguardanti arte e cultura cambiano, così come cambia la tassazione, le leggi che regolano copyright e diritto d’autore, la natura e la forma dei contratti d’artista. The Art Collecting Legal Handbook interviene proprio in aiuto di coloro che in un modo o in un altro hanno a che fare con il mercato dell’arte, presentando degli approfondimenti riguardanti i Paesi europei, ma anche i mercati internazionali di Stati Uniti, America Latina, Cina, Giappone, India, Canada. Una panoramica completa e variegata che colleziona in maniera agevole i punti principali inerenti la legislazione di ogni singolo Paese analizzato.

 

 

COMEIl volume è introdotto da alcuni paragrafi di presentazione del lavoro, che si soffermano anche su argomenti specifici come l’evoluzione del mercato dell’arte o la natura del contratto d’autore. Si entra, poi, nel vivo del testo con l’Argentina per finire con gli Usa e New York, in un’analisi dei principali mercati dell’arte internazionale che viene svolta sotto forma di intervista. I curatori del volume, infatti, Bruno Boesch e Massimo Sterpi, hanno raccolto una serie di interviste ai principali esperti di legislazione culturale del territorio preso in considerazione. La tipologia di domande è sempre la stessa e divisa per settori: “cultural heritage and art market”, “purchase and export”, “peaceful enjoyment”, “sale”, “art philantropy”, “tax” e, per finire, una parte dedicata alle informazioni pratiche e ai contatti.

 

 

PROSi tratta di un testo davvero completo, non solo dal punto di vista “geografico”, in quanto analizza la legislazione di un esteso ventaglio di Paesi, ma anche dal punto di vista contenutistico in sé, trattando un’ampia varietà di argomenti, inerenti sia il diritto comparato dei beni culturali che il mercato dell’arte. La forma dell’intervista, snella e dinamica, facilita la lettura e la comprensione di argomenti che, altrimenti, potrebbero risultare ostici ai non specialisti del settore.

 

 

CONTROIl testo è reperibile solo in inglese e non vi è ancora una traduzione in lingua italiana, o in altre lingue.

 

 

SEGNI PARTICOLARIAlla fine del testo, si trovano i dettagli di contatto di tutti gli intervistati e dei loro uffici legali, di cui sono riportati indirizzo, numeri di telefono, e-mail e sito internet.

 

 

CONSIGLIATO AGallerie, musei, fondazioni, case d’aste, collezionisti, artisti, acquirenti o venditori di opere d’arte, ereditieri, studiosi e studenti di economia della cultura, di diritto, di arte e beni culturali.

 

 

INFO UTILIThe Art Collecting Legal Handbook, a cura di Bruno Boesch e Massimo Sterpi, Thomson Reuters, Londra, 2013.

A woman's finger hovering over the delete keyA volte il passato può essere imbarazzante e creare ripercussioni nel presente. Nell’era dei social network, anche più del solito. Dal 2015, però, i minorenni californiani potranno cancellare foto, dati e informazioni ‘scomode’ facilmente. Come riportato da numerosi media in questi giorni è stata infatti approvata la cosiddetta ‘Eraser law’, la ‘Legge-gomma’, che permette di cancellare il passato digitale dei californiani under 18. La nuova normativa, più in dettaglio, riconosce ai minori di 18 anni il diritto di “ritirare o richiedere la rimozione di contenuti o informazioni scaricate da un sito web o applicazione”: una facoltà rilevante per eliminare dal web eventuali errori di gioventù, quelli che poi magari possono rovinare curricula da sogno e colloqui di lavoro solo per aver postato anni prima la foto della notte brava con gli amici.

La legge è stata emanata dal governatore della California Jerry Brown e entrerà in vigore il primo gennaio 2015, cioè il tempo necessario per consentire ai siti internet interessati di adeguarsi alla nuova normativa. Anche se Twitter e Facebook offrono già questa funzione sui loro siti web. “Gli errori di gioventù ti seguono per tutta la vita e le loro impronte digitali arrivano ovunque si va”, ha spiegato James Steyer , fondatore dell’associazione ‘Common Sense’. Ma i detrattori della legge protestano: “Oltre alla necessità di conoscere l’età degli utenti, i siti avranno bisogno di sapere se vivono o no in California”, sottolinea Stephen Balkam, presidente della ‘Online Family Safety Institute’.

La legge ha riacceso il dibattito circa una delle tematiche più delicate dei nostri tempi segnati dalla comunicazione globale: quella del rapporto tra il cosiddetto diritto all’oblio sulle reti di comunicazione elettronica e la libertà di informazione (sub specie informare ed essere informati). Il diritto all’oblio – soprattutto on line – è un fondamentale baluardo per la protezione della nostra identità persona-le (soprattutto digitale): è il diritto ad essere dimenticati non tanto per una quasi capricciosa volontà di impedire che si parli di noi, ma per evitare che informazioni risalenti, dati personali non aggiornati, fatti che appartengono al passato remoto (tutti facilmente reperibili sul web) determinino complessivamente un profilo della persona – attuale – non corrispondente alla reale identità e modo di essere dell’interessato. Se si pone difatti mente alle efficaci tecnologie e software di incrocio in tempo reale di una mole anche enorme di informazioni tratte dal web, si può intuire come sia reale il rischio di creare identità digitali delle persone con procedure di incrocio selettivo (ad esempio è in voga negli USA l’analisi delle pagine Facebook prima di svolgere colloqui di lavoro con gli interessati) che rivelano gli aspetti anche più intimi della persona, con il rischio di creare un profilo errato e inattuale. E’ una nuova tipologia di danno alla persona ed alla sua identità digitale (che ormai precede l’identità fisica reale nel mondo in cui viviamo).

E allora il diritto all’oblio è uno dei fondamentali diritti della Società dell’Informazione Globale del XXI secolo: è giuridicamente il diritto degli utenti – riconosciuto nel nostro Codice della privacy e rafforzato dal nuovo Regolamento UE sulla protezione dei dati personali che si applicherà dal 2016 – di richiedere ed ottenere (anche dai providers) che i propri dati personali siano cancellati e non siano più oggetto di trattamento laddove non più necessari in relazione alle finalità per cui erano stati raccolti. Il Regolamento UE sulla protezione dei dati personali in corso di approvazione stabilisce inoltre sul tema che spetterà ai social network l’onere di provare (e non all’utente dimostrare il contrario) che la conservazione di una certa informazione è necessaria (sono previste sanzioni economiche da 500 mila Euro all’1% del fatturato globale in caso di inottemperanza).

Come ha evidenziato Stefano Rodotà, che da tempo sottolinea l’importanza del diritto ad essere dimenticati, l’affermazione dell’oblio come diritto della persona è un elemento importante per quella che la nostra Costituzione definisce libera costruzione della personalità: essere prigionieri di informazioni del passato, magari secondarie può essere un ostacolo alla libertà. Ma lo stesso Rodotà ha anche segnalato i problemi applicativi di non facile soluzione pratica: in primo luogo bisogna garantire che questo diritto non diventi uno strumento di censura (si pensi all’oblio in rapporto ai blog o all’informazione giornalistica on line, vero nervo scoperto del rapporto tra due libertà ugualmente fondamentali, la libertà di informazione e la libertà di controllo sulle proprie informazioni); in secondo luogo c’è la difficoltà dell’applicazione pratica: una volta una volta che un’informazione entra in rete diventa difficile seguire il suo percorso. Vi è infine, solo per citare un ulteriore dei molti aspetti del dibattito, l’interesse dei grandi player dei mercati elettronici alle informazioni (ed ai profili) degli utenti: e se è vero – come ha affermato il Commissario UE Viviane Reding – che “i dati personali sono la valuta del mercato digitale”, ci si dovrà attendere una neanche tanto nascosta opposizione quando l’utente chiederà la cancellazione dei propri dati come forma di esercizio diretto dell’oblio (ora è possibile solo una diversa forma di opposizione al trattamento).

