ARTErnativa.Come spiegare l’Arte a una CAPRA! CAPRA! CAPRA!

 

 

 


Un manuale di storia dell’arte davvero “arternativo”, in cui ad illustrare le opere sono tre buffi pseudo-critici a fumetti.

 

Suddiviso in cinque capitoli, incentrati rispettivamente su temi quali lavoro, tragedia, sport e giochi, passatempi e vacanze, per finire con la salute, questo manuale ripercorre la storia dell’arte in compagnia di Alghè, Spassky e Hardla, tre inconsuete guide che illustrano i dipinti in modo originale: ecco allora che “L’Uomo Vitruviano” è presentato come l’insegna di una palestra, “La Gioconda” appare come una presenza che disturba la vista del panorama toscano, e la Giuditta del Caravaggio è in realtà una parrucchiera inesperta.

 


La lettura ironica dell’arte proposta da “ARTErnativa” è certamente uno spunto piacevole per rispolverare la conoscenza di capolavori su tela in modo divertente e giocoso.

 

Un manuale irriverente come questo deve presupporre una conoscenza minima della storia dell’arte: consegnare nelle mani di un bambino o di un neofita “ARTErnativa” potrebbe indurre in errore. Il terzo episodio della Novella di Nastagio degli Onesti del Botticelli potrebbe esser davvero creduta una rappresentazione in chiave rinascimentale delle riunioni di condominio.

 

Alghè, Spassky e Hardla, i tre personaggi protagonisti, sono la trasposizione a fumetto dei tre autori: . La grafica del libro è però a firma di Walter Leoni, fumettista, vignettista e illustratore.

 

E’ caldamente indicato per chi vuole farsi due risate e guardare i capolavori dell’arte da un nuovo punto di vista. E, perché no: lo consigliamo a chi volesse sfoderare qualche battuta di spirito durante una visita al museo.

 

“ARTEernativa. Come spiegare l’Arte a una CAPRA! CAPRA! CAPRA!” è edito da Dentiblù. Humor & Comics e acquistabile a 12,90 euro.
ISBN 978-88-89786-38-3

 

Volevo diventare Picasso. Diario di un artista (precario) del Sud

 

 

Un libro-raccolta di tanti aneddoti, a volte ironici a volte amari, appartenenti a Luca Scornaienchi, artista, fumettista, sceneggiatore e organizzatore di eventi culturali di Cosenza. Le sue storie, raccontate con spontaneo umorismo contengono le vicende di un ragazzo che si incontra e si scontra con personaggi più o meno noti della musica, del fumetto, dell’arte. Uno stralcio di diario che, come dice l’autore “non ho mai avuto e che avrei tenuto chiuso nel cassetto se non me lo avessero chiesto”.

Prendete Albano Carrisi, Patti Smith, Micheal Jackson e Lou Reed in quantità moderata, aggiungete un po’ di Roma, di Cosenza, qualche goccia di Bologna e di estati afose al mare. Mixate il tutto e ogni tanto assaggiate. Ecco le 15 brevi storie raccontate tutte d’un fiato (così come tutte d’un fiato si lasciano leggere) il cui fil rouge è la passione smoderata per un lavoro che riesci a fare solo perché animato dalla temeraria voglia di conoscere e capire questo strano concetto che chiamiamo “cultura”.

Spigliato e perfettamente a suo agio nelle vicende che racconta (anche quando prevedono figure barbine e malcapitati eventi) l’autore accompagna il lettore nelle ambientazioni delle sue storie ma anche nelle ambientazioni della sua mente e della sua fantasia. Che è una delle cose più belle che un libro riesca a fare.

All’interno di un libricino scorrevole e dinamico forse due sole cose possono disturbare la sensibilità del lettore: la sensazione che a volte l’autore sia un po’ troppo egocentrico (che fa parte del gioco, nonostante tutto) e una correzione bozze non proprio ottimale che purtroppo semina qua e là qualche refuso.

