Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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È tutto un susseguirsi di “pare che” e “sembrerebbe”. La notizia della nascita di un nuovo portale di informazione basato sul giornalismo investigativo è ancora fumosa e avvolta nel mistero.
È solo di ieri, d’altra parte, la conferma ufficiale che due personaggi molto in vista del mondo del business e dell’informazione statunitense hanno deciso di unirsi per dare vita ad uno strumento potenzialmente pericoloso, di sicuro molto intrigante, che potrebbe costituire una svolta epocale nel modo di fare giornalismo. Eppure, qualche “soffiata” di approfondimento in materia è possibile riuscire a reperirla per saziare i primi morsi della curiosità, o alimentarli con interrogativi che si spera abbiano presto risposta. Vediamo insieme chi sono i protagonisti di questa avventura giornalistica e cosa hanno in mente di fare:
PIERRE OMIDYAR: imprenditore e filantropo americano di origini iraniano-francesi, è meglio conosciuto come il fondatore di eBay, grazie al quale è diventato milionario all’età di trent’anni. Di recente, si è dedicato al giornalismo investigativo e alla comunicazione fondando il giornale hawaiano, Honolulu Civil Beat. Quest’estate ha provato ad acquistare il Washington Post, ma poi ha lasciato l’onore e l’onere a Jeff Bezos, il creatore di Amazon. L’esperienza lo ha, però, stimolato e un’idea è balenata alla sua mente di benefattore milionario: investire in un canale di informazione totalmente nuovo, rivoluzionario, famoso prima ancora di nascere.
GLENN GREENWALD: giornalista, blogger, avvocato è – anzi era – una delle penne più chiacchierate del The Guardian. Il suo nome è stato illuminato dalle luci della ribalta nel momento in cui è scoppiato lo scottante Datagate. Si tratta di uno degli scandali più spinosi che hanno riguardato la NSA statunitense, opera di Edward Snowden. Questo giovane informatico, impiegato della CIA, nel maggio del 2013 ha rilasciato alla stampa britannica materiale top secret riguardante i programmi di sorveglianza di massa dei governi europei e americani. Snowden ha dichiarato di aver compiuto questo gesto perché non vuole vivere in un mondo in cui la privacy e la libertà dei cittadini sono seriamente compromesse e violate da quegli stessi governi che dovrebbero proteggerle. Le rivelazioni di Snowden sono passate attraverso gli articoli di Greenwald, che possiede ancora materiale inedito a riguardo.
Greenwald ha dichiarato ufficialmente di lasciare The Guardian per abbracciare il progetto di Omidyar. D’altra parte egli stesso, insieme alla collega documentarista Laura Poitras e all’esperto di sicurezza nazionale del The Nation, Jeremy Scahill, aveva maturato l’intenzione di creare uno spazio online dedicato al giornalismo indipendente.
IL NUOVO CANALE DI INFORMAZIONE: da quanto trapelato dalle prime informazioni, si tratterà di un canale interamente online che unirà i più dotati giornalisti indipendenti. Non avrà una linea politica, ma il suo scopo sarà far trapelare la verità. Una parola difficile e spesso spaventosa che, però, Gleenwald e Omidyar non hanno paura di associare al loro progetto. Il fondatore di eBay investirà inizialmente un budget di 250 milioni di dollari (l’offerta che aveva avanzato per acquistare il Washington Post). Per scrivere per il nuovo potente colosso investigativo è necessario essere giornalisti indipendenti, dalle forti opinioni, esperti nel proprio campo e con un buon seguito di lettori. Il punto di forza che sbaraglierà la concorrenza starà nel combinare il giornalismo tradizionale con le nuove frontiere del blogging e con le potenzialità infinite del mondo digitale. Tre ingredienti ne faranno uno strumento potente: validi editori e “investigatori”, il supporto tecnologico, un ottimo ufficio legale. Sebbene, infatti, il nuovo portale si occuperà di tutto – sport, economia, intrattenimento, nuove tecnologie – il suo “core business” sarà il giornalismo investigativo e non si esclude che il resto delle informazioni concesse da Snowden non possa costituire il primo tassello di questo nuovo canale di informazione. Tutto ciò non lo renderà uno strumento di nicchia, anzi, il proposito dei suoi ideatori è proprio quello di iniziare un tipo di giornalismo personalizzato, ispirato alle aziende della Silicon Valley che puntano e investono sullo studio dei gusti e delle esigenze dei consumatori e soprattutto sul loro engagement.
I dettagli sul progetto si interrompono più o meno qui, nello stesso punto in cui comincia la sfilza di interrogativi sul suo senso ultimo. I contorni per definire i “buoni” e i “cattivi” sono ancora troppo sfumati e non ci resta che stare a vedere.
Eserciti di carta: come si fa informazione in Italia
il libro analizza lo stato del giornalismo italiano attuale e la sua evoluzione negli ultimi vent’anni. Autori del saggio sono Ferdinando Giugliano editorialista del “Financial Times”, e John Lloyd collaboratore del “Financial Times” e di “Repubblica”, che hanno raccolto diverse interviste con alcuni dei giornalisti professionisti più influenti e conosciuti del nostro paese. Da Enrico Mentana a Giuliano Ferrara, da Eugenio Scalfari a Vittorio Feltri, il libro ripercorre la storia della carta stampata, l’avvento della televisione e il rapporto tra l’informazione e la politica nel nostro paese, dove è nota la mancanza di editori puri.
suddiviso per capitoli, il libro ripercorre le vicende più recenti del panorama giornalistico: dal caso delle dimissioni del direttore dell’Avvenire, alle dieci domande di Repubblica rivolte da Giuseppe D’Avanzo all’allora premier Silvio Berlusconi, all’analisi dello share del Tg1 durante l’era Minzolini. Un saggio denso di dati e contenuti per comprendere come si è evoluto il mondo della professione giornalistica e il suo rapporto con il pubblico- lettori e cogliere anche il senso della profonda crisi che il settore sta attraversando.
ogni capitolo affronta in modo discorsivo l’argomento prescelto, intervallando i dati alle interviste realizzate, rendendo così un saggio informativo molto simile alla forma di un piacevole romanzo.
spesso il punto di vista degli autori del libro traspare troppo chiaramente nella stesura del testo. Sebbene in dati raccolti siano utili e veritieri, tuttavia in alcuni passaggi non sono riportati in modo oggettivo.
interessante il capitolo dedicato all’avvento dei blog, temuti rivali della professione giornalistica, che invece si stanno rivelando sempre più degli alleati preziosi, degni di nota e di credito. Il capitolo narra della nascita di alcuni dei siti di informazione online più famosi come Il Post, Linkiesta, Dagospia e LaVoce.info, quest’ultimo gestito da professori universitari che hanno ottenuto un notevole successo scrivendo notizie economiche spesso tralasciate dalla grande informazione e facendo un lavoro di fact- checking sulle affermazioni dei politici, che nella maggior parte dei casi non venivano mai verificate dai giornalisti stessi.
assidui fruitori di giornali e telegiornali e a quanti non si arrendono ad un’informazione manipolata dalla politica e dagli introiti pubblicitari. Per avere una panoramica più ampia degli episodi che sono avvenuti negli ultimi anni, per comprenderli, a distanza di qualche mese, in modo più definito.
Eserciti di carta: come si fa informazione in Italia, di Ferdinando Giuliano e John Lloyd , Feltrinelli euro 18.
Se seguite l’hashtag internazionale #freedompress oggi, troverete tutti i 140 caratteri dedicati alla giornata mondiale per la libertà di stampa. Ventiquattro ore per diffondere i numeri di giornalisti uccisi sul campo al fine di informare l’opinione pubblica, e i dati relativi al controllo dei governi o grandi gruppi finanziari di quanto viene pubblicato nei giornali o registrato nei servizi televisivi. Nella classifica redatta ogni anno dalla World Association of Newspapers and News Publisher e pubblicata nella versione cartacea di La Stampa, vengono contati 68 giornalisti uccisi solo nel 2012 mentre svolgevano il proprio lavoro ( il numero tuttavia oscilla perché secondo l’Unesco sono 121, 90 invece secondo Reportes sans frontieres e 70 secondo il Committee to Protect Journalists). Si tratta di omicidi, nella maggior parte dei casi rimasti impuniti, in alcune zone del mondo in cui lavorare in sicurezza non è affatto scontato.
Sono 7 i giornalisti uccisi in Pakistan, uno in Cambogia, Indonesia, Filippine, Thailandia, due in Bangladesh ed in India; se ci spostiamo in Africa, 14 reporters hanno perso la vita in Somalia, 16 nella sanguinosa guerra in corso in Siria, 3 in Iraq, uno in Sud Sudan, Tanzania, Nigeria. In medio Oriente sono 7, tra cui uno in Egitto e Libano, 3 in Iraq, 2 in Palestina. Spostandosi in America sono 12 coloro che sono stati uccisi sul campo: 6 in Messico, 5 Brasile ed uno in Colombia.
Nonostante gli appelli, le petizioni e le giornate celebrative come quella attuale, non si ferma quindi la carneficina dei professionisti dell’informazione, dipendenti sul campo di e per un’opinione pubblica che spesso li ignora o ben presto se ne dimentica. L’ultimo tentativo di sensibilizzazione è stato l’iniziativa di “A day without News”, volta a far comprendere in modo concreto cosa e come sarebbe l’informazione se non ci fossero reporter pronti a rischiare la vita per portare alla propria redazione una notizia. Esempio di questo giornalismo solitario fatto di impegno e dedizione è l’inviato della Stampa, Domenico Quirico, di cui la redazione non ha notizie dallo scorso 9 aprile, mentre portava incessantemente avanti il suo dovere di raccontare ed informare in Siria.