In conclusione, per tornare alla legge-gomma californiana, verrebbe da chiedere al Governatore della California se i delicatissimi profili sopra appena evidenziati possano essere gestiti consapevolmente da minori e se forse – sapendo che gli “errori di gioventù” si potranno ora cancellare facilmente – la Eraser-law non rischi di diventare una legge-incentivo alle sciocchezze on line.

 

Alessandro del Ninno è avvocato presso la Tonucci &Partners e professore universitario

 

djLa rivista Forbes ha pubblicato la lista dei DJ che hanno guadagnato di più nel corso dell’ultimo anno, stilata non solo sulla base delle vendite di produzioni e remix, ma soprattutto dei guadagni derivanti dalle performances live nei più prestigiosi clubs del mondo.
È il secondo anno consecutivo che la prestigiosa rivista di economia e finanza, conosciuta a livello internazionale, decide di pubblicare una classifica per certi versi bizzarra, che prende in considerazione non gli uomini più potenti della terra o quelli dal patrimonio personale più grasso, bensì dei musicisti che sono impegnati ogni giorno in una missione solo all’apparenza facile: intrattenere milioni di giovani in tutto il mondo. Professionisti che non troverete mai in tv e solo raramente sui giornali, perché la loro forza è nel contatto con i giovani e gli appassionati del settore, soprattutto attraverso il web e i new media.

I guadagni sono cospicui, soprattutto per chi, in questi ultimi anni, è riuscito a costruirsi un nome di tutto rispetto: chiedetelo a Calvin Harris, che grazie a collaborazioni di alto livello (Rihanna, giusto per fare un nome), remix e performance coinvolgenti, è riuscito a guadagnare in un anno la bellezza di 42 milioni di dollari. Del resto, la classifica di Forbes è uno specchio dei tempi: inutile discutere e riflettere su quanto sia giusto che un DJ guadagni queste cifre. La questione è un’altra e copre diversi aspetti, dall’economia alla cultura.

In qualche modo, non deve neanche sorprendere che la rivista americana abbia scelto di compilare questa classifica: la EDM (sigla che indica l’insieme di generi relativi alla Electronic Dance Music) non è più un mondo underground e di nicchia come accadeva solo dieci o quindici anni fa. E’ facile, oggi, trovare dei DJ nelle classifiche degli album o dei singoli più venduti, soprattutto negli stores digitali. Basti pensare all’escalation dello svedese Avicii, che dopo il grande successo di Levels, ha catturato nuovamente il favore del pubblico con il recente Wake Me Up, brano campione di vendite.

Si tratta di un boom che ha conquistato l’Europa intera nel giro di poco meno di un decennio e che ora va alla conquista di un mercato particolarmente difficile, quello americano. Nessuno può prevedere se questa operazione di conquista culturale da parte dell’Europa avrà successo, ma alcuni piccoli segnali lasciano intendere che il futuro della EDM in America sarà alquanto roseo, come dimostra l’attenzione del pubblico verso questi generi (Trance ed Electro House in testa) e i loro produttori più famosi, e anche l’exploit di alcune località, come Las Vegas, che stanno diventando sempre di più un punto di riferimento importante per i Clubbers (gli amanti della musica da discoteca e dei generi Dance Elettronici) di tutto il mondo, contendendo il prestigioso scettro a luoghi leggendari come Ibiza.

Ma la questione è molto più ampia e, come anticipato, interessa il mondo della cultura sotto diversi punti di vista: se la EDM sta conquistando sempre più spazio nel pubblico, soprattutto grazie alla vitalità e freschezza che la caratterizza. Gli appassionati chiedono sempre qualcosa di nuovo e i big li accontentano, non solo proponendo singoli e album originali con una certa velocità, ma soprattutto lanciando nuove stelle emergenti e futuri prodigi della Dance Elettronica. Ecco allora che quei milioni di dollari conquistati in un anno iniziano ad assumere una luce diversa: se da un lato una buona parte di questi soldi vengono spesi in ville, staff, divertimenti personali e jet privati (necessari per viaggiare da una parte all’altra del mondo ed essere presenti nelle più prestigiose discoteche del pianeta, soprattutto in estate), dall’altro è anche vero che un buon livello di queste entrate viene investito nella ricerca e promozione di giovani talenti. Non stiamo parlando più di semplici DJ, ma di veri e propri investitori culturali.

Prendiamo il caso dell’olandese Armin van Buuren (ottavo nella classifica Forbes con “appena” 17 milioni di dollari): un nome che in Italia, purtroppo, non è ancora conosciuto come dovrebbe (anche se l’ultimo singolo, This Is What It Feels Like è andato benissimo anche da noi!), ma che all’estero viaggia su livelli altissimi, tanto da posizionarsi al primo posto della classifica dei DJ più conosciuti e amati al mondo per ben 4 volte negli ultimi 5 anni. Un record imbattibile! Ebbene, Armin è co-fondatore e mentore dell’etichetta discografica Armada Music, una delle label EDM più famose e prestigiose, che oltre ad avere sotto contratto alcuni grandi nomi del settore (Paul Oakenfold, Chicane, ATB, Dash Berlin e altri), riunisce tante piccole labels indipendenti, spesso create, a loro volta, dai produttori più “anziani” e dalla forte esperienza. Lo stesso Armin ha da poco lanciato una nuova label, la “Who’s Afraid of 138?!” (due sole uscite all’attivo al momento), che riprende il titolo di uno dei brani del suo ultimo album “Intense” ed è impostata maggiormente sullo stile Uplifting che tanti proseliti ha in Europa, soprattutto nelle regioni settentrionali.

I giovani produttori “sfornati” da queste labels sono tanti e spinti non solo da una forte passione per la EDM, ma anche da una carica creativa unica nel suo genere, in grado di rinnovare costantemente questo settore. Dall’altro lato, i DJ più maturi non hanno paura di investire sulle nuove risorse. E non hanno neanche paura che uno di loro, un giorno, possa prendere il loro posto. Anzi, ne sono quasi felici, perché significa assicurare una linea di continuità a un mondo, quello EDM appunto, che nel corso dei prossimi mesi e anni continuerà a crescere in modo irrefrenabile.

Immaginate se una logica del genere fosse attuata dalla nostra classe politica o da alcuni segmenti della nostra società. Immaginate un responsabile d’azienda che, con coraggio, decide di investire sui giovani più capaci come fanno i DJ professionisti: riuscirebbe a dare una risposta concreta al drammatico problema della disoccupazione giovanile, garantendo un ricambio generazionale che può portare solo freschezza, originalità e creatività nel mondo industriale e, di conseguenza, all’interno della società nella sua interezza. E se altri potessero seguire il suo esempio, magari a livello nazionale, le cose non potrebbero che migliorare. In poche parole, dal mondo Dance Elettronico possiamo solo imparare…

Certo, ci fosse un’attenzione maggiore da parte dei DJ più noti nei confronti di alcuni temi caldi, come quello dei diritti umani (per fare un esempio, lo stesso Armin ha ricevuto critiche da molti fans per aver suonato in Russia, nazione che da diversi mesi calpesta i diritti degli omosessuali in modo brutale e orribile), il quadro sarebbe perfetto. Dalì consigliava di non avere paura della perfezione, perché non riusciremo mai a raggiungerla. Ma chissà, qualcosa potrebbe muoversi anche in questo segmento. E a quel punto, non resterà che aprire gli occhi di fronte a una rivoluzione socio – culturale che sta già scorrendo sotto i nostri occhi e suonando nelle nostre orecchie.