Una postfazione carina e personale, che elenca una serie di “amo” ed “odio” in cui qualcuno potrà trovare dei punti di contatto con l’autore. O di totale disaccordo.

 

Chi appartiene, anche solo sfiorandolo, a questo mondo un po’ borderline che è quello dell’arte e della cultura. E a coloro che, lavorandoci, devono ogni volta spiegare a nonni e parenti che organizzare eventi culturali non è “un divertimento, in cui passi giornate spensierate a fare PR da un vernissage all’altro, come in quei film americani dove tutti i galleristi, tutti ricchissimi, escono, bevono, sono ospiti di cene meravigliose e trombano come conigli”.

“Volevo diventare Picasso” – diario di un artista (precario) del Sud. Di Luca Scornaienchi, Round Robin edizioni, 12 euro. ISBN 978-88-95731-70-4

Anche fumetti e cartoon intendono ritagliarsi il loro posto nell’arte, sfidando i più celebri capolavori su tela del passato. Ecco così spuntare un Puffo sulle onde di Katsushika Hokusai o Tigro tra i felini di Salvador Dalì. I colorati personaggi si trasformano dunque in simpatici “intrusi” reinterpretando opere classiche che assumono un aspetto originale e divertente. Le abbiamo scovate su Woorth1000.com

 

Intervista a S.Lobo, della casa editrice brasiliana Barba Negra

Oggi le pubblicazioni a fumetti sono sempre più popolari. Cosa ha causato l’aumento della domanda negli ultimi anni?
A mio avviso il pubblico oggi percepisce il fumetto in un modo diverso, non solo come un semplice passatempo per i bambini, ma come un linguaggio sofisticato in grado di raccontare tutti i tipi di generi letterari, dal romanzo ai saggi. Questa nuova considerazione dei fumetti è sicuramente un movimento mondiale e credo sia stato così per una serie di fattori che vanno dal prezzo basso del sistema di stampa offset (permettendo così la auto pubblicazione) all’industria che vede nei fumetti la possibilità di testare nuovi personaggi in un metodo abbastanza economico, dall’invasione del manga e, finalmente, all’ampio utilizzo d’internet e delle reti sociali. Ma in realtà il fattore principale è stata la risposta del pubblico nelle librerie. Oggi, in Brasile, il fumetto non è più interesse esclusivo della nicchia “nerd”, ma viene apprezzato da una parte più ampia della popolazione affamata di buone storie.

 

In cosa i fumetti differiscono dalle pubblicazioni tradizionali? Quanto tempo ci vuole per confezionare una storia completa a fumetti?
Considerando il fumetto come un libro, non c’è niente di diverso nel processo di produzione, pubblicazione e diffusione della storia. Il momento creativo, però, è un po’ diverso in quanto si basa sul linguaggio del fumetto, che presuppone l’utilizzo di parole e immagini per raccontare una storia. Siccome questa fase creativa varia per ogni artista, alcuni sono più veloci, altri più lenti, così non esiste un tempo medio di produzione, a differenza dei fumetti di massa (fumetti usciti in edicola), che sono realizzati da una squadra che scrive e progetta le pagine.

 

Con la casa editrice Barba Negra sei uno dei più importanti editori di fumetti in Brasile. Quali sono le differenze tra il mercato brasiliano e quello europeo?
Conosco poco i meccanismi del mercato europeo. Qui in Brasile stiamo vivendo il primo boom del fumetto d’autore. In Europa ci sono schiere di fumettisti e di case editrici, qui invece stiamo lottando insieme per creare un mercato, autori ed editori. Accogliamo con favore anche l’arrivo di nuovi case editrici nel mercato perché non c’è nulla di più sano che la concorrenza. Non ci lamentiamo, ma dobbiamo ancora lavorare molto verso la maturazione del mercato.