È proprio questa la parola che dovrebbe essere celebrata in queste 24 ore: informare. L’informazione non è la semplice comunicazione, come ben riportano i manuali e le regole deontologiche. Perché libertà di stampa non vuol dire solo poter lavorare in sicurezza, senza rischiare la vita per rendere consapevole l’opinione pubblica di quanto avviene nel mondo: la libertà per un giornalista consiste innanzitutto nella possibilità di scegliere in modo indipendente quale sia la notizia degna di pubblicazione e diffusione, un lusso che ben pochi professionisti si possono permettere.
Perché c’è una minaccia più subdola e meno evidente della guerra, finalizzata non ad informare, ma ad orientare l’opinione pubblica a seconda dell’interesse di chi i giornali li controlla. Uno degli ostacoli per la libertà di stampa sono spesso infatti gli stessi editori, una categoria che non svolge in modo esclusivo ed unico questo mestiere. L’editoria pura non esiste infatti neanche nei tanto decantati paesi democratici; basta guardare la cartina redatta da “Reporters without borders” e seguire la pratica legenda, che indica in modo preoccupante come l’Italia presenta problemi sensibili nella libera diffusione delle notizie. Perché non tutto può essere considerato realmente una news, e spesso un avvenimento viene fatto passare per tale solo perché fa comodo a qualcuno. Indirizzare l’opinione pubblica vuol dire infatti innanzitutto guadagnare, attraverso la pubblicità, politica o commerciale che sia, di cui le testate non possono più fare a meno, ma che sta trasformando i giornali in meri contenitori di comunicazioni e non di informazioni, uccidendo così metaforicamente anche la stessa figura del giornalista, da reporter dedito alla verità sostanziale dei fatti da riportare con lealtà e buona fede, a redattore di autentiche campagne mediatiche.
Sono stati assegnati, come ogni anno, gli scatti del Sony World Photography Awards, che seleziona le immagini più emozionati e rappresentative delle tradizioni, culture e avvenimenti in ogni angolo del mondo. Ad aggiudicarsi il premio dell’Iris d’or di questa edizione 2013 è stato il reportage di Andrea Gjestvang, dedicato ai ritratti dei sopravvissuti alla strage nell’isola di Utoya il 22 luglio 2011. Le categorie in gara sono quindici, esattamente quanti i premi che vengono assegnati. Tutte le foto sono visibili durante la mostra allestita al Somerset House di Londra sino al prossimo al 12 maggio 2013. Nel frattempo qualche scatto ve lo proponiamo nel nostro Crop&Frame.
MILLE ANNI DI ARCHITETTURA ITALIANA IN RUSSIA
A cura di D. Svidkovskij, F. Belgiojoso, S. Zanardi Landi
pp. 336
Allemandi, 90,00 €
ISBN: 978-8842221524
Centinaia di architetti italiani nel corso dei secoli giunsero a prestare il loro lavoro e la loro creatività a Mosca e a San Pietroburgo alla corte degli Zar. Dalla combinazione del loro gusto e delle loro tecniche con le antiche tradizioni che trovarono in loco nacquero capolavori della storia dell’architettura ancora poco noti al grande pubblico. A settant’anni dalla monumentale opera di Ettore Lo Gatto “Gli artisti italiani in Russia”, ritrovamenti e recenti restauri permettono di attribuire rilevanza ancora maggiore all’apporto italiano nei fecondi intrecci culturali tra i due Paesi. In questo libro sono esaminati monumenti chiave dell’architettura russa, dalle opere della scuola di Vladimir del XII secolo, al Cremlino di Mosca, le cui torri, cattedrali e palazzi furono creati da maestri provenienti da diverse realtà architettoniche dell’Italia rinascimentale, quali il milanese Pietro Antonio Solari, il bolognese Aristotele Fioravanti o il toscano Pietro Annibale. Il volume segue secolo dopo secolo l’apporto degli architetti e delle maestranze italiane all’arte delle costruzioni in Russia: dopo i fasti del Quattrocento sono esaminate le opere barocche e neoclassiche che Francesco Bartolomeo Rastrelli e Giacomo Quarenghi costruirono nella capitale del nord. L’influenza italiana è rimasta fino ai nostri giorni, e gli architetti delle Avanguardie furono egualmente pervasi della cultura artistica peninsulare, come dimostra il progetto di Brasini per il concorso del Palazzo dei Soviet.
SEMANTIC WEB. TRA ONTOLOGIE E OPEN DATA
di A.A.V.V.
pp. 234
Apogeo, 19,00 €
ISBN: 978-8850332144
Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web, teorizzava nel 2001 la creazione di un “Web semantico”, definito come “una estensione del Web attuale in cui all’informazione è dato un ben determinato significato, facilitando la cooperazione tra i computer e le persone”. In altre parole, un Web in cui l’enfasi si sposta dai documenti – e dalla relativa interpretazione da parte degli umani – ai dati e al loro significato, in modo da consentirne l’interpretazione da parte degli elaboratori. Dopo più di dieci anni la visione futuribile di Berners-Lee, pur essendo ancora ben lontana da una compiuta realizzazione, pervade sempre di più, spesso in maniera trasparente agli utenti, il Web che già conosciamo, e si propone come una delle più importanti linee di sviluppo per il futuro, anche grazie alle iniziative Open Data. In questo libro, dopo aver ricostruito l’evoluzione delle tecnologie che progressivamente hanno cercato di “fornire significato al Web”, gli autori esaminano in dettaglio le singole parti costitutive del Web semantico: dai metodi per la rappresentazione dei dati alle ontologie, ai linguaggi di interrogazione, alle tecnologie per il ragionamento automatico. L’esposizione è tecnicamente rigorosa ma accessibile; il testo infatti, oltre che ai professionisti e agli studenti in ambito informatico, si rivolge a tutti coloro che, nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni, vogliano avere un quadro d’insieme su questa tendenza emergente del Web.
PARLARE CIVILE. COMUNICARE SENZA DISCRIMINARE
a cura di Redattore Sociale
pp. 180
Bruno Mondadori, 15,00 €
ISBN: 978-8861599284
Le parole possono essere muri o ponti. Possono creare distanza o aiutare la comprensione dei problemi. Le stesse parole usate in contesti diversi possono essere appropriate, confondere o addirittura offendere. Quando si comunica occorrono dunque precisione e consapevolezza del significato, del peso delle parole. Non è facile, ma è necessario per “parlare civile”. Questo libro mette insieme inchiesta giornalistica, sociale e linguistica, con lo scopo di approfondire i principali temi a rischio discriminazione (disabilità, genere, immigrazione, povertà ed emarginazione, prostituzione, religioni, minoranze e salute mentale), e il linguaggio per parlarne.
LA RADIO IN ITALIA. STORIA, MERCATI, FORMATI, PUBBLICI, TECNOLOGIE
a cura di T. Bonini
pp. 358
Carocci, 30,00 €
ISBN: 978-8843068036
Chi ascolta la radio? Come è cambiato il suo pubblico? Perché tutte le emittenti trasmettono Adele? Che cosa significa fare la radio ai tempi di Facebook? Nel rispondere a queste domande, il volume disegna una mappa del paesaggio radiofonico italiano nell’epoca della società in rete, avvalendosi di 1146 ore di radio analizzate nel dettaglio, dai formati dell’informazione a quelli dell’intrattenimento musicale pop e classico. Viene così offerta una panoramica del presente e del futuro prossimo della radiofonia italiana che prende in esame i generi attuali, lo stato di salute del mercato pubblico e privato, la radiofonia comunitaria e quella delle università, il cambiamento del valore dell’audience, l’incrocio con i social media, le nuove tecnologie digitali all’orizzonte, il futuro degli archivi sonori storici, i nuovi servizi di distribuzione della musica che stanno scalzando il primato della radio come medium musicale. Gli autori, studiosi e professionisti della radio, ci restituiscono l’immagine di un mezzo nel guado tra l’epoca del broadcasting e quella del networking.
L’ETÀ BAROCCA. LE FONTI PER LA STORIA DELL’ARTE (1600-1750)
di Tomaso Montanari
pp. 810
Carocci, 51,00 €
ISBN: 978-8843065929
Il volume è la prima antologia italiana delle risposte scritte che l’Europa dell’età barocca ha dato all’arte figurativa. Riunisce oltre seicento testi diversissimi per qualità, genere, funzione: dalle pagine di Shakespeare agli inventari e ai contratti perla realizzazione di opere d’arte. Questa scelta si deve alla convinzione che la risposta critica all’arte figurativa “non involge solo il nesso tra opera e opere, ma tra opera e mondo, socialità, economia, religione, politica e quant’altro occorra” (Roberto Longhi). Il testo introduttivo è concepito in stretta dipendenza dall’antologia, con il fine di illuminarne il montaggio e mostrare alcuni dei nessi principali che costruiscono ogni sezione, facendo del libro uno strumento didattico che fino ad oggi non esisteva.