 

gayrussLa follia del mondo contemporaneo ci ha reso avvezzi a qualsiasi tipo di stravaganza e ormai capita raramente di rimanere esterrefatti davanti a un evento, una notizia, un comportamento che riconosciamo essere inusuale quando non addirittura irrazionale. Non è dato sapere se anche il governo russo confidasse nell’alto grado di assuefazione della gente alle stranezze globali, il giorno in cui ha deciso di approvare a livello federale la legge che vieta la “propaganda omosessuale” e le relazioni sessuali “non tradizionali” in tutta la Russia.

Una decisione che ha portato questo immenso paese molto vicino all’Europa indietro di decenni, riaprendo il dibattito sui diritti della comunità LGBT a livello internazionale. Accade così che mentre gli stati dell’America Latina facciano parlare di sé non solo per i molti miracoli economici, prima annunciati e poi smentiti, ma anche per un’inaspettata apertura nei confronti degli omosessuali – tramite il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, come è avvenuto di recente in Argentina, Brasile e Uruguay – la Russia abbia legalizzato l’omofobia, arrivando a prevedere la creazione di un meccanismo che possa consentire in un prossimo futuro la sottrazione dei figli alle coppie omosessuali.

Un provvedimento destinato ad avere molte ripercussioni anche sulla vita culturale del paese che dovrà rinunciare ad alcuni dei suoi esponenti artistici più amati e internazionalmente riconosciuti, come dimostrano le prime fughe all’estero di alcuni intellettuali, giornalisti e artisti dichiaratamente omosessuali. Nell’attesa che la musica di Tchaikovsky sia vietata per legge in quanto gay – e perché magari ascoltando le sue composizioni, le ragazze e i ragazzi russi potrebbero subire un’influenza “negativa” – i dettagli sulla vita sessuale del grande compositore sono stati alacremente e silenziosamente eliminati da alcune opere teatrali e cinematografiche, attualmente in lavorazione, sulla vita e sull’ascesa artistica del maestro. A ciò si aggiunge la quasi buffa notizia del divieto imposto da un tribunale di Mosca di realizzare le celebrazioni del gay pride per i prossimi cento anni.

Da qui alla negazione di alcuni diritti fondamentali il passo è davvero breve. Come qualcuno molto saggiamente ha detto, sembra sul serio che non ci sia mai limite al peggio.

 

Vittoria Azzarita è caporedattrice di Tafter Journal

 

Il presidente russo Vladimir Putin in scollata vestaglia rosa pastello da donna e il primo ministro russo Dmitry Medvedev in mutandine e reggiseno sui toni dell’indaco e del viola. Il primo che sembra accarezzare la nuca dell’altro e entrambi che fissano con sguardo vacuo l’osservatore. No, non si tratta di un brutto sogno, ma di un’opera d’arte che forse costerà cara all’artista che l’ha creata, Konstantin Altunin.

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Questa e altre quattro opere del 45enne artista russo erano esposte al Museo del Potere di San Pietroburgo, ma il 27 agosto è intervenuta la polizia a confiscarle. La reazione di Altunin è stata la fuga verso la Francia. Contro di lui non è stato emanato alcun mandato di cattura, ma le autorità hanno sequestrato le opere per capire se infrangono la legge e sono passibili di condanna.

Altunin, dalla Francia, si dice scioccato dalla reazione delle autorità, che non pensava reagissero in maniera così estrema ad un’opera che lui definisce ironicamente innocente. Certo, la tela ha un taglio polemico, e non lo nasconde. Konstantin l’ha creata tenendo in mente l’annuncio del 2011 in cui Putin e Medvedev proclamavano che si sarebbero scambiati le cariche, con il ritorno del primo al Cremlino e l’elezione del secondo a Primo Ministro. L’opera si intitola, poi, “Travesty”, e molti vi hanno letto il sostegno di Altunin alla causa dei diritti gay, tanto dibattuta in questi giorni con riferimento proprio alla Russia.

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La duma, all’unanimità, ha infatti approvato una legge che vieta la propaganda omosessuale nel paese, legittimando ulteriormente le aggressioni ai manifestanti pro gay da parte di ortodossi religiosi e di formazioni di estrema destra. Un’altra delle opere confiscate, non a caso, ritrae il legislatore Vitaly Milonov, ideatore della legge, che sventola una bandiera della pace, simbolo gay, mentre in primo piano un poliziotto sta per picchiare un giovane manifestante con un manganello.

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E’ comprensibile, dunque, la decisione di Altunin di chiedere asilo politico alla Francia e di stabilirsi a Parigi, viste le misure che il Cremlino è solito attuare contro chi si oppone, in un modo o in un altro, alle autorità. E’ ormai tristemente noto il caso delle Pussy Riot, il collettivo anonimo punk rock che ha scatenato le ire del governo russo, portando all’arresto di tre suoi membri nel marzo 2012. Circa un anno fa, un’altra mostra è stata oggetto di tensioni e polemiche, stavolta a Mosca, proprio perché dedicata alle Pussy Riot.

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C’è poi il caso dell’artista russa Aleksandra Kachko, nota anche come Zoa o Rosovi Bint, più volte arrestata per i suoi murales di denuncia nei quali compaiono spesso donne maltrattate, crocifisse o in manette.

Spaventa ancora l’arte, da quella in gallerie e musei a quella esposta per le strade, e il Cremlino non si rende conto che in questo modo  non fa che dare adito a chi lo accusa di censura, conferendo importanza proprio ai suoi stessi oppositori.

ammarPasseggiando per le strade di Buenos Aires si incontrano edifici, pareti, muri, treni e saracinesche coperti di stickers, murales e stencil, elementi vivi di una città dove la street art è un fenomeno diffuso. Con questa forma di espressione artistica urbana, prevalentemente illegale, gli artisti fanno sentire la propria voce lanciando messaggi sociali o politici o più semplicemente lasciando la propria firma.

Grazie al suo forte potere comunicativo, l’arte di strada e in particolare gli stencil sono stati scelti come strumento per la campagna di sensibilizzazione dei diritti umani organizzata dall’associazione AMMAR (Argentine Prostitutes’ Association).

Gli stencil, realizzati dalla compagnia pubblicitaria Ogilvy & Mather, che si trovano sugli edifici agli angoli delle strade, raffigurano da un lato donne ammiccanti, in posizioni difficilmente fraintendibili, e dall’altro lato il passeggino del figlio che la donna sta spingendo. La scelta dell’angolo delle strade è significativa: sono luoghi emblematici dove le lavoratrici del sesso offrono i loro servizi e in più l’angolo permette di raffigurare la doppia realtà della vita di queste donne che, per l’86% di esse, prima di tutto sono madri, e successivamente lavoratrici.

L’associazione lotta da 19 anni per la difesa dei diritti umani e dei diritti del lavoro delle “lavoratrici del sesso” in Argentina, per cambiare l’attuale realtà di abuso, sfruttamento e discriminazione. I membri di AMMAR sono donne adulte, prostitute per scelta personale e consapevole, che lavorano autonomamente e che lottano per ottenere degne condizioni e per uscire dalla clandestinità. Al fine di raggiungere questi obiettivi si sono organizzate in un sindacato e ne richiedono il riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro in modo tale da poter beneficiare, tramite il pagamento delle tasse, dell’assistenza sociale e della pensione. Gli stencil sono la rappresentazione artistica e il mezzo per comunicare alla società la lotta da esse intrapresa per ottenere una legge che le riconosca come lavoratrici del sesso autonome, differenziando il loro lavoro dalle pratiche illegali della tratta di persone, della prostituzione minorile e adulta, e che le protegga dallo sfruttamento e dalla violenza della polizia.