 

Quali sono state le esperienze più importanti della tua carriera?
Con solo un anno e mezzo di vita, la Barba Negra ha appena vinto il premio HQ MIX (una sorta di Oscar brasiliano del fumetto) come la migliore casa editrice del 2011. Io e i miei partner, Christiano Menezes e Chicos de Assis, stiamo lavorando molto per realizzare queste pubblicazioni e il premio è un riconoscimento del nostro lavoro. Abbiamo anche appena venduto il fumetto “Morro da Favela” ad una case editrice francese e ad una inglese e stiamo studiando la possibilità di farlo anche in Spagna e in Italia… Un’altra conferma della qualità del nostro lavoro.

 

Come vedi l’invasione del fumetto digitale da aziende come Comixology? Il fumetto digitale è dannoso al mercato tradizionale?
La qualità dei fumetti dipende dal suo contenuto, indipendentemente dal supporto: libro, rivista, giornale, e-book… Il mondo e le tecnologie sono in continua evoluzione, e noi stiamo lavorando per diffondere il linguaggio del fumetto, non importa il formato.

 

Tempo fa, il mondo dei fumetti era praticamente esclusivo al pubblico maschile. Lo è ancora?
In Brasile non lo è più, anche se ancora ci sono più fumetti per il pubblico maschile. Il pubblico della Barba Negra però è composto da entrambi, uomini (55%) e donne (45%), di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che leggono tutti i generi, con particolare richiamo all’humor ed alle autobiografie.

 

Quali sono le difficoltà nella diffusione di questo genere e come potrebbero essere, secondo te, superate?
Non ci sono più i pregiudizi di una volta e oggi i fumetti tornano anche nelle scuole. Non esiste un pubblico-tipo e nelle librerie è possibile trovare tutti i generi. Quello che secondo me deve essere superato è l’alto tasso di analfabetismo, perché questo sì che è un problema davvero grave. Le case editrici in Brasile soffrono anche a causa della dimensione geografica dell’America del Sud che rende la distribuzione di libri un processo molto costoso. Ma collaboriamo tutti insieme, amiamo il nostro lavoro e non abbiamo mai paura di rompere le pietre, anche quando i tempi non sono favorevole: magari facciamo piccoli passi, ma sempre andando avanti.

 

Davvero

 

 

Il primo webcomic italiano: una schiera di autori, fumettisti, grafici, esperti del colore, della grafica on-line e del lettering hanno formato una squadra d’eccezione dedita a realizzare uno shojomanga ambientato non nel lontano mondo nipponico ma proprio in Italia. Di puntata in puntata la storia prende vita e i personaggi delineano i loro tratti, fisici e psicologici. Un grande viaggio all’interno di un fumetto ma anche tra le penne di diversi fumettisti

Accattivante, nuovo, esteticamente bello. Un progetto originale che prende vita dall’idea di Paola Barbato (scrittrice e sceneggiatrice, anche di Dylan Dog) che, come racconta lei stessa, ha deciso tutto in una notte: un bando aperto a fumettisti e disegnatori, niente remunerazioni in denaro bensì tanta visibilità che solo il web riesce ad offire. E così nasce il sito internet “Davvero”, uno spazio pieno di post-it cliccabili e attraverso i quali si viene reindirizzati alle puntate prescelte. La protagonista è Martina, una giovane universitaria di Milano. E una ragazza come tante, senza occhi a mandorla.

Martina è una diciannovenne. E’ annoiata, un pò viziata: proviene da una buona famiglia e va all’università solo per fare un piacere ai genitori. Sono le sue vicissitudini che si legano a quelle della sua famiglia, della sua cerchia di amici e che si snodano di puntata in puntata, una il lunedì, una il giovedì.