GLI OGGETTI E LA VITA. RIFLESSIONI DI UN RIGATTIERE DELL’ANIMA SULLE COSE POSSEDUTE, LE EMOZIONI, LA MEMORIA
di Giovanni Starace
pp. 249
Donzelli, 17,50 €
ISBN: 978-8860368584
Quanto contano gli oggetti nella nostra vita? Chi non ne custodisce qualcuno gelosamente? Chi non ha dovuto sgomberare la casa di una persona cara scomparsa? Chi non ha, almeno una volta, deciso di iniziare una collezione? In quale misura essi rappresentano una materializzazione della nostra memoria? Gli oggetti sono lo specchio di quello che siamo e di quello che siamo stati, delle persone che popolano la nostra esistenza e di quelle che ci hanno accompagnato nelle fasi della vita. Ciascuno di noi costruisce mediante gli oggetti larghi tratti di storia personale. Gli oggetti materiali, infatti, sono parte integrante della nostra vita psichica ed emotiva, contribuiscono a costruire la nostra personalità, partecipano alla formazione del nostro carattere, con diverse modalità a seconda dei periodi della vita. Perché conserviamo? Perché buttiamo? Il possesso degli oggetti garantisce una continuità del proprio sé lungo la vita; laddove si disperdono gli oggetti diventano i testimoni della rottura dell’integrità della persona, ma in altri casi la loro eliminazione può rappresentare anche una tensione liberatoria, che coincide con la volontà di dare spazio a nuove esperienze. Gli oggetti sono parte integrante delle relazioni tra le persone, seguono da vicino i rapporti d’amore, marcano le storie familiari… Quelli delle persone care scomparse restano nella vita di ciascuno, al pari, o anche più, della memoria della persona stessa…
IL SUBLIME AL TEMPO DEL CONTEMPORANEO
di Vittorio Gregotti
pp. 253
Einaudi, 18,00 €
ISBN: 978-8806215699
I fondamenti dei progetti di architettura di successo mediático hanno proposto negli ultimi trent’anni un rovesciamento dell’idea di sublime come identificazione con la cultura del capitalismo finanziario globalizzato. Ciò impedisce ogni presa di coscienza di una distanza critica che permetta di leggere le contraddizioni che presiedono lo stato attuale delle cose e la costituzione di linguaggi capaci di proporre possibilità alternative. Le illusioni che hanno connesso, con straordinari risultati, razionalismo e Repubblica di Weimar, costruttivismo e prima rivoluzione sovietica, non ci sono più consentite; ma ciò non significa che le forme dell’architettura non debbano essere volte anche oggi alla ricerca della verità, che non è prima ma è nella concreta forma della nuova cosa; anche attraverso la finzione ma mai attraverso la menzogna. Forme che debbono costruire possibilità altre di conoscenza, senza rispecchiamenti di ideologie come falsa coscienza. Per Gregotti è quindi importante opporsi a qualsiasi disgiunzione dell’architettura non solo dalla politica ma anche dal contesto, dalla coscienza della storia, dall’uso, dalla regola come misura di ogni eccezione, al fine di mettere in atto, per mezzo delle forme dell’architettura, una nuova critica positiva della realtà capace di proporre una modificazione creativa dello stato delle cose.
PERCHÉ. LE SFIDE DI UNA DONNA OLTRE L’ARTE
di De Domizio Durini Lucrezia
pp. 217
Electa, 15,00 €
ISBN: 978-8837094720
Attraverso il racconto di una testimone privilegiata, che ha vissuto e vive in prima persona, da più di quarant’anni, eventi che hanno definito il DNA sociale e politico tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del nuovo secolo, il libro traccia un’immagine inedita, ricca di spunti psicologici e di riflessioni sul mondo della cultura e dell’arte contemporanea italiana e internazionale. Con partecipazione e precisione storica sono ricostruiti episodi importanti per comprendere anche il momento che stiamo attraversando e avere gli strumenti per combattere e superare le difficoltà che condizionano le nostre possibilità di crescita.
ENCICLOPEDIA DELLE ARTI CONTEMPORANEE. PORTATORI DEL TEMPO. IL TEMPO INTERIORE
di A. Bonito Oliva
pp. 427
Electa, 75,00 €
ISBN: 978-8837091637
Il filo conduttore è, questa volta, il “Tempo interiore”, il nucleo irradiante l’opera di Freud. L’entrata in campo della psicanalisi crea infatti nei vari linguaggi dell’arte il bisogno di una rappresentazione soggettiva della temporalità intesa come campo di un vissuto personale e non soltanto razionale; l’espressionismo di Kirchner, l’astrattismo di Kandinskij e di Klee, il surrealismo di Breton, Dalì, Ernst, il monologo interiore di Joyce ne sono un esempio. Il volume è diviso come il primo in sezioni tematiche: musica, teatro, cinema, arti visive, new media, fotografia, letteratura, affidate a noti intellettuali specialisti in materia, e si conclude con un saggio di sintesi e raccordo dell’ideatore dei progetto. Ogni saggio è accompagnato da “medaglioni”, brevi interventi affidati ad artisti e studiosi che indagano un autore, un’opera o un aspetto della contemporaneità legato alle sezioni tematiche. Introduzione di Franco Rella.
ESERCITI DI CARTA. COME SI FA INFORMAZIONE IN ITALIA
di Ferdinando Giugliano e John Lloyd
pp. 283
Feltrinelli, 18,00 €
ISBN: 978-8807172502
Lo stato di salute del giornalismo italiano è una delle questioni più dibattute degli ultimi anni. Lo scontro intorno alla figura di Silvio Berlusconi ha portato la discussione su quale debba essere il ruolo della stampa a un tale livello di animosità e litigiosità da rendere pressoché impossibile qualsiasi tipo di analisi obiettiva e imparziale. Ferdinando Giugliano e John Lloyd, due giornalisti del “Financial Times”, hanno cercato di compiere l’operazione più difficile: esaminare con distacco, profondità e competenza il panorama del nostro giornalismo. Vista dall’estero, l’informazione italiana sembra fondata sul presupposto che l’obiettività e l’equidistanza non siano possibili, che la neutralità rispetto a interessi e fazioni politiche sia irraggiungibile e che i giornalisti non possano evitare di assumere posizioni di parte. Ma è davvero così? Televisione, carta stampata e siti di informazione sfornano solo notizie condite con opinioni? Come funziona l’informazione in Italia? Unendo la loro esperienza da giornalisti, il distacco di chi osserva da lontano e un puntiglioso lavoro di ricerca, fatto di decine d’interviste ai protagonisti del nostro giornalismo (da Ezio Mauro a Vittorio Feltri, da Marco Travaglio ad Augusto Minzolini), Giugliano e Lloyd riescono a collocare la questione al di sopra dell’usurato dibattito sul regime berlusconiano e sull’informazione asservita, andando a illuminare le caratteristiche e i vizi di fondo del giornalismo italiano.
EAMES: ARCHITETTI, PITTORI, DESIGNER. [DVD + libro]
di Jason Cohn e Bill Jersey
Feltrinelli, 16,90 €
ISBN: 978-8807740954
“I dettagli non sono dettagli. Sono l’essenza del progetto,” amava dire Charles Eames, che con la moglie Ray, un giorno del 1941 in California, cominciò a plasmare le forme che realizzarono il sogno di portare nelle case di tutti l’arte a prezzi contenuti. Questo film è la storia di due persone che con il coraggio della passione sono state capaci di trasformare il design del Novecento, cambiando per sempre anche il nostro rapporto con gli oggetti. Perché la bellezza può essere funzionale e mai più nessuno affermi il contrario.
«RESTITUIAMO LA STORIA». DAGLI ARCHIVI AI TERRITORI
di F. Calace
pp. 80
Gangemi, 25,00 €
ISBN: 978-8849223644
Nell’ambito dell’ampio orizzonte culturale di “Restituiamo la Storia”, questo volume è mirato a una mappatura del contributo italiano alla storia dell’architettura, delle città e dei territori, con un particolare approfondimento sulle vicende dell’Albania nel periodo 1925-1945. Ciò a partire dalla ricognizione, ancora mai compiuta in modo sistematico, e dalla conseguente sistematizzazione e catalogazione delle fonti documentarie depositate presso archivi pubblici e privati, anche poco conosciuti e nascosti, e con l’obiettivo di contribuire alla costituzione di un Archivio multimediale sulle aree geografiche delle ex colonie. L’Archivio potrà essere una finestra sul contributo italiano alla pianificazione territoriale e urbanistica, alla progettazione urbana e architettonica in quei paesi. La finalità che anima il lavoro, in sintesi, è quella di avviare un percorso di condivisione e messa a disposizione di un patrimonio di conoscenze attualmente disperso e frammentato e quindi di difficile reperimento e comprensione nella sua totalità, utile a ricostruire sia la storia dell’urbanistica e dell’architettura italiane di quasi mezzo secolo, sia quella degli stessi Paesi d’oltremare, ai quali questa storia va appunto restituita.
L’UNIVERSITÀ E IL SISTEMA ECONOMICO. CONOSCENZA, PROGRESSO TECNOLOGICO E CRESCITA
di Aldo Geuna e Federica Rossi
pp. 252
Il Mulino, 23,50 €
ISBN: 978-8815244321
L’obiettivo principale di questa ricerca è quello di offrire fondamenta concettuali e statistiche al dibattito sui molteplici contributi che il sistema universitario può fornire al sistema economico. La novità sta nell’affrontare questo tema in maniera integrata, considerando l’intero spettro delle attività svolte dagli atenei (didattica, ricerca e trasferimento di conoscenze), e nel l’adottare un approccio secondo il quale gli atenei, così come gli individui che vi lavorano e studiano, rispondono a incentivi analizzabili all’interno di un modello di tipo economico.
CAMBIAMO TUTTO! LA RIVOLUZIONE DEGLI INNOVATORI
di Riccardo Luna
pp. 163
Laterza, 14,00 €
ISBN: 978-8858106495
È in corso una rivoluzione che sta abbattendo antichi vizi nazionali, è la rivoluzione degli innovatori. Non la fanno riempiendo le piazze o dando l’assalto ai palazzi del potere. Ma cambiando le nostre vite: il modo in cui si fa scienza, si condivide la conoscenza, si fa impresa, si creano posti di lavoro, si producono beni, si amministra la cosa pubblica. Non sono casi isolati. È un movimento. Ci sono migliaia di startupper che il lavoro non lo cercano perché provano a crearselo inseguendo un’idea innovativa. E artigiani digitali che hanno aperto una fabbrica di oggetti sul proprio computer. E innovatori sociali che stanno modificando le istituzioni. Sta cambiando tutto perché abbiamo a disposizione la prima arma di costruzione di massa: Internet. Che non è una rete di computer, ma una rete di persone che provano a migliorare le cose senza aspettare niente e nessuno. Per questo “Cambiamo tutto!” è un libro sull’ottimismo. Sul perché dobbiamo essere ottimisti oggi in Italia. Il mondo attorno a noi può cambiare in meglio grazie a tre parole d’ordine: trasparenza, partecipazione, collaborazione. E alla voglia di ciascuno di noi di provarci.