In Argentina la prostituzione è infatti legale, tuttavia la legge attuale non protegge le lavoratrici del sesso dal maltrattamento e dalle molestie dei poliziotti, che avvengono ad ogni angolo della strada, e dal loro sfruttamento e inclusione nei cartelli della prostituzione.

L’associazione critica i due progetti di legge che sono stati presentati al Congresso Nazionale il 3 aprile scorso, che pianificano una modifica del Codice Penale per categorizzare come crimine il consumo di servizi sessuali. I progetti prevedono la condanna del cliente per compra di prestazioni sessuali. AMMAR considera queste misure poco efficaci, o meglio dannose, perché rendendo clandestini i clienti, le donne stesse si troverebbero in situazione di maggior clandestinità e vulnerabilità allo sfruttamento. Sarebbero infatti i poliziotti gli unici garanti dell’attuazione della legge e questo darebbe loro la possibilità di farsi pagare per non effettuare la multa, conferendogli eccessivo potere.

 

Le sommosse in Turchia non sembrano placarsi: Piazza Taksim continua ad essere palcoscenico degli scontri tra manifestanti e polizia, in un clima rovente che attanaglia il Paese ormai da settimane, senza accennare ad una soluzione.

Come spesso accade in queste situazioni, gli artisti e i creativi colgono l’occasione per contribuire alla causa dei diritti attraverso il loro talento. Ecco allora che anche ad Istanbul e Ankara i messaggi di protesta vengono affidati a graffiti e murales, così come accadde durante la primavera araba, e nascono così simboli di una ribellione che lascerà il segno, speriamo positivamente.

Tra questi i “pinguini”, apparsi su molti muri turchi, a rappresentare la vigliaccheria dei media nazionali, che invece di dar visibilità alla principale manifestazione organizzata in piazza, hanno trasmesso un documentario su questi esemplari.
Vicino ai pinguini campeggia il volto di Erdogan mascherato da joker e frasi slogan che ricordano l’utilizzo di gas contro la popolazione manifestante.

 

penguin

C’è chi invece ha voluto esprimere il proprio dissenso nei confronti del governo turco attraverso la musica di un pianoforte. Per di più si tratta di un artista italiano: lui è Davide Martello e al centro di Piazza Taksim ha intonato con il suo piano brani dei Beatles, sciogliendo per qualche minuto le tensioni tra cittadini e forze armate.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=Wmolk-Kx7Go]
Anche l’artista turca Sukran Moral, da sempre attiva a favore dei diritti umani, ha voluto prestare la propria arte alla cause della rivolta, inscenando una performance nel Gezi Park. La donna, avvolta in candidi drappi di lino, si è inflitta dei tagli sul ventre con una lametta, lasciando scorrere sul suo corpo rivoli di sangue, a rappresentazione delle vittime della protesta.

 

sukran

 

La scorsa notte è stata invece la volta della performance del coreografo Erdem Gunduz, il quale per cinque ore e mezza è rimasto immobile in piedi nella piazza gremita, proprio dinnanzi al ritratto dell’eroe nazionale Ataturk. La sua forma pacifica di protesta è stata pian piano abbracciata da molti dei manifestanti presenti, che hanno compreso la forza del gesto: l’immobilismo per un coreografo è infatti un ossimoro. In vari luoghi della città altre persone hanno seguito l’esempio di Gunduz, che ha avuto grande risalto anche sul Web, tanto che l’hashtag #duranadam (uomo in piedi) è divenuto in pochi minuti un trend mondiale. Il ballerino turco è stato trattenuto dalla polizia ma, una volta rilasciato, ha rilanciato l’appuntamento dell’Uomo in Piedi alle ore 20,00  di ogni giorno.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=fFIKnn_0Ekg]

 

 

Stime non ufficiali parlano infatti di circa 600 feriti, più o meno gravi, e tra loro spicca l’immagine di un’altra donna, la studentessa Ceyda Sungur che, con il suo vestito rosso, è stata colpita dal gas urticante lanciato dalla polizia, opponendo una pacifica resistenza.

 

Ceyda-Sungur-2

 

Anche Gezi Park, dove tutto ha avuto inizio, è stato occupato dai manifestanti che lo hanno trasformato in un luogo di incontro e scambio di idee. Qui ha preso vita un albero, creato con il fil di ferro e intitolato “Gezi Speaks”, dove chiunque può lasciare dei messaggi e affidare pensieri, proprio a testimonianza di un forte bisogno di democrazia e libertà di espressione.

 

gezispeaks

 

L’8 marzo, giornata internazionale della donna, o più comunemente detta festa della donna, è il giorno dedicato al genere femminile e alla sensibilizzazione per prevenire ed eliminare le violenze e le discriminazioni nei confronti del gentil sesso. Se il detto dice che “una donna non si tocca neanche con un fiore”, durante questa giornata di mimose e fiori da regalare in giro se ne vedono davvero tanti. I più critici nei confronti di questa celebrazione fanno notare che l’istituzione di una giornata dedicata implica ancora una presenza di discriminazioni molto forti nei riguardi del genere femminile, una disparità che ad oggi dovrebbe essere già stata superata da tempo. Innanzitutto, perché l’immagine della donna delicata da accontentare con dei fiori è stata smentita e demolita da milioni di donne che, pur in condizioni di disagio, hanno combattuto per i propri diritti e libertà, affermando con forza e determinazione la propria indipendenza e parità. Esempi di donne che hanno cambiato la storia, il panorama letterario, la società, sono spesso soggetti protagonisti di sceneggiature, che hanno consacrato attrici e film e reso indimenticabili queste pellicole. Abbiamo perciò pensato di rispolverare negli archivi cinematografici vecchi e recenti i film più famosi, grazie ai quali ripercorrere le vicende di eroine più o meno note, che rappresentano l’orgoglio del genere femminile.

 

ELISABETH 1998 e ELISABETH THE GOLDEN AGE 2007

di Shekhar Kapur

Due film che fanno parte della trilogia che racconta la storia di Elisabetta I, la regina dal 1558 al 1603 che rese grande l’Inghilterra interpretata da Cate Blanchett.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=G55-O4YYYIU&w=400&h=300]

 

 

BECOMING JANE
2007

di Julian Jarrold

Anne Hathaway interpreta la scrittrice inglese di Ragione e Sentimento, ripercorrendo la sua stessa vicenda da cui prese ispirazione per redigere i romanzi che la ne consacrarono la sua celebrità.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=OYViBfUvSOA&w=400&h=300]

 

 

COCO AVANT CHANEL
2009

di Anne Fontaine

La stilista che ha dettato le regole rivoluzionando la moda femminel del XIX secolo interpretata da Audrey Tautou

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=EJfKjp-oXp4&w=400&h=300]

 

 

WE WANT SEX (EQUALITY)
2010

di Nigel Cole

Il film racconta del primo sciopero delle operaie della Ford in Inghilterra, per ottenere i pari diritti sindacali nel 1968. Tra gli attori nel cast Sally HawkinsBob Hoskins, Miranda Richardson e Rosamund Pike.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=eSI4XARGWCU&w=400&h=300]

 

 

EVITA
1996

di Alan Parker

Adattamento cinematografico dell’omonimo musical che racconta la storia di Eva Peròn in Argentina

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=7mEGqfBUvqE&w=400&h=300]

 

 

THE HELP
2011

di Tate Taylor

Tratto dall’omonimo libro, il film racconta della lotta per l’emancipazione delle donne di colore nello stato del Missisipi in America nella prima metà degli anni sessanta.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=52UYjEs72tw&w=400&h=300]

 

 