Il progetto nasce come una sfida: “Per un anno avevo provato a proporre un progetto simile ad alcuni editori italiani e la risposta unanime era stata che quel genere, da noi, “non va”, “non ha pubblico.” – racconta la Barbato sul sito. “E io non capivo perché dovesse aver senso appassionarsi a vicende di ragazzi che vivono dall’altra parte del mondo, con abitudini diverse, scuole diverse, realtà lontane dalla nostra e non fosse invece possibile raccontare storie analoghe ambientate qui. Non li abbiamo i ragazzi, noi? Genitori, figli, amici, passioni, dolore, amore, rabbia? Mi sono ribellata a questa idea preconcetta, non si può decretare che una cosa non funziona se prima non si prova a farla. Così, per principio, mi sono detta: “Ci provo io.” Da uno spirito come questo come può nascere qualcosa di banale?

Finalmente viene dimostrato che leggere sul web può essere piacevole tanto quanto leggere su carta. E non solo per la storia narrata ma anche per le professionalità coinvolte: capire la differenza dei colori, degli autori, riuscire a misurare la loro sensibilità al personaggio è un diletto che si unisce a quello della lettura. Eppure la vera chicca è un’altra: ogni personaggio del fumetto ha anche un proprio profilo Facebook…

 Piccolo cavillo tecnico: una volta finito di leggere una puntata bisogna tornare su con il mouse e cercare la puntata seguente. Per non distogliere l’attenzione nemmeno per un attimo, basterebbe solo un post-it alla fine dell’episodio con il link a quello successivo…

Il sito ufficiale è http://www.davvero.org/.
Per la prima stagione gli autori sono stati Matteo Bussola, Elena Cesana insieme a Roberta Ingranata, Emma Martinelli, Damjan Stanich, Jonathan Fara, Walter Trono, Fabio Detullio, Oscar Celestini, Alberto Lingua, Riccardo Nunziati, Mariateresa Stella e Antonio Lucchi. La seconda stagione sarà disegnata da Lola Airaghi, Anna Lazzarini, Michela Da Sacco ed Elisabetta Barletta.

Nel 2009 si è diffusa nella rete una notizia rivolta agli appassionati della cultura giapponese, in particolare di quella manga. Nel parco dell’isola di Odaiba a Tokyo è stata eretta una fedele riproduzione in scala 1:1, alta 18 metri, del Mobile Suit Gundam, il famoso manga giapponese, riprodotto anche in una fortunate serie televisiva distribuita in tutto il mondo negli anni ’80. Il robot è stato eretto per la celebrazione del trentennale della serie, ma è stato utilizzato anche per sostenere la candidatura di Tokyo per le Olimpiadi del 2016. Seppure all’apparenza questa notizia sembri interessante per soli “cultori” della materia, chi di noi non si riconosce in una qualche “generazione manga”, da Goldrake di fine anni ‘70 alla recente serie Nana? Spesso quando tratto l’argomento della cultura giapponese passo velocemente da quella tradizionale del tè, samurai, sushi a quella più recente dei manga, del kawaii, del fashion e humanoid design. Non è una scelta personale, bensì un fenomeno di diffusione della cultura giapponese che da qualche anno ha assunto una dimensione sempre più internazionale, grazie alla diffusione delle sottoculture giovanili. Infatti, lo stesso Governo giapponese ha rivisto gli oggetti di promozione della propria cultura nazionale all’estero sulla base dell’enorme successo che alcuni settori culturali e creativi, come la produzione cinematografica, la moda e il manga stanno riscontrando sia dal punto di vista comunicativo che da quello economico. Il Gundam forse è un’importante rappresentazione della portata di questo cambiamento di direzione. Non a caso a poche centinaia di metri in cui si trovava il robot è presente una perfetta riproduzione in scala ridotta della statua della libertà americana. Forse, a ben vedere, siamo di fronte ad un’autentica rappresentazione della cultura giapponese che assume connotati così unici da rientrare a pieno titolo nelle nuove forme di espressione nazionale che stanno divenendo parte integrante della tradizione “contemporanea” giapponese.

Guido Ferilli è docente di economia del design allo IUAV di Venezia