IL CAPROTTI DI CAPROTTI. STORIA DI UN PITTORE CHE NON C’È
di Maurizio Zecchini
pp. 260
Marsilio, 30,00 €
ISBN: 978-8831714693
Con l’appellativo “Salaj”, Leonardo da Vinci era solito chiamare, come documentano i suoi scritti a partire dal 1494, il fanciullo che aveva accolto nella sua casa quattro anni prima, quando aveva solo dieci anni, e che visse al suo fianco per quasi un quarto di secolo: come garzone in un primo tempo, come aiutante e modello in seguito, oltre a divenire, secondo quanto le fonti ci hanno tramandato, suo allievo e compagno nella vita. Di lui, in realtà, si conosce ben poco, tranne questa opera che oggi per la prima volta viene presentata al grande pubblico. L’unica nella quale si trova indicato con precisione il suo nome. Un documento quindi che potrebbe gettare un po’ di luce su di un personaggio ancora avvolto dall’aura di mistero e aggiungere un tassello importante nella storia dell’arte. L’autore del volume, Maurizio Zecchini, presenta un racconto storico ma anche, coadiuvato da una squadra di tecnici, i risultati e le numerose analisi fatte durante il restauro dell’opera.
PITTURARE IL VOLTO. IL TRUCCO, L’ARTE, LA MODA
di Patrizia Magli
pp. 206
Marsilio, 19,00 €
ISBN: 978-8831713351
Il trucco è il principale mezzo attraverso cui mostriamo agli altri la nostra identità. Questo libro ne esplora l’universo, dalle pitture tribali al trucco cinematografico, dal “velo” di cipria al velo come elemento religioso, fino alle ultime tendenze della contemporary face. Intreccio di pratiche, di mode, di elementi culturali, il trucco rivela il rapporto complesso tra il viso nudo e l’immagine che ciascuna donna vuol dare di se stessa. Dalle scarpe al vestito, dagli accessori al maquillage, dai gioielli all’acconciatura dei capelli, il trucco fa parte di un’unità visiva dove il senso circola con coerenza. Come l’abito segue le vicende della moda, così il trucco, sensibile ai modelli proposti dalle tendenze del momento, esprime la sua vocazione all’integrazione sociale. Ci si trucca per mimetismo, per evocazione, per plagio: il viso “pitturato”, imbellettato, “vestito” ci parla della difficile relazione che ciascuno intrattiene con la propria immagine. Soprattutto, il trucco è piacere della variazione e desiderio di differenziazione individuale. Emerge, quindi, il tema della bellezza, ma di una bellezza controversa, poiché il trucco si pone al servizio dell’espressività, contro la standardizzazione dei modelli.
DELVAUX E IL SURREALISMO. CATALOGO DELLA MOSTRA
di S. Roffi
pp. 216
Silvana, 28,00 €
ISBN: 978-8836626090
Il catalogo è dedicato al grande artista belga Paul Delvaux (Antheit les Huy, 1897 – Furnes, 1994), uno dei protagonisti della stagione del Surrealismo, movimento d’avanguardia nato nel 1924 a seguito della pubblicazione del Manifesto di André Breton. L’opera conturbante e scandalosa dell’artista, intrigante creatore di atmosfere oniriche, viene ripercorsa alla luce di una questione enigmatica, ovvero l’adesione o meno dell’artista al dettato del movimento surrealista. Infatti, pur trovando fonte d’ispirazione in De Chirico – dichiarato punto di riferimento per i surrealisti – e in Magritte, e pur avendo partecipato a “L’Exposition surréaliste” nel 1938 a Parigi con Max Ernst, e Man Ray, oltre che Magritte e De Chirico, Delvaux negava questa adesione, definendosi piuttosto un “realista poetico”. Il volume, nell’indagare questo aspetto interessante di Delvaux, presenta circa ottanta opere scandite tematicamente – Il paesaggio, L’enigma della ferrovia, Il mistero femminino, Le coppie, La classicità, Gli scheletri – affiancate da opere di confronto e accompagnate da numerosi testi storico critici. Completano il volume apparati biografici. Saggi: Arturo Carlo Quintavalle, Stefano Roffi, Laura Neve, Mauro Carrera. Appendice: Elisa Barilli, Pierre Ghêne, Paul-Aloïse De Bock.
per spiegare di cosa si tratta è necessario iniziare dalla definizione di Haiuku: consiste in una breve composizione in versi, originaria del Giappone, nata come forma di poesia popolare ed elevata ad arte retorica nel XVII sec. Caratteristica principale di questo piccolo componimento poetico è l’immediatezza, grazie alla semplicità dovuta alla struttura di tre versi di diciassette sillabe complessive. La redazione del New York Times ha deciso di unire arte poetica e tecnologia, creando una forma artistica Haiku non più in giapponese, bensì in inglese, attraverso uno speciale algoritmo.
artefice della creazione poetica è l’algoritmo, che riesce ad estrapolare dagli articoli del celebre quotidiano americano alcuni versi, creando così dei piccoli carmi che ricalcano la struttura della poesia haiku. Nella home page compaiono dapprima i piccoli componimenti poetici: cliccando su di essi si risale all’articolo originario pubblicato sul New York Times, da cui sono stati tratti i versi.
come spiega lo stesso Jacob Harris del New York Times si tratta di un esperimento ancora alla fase iniziale, di cui non sappiamo ancora le evoluzioni future. Sicuramente le potenzialità inesplorate di questo progetto sono interessanti e potrebbero portare a rivoluzionare il concetto di abstract e occhiello di un articolo: tra qualche anno ad ogni pezzo potrebbe essere affiancato il proprio haiku esplicativo.
il componimento poetico è realizzato da un algoritmo generato da un software. Agli occhi di quanti temono una supremazia futura delle macchine sull’uomo, di certo questo esperimento non apparirà propizio per la creatività umana.
dietro ad ogni componimento troverete delle linee colorate che tracciano esattamente la linea metrica del poema generato dal computer
amanti della poesia e a tutti coloro che si divertono a creare versi, servendosi di qualsiasi spunto e ispirazione.
Due vicende importanti stanno cambiando il panorama dell’editoria nel nostro paese: la prima rappresenta l’estrema conseguenza di una crisi del settore inarrestabile dal 2008 ad oggi, che sta portando ad un abbandono sempre più consistente del quotidiano cartaceo in favore dell’informazione online, fruibile nella maggioranza dei casi gratuitamente. La seconda, invece riguarda l’effettivo passaggio di consegne della presidenza del Gruppo L’Espresso, da Carlo De Bendetti ai suoi tre rampolli.
Così dopo anni di bilanci inattivi e di redazioni in sofferenza economica, nonostante i sostanziosi contribuiti pubblici versati ogni anno all’editoria, l’ultima vittima illustre dei tagli al settore e del calo delle vendite sarà la casa editrice che stampa il quotidiano italiano più antico: la Rcs Media Group, comprendente il settore quotidiani, periodici e pubblicità del gruppo, ha annunciato infatti, per bocca del suo nuovo amministratore delegato Pietro Scott Jovane, un piano di ristrutturazione per rientrare dal deficit di 880 milioni di euro. Saranno 800, quindi, i giornalisti e poligrafici che verranno licenziati (640 in Italia e il restante in Spagna, dove Rcs edita El Mundo), sarà abbandonata la storica sede di via Solferino, dove ha sede la redazione del CorSera, e saranno chiuse le redazioni di 8 testate, tra cui A, Bravacasa, Yacht & Sail, Max, Europeo, Astra, Novella, Visto, Ok Salute.
Una situazione desolante, cui i giornalisti hanno risposto con due giorni di sciopero (questo mercoledì e giovedì il Corriere non è uscito) e con tre comunicati sindacali in cui hanno accusato la direzione manageriale di aver sperperato milioni nell’acquisto di Recoletos, gruppo multimediale spagnolo che edita El Mundo, e aver elargito buone uscite agli stessi manager che hanno portato il gruppo a chiudere il bilancio in forte passivo, attraverso azioni sconsiderate, non tenendo conto delle possibili conseguenze.
Il gruppo Rcs è composto da un azionariato molto composito e diversificato:
-il 14 % è in mano a MedioBanca
-il 10% a Fiat e alla famiglia Agnelli
-il 7% a Giuseppe Rotelli
-il 5% a Dorint Holding di Diego della Valle
-il 5% a Pirelli di Marco Trochetti Provera
-il 5% al Gruppo Benedetton
-il 5% a Banca Intesa San Paolo
-il 4% ad Assicurazioni Generali
-il 3% a Banco popolare
-il 3% a Gruppo UBS
-il 2% al Gruppo Merloni
Questa ripartizione frammentaria è stata controbilanciata da una politica che prevede la necessità della maggioranza assoluta dei membri in carica per approvare qualsiasi decisione, a prescindere da quale sia la loro percentuale azionaria.