ERIN BROCKOVICH
2000

di Steven Soderbergh

La storia vera di Erin Brockovich che fece vincere l’Oscar a Julia Roberts per la sua interpretazione

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=WtoqPQQuOs8&w=400&h=300]

 

 

RISO AMARO
1949

di Giuseppe De Santis

Film neorealista che narra la storia di due giovani che si imbattono in un gruppo di mondine nelle campagne vercellesi

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=p5FFNmKg7cY&w=400&h=300]

 

 

 

DONNE SENZA UOMINI
2010

di Shirin Neshat

Pellicola che ha vinto il Leone d’argento al Festival di Venezia racconta la storia di quattro donne nell’Iran del 1953

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=saI2YubuWfU&w=400&h=300]

 

 

NORMA RAE
1979

di Martin Ritt

In una città dell’Alabama Norma Rae, operaia interpretata da Sally Field, si batte per ottenere i diritti sindacali per sé e i suoi colleghi

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=45CX8W9peTs&w=400&h=300]

 

 

 

LA BICICLETTA VERDE
2013

di Haifaa Al-Mansour

Una caparbia bambina in Arabia Saudita combatte la sua personale lotta per l’indipendenza esemplificata dall’acquisto di una bicicletta, veicolo prettamente maschile nei paesi islamici.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=kbx5H7dPVUg?rel=0]

 

 

Il 24 e 25 febbraio 2013 si terranno le elezioni politiche per rinnovare il governo dopo la transizione della dirigenza tecnica. I partiti sono in pieno fermento propagandistico e si prodigano in campagne sempre più variegate, social e creative.
Direte voi: qual è la novità? Questo periodo pre-elettorale sembra in realtà caratterizzarsi per la presenza di molte proposte avanzate dal mondo dell’associazionismo, dal terzo settore e da diversi soggetti che hanno deciso di esporre le loro richieste ai potenziali governanti di domani.

 

In ambito culturale hanno riscontrato larga partecipazione le Primarie del FAI, una consultazione pubblica, che si è svolta on line, al fine di individuare cinque punti da presentare ai candidati. Dal 7 gennaio, per 21 giorni, i cittadini hanno segnalato le loro priorità che si sono rivelate i fondi da destinare alla cultura, la protezione del suolo, la sicurezza del territorio, la promozione dell’agricoltura e il diritto allo studio.

 

Anche Federculture ha avanzato l’appello “Ripartire dalla Cultura”: 5 proposte per dieci obiettivi. La cinquina di temi tocca competenze, lavoro giovanile, investimenti, modernizzazione nella gestione dei beni culturali e una fiscalità agevolata per il settore culturale.

 

L’imprenditoria non è certo rimasta a guardare, ma ha fatto sentire la sua voce con “Il Progetto Confindustria per l’Italia: crescere si può, si deve”. Già dal titolo del documento si evince il tono delle proposte, che si pongono come principali obiettivi crescita e occupazione. Gli strumenti tramite cui perseguire tali risultati sono vere e proprie terapie d’urto basate sul taglio dei costi, su liquidità dell’economia, rilancio degli investimenti, aumento dell’export e mantenimento della coesione sociale. Il tutto analizzando con attenzione la copertura finanziaria e indicando le riforme necessarie in diversi ambiti.

 

Ognuno lancia idee per il proprio settore, dunque, e Slow Food propone i suoi “appunti per le politiche alimentari in Italia”. L’appello invita a volgere l’attenzione a suolo, paesaggio e territorio, affinché si preservino i terreni fertili e si recuperino quelli abbandonati. Importante anche la tutela della legalità nei sistemi di produzione enogastronomica, la lotta contro il cambiamento climatico, la preservazione della biodiversità e il rifiuto degli ogm, ma anche incentivi per le nuove generazioni che operano nel settore, la promozione di vecchi saperi, agevolazioni fiscali e molto altro ancora.

 

Per quel che attiene il panorama dei diritti, da segnalare la campagna “Tempo Scaduto”, promossa da Arcigay, che sintetizza le richieste in quattro punti illustrati in un apposito sito web. Qui vengono segnalate le posizioni di ciascun partito e le risposte dei candidati per Camera e Senato di ogni regione riguardo ciascuno dei quattro punti. Infine c’è un’apposita sezione dedicata a chi intende sostenere il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’estensione della legge Mancino per reati motivati da omofobia e transfobia, l’accesso alla fecondazione assistita e la possibilità di cambiamento del genere anagrafico.

 

Pare che anche l’ACI, Automobile Club d’Italia, abbia raccolto 10 proposte rivolte al futuro parlamento e governo. Questa ricetta, promette la federazione, consentirebbe di far risparmiare agli automobilisti italiani 26,8 miliardi di euro, riducendo la loro spesa annuale del 20%. Tra le misure c’è l’abolizione del Codice della Strada per l’adozione di un Codice del Conducente, la previsione di una patente a livelli per le auto più potenti, abolizone del superbollo e riduzione della tassa di possesso, la rimodulazione dell’accise sui carburanti, più mezzi pubblici e ancora altro.

 

Quelle presentate sono solo alcune delle tante voci di un ampio coro: da più parti si suggeriscono infatti soluzioni, idee e riforme che, se da un lato denotano una forte esasperazione e una grande esigenza di cambiamento, dal’altro fanno guardare al futuro con ottimismo. Sembra infatti che in Italia ci sia ancora voglia di fare e di migliorarsi.
Anche TAFTER, del resto, aveva già a suo tempo illustrato le sue sette priorità per le politiche culturali in Italia.

 

Il 25 novembre di oltre 60 anni fa, tre sorelle morirono torturate e gettate e in un precipizio dalla barbarie del regime militare dominicano di Trujillo. Era il 1960 e quello fu l’eccidio delle sorelle Mirabal. Nel 1999 la data di quella tragedia diventa con la risoluzione 54/134 delle Nazioni Unite Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, simbolo di una lotta che in Italia è diventato un tema di opinione pubblica solo in anni molto recenti. Per la prima volta nel 2007 su richiesta del ministro per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini (PD) l’Istat fornisce con il report Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia dati e statistiche sul fenomeno. Nel 2006 erano 180 i decessi di donne per le violenze subìte, uno ogni due giorni. Violenze che toccavano il 5,4 per cento del totale delle donne, il 22 per cento in più dell’anno precedente, pari a 1 milione e 150 mila vittime in Italia. Da quando questi dati sono emersi si sono susseguite più mobilitazioni tra cui una discussa manifestazione del novembre 2007 a Roma, in cui venne contestata la presenza di rappresentanti femminili della politica e di giornalisti maschi. Nel settembre 2008 è nata l’Associazione nazionale dei Centri antiviolenza, D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, che riunisce 58 centri di tutta l’Italia coordinati a livello europeo dalla rete Wave: Women Against Violence Europe.

La Convenzione del Consiglio d’Europa (Istanbul 2011) per l’eliminazione di ogni discriminazione sulle donne ha richiesto a vari Stati, tra cui Messico e Italia (unico Paese europeo, nel 2011), di adottare misure specifiche per il contrasto al femminicidio. Richiesta ribadita nel giugno di quest’anno dalla Relatrice Speciale ONU contro la violenza sulle donne. In quest’ottica, il 22 novembre presso la Sala Caduti di Nassyria del Senato viene presentato alla stampa il disegno di legge Norme per la promozione della soggettività femminile e contrasto al femminicidio promosso dalla senatrice PD Anna Maria Serafini, di cui si parla già da luglio. Il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio in collaborazione con Differenza Donna ha prodotto ”Giulia ha picchiato Filippo” docufilm di Francesca Archibugi con Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca in onda su Raiuno domenica 25 novembre alle ore 15.55.
A sostegno della Convenzione si muove Serena Dandini con il progetto teatrale Ferite a morte – La Spoon River del femminicidio che tocca Palermo, 24 novembre, Bologna, 30 novembre e Genova, 9 dicembre. A Roma, promosso da Se Non Ora Quando e Female Cut il festival Female against Violence, presso il magazzino dell’arte Lanificio169 il 25 novembre 2012, con Lidia Ravera, Francesca Reggiani, Veronica Pivetti e oltre 50 artiste sostiene una consapevolezza che entri nella vita quotidiana e non sia solo l’eco di casi tragicamente eclatanti.
A Milano presso le colonne di San Lorenzo dal 18 novembre nell’ambito del festival di arte pubblica Con i tuoi occhi è allestito per la prima volta in Italia il progetto Zapatos Rojos di Elina Chauvet che ha origine nel 2009 in Messico a Ciudad Juarez, la città conosciuta come il luogo più pericoloso al mondo per una donna. Chiara Mu e Marta Lodola le artiste italiane coinvolte. Presso il Teatro Litta dal 23 al 25 novembre, in occasione della rassegna cinematografica Siamo Pari! La Parola alle Donne, saranno esposti i risultati del challenge fotografico #staizittacretina organizzato da Intervita che ha coinvolto 300 aspiranti fotografi sul tema “Il diritto delle donne che vorrei fosse più rispettato”. Il dibattito Le parole non bastano. Donne e Uomini contro la violenza maschile sulle donne si tiene nella Sala Conferenze di Palazzo Reale il 20 e 21 novembre.

 

A Genova per iniziativa della Fondazione per la Cultura del Palazzo Ducale a partire da giovedì 22 novembre sarà visibile su megaschermo del palazzo ducale un video denuncia ideato dalla filosofa Nicla Vassallo e dalla calligrafa Francesca Biasetton per ricordare le 102 vittime di questo anno non ancora concluso.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=UpVWZ-Dkmkc?feature=player_detailpage]

Essere una ragazzina di 14 anni non è semplice come molti pensano: si avvertono i primi cambiamenti fisici, c’è il confronto con i coetanei, la scuola e le prime responsabilità.
Se però sei una bambina pakistana, con il grande desiderio di imparare e andare a scuola, questi appariranno come problemi secondari.
Malala Yousafzai è stata infatti raggiunta da alcuni proiettili all’uscita dall’aula dove si recava quotidianamente per seguire le lezioni, sfidando il regime dei talebani vigente a Mingora e in tutta la valle dello Swat.
L’istruzione per le donne è infatti avversata dai fondamentalisti che costringono le bambin, fin dalla più tenera età, a matrimoni con uomini adulti. I tentativi di ribellione a queste regole sono puniti con la violenza; assurda eppure molto comune l’usanza di sfregiare in volto le donne con l’acido.

Malala Yousfzai è stata accusata di “infedeltà e oscenità” per aver condotto sin dal 2006, una coraggiosa campagna di denuncia contro i soprusi subiti da lei e dalle sue coetanee, costrette a recarsi a scuola con il burka per nascondere la propria identità e i libri scolastici. Il diario in cui ha avuto la forza di raccontare quanto accade nel suo Paese si è trasformato in un blog della BBC Urdu. Malala è stata poi protagonista di due documentari del New York Times, che l’hanno definitivamente consacrata a voce delle bambine pakistane. Il suo motto è “dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani”.
Sapeva che la sua tenacia sarebbe stata punita nella maniera più barbara, ma Malala ha evidentemente avuto la speranza e la fiducia nel futuro che solo i bambini possiedono.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=SbSO2akmKtM?feature=player_detailpage]

 

Le sue condizioni sono ora critiche: a rivelarlo è il tenente colonnello Junaid Khan, che dirige l’ospedale militare di Peshawar dove Malala è stata soccorsa. Aiuti sono stati offerti alla ragazza dagli Emirati Arabi e dagli USA, del cui presidente Obama è grande fan, ma spostarla è ora troppo rischioso per le condizioni fisiche in cui versa: è stata infatti colpita da due proiettili, uno al collo e l’altro alla testa.
Ora il mondo prega affinché Malala sopravviva e torni a scuola con le sue compagne.

Questo episodio barbaro non è purtroppo isolato, ma ogni giorni milioni di bambine subiscono ancora soprusi e vedono violati i loro fondamentali diritti.
Simile alla vicenda di Malala, è quella di Bharti Kumari, indiana di Kusumbhara, nel Bihar. La sua storia commovente si è trasformata in un libro intitolato “La Maestra Bambina”: abbandonata neonata è stata adottata da una famiglia di poveri agricoltori dalit, la casta inferiore della società indiana; la sua voglia di imparare l’ha condotta ben presto a condividere le nozioni apprese con gli altri bambini del suo villaggio, nonostante la povertà anteponga la preoccupazione della semplice sopravvivenza. Il suo impegno e coraggio l’hanno premiata: notata da un giornalista locale, è stata condotta alla Gandhi Memorial Public School dove ha completato gli studi.
Questo le ha permesso di guardare al futuro con fiducia, a dispetto delle sue umili origini che l’avrebbero altrimenti costretta a una vita umiliante. La consapevolezza dell’aver ricevuto un’istruzione le ha fatto affermare: “Il domani, è ancora tutto da scrivere”.

E forse non tutti sanno che l’11 ottobre è proprio la giornata mondiale per la difesa dei diritti delle bambine. Quest’anno si tiene la sua prima celebrazione, con eventi in oltre 60 Paesi, che illumineranno di rosa i maggiori monumenti. A New York si terrà invece una cerimonia alla presenza del Nobel per la Pace Leymah Gbowee.
A Malala, a Bharti e alle tante, troppe bambine che come loro ancora subiscono ingiustizie inaccettabili, dedichiamo questa giornata.

Oggi è partita inoltre la campagna di sensibilizzazione verso questo fenomeno, volta a dar voce a tutte le bambine ‘invisibili’ del mondo, ad affermare con forza i loro diritti, a promuovere la pari dignità fra i sessi, garantendo alle ragazze più povere le stesse possibilità.
La campagna per l’istruzione delle bambine è stata lanciata dall’organizzazione internazionale Plan. La testimonial è l’attrice Freida Pinto che nel video ci chiede di alzare la mano per la causa. Noi alzeremo anche la voce!

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=XrCNKX0rFRg?feature=player_embedded]

La Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino recita “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Prosegue poi così: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”.
Questa pietra miliare di democrazia e giustizia sociale, adottata dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite nel 1948, non è riuscita a cancellare dalla società globale il sentimento odioso dell’omofobia: ancora si registrano purtroppo casi di discriminazione verso gli omosessuali e non solo nei Paesi culturalmente oppressi da regimi dittatoriali.
Anche in Italia continuano a verificarsi vicende ignobili: l’ultimo caso è quello di Claudio, un ragazzo di Reggio Calabria che dopo essere stato malmenato da un gruppo di coetanei per le sue preferenze sessuali, ha dovuto subire anche l’umiliazione di un infermiere che lo ha invitato a recarsi da uno psicologo per risolvere il suo ‘problema’.
Ecco perché ancora in questi “tempi moderni” è necessario celebrare la giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia (IDHAO – International Day against Homophobia and transphobia). Istituita il 17 maggio del 2005, a quindici anni dalla rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 2007 ha ottenuto il sostegno dell’Unione europea.
Proprio la Carta dei Dritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, ha specificato che è vietata qualsiasi forma di discriminazione anche per le tendenze sessuali.
Oggi si tengono perciò in molti Paesi manifestazioni per il superamento di questi atteggiamenti di ostilità nei confronti di chi ama persone del proprio stesso sesso.