Atmosfera completamente diversa quella che si respira nella sede della Società Editoriale L’Espresso, fondata e gestita, sin dalla sua fondazione avvenuta nel 1955, da Adriano Olivetti coadiuvato da Arrigo De Benedetti ed Eugenio Scalfari. Carlo De Benedetti ha ufficializzato il passaggio di testimone della Cir- Cofide, le holding di famiglia azionista di maggioranza della casa editrice del quotidiano Repubblica, ai suoi tre figli. Rodolfo, il primogenito già amministratore delegato da 18 anni della Cir ne assumerà la presidenza esecutiva e sarà affiancato da Monica Morandini, che occuperà così la doppia carica di amministratore delegato al Cir oltre a quella che già ricopre nel Gruppo L’Espresso. L’ingegnere De Benedetti ha chiuso i bilanci del 2012 con un debito di 278 milioni bilanciati da una liquidità di 133 milioni. Pur avendo una tiratura minore rispetto a quella del venerando Corsera, Repubblica rimane il primo quotidiano letto in Italia (3milioni 523 mila lettori rispetto ai 3 milioni 340 mila del Corriere) e dal 1976 si è guadagnato, grazie ad iniziative guida nel campo del web, sempre più spazio soprattutto tra le giovani generazioni.
I tre rampolli De Benedetti stanno ereditando dal padre, che rimarrà presidente onorario per assumere la carica di editore puro, una rarità nel nostro paese, un impero editoriale che, nonostante la crisi della carta stampata, grazie a Repubblica online, attivo dal 1996, ed esperimenti come la piattaforma Kataweb, continua a macinare numeri a discapito dell’autorevole Corriere.
Forse la storia parallela di queste due realtà editoriali dimostra ancora una volta che le aziende a conduzione familiare, tramandate nel corso delle generazioni, vengono gestite con maggiore attenzione nel rispetto delle tradizioni.
Non a caso, l’unico che in questi giorni si è recato a trovare l’ex editore del Corriere, accusato di bancarotta ed implicazioni con la P2, Angelo Rizzoli, infermo nel letto del padiglione penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, a causa della sua sclerosi multipla degenerativa, è stato il giornalista di Repubblica, Corrado Zunino.
Come sarebbe un giorno senza notizie? Immaginate di accendere la radio una mattina e di non avere idea di cosa stia accadendo intorno a voi, a chilometri di distanza o all’interno della vostra stessa città. Non avreste la sensazione di risvegliarvi nel lontano medioevo?
È proprio questa la domanda da cui deriva il progetto web “A day without news” del Committee to Protect Journalists, associazione no profit che si prefigge come obiettivo quello di difendere l’informazione libera in ogni parte del globo, soprattutto in quelle zone in cui di notizie ci sarebbe maggiormente bisogno.
“A day without news” è un’iniziativa nata durante un convegno dal titolo “The Cost of Truth”, tenutosi quest’estate per presentare i vincitori del World Press Photo a New York, ed è stata ideata da alcuni giornalisti, reporter, fotografi: Aidan Sullivan dell’agenzia Getty Images, David Friend redattore di Vanity Fair, Lynsey Adarrio fotogiornalista che ha lavorato per il New York Times e il Time. La campagna è volta a ricordare tutti i loro colleghi che hanno perso la vita mentre erano in servizio per il diritto di informare, spesso nell’indifferenza dei governi locali, cadendo, in seguito, nell’oblio dell’opinione pubblica.
Come è successo per Marie Colvin del The Sunday Times e il fotografo Remi Ochlik (quest’ultimo è stato vincitore con i suoi scatti del World Press Photo), entrambi morti in Siria lo scorso 22 febbraio mentre stavano svolgendo il proprio lavoro; allo stesso modo sono stati dimenticati Tim Hetherington fotografo vincitore del Sundance Film Festival e il giornalista Chris Hondros candidato al premio Pulitzer, morti nella guerra libica il 20 aprile 2011; nel nostro paese ricordiamo, grazie ai premi giornalistici e fondazioni, Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin morti a Mogadiscio nel 1994; Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera in Afghanistan lì uccisa mentre era assieme all’inviato di El Mundo Julio Fuentes e a due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari.
Nomi che fanno parte di quei 971 giornalisti morti dal 1992 ad oggi, di cui 90 solo nel 2012. La campagna #Adaywithoutnews è rivolta a tutti coloro che vi vorranno aderire, in particolar modo a chi lavora in questo campo. Si tratta in sostanza di sfruttare il web per diffondere in modo virale l’iniziativa con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica, i governi, le associazioni Ong a non abbassare mai l’attenzione su questo fenomeno, affinché vengano perseguiti gli assassini e venga coinvolta maggiormente l’opinione pubblica, anche e soprattutto in quei paesi in cui questi omicidi sono avvenuti.
Decidere di intraprendere carriera in qualità di reporter di guerra non è certo facile e più che una scelta si tratta di un’autentica vocazione: trovare notizie in queste zone rischiose, all’apparenza dense di news derivanti dal conflitto in corso, è molto più arduo di quanto si pensi, perché non ci si muove in un territorio sicuro e perché la propria funzione può essere facilmente manipolata in una realtà in cui non è sempre scontato distinguere il vero dal verosimile e dalla falsità. Inoltre perché fare il reporter di guerra, significa letteralmente “andare in guerra”, sebbene in questo caso ci si va con una divisa diversa che rende più inerme rispetto a chi è armato di tutto punto. La penna e le parole che ne scaturiscono possono fare molto male, ma nulla possono contro i proiettili.
Eppure pochi sanno quale sia l’utilità immensa di coloro che ricercano notizie in prima linea, che portano avanti questo lavoro faticoso ma importantissimo, per il valore dell’informazione, che prima di tutto è un diritto di ogni cittadino. Uno sforzo non sempre apprezzato: per esempio quanti tra voi, prima di leggere queste righe, si ricordavano chi fosse Marie Colvin?
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Per quanti sono convinti che ormai lo schermo televisivo non sia più lo strumento adatto per seguire le proprie star preferite o i politici di cui non vogliamo perdere neanche una dichiarazione, sicuramente Twitter ha rappresentato una soluzione semplice, rapida e diretta per comunicare con queste personalità.
Twitter rappresenta, tuttavia, un mare magnum in cui spesso è difficile essere aggiornati costantemente senza disorientarsi o perdere qualche indizio importante, soprattutto per chi non lo monitora frequentemente.
Per ovviare questa problematica, è online Twistargram, un nuovo social network che convoglia i famosi cinguettii e Instagram, il social che consente, invece, di pubblicare le proprie foto in tempo reale e condividerle all’interno dello stesso Twitter con hashtag, collegandole così ai topic trend quotidiani.
Le cosiddette star sono ordinate su Twistargram in numero decrescente secondo il numero dei follower: al primo posto con più di un milione di fan online c’è Valentino Rossi, seguito da Fernando Alonso e Lorenzo Jovanotti, a riprova di quanto lo sport e la musica siano i settori più amati dagli italiani. Per facilitare la ricerca inoltre i big vengono divisi per categorie segnalate dai diversi colori: Tutti, Spettacolo, Sport, Politica, Giornalismo, Blog.
Cliccando sulla personalità che preferite si aprirà la pagina dedicata, ma la sua grafica non sarà sopraffatta dalla predominanza di testo scritto: le pagine hanno la struttura delle mini bacheche di Pinterest, ognuna delle quali è occupata da una foto piuttosto ampia, accompagnata dai centoquaranta caratteri esplicativi.
Una sorta di grande archivio del gossip e delle news aggiornate costantemente dalle stesse star che postano foto, pensieri, raccontando così dove si trovano e cosa fanno meglio di qualsiasi cronaca giornalistica.
Se tutte queste informazioni ed immagini non vi bastano, potrete anche incrociare tra loro i destini delle star: nella sezione “Faccia a Faccia”, selezionando due personalità differenti a vostra scelta, compariranno le foto, i tweet o i video dove i due personaggi si trovano assieme, oppure i centoquaranta caratteri che si sono scambiati tra loro. È possibile così ricostruire interviste, scambi di battute, pensieri, esperienze.
Sembra un gioco adatto per i patiti del gossip, eppure le sue potenzialità non sono così limitate. Twistargram viene utilizzato, ad esempio, in questi giorni di campagna elettorale dal quotidiano Sole 24 Ore per monitorare l’influenza e la crescita dei candidati premier e delle rispettive coalizioni. Il progetto del Sole si chiama “Hot topic in diretta”: basta inserire la data e attraverso Twistargram compariranno nei diversi grafici tematici quali sono gli argomenti più trattati dalla community social. Per ogni grafico dovete selezionare dai menù a tendina il candidato che vi interessa: sarà possibile così visionare i suoi tweet del giorno, la sua influenza sul territorio e nelle regioni italiane, quali sono le fasce orarie in cui hanno spopolato gli hashtag del giorno e il “Rating 24” ovvero la classifica dei temi economici, accompagnati dall’immancabile hashtag, affrontati in campagna elettorale.
Forse anche lo strumento del sondaggio, alla luce dei dati forniti quotidianamente da Twitter e rappresentati graficamente con l’ausilio di questo strumento, non è poi così indispensabile.
Che siate interessati alla campagna elettorale o meno o che vogliate solo essere aggiornati sulle notizie di gossip, Twistargram potrebbe essere quello che stavate aspettando?
Disordinate e confusionarie oppure precisamente organizzate nei minimi dettagli. Le stanze dove trascorriamo la gran parte della giornata riflettono il nostro modo di essere, la creatività che più o meno appartiene al nostro lavoro, la familiarità con oggetti e colleghi. La scrivania che sia a casa o in un ufficio tradizionale è il nostro specchio dell’anima e chi meglio di questa riesce a trasmettere a quanti non ci conoscono qual è l’essenza del nostro operato giornaliero, il suo fine e le nostre passioni.
Siete curiosi di conoscere i posti in cui lavorano alcune tra le personalità più influenti nel web o di coloro che fanno parte del team delle società più note e ambite al mondo? A soddisfare la vostra curiosità ci ha pensato Linkedin il social network che mette in collegamento i professionisti e le aziende: il progetto, interessante e divertente, si chiama “Where I work” dedicato a chiunque sia registrato nella community che può aderire caricando una foto esplicativa del proprio ambiente di lavoro e descrivendo le sue attività, l’ambiente che lo circonda, il rapporto con i colleghi e quali sono le caratteristiche che apprezza di più del suo mestiere. Il risultato è un insieme interessante di storie variegate, degli autentici racconti con descrizioni dettagliate degli oggetti che accompagnano le nostre attività quotidiane e degli ambienti che ci circondano.