Quello che segue è il video ufficiale lanciato da IDHAO per il 2012.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=wI32P78Dt18&w=400&h=230]
Per questo 17 maggio 2012 l’Arcigay ha scelto di diffondere una campagna, finanziata con le donazioni del 5×1000 a suo favore, dal titolo “Io denuncio”: il messaggio è proprio quello di segnalare casi di discriminazione, o peggio, di violenza, a danni di persone omosessuali, tanto da parte delle vittime che da parte di testimoni.

 

Nel video “Disgusto o umanità?” prodotto da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e Comune di Genova, in occasione di questa giornata, sono stati invece raccolti i contributi di artisti e professionisti sul tema: da Martha Nussbaum ad Ascanio Clestini, fino a Stefano Rodotà.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=5bH74ucf50Y&w=400&h=230]
Oltre a queste campagne di sensibilizzazione si terranno oggi numerosi incontri e dibattiti al riguardo per rompere il velo di diffidenza e l’ostilità che ancora avversano uomini e donne omosessuali.
Perché non si può comandare al cuore chi amare; e non si può essere considerati colpevoli di provare affetto per un altro essere umano, sia anche del proprio stesso sesso.

 

 

Nel 1977 le Nazioni Unite hanno stabilito che l’8 marzo fosse la giornata dedicata ai diritti delle donne, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difficile condizione femminile nel Mondo. Ancora oggi infatti, bambine, ragazze e donne adulte sono vittime di violenze e soprusi che ledono la loro dignità e ne calpestano i diritti fondamentali.
Proprio l’Onu ha indetto il concorso “No to violence against women” per ideare una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne: le immgini di seguito sono i progetti pervenuti dalle maggiori agenzie pubblicitarie internazionali che hanno partecipato al contest.
Vogliamo proporle affinchè questo giorno non perda il suo significato originario, ma sia l’ennesima occasione per affermare con forza ciò che ancora accade nell’universo femminile e che non dovrebbe essere permesso.

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne non poteva iniziare in modo peggiore. È di ieri la notizia che la giornalista e blogger egiziana Mona Eltahawy è stata detenuta per dodici ore dalle autorità militari dopo essere stata arrestata nei pressi di piazza Tahrir, al Cairo, dove si sono riaccesi gli scontri a pochi giorni dalle annunciate elezioni. È stata la popolare giornalista la prima a dare la notizia del suo arresto, pubblicando alle 4 del mattino nel suo profilo Twitter poche parole per avvertire che era appena stata presa dalla polizia: “Arrestata picchiata al Ministero dell’Interno”. Dopo le interminabili ore di detenzione, interrogatori e violenze sessuali da parte dei poliziotti ( “In cinque o sei mi hanno circondata, mi hanno messo le mani addosso e sul seno, mi hanno afferrato nella zona dei genitali e ho perso il conto di quante mani hanno tentato di infilarmi nei pantaloni” condensa così la giornalista la sua denuncia nei 140 caratteri consentiti dal social network) è stata rilasciata alle 11.30 con entrambe le braccia e mani fratturate, come mostra chiaramente la foto caricata nel suo profilo Twitter. In passato corrispondente dal Medio Oriente per l’agenzia Reuters, Mona Eltahawy ha la doppia cittadinanza, egiziana ed americana e dal 2000 risiede negli Stati Uniti. Era tornata in Egitto per seguire da vicino e dare il suo appoggio alle proteste. Di recente aveva difeso il gesto della giovane egiziana Aliaa Mahdy che, per protestare contro la censura nel suo paese, e soprattutto contro la repressione della libertà delle donne, aveva pubblicato sul suo blog alcune sue foto completamente nuda. “Quando una donna è solo la somma del suo velo e del suo imene, allora la nudità e il sesso diventano armi di resistenza politica” aveva affermato in quell’occasione la giornalista. Forse non avrebbe mai pensato che anche la sua foto in tuta con le braccia ingessate sarebbe diventato il simbolo del riscatto delle donne di piazza Tahrir. Le barriere conservatrici nel paese sono ancora molto presenti e limitanti per le donne: le candidate alle elezioni non possono mostrare i loro volti nei depliant elettorali e, se verranno elette in Parlamento, al loro posto parleranno i rispettivi mariti. L’aggressione della giornalista egiziana non sembra essere un episodio isolato: diverse inviate di testate internazionali sono state assalite negli ultimi giorni mentre svolgevano i loro reportage nel paese. Non a caso, l’organizzazione Reporters sans Frontières ha consigliato ai media internazionali di non mandare come inviate donne in Egitto.

Approfondimenti:
Sito ufficiale di Mona Eltahawy

 

 

 

Quando si affronta il tema della Privacy, viene immediatamente evocato lo spettro del controllo centrale Orwelliano, tuttavia non è questo il maggior rischio per i soggetti esposti.
La Privacy, in effetti, è pressoché nulla quando ci si riferisce al rapporto Stato – Cittadini, eppure, per i paesi liberi, questo non rappresenta un ostacolo alla vita ed alla prosperità della comunità.
Questo perché lo Stato non può avvalersi delle informazioni sensibili acquisite per trarne un vantaggio competitivo sleale. Non è lo stesso per entità private che potrebbero usare dati riservati per elaborare azioni personalizzate per ogni individuo, instaurando discriminazioni inaccettabili in una società democratica.
Infine, il rispetto della Privacy tra individui è spesso legato a motivazioni di sicurezza personale e patrimoniale, basate sull’assunto che il rischio è proporzionale all’esposizione; anche in questo caso l’accesso ad informazioni sensibili potrebbe dare un vantaggio ulteriore o determinante ai malintenzionati.
Quindi la tutela della Privacy andrebbe imposta dallo Stato verso tutti i soggetti, garantendo ai cittadini la possibilità di modulare la propria esposizione in modo dettagliato e dinamico, implicando la possibilità di revocare concretamente le concessioni fatte tramite un sistema centralizzato: una “anagrafe della privacy”.
Ribaltando il punto di vista, è altresì chiaro che dovrebbe annullarsi anche la Privacy dello Stato nei confronto dei Cittadini, implementando modelli di gov 2.0 dove è la trasparenza a garantire la sicurezza e la salute dell’apparato pubblico.

Gabriele Morano è esperto in new media e mobile entertainment

La sanatoria sulle violazioni alla proprietà industriale prevista dal nuovo Decreto Sviluppo, articolo 8, comma 10, scuote il sistema delle imprese italiane del mondo del design. La lampada “Arco” dei fratelli Cassina, la “Panton chair del designer danese Verner Panton, le chaise longue di Le Corbousier possono essere riprodotte senza alcun riguardo.
Il sistema del design italiano, che oggi significa presenza diffusa di attività, competenze, azioni, prodotti e relazioni, che vedono questa disciplina come promotrice di processi d’innovazione da cui il nostro sistema economico-produttivo trae da tempo un importante vantaggio competitivo, viene affossata dal  Dl Sviluppo, entrato in vigore il 14 maggio.
La norma infatti afferma: “La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell’articolo 2, n. 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633, comprende anche le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano divenute di pubblico dominio a seguito della cessazione degli effetti della registrazione. Tuttavia i terzi che avevano fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale allora divenute di pubblico dominio a seguito della scadenza degli effetti della registrazione non rispondono della violazione del diritto d’autore compiuta proseguendo questa attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché detta attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso”.
Un duro colpo per il Made in Italy. Uno schiaffo alla creatività d’autore e al mondo del design, potenziale asset per rigenerare la competitività del nostro sistema economico.
La questione, precedentemente regolamentata dall’articolo 239 del decreto legislativo del 10 febbraio 2005 n. 30, era stata riformulata lo scorso agosto per adeguarsi alla direttiva Ue del 1998. La nuova versione della legge di riforma del diritto della proprietà industriale è stata ora scalzata dal nuovo decreto generando l’indignazione degli addetti ai lavori.
Si sono levate le critiche e lo sconcerto di tutte le associazioni di categoria: il vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione Paolo ZegnaRoberto Snaidero, presidente designato di FederlegnoArredo, Carlo Guglielmi, presidente di Indicam, Gianluca Armento, brand manager di Cassina, gruppo Poltrona Frau e da New York il presidente di Assoluce Piero Gandini tuonano contro la norma che avalla la contraffazione delle opere.
Dal “Rapporto Unioncamere 2011” si evince che la capacità di produrre innovazione in Italia, si esplicita attraverso il design e il brand, più che attraverso la tecnologia. Infatti, in base alle domande di registrazione dei marchi presentate all’Uami (Ufficio Armonizzazione del Mercato Interno), le imprese italiane risultano essere molto attente alla tutela di brand e creatività e quindi all’originalità del Made in Italy.
Di fatto negli ultimi cinque anni i marchi che conoscono i più alti tassi di crescita sono quelli che operano nei servizi: pubblicità, formazione e cultura, progettazione, ricerca; proprio per questo il crescente numero di contraffazioni e di reati contro la proprietà intellettuale e industriale deve allertare le imprese e il governo e stimolare un intervento di protezione e salvaguardia che tuteli anche all’estero la nostra creatività.
L’indagine condotta da Unioncamere mette inoltre in evidenza, come il design rappresenti un processo di progettazione, uno strumento efficace affinché la realtà produttiva delle imprese italiane possa affrontare i cambiamenti legati alla globalizzazione dei mercati e incrementare la propria produttività (l’industria italiana dell’arredamento ha riscosso un notevole successo sul mercato mondiale, nonostante la crescente concorrenza di nuovi competitori, forti di bassi costi del lavoro e delle materie prime).
Le grandi imprese del design italiano, Flos, Cassina, Vitra, a fronte delle royalties versate agli eredi dei designer, stanno studiando come muoversi per vie legali contro la norma,  ritenendo che questa, da una parte violi la Convenzione di Berna, dall’altra abbia profili d’illegittimità incostituzionale.
Sarebbe tuttavia auspicabile che la norma, “incostituzionalmente barbara”, fosse questione da discutere non nelle aule dei tribunali, quanto piuttosto in fase di conversione del decreto legge in Parlamento.

www.euraxess.it è un canale italiano, in lingua inglese, promosso dalla CRUI Foundation, un’organizzazione non-profit creata nell’ottobre del 2001 dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane al fine di promuovere lo sviluppo in ambito accademico, gestendo iniziative atte a supportare l’innovazione nel sistema universitario, in collaborazione con l’Università di Camerino e AREA Science Park. Il progetto è stato concepito per fornire informazioni e assistenza per la mobilità dei ricercatori in entrata e in uscita dall’Italia, fornendo una sorta di guida pratica alla gestione del trasferimento: come trovare un alloggio, la struttura del sistema scolastico, sistemi di supporto alla famiglia come la maternità, il sistema sanitario, corsi di lingua, sistema fiscale. Allo stesso modo il sistema prevede un servizio informativo per i ricercatori italiani intenzionati ad andare all’estero come: le ambasciate, i consolati e le dogane, gli istituti culturali, vademecum per viaggiare in sicurezza e gli uffici di rappresentanza permanente. È inoltre presente una sezione dedicata alle opportunità di lavoro che riporta le posizioni vacanti in ambito accademico, sia in Italia che all’estero, offrendo un dataset funzionale a gestire in modo efficace le pratiche di mobilità accademica. In quest’ottica si inserisce anche la pagina che raccoglie i principali programmi di mobilità connessi all’università: the Fulbright Program, the Marie Curie Actions, Erasmus Mundus Programme, Lifelong Learning Programme.
Il sito fornisce, inoltre, una serie di link diretti ai codici fondanti della regolamentazione della ricerca in Europa come La Carta europea dei ricercatori e il Codice di Condotta per la loro assunzione che tratta dei diritti e doveri del ricercatore ed è finalizzato ad accrescere il livello di occupazione e la qualità delle condizioni di lavoro del settore in Europa.
Oltre alle varie forme di assistenza online, i ricercatori che si spostano in Italia, possono usufruire di una serie di sportelli sparsi sul territorio (sette centri di servizio e otto punti di contatto locali): l’Apre (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea), il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e la Fondazione Bruno Kessler, che forniscono servizio di front office anche in 11 atenei Italiani, da Udine a Catania.
Il sito rappresenta dunque un’interessante opportunità per creare un vero e proprio Spazio Europeo della Ricerca, in ottemperanza alla legge 240/10, meglio nota come Riforma Gelmini, che, tra i vari articoli, stabilisce l’obbligo di promozione e pubblicazione della posizione vacante in ambito accademico per posizioni di professore o ricercatore a tempo determinato.

Dal 2003 ad oggi abbiamo assistito ad un vero e proprio exploit dell’arte cinese e, in generale, orientale. Lo Tsunami nel Sud Est asiatico ha contribuito a generare un’ulteriore accelerazione dei restanti paesi dell’area, dall’Indonesia alle Filippine, con crescita esponenziale di musei e curatori sempre più preparati e introdotti nello star system della cultura visiva internazionale. Il Giappone, con le sue tradizioni legate all’antica arte del disegno, pur evoluta con l’ingresso delle nuove tecnologie, era rimasto a guardare.
Il Maghreb era da tempo sotto i riflettori dei curatori di tutto il mondo, ma lo scenario non li aveva ancora accolti sul palcoscenico importante. Motivo, la mancanza di liquidità.
Le idee, però, quelle c’erano, ci sono sempre state. Solo mancava la libertà di espressione, l’obbligo per i musulmani di non attingere alle fonti religiose, tema che tutti gli artisti affrontano data l’influenza (negativa) che questi temi generano sulle coscienze degli uomini liberi. Gli interrogativi sul presente e sul futuro erano praticamente proibiti.
La caduta di alcuni regimi nord africani, la ritrovata attenzione del mondo libero, non fosse altro per il numero di copie che i giornali vendono in presenza di guerre e disgrazie, hanno riportato sotto i riflettori il Medio Oriente e il Maghreb stesso, con buona pace degli Imam, con grande gioia per i milioni di esseri pensanti stanchi di non potersi esprimere a parole, figuriamoci con il mezzo più potente sulla terra: l’immagine.
Il potere delle immagini, siano esse iconiche o di nuova generazione, metaforiche, astratte, fotografiche o veicolate attraverso dispositivi formali di tipo concettuale, è incancellabile, ineluttabile. Una volta prodotta un’opera d’arte, ci devi fare i conti. Non la puoi spegnere, non puoi cambiare canale, non la puoi ignorare. Devi guardarla.
I credenti di una religione spirituale e sacrale come l’Islam sanno nel profondo che l’arte è parte del DNA umano, che l’espressività è più pericolosa di mille carri armati e, soprattutto, sanno che la condizione umana passa mille volte meglio che alla TV. La realtà vera è quella dell’arte, dei simboli e dei simbolismi dai quali l’arte attinge la linfa vitale che le serve a vivere per sempre.
Per questo l’Occidente attende con ansia e con gioia il contributo culturale degli artisti mediorientali; quando ci si perde si guarda ad Oriente. Anche il verbo “orientarsi”, unico usato per segnalare che si cerca la Via, la dice lunga sull’importanza della cultura che palpita a Levante.
Venite da noi, sarete i benvenuti. Anzi, i bentornati.

Francesco Cascino è art consultant e presidente di ArtePrima