Sapevate, ad esempio, che la stanza di Arianna Huffigton è molto disordinata, gli oggetti e i libri sono accatastati tra di loro e che lei definisce la sua stanza come una vasca per i pesci, perché affaccia sulla redazione del giornale da dove tutti possono vederla?
Oppure vi siete mai chiesti com’è la scrivania di David Cameron a Downing street? O in che modo lavora una giornalista di Bloomberg television? A questa seconda domanda vi risponderà Trish Regan la quale descrive dettagliatamente la caotica redazione della testata economica: un open space in cui tutti sono circondati non solo da computer ma da almeno quattro monitor in cui visualizzare in tempo reale i social network, le news e gli andamenti borsistici. E dove c’è uno spazio, lì trovano posto le foto di famiglia e i ricordi di ognuno dei redattori.
Molto più ordinato è il “cubo” dove lavora Steve Rubel, Global Strategy alla Edelman, amante della dovuta chiarezza e semplicità, qualità che aiutano lo svolgimento del lavoro senza distrazioni: gli unici oggetti che ornano la sua scrivania sono infatti i ricordi portati con sé nel corso di viaggi, realizzati sempre per motivi di lavoro.
Anche lo stesso team di Linkedin non si è sottratto alla sfida: tra questi Deep Nishar, che ammette senza mezzi termini che l’arredamento del suo luogo di lavoro riflette il suo approccio alle mansioni ed impegni: spazi per pensare liberamente, concentrarsi sul problema, collaborare con il proprio team con cui è bene istaurare un rapporto di fiducia e deleghe. Non a caso nel suo tondo tavolo di legno capeggia la foto di tutti i suoi colleghi.
Anche noi di Tafter abbiamo deciso di cimentarci nell’esperimento: ecco la foto che ritrae dall’alto la nostra grande scrivania composta da un puzzle di quattro tavoli bianchi. Un piccolo open space al centro di Roma all’interno del quale, oltre a condividere i nostri computer, ritagli di giornale, pensieri e spunti per gli articoli da trattare, ogni giorno regnano il buon umore e tanto impegno, conditi da temerarietà e immenso entusiasmo per il nostro lavoro. Tra una conferenza stampa, una notizia e tante ricerche per scrivere articoli, quotidianamente impariamo qualcosa in più su come si porta avanti questo difficile mestiere che è informare in modo corretto e onesto.
Certo forse il nostro ordine, a giudicare dalla quantità di fogli e ritagli di giornali sparsi nei nostri tavoli, dovrebbe decisamente migliorare, ma in fondo ci consoliamo sapendo che il caos è sintomo di creatività!
Ogni anno, attraverso i loro scatti, ci testimoniano gli avvenimenti salienti accaduti in giro per il mondo. Che siano piacevoli come i Giochi Olimpici o agghiaccianti come i bombardamenti e combattimenti, le foto vincitrici del World Press Photo riescono a trasmettere e a farci percepire in modo impeccabile l’atmosfera dei luoghi dove sono state scattate. Ecco le vincitrici di quest’anno, in cui la giuria è stata presieduta dallo statunitense Santiago Lyon, direttore della fotografia per l’agenzia Associated Press. Prima di aprire la galleria è doveroso segnalarvi che alcune foto riportano immagini scioccanti.
“La cosa più dura è tornare sempre a scoprire ciò che già si sa”. Questa è la citazione con cui si apre il 25esimo Rapporto Eurispes, quasi mille pagine che fotografano, come ogni anno, quali sono i pensieri e la percezione che gli italiani hanno di sé, ma soprattutto come si comportano. Un’indagine che va dall’economia, alla politica, ma che ritrae in particolar modo l’andamento della società italiana, i suoi timori, vizi e virtù.
E la fotografia scattata da questo rapporto, che sancisce il quarto di secolo dell’istituto che lo ha redatto, non è tra le più incoraggianti. Se la ricchezza di un paese consiste nel puntare sulle proprie risorse umane, dotate delle capacità per far crescere l’economia (non a caso i paesi in crescita oggigiorno sono quelli che hanno ridotto al loro interno le diseguaglianze sociali), l’Italia non sembra seguire questa tendenza.
Un paese vecchio, sfiduciato, maschilista, con una forte emarginazione sociale e con un sistema di informazione troppo strumentalizzato dalla politica. Questa potrebbe essere la sintesi delle mille pagine di tabelle, percentuali e relazioni. Ma andiamo con ordine:
Donne
A riprova che spesso la donna lavoratrice deve fare una scelta tra la sua carriera e gli affetti domestici, la percentuale della classe dirigente al femminile nel nostro paese è del 35,5% contro il 64,5% degli uomini (un calo rispetto al 2010 quando la percentuale aveva raggiunto il 37%). Questo non significa che le donne non abbiano intenzione di lavorare: a causa della crisi economica (nel 2012 7 italiani su 10 hanno visto nettamente peggiorare la propria situazione economica personale), infatti, la tipologia dei contratti al femminile full time è arrivata al 92,3% e le donne nella pubblica amministrazione sono il 55% del totale. Lavorano quindi, ma raramente riescono a raggiungere le posizioni di comando ancora riservate all’universo maschile: non a caso su 5.560 individui che contano in Italia, le donne sono il 15%, mentre gli uomini l’85%. Il 50,9% delle lavoratrici non è soddisfatta della propria retribuzione, solo il 49,5% considera i propri orari giornalieri soddisfacenti, mentre il 63,2% non si sente realizzata per la propria carriera. Il 40%, infine, non sente valorizzate le proprie capacità.
Lavoro
Il tasso di disoccupazione è aumentato dal 6,1% del 2007 all’11,2% (dato Istat aggiornato al 1 febbraio che segnala 3 milioni dei senza occupazione in Italia). Il lavoro viene considerato tra gli Italiani una priorità, e non a caso questi dati rappresentano la preoccupazione principale tra l’opinione pubblica. Il clima di incertezza lavorativa rende gli italiani sfiduciati per la realizzazione dei progetti futuri (il 64,1% risponde negativamente, il 24,5% per niente, il 39,6% poco). Non solo: sembra che la pratica della raccomandazione non stia perdendo la sua efficacia. Il mercato del lavoro infatti pur essendo in piena crisi si conferma assoggettato al sistema delle conoscenze secondo il 44,5% degli intervistati (solo 17,4% non è d’accordo con questa affermazione). Non a caso il 21% ammette di aver trovato il posto di lavoro tramite raccomandazione, mentre il 27% ha inviato una semplice candidatura spontanea (solo il 5,1% si è rivolto invece ad una agenzia per il lavoro).
Giovani
Se la penuria di lavoro è il cruccio degli italiani, ancora più preoccupazione desta la disoccupazione giovanile, arrivata al 37,1% . Sempre più giovani decidono, inoltre, di non proseguire gli studi universitari proprio perché sfiduciati da uno scenario in cui i laureati disoccupati (18%) superano il tasso di diplomati disoccupati (12,6%). L’università italiana ha visto perciò notevolmente ridurre il numero delle iscrizioni, calate di 60mila unità negli ultimi 10 anni. Anche nel settore della ricerca la situazione per le nuove generazioni non sembra migliorare: tra coloro che hanno ottenuto il titolo di dottori di ricerca nel 2010 il 10% si è recato all’estero per continuare la propria carriera universitaria (nel 2006 era il 7%). Tuttavia, per ammissione dello stesso Istituto Eurispes non è possibile effettuare una stima specifica, dal momento che nel nostro paese non esiste un registro che riporti e censisca il flusso di ricercatori che lasciano l’Italia. “Quello che emerge è che coloro che hanno sviluppato un alto livello di specializzazione e formazione dimostrano maggiore propensione ad emigrare per migliorare le proprie opportunità professionali – come recita il rapporto- e il bilancio dei ricercatori in entrate rispetto a quelli in uscita nel nostro paese risulta essere decisamente in deficit: se il 16,2% lascia l’Italia, solo il 3% sceglie il nostro paese per attività di ricerca”. Inoltre, una volta emigrati, difficilmente i nostri ricercatori decidono di rientrare in patria. Non solo ricercatori, ma anche lavoratori qualificati e laureati eccellenti: dal 2002 al 2011 è infatti triplicato il numero dei laureati che ha lasciato l’Italia per cercare un’occupazione professionale soddisfacente all’estero. Secondo l’Istituto per la competitività (Icom) questa fuga dei cervelli costa all’Italia 1,2 miliardi di euro, spesa destinata a crescere nei prossimi anni. Se tali flussi resteranno immutati, entro il 2020 lasceranno l’Italia 30.000 ricercatori, a fronte dei 3.000 che arriveranno. Che l’Italia non sia un paese per giovani lo confermano i dati sull’età della classe dirigente italiana: il 79,5% di loro ha infatti più di cinquant’anni (dal 1992 ad oggi l’aumento degli ultrasessantacinquenni è passato dal 25,2% al 39,3% )
Immigrazione
Il tasso di immigrazione è cresciuto in maniera costante tra il 2009/2011 e oltre ad aumentare il numero di minori in arrivo nel nostro paese sono cresciti anche gli stranieri istruiti che migrano in Italia. Pur essendo il lavoro la motivazione principale che spinge gli immigrati a scegliere la penisola italiana (concentrandosi in particolar modo in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio), una volta giunti gli immigrati rinunciano alla propria professionalità, collocandosi principalmente nel settore dei servizi che ha assorbito il 57% dei lavoratori stranieri nel 2010. Gli immigrati, inoltre, risultano ottimi contribuenti e sempre più spesso sposano il sogno di acquistare una casa
Mezzi di comunicazione di massa
Il calo dell’interesse da parte dell’opinione pubblica di quanto scritto sulla carta stampata è palesemente testimoniato dal calo delle vendite dei giornali: la diffusione media giornaliera è scesa infatti a 4,5 milioni di copie. Il 37,9% afferma di non comprare mai un quotidiano, mentre il 22,3% si documenta principalmente online. Questo è dovuto soprattutto al fenomeno dell’informazione auto-organizzata: sempre più spesso infatti le notizie vengono diffuse attraverso il web da cittadini ed utenti (il citizen journalism) e trasmessi in maniera virale grazia all’ausilio dei social network. Forte l’impatto dell’utilizzo del cellulare, in quanto strumento principale per creare comunicazione immediatamente fruibile. L’informazione è quindi non più basata sull’utente che passivamente riceve le notizie, ma che partecipa attivamente, sfruttando le potenzialità di internet. Questo fenomeno da una parte risulta essere rischioso per la veridicità delle notizie diffuse, dall’altra però denota però una crescente sfiducia da parte del cittadino nei confronti dell’informazione istituzionale, orientata ad influenzare l’opinione pubblica e avvertita da quest’ultima eccessivamente influenzata dalla politica: in particolar modo questa manipolazione è percepita per la televisione.
una piattaforma online nata dalla collaborazione di La Stampa, Google e La 7 che ha come obiettivo quello di far interagire gli utenti del web con i candidati politici alle prossime elezioni: un modo per rapportarsi attivamente alla corsa elettorale e per informarsi sulle novità dei rispettivi programmi, seguire le ultime interviste e dichiarazioni dei capolista. Uno strumento che rappresenta la comunicazione politica in evoluzione, ma soprattutto il ruolo dell’elettore che si trasforma: non più relegato al semplice ruolo di ascoltatore delle frasi snocciolate nelle interviste televisive, ma protagonista dei dibattiti, riportando le proprie domande o ponendole personalmente durante gli hangout: si tratta di chat interattive in cui possono partecipare sino a 9 utenti, attraverso le quali l’intervista in corso tra il politico e il giornalista di turno viene arricchita e completata dagli interventi degli utenti collegati.
una piattaforma realizzata congiuntamente da due tra le testate giornalistiche più significative in Italia e il motore di ricerca più diffuso nel web, si presenta come un aggregatore di notizie politiche aggiornate, elenco di programmi televisivi e talk show a tema, interviste ed hangout. La home si presenta suddivisa in 4 sezioni: “Segui il dibattito” in cui sono caricati video, notizie, approfondimenti tratti dal palinsesto di La7, hangout diretti da La Stampa in diretta a cui partecipare; “Partecipa al dibattito”: elenco delle pagine dei partiti presenti su Google+ con tutte le informazioni relative; “Notizie”: tutte le notizie tratte in tempo reale da Google news riguardanti la campagna elettorale; “Calendario degli eventi live”: gli appuntamenti televisivi da non perdere per seguire il dibattito politico.
uno strumento utile ed indispensabile, soprattutto in questo momento così delicato e di passaggio nel panorama politico nazionale. Attraverso la piattaforma, infatti, l’elettore ha la possibilità di aggiornarsi e orientarsi all’interno dei numerosi schieramenti che si sono presentati alle ultime elezioni: questo consente di fare chiarezza e ricostruire le diverse dichiarazioni, trovare le contraddizioni, approfondire i punti dei diversi programmi.
nella parte dedicata agli Eventi live sarebbe auspicabile un ampliamento dell’offerta per ora limitata ai programmi tematici dell’emittente La7. Per rendere lo strumento realmente valido per gli elettori è necessario inoltre una maggiore comunicazione della sua esistenza, cercando anche di spiegarne la funzionalità in modo chiaro a tutti gli utenti del web, anche a quelli meno esperti, per fare si che possa essere fruibile realmente da tutti. Le domande proposte e gli utenti invitati a partecipare agli hangout in diretta saranno sottoposti ad un filtro preventivo, per evitare che si cada in ingiurie o in dibattiti offensivi: non è chiaro quali saranno i criteri per passare questa selezione e se così si rischi di evitare le domande veramente scomode per i candidati politici.
alla piattaforma è affiancato anche un canale dedicato su Youtube: youtube.com/elezioni2013. Anche in questa sezione tuttavia è possibile seguire le dirette streaming dei soli programmi di La7.
tutti coloro che credono fermamente che votare sia un diritto da non sottovalutare, ma soprattutto da esercitare recandosi alle urne informati in modo completo e approfondito.
Sfogliando ogni mattina il giornale qui in redazione succede spesso che la nostra attenzione venga catturata da una pubblicità o da un annuncio singolare, divertente o paradossale che sia, piuttosto che da una notizia o da un titolo in prima pagina. Abbiamo cominciato un po’ per gioco questa originale collezione, ma alla fine abbiamo realizzato un autentico archivio delle pubblicità più ironiche, spesso troppo irriverenti e bizzarre, altre volte inspiegabili. Ecco le pubblicità che abbiamo ritagliato dai giornali in questo 2012.
Le regole dei giornalisti
come recita il sottotitolo si tratta di un autentico manuale contenente tutte le istruzioni per un mestiere pericoloso, quello del giornalista. La premessa tuttavia è quella che tale lavoro diviene rischioso nel momento in cui lo si esercita in un determinato modo, non avendo timore di scandagliare alla ricerca di informazioni che siano realmente di interesse pubblico (e pertanto di pubblica utilità) e non temendo al contempo di esprimere la propria opinione e giudizio, nelle forme consentite che non sfocino nell’ingiuria. Le istruzioni per esercitare un giornalismo sano che non cada né nello spicciolo gossip, in cui spesso si rifugiano i giornali a corto di lettori e di finanziamenti, o nell’attacco indiscriminato ed offensivo.
breve, conciso ma denso di informazioni (come sentenze della Corte di Cassazione e episodi salienti), scritto in modo scorrevole e chiaro. Un libricino essenziale suddiviso per argomenti: qual è la differenza tra il diritto di cronaca e il diritto di critica, quali sono i limiti che pone la giurisprudenza al diritto di informare ed essere informati, quale responsabilità ha il giornalista nel pubblicare l’intervista, quale sarà il futuro della stampa all’epoca del web e cosa deve essere ancora regolarizzato in questo settore. Queste sono alcune delle tematiche affrontate in modo approfondito, fornendo consigli e ricordando i casi che hanno fatto la giurisprudenza in questo campo.
essendo scritto a tre mani da avvocati esperti nel diritto dell’informazione, il testo fornisce consigli utili per i cronisti, anche per coloro che hanno accumulato anni di esperienza in questo settore, per cercare di sopravvivere alle insidie che si possono incontrare pur facendo bene e con le migliori intenzioni il proprio lavoro
la brevità del libro forse non ha consentito un approfondimento sulle carte normative esistenti che regolano la professione. Probabilmente un’appendice in questo senso sarebbe stata utile senza dover cercare in altri testi più specifici
nelle pagine finali del libro è presente una postfazione con la testimonianza di Francesco Merlo, il cui titolo esplicativo è “Vita da Querelato”.
tutti coloro che intraprendono questa strada, in particolar modo ai più giovani, spesso free lance non sempre tutelati
Le Regole dei Giornalisti
di Caterina Malavenda, Carlo Melzi D’Eril, Giulio Enea Vigevani, Il Mulino, costo 15 euro
Si è aggiudicato per la seconda volta l’ambita copertina della rivista Time e ora il presidente Barack Obama è ad un passo dal record raggiunto da Franklin Delano Roosevelt. Ogni anno il Time dedica la propria copertina all’ “uomo dell’anno”, colui che verrà ricordato come il protagonista assoluto dei dodici mesi appena trascorsi. Il primo ad aver conquistato questo titolo è stato il colonnello Charles Augustus Lindbergh, distintosi per il suo inaugurale volo sul mar Atlantico. Ecco una selezione dei celebri ritratti dal 1928 ad oggi, che potrete consultare anche sulla pagina Pinterest di riferimento.
In attesa dell’inizio dell’anno nuovo, che porta con sé sempre un po’ di speranza ed aspettative insite e peculiari di ogni venturo inizio, è tempo di bilanci e valutazioni: analizzando i 12 mesi che ci stiamo per lasciare alle spalle, ognuno di voi avrà la curiosità di comprendere quali siano stai gli avvenimenti che hanno maggiormente influito e che ricorderete associandoli al “fu 2012”.
E quale migliore indicatore di Twitter può aiutarci a ricostruire le tendenze e gli argomenti più discussi, che hanno colpito al cuore milioni di utenti della rete, i quali prima di essere navigatori del web sono cittadini di quel mondo che il social network si prefigge di raccontare? Le voci remote che attraverso il cinguettio riescono a metterci al corrente di guerre, scherzi, festival, elezioni, disastri naturali, libri, film, sono raccolte ogni anno dallo stesso Twitter che stila una classifica dei suoi hashtag più influenti e ritwittati al fine di comprendere quali sono stati gli argomenti più diffusi e discussi. È quanto troverete se andrete a curiosare su 2012annosuTwitter, il sito che il social network ha realizzato per stilare le sue personali classifiche.
Di alcuni episodi forse neanche vi ricorderete, di altri non avrete mai sentito parlare, dal momento che la classifica è redatta tenendo conto dei trend mondiali e quelli italiani risultano molto marginali, ma basterà una foto o un tweet a richiamare alla memoria l’avvenimento.
Probabilmente è scontato, ma l’assegnazione del “Tweet d’oro” è andata al messaggio fatto da Barack Obama la notte in cui ha annunciato la sua vittoria alle elezioni, attraverso una tenera foto in cui abbraccia la moglie Michelle con una semplice scritta esplicativa “Four more years”.
Nella sezione denominata “Il battito del pianeta” sono elencate le più famose conversazioni intercorse nel corso dell’anno riguardo gli eventi più seguiti che hanno generato il maggior numero di tweet e retweet.
Questa volta le elezioni in America si aggiudicano solo il secondo posto e lasciano il podio alle Olimpiadi di Londra, che hanno tenuto incollati al teleschermo e al web milioni di utenti ed appassionati in tutto il mondo. Durante i 16 giorni in cui si sono alternate diverse discipline sportive, sono stati 150 milioni i tweet che hanno animato il web (nella sola cerimonia di chiusura sono stati 116.000 i Tweet al minuto)
Se volete invece curiosare tra le esclusive che il social ha riservato in anteprima per i suoi utenti, c’è la sezione “Solo su Twitter”: l’evento più seguito è stato sull’account della Jet Propulsion Laboratory Nasa che ha documentato in diretta, con l’hashtag #JPL lo sbarco della sonda Curiosity su Marte (la stessa sonda continua ad inviare in diretta foto della sua avventura dal pianeta rosso attraverso il suo account personale)
Una delle notizie più interessanti che troverete in questa sezione è l’iniziativa dello zoo di Washington DC che ha testimoniato in diretta l’inseminazione artificiale di Mei Xiang, il loro panda gigante di 13 anni con l’hashtag #pandaAI. Oppure il romanzo del premio Pulitzer Jennifer Egan, pubblicato a puntate dallo stesso autore in 140 caratteri all’interno della sezione fiction del New Yorker. Per comprendere invece quanto sia importante questo mezzo per la professione giornalistica, magistrale è l’esperienza del Direttore del Dipartimento della BBC in Medio Oriente, Paul Danahar, il quale trovandosi in Siria per documentare il conflitto, è riuscito a trasmettere un intero reportage attraverso il suo account Twitter , in assenza della telecamera video.
Nella sezione dedicata alle tendenze sono riportati tutti gli hashtag più diffusi organizzazioni per categorie, mentre nell’ultima parte “Nuove voci” sono elencate tutte le personalità significative che entrano a far parte della community dei cinguettii. L’account che ha riscosso più successo quest’anno è il recentissimo profilo aperto da Benedetto XVI.
Infine se siete curiosi di conoscere la vostra influenza personale all’interno del mondo dei 140 caratteri, quale sia il vostro follower più affezionato e il vostro tweet più popolare, provate ad accedere alla sezione Il tuo anno su Twitter..noi di Tafter lo abbiamo fatto e abbiamo trovato delle sorprese inaspettate!
Mala Italia o Buona Italia. Il nostro si sa è il paese delle contraddizioni e dei paradossi per eccellenza. Divisi tra genio e malvagità, arte e ignoranza, malasanità ed eccellenza, le criticità del Belpaese si sono acutizzate e sono venute alla luce in modo chiaro e delineato negli ultimi cinque anni, come esempio lampante della crisi che sta agonizzando l’Europa. L’Italia, che è entrata a fare parte della temuta zona di confine in cui sono relegati i cosiddetti Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), sta attraversando un momento difficile. Eppure a sentir parlare chi annovera qualche primavera in più, la situazione del paese di Dante e Leonardo è sempre stata al limite e mai del tutto prospera. Tuttavia i nostri genitori sembrano essere sopravvissuti tutti, accumulando una buona ricchezza privata, superiore alla media europea. Forse in Italia si tende a pensare che “in fondo si stava meglio quando si stava peggio” e non è escluso che tra vent’anni ricorderemo questo inizio millennio proprio seguendo lo stesso spirito.
Per criticare l’Italia non bisogna poi metterci molto impegno, forse anche perché i primi accusatori feroci del modo in cui funzionano le cose nel nostro paese, siamo noi stessi. Ciò nonostante sembra che le disapprovazioni e le analisi non bastino mai e c’è sempre qualcuno pronto a ritornare sul discorso mafia, criminalità, politica scadente, corruzione, assenteismo, immoralità. Mali atavici che purtroppo caratterizzano l’Italia già prima del 1861, ma che tuttavia non hanno impedito lo sviluppo ( seppur non avendone consentito tutto il potenziale) delle arti, dei migliori cervelli in giro per il mondo, dell’industria, dell’impresa, che raggiungono in ogni campo livelli d’eccellenza.
A ricordarci che gli italiani devo risollevarsi da soli e indipendentemente da questa situazione di stasi ci ha pensato stavolta l’ex caporedattore dell’Economist, Bill Emmott, che ispirandosi al suo libro “Good Italy, Bad Italy” ha realizzato un docu-film dedicato al nostro paese dal titolo “Girlfriend in a coma”. Già dal titolo e dal trailer, la trama che il documentario intende perseguire è abbastanza chiara. Si susseguono diverse interviste ad attori, giornalisti, imprenditori, che raccontano la situazione di dissesto, ma di enorme potenziale inespresso che caratterizzano l’Italia. Una panoramica realizzata attraverso una raccolta di punti di vista, alcuni speranzosi, altri dubbiosi e scoraggiati. Un film per farci riflettere ancora una volta sui nostri limiti e capacità.
Giudicate voi se ne avevamo bisogno oppure no, a fronte degli avvenimenti che si sono susseguiti in Italia negli ultimi dodici mesi. Certo la strada è ancora lunga, ma per percorrerla più in fretta non dovremmo forse smetterla di rimuginare nel passato? “Cosa fatta capo ha”, tanto vale imparare dall’esperienza per evitare gli stessi errori.
Ogni anno l’agenzia giornalistica Reuters elegge i 95 scatti più significativi e rappresentativi degli avvenimenti importanti che hanno cambiato i 12 mesi appena passati. Ripercorrendo paesi, fatti, guerre ed eventi, abbiamo selezionato dieci di queste istantanee. L’intera galleria la trovate nel sito ufficiale dell’agenzia.
Scoop! Cronache e giornalisti da prima pagina
il libro del vicedirettore del Corriere della Sera, Giangiacomo Schiavi, dove è racchiusa una preziosa lezione di storia e tecnica di giornalismo. Perché se è vera la massima che solo la storia è magistra vitae, è altrettanto vero che ripercorrere le vicissitudini che hanno portato al successo una grande firma può essere d’esempio per coloro che iniziano la stessa professione. Il testo è un susseguirsi di articoli che rappresentano l’essenza dell’apice di una carriera giornalistica: sono le inchieste che hanno fatto epoca, non solo per aver elevato la notorietà del quotidiano o rivista in cui sono stati pubblicati, ma perché hanno regalato al mondo autentici professionisti del settore. I valori del raccontare, educare, indagare, trovare e vagliare attentamente le proprie fonti sono le linee guida di questi pezzi storici, rappresentativi di un “modus operandi” giornalistico ormai appartenente a tempi andati, quando la parola “scoop” racchiudeva un significato di un serio lavoro e non la superficialità di una verità gonfiata o spesso inesistente.
dal titolo dell’introduzione è chiara la linea guida che il libro intende seguire: “Un Tweet non ci salverà”, esplicita la percezione negativa di un web incontrollato e incrollabile che ha portato all’esasperazione del concetto di scoop, ma anche di notizia stessa. Circolando troppe notizie, spesso è difficile vagliare il vero, dal verosimile al falso, costruito ad hoc per attrarre l’attenzione di lettori sempre più distratti ma attratti da argomenti che rasentano il gossip. L’esasperazione del dare ai lettori quello che vogliono, senza accortezza e accuratezza nella costruzione del pezzo e nella certificazione della verità. Una perseveranza che ha portato ad un giornalismo più mediatico e sensazionalistico piuttosto che volto realmente ad informare, il cui scopo è quindi travisato da tecniche spesso discutibili, che non rappresentano l’autentica professione del cronista. Riportando gli articoli più celebri degli ultimi quarant’anni, l’autore cerca di far capire, soprattutto alle nuove generazioni che si affacciano a questo mestiere, la fatica, l’impegno, la dedizione, il sacrificio di coloro che hanno costruito questa professione perché “bazzicavano” affamati e curiosi “marciapiedi di città” dove imperversavano guerre, imbrogli, degrado, malattia, storie da raccontare, senza aspettare semplice tweet dietro una scrivania.
un’appassionante carrellata di articoli e di inchieste utili per tutti i giovani cronisti. I pezzi selezionati sono basilari per capire le regole fondamentali di un buon giornalismo, esercitato in maniera seria. È un testo fondamentale soprattutto per chi sta cercando di imparare alla “vecchia maniera”, per capire quanto la vera scuola di questo mestiere è la redazione stessa, mentre l’unica palestra per esercitarsi è la strada.
il libro è poco pubblicizzato e rischia di rimanere appannaggio solo degli esperti del settore. Meriterebbe maggior diffusione, perché all’interno delle sue quattrocento pagine racchiude nozioni fondamentali.
l’introduzione del libro è dedicata a due giornalisti che hanno fatto del proprio mestiere un veicolo per informare veramente su qualcosa che merita di essere divulgato, che hanno trasmesso informazione nel senso di denuncia e pretesa di giustizia: si tratta di Maria Grazia Cutuli e di Giancarlo Siani, morti entrambi giovanissimi per aver fatto il proprio mestiere in modo magistrale. Perché il watch dog deve infastidire in modo costruttivo per servire i propri lettori e non assoggettarsi ai poteri o aver paura di indagare: il vero giornalista è orfano, bastardo ma soprattutto dedito alla verità.
soprattutto ai giovani giornalisti o aspiranti tali, ma anche a coloro che vogliono ripercorrere un pezzo di storia del nostro paese attraverso l’occhio della stampa.
Scoop! Cronache e giornalisti da prima pagina a cura di Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corriere della Sera
Editore Carte Scoperte , costo 18,50