tritonebiancoIn senso comune, non artistico, per restauro s’intende l’intervento che rimette in efficienza un prodotto dell’attività umana, e in questo caso i restauratori della fontana del Tritone hanno preso troppo a cuore tale principio. Infatti la possente divinità marina sembra uscita ora dallo scalpello dello scultore.

Questo assolutamente è inaccettabile in ambito artistico, una condizione simile farebbe rigirare nella tomba Cesare Brandi, luminare del ‘900 in materia di restauro.

Uno dei principi fondamentali della teoria brandiana recita: “Il restauro deve mirare al ristabilimento dell’opera senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo.
È l’opera d’arte che condiziona il restauro e non l’opposto.
L’opera infatti ha una valenza storica come prodotto umano realizzato in un certo tempo e luogo”.
In altre parole quando si restaura un’opera d’arte si deve rispettare l’artisticità, il messaggio che ci trasmette e soprattutto il passaggio del tempo su di essa.
Se sono passati quasi 400 anni dalla realizzazione è giusto che gli effetti si vedano perché essi stessi sono diventati parte integrante del monumento.

La patina, cioè quell’azione di invecchiamento naturale che si forma col passare del tempo su di un’opera che si trova in uno spazio aperto deve essere in parte mantenuta e in parte rimossa. Va rimosso solo ciò che impedisce la lettura e mai bisogna arrivare alla crudezza della materia. Esiste un punto oltre il quale il restauro non può andare perché significherebbe cancellare l’azione del tempo che è parte sostanziale e fattore tenuto in considerazione dall’autore nel momento della progettazione.

L’intervento prevedeva la disinfezione della superficie e la rimozione delle particelle biologiche e calcaree, ma qui si è andati ben oltre tale limite riportando in vista la crudezza e il candore del travertino.

Sono contrario ad interventi di restauro così radicali.

 

 

Samuel Marcuccio è curatore e critico d’arte

Forse pochi sanno che il vero nome di Nelson Mandela, quello assegnatogli dalla sua tribù, è Rolihlahla, che significa “attaccabrighe”, “combina guai”. I latini dicevano “nomen omen”, a indicare come spesso il nome che ci viene dato alla nascita sia marchio dell’intera identità della persona, del suo destino, profezia del corso che prenderà l’intera sua vita.
Il 18 luglio è il Mandela Day, la giornata istituita dall’ONU per celebrare il compleanno dell’attaccabrighe più instancabile al servizio della libertà e dell’uguaglianza, il cui nome e il cui destino si sono indissolubilmente legati a quelli del Sudafrica e dell’intero popolo nero.

Mandela, che oggi compie 95 anni e che da più di un mese è ricoverato in gravi condizioni a Pretoria, con la potenza della sua immagine e delle sue azioni, continua a lottare per la sua terra.
Il Sudafrica è stato per anni condizionato dalla piaga dell’apartheid, la sconsiderata politica segregazionista che impose, a partire all’incirca dagli anni ’50 del ’900, che le etnie del territorio vivessero isolate l’una dalle altre, togliendo progressivamente diritti e libertà alla popolazione di colore. Fu per ribellarsi allo status quo imposto dall’apartheid che Nelson Mandela trascorse 27 anni della sua vita in una cella grande “tre passi”, a Robben Island, isolato nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico.
Nel 2012, cinquanta anni dopo il suo arresto, un artista sudafricano, Marco Cianfanelli, ha innalzato nel luogo stesso della cattura di Mandela, a Howick, 50 colonne di 9 metri che, viste d’insieme, ne raffigurano il volto.

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Una volta uscito dal carcere, infatti, Nelson Mandela è divenuto vessillo vivente della lotto contro il razzismo e contro tutte le forme di disuguaglianza. Il suo ruolo e il suo potere rivoluzionario sono stati confermati dall’assegnazione del Premio Nobel per la Pace nel 1993 e dalla successiva  elezione, nel 1994, a primo presidente democratico del Sudafrica.

Da allora, l’immagine di Nelson Mandela è divenuta fonte di ispirazione per moltissimi artisti, di strada o di scuola, professionisti o emergenti. Cape Town, ad esempio, è divenuta la patria della street art, e il volto di Nelson Mandela è tra i soggetti prescelti per continuare la lotta, incessante e sotterranea, per l’uguaglianza. A Cape Town la street art è illegale, eppure, ad oggi, è una delle principali fonti di attrazione turistica. Artisti locali, come Faith47, e internazionali, come Mr. Brainwash, colorano le strade di Cape Town e le riempiono di immagini e di slogan di libertà e speranza.

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A Parigi, una mostra all’Hotel de Ville racconta la vita di Mandela attraverso l’arte. Sei diverse sezioni presentano i momenti principali della sua esistenza, da Caractére a Homme d’état, dall’infanzia alla più matura carriera politica. La mostra raccoglie foto, opere d’arte, video e documenti su una delle vite più emblematiche del secolo: si possono ammirare i ritratti realizzati dal collettivo femminile Impumelelo, creati con le perline; i disegni umoristici di Zapiro; i modellini della già citata opera di Cianfanelli; oltre che servizi fotografici e cortometraggi inediti.

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Mandela ha un animo battagliero, guerriero, indomito, ma è stato anche capace di mostrare estrema sensibilità e creatività. Lo dimostrano le litografie che lui stesso ha creato dopo la prigionia e che sono visibili al sito: www.nelsonmandelaart.com. Un altro progetto, realizzato attraverso una collaborazione tra il Nelson Mandela Centre of Memory e Google, ha dato vita ad un cyber archivio completo e suggestivo sulla vita e sul messaggio dell’uomo che ha fatto la storia della democrazia e dell’uguaglianza.

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Buon Compleanno Nelson Mandela!

Curiosità:
– Nelson Mandela è alto 1.94 per 95 anni.
– Ha avuto tre mogli e a ottant’anni, per sposare la terza, Graça Machel – vedova dell’ex presidente del Mozambico Machel – pare che abbia dovuto offrire alla famiglia della sposa 60 pregevoli mucche.
– Moltissimi sono stati i premi e le onorificenze di cui è stato onorato Mandela. Ad esempio, è cittadino onorario del Canada, ma anche di Firenze; è membro onorario del partito laburista britannico, e della squadra di calcio Manchester United. Sono state a lui dedicate e nominate una particella nucleare (Mandela particle), un picchio preistorico (Australopicus nelsonmandelai) e un’orchidea (Paravanda Nelson Mandela).
– Durante la prigionia a Robben Island, furono almeno sei le volte in cui Mandela respinse la libertà offertagli dal governo dell’apartheid. A riguardo Mandela dichiarò: “Desidero la libertà con tutto il mio cuore, ma mi preoccupo ancor di più per la vostra di libertà… Che senso ha che mi venga offerta la libertà, se l’organizzazione del popolo rimane vietata?”

Qualsiasi viaggio si intraprenda è ormai consuetudine portare con sé un ricordo della meta visitata. Magneti per il frigo, cartoline, monumenti in miniatura o peluche. Per gli appassionati del collezionismo Michael Huges ha pensato di giocare un po’ con la fantasia e di realizzare il giro del mondo in ottanta souvenir. Siete stati in tutti questi posti oppure qualcuno vi manca?

 

Si era temuto il peggio per il suo parroco dopo i gravi crolli che hanno colpito la Basilica di Santa Maria Assunta, il duomo del paese: Carpi invece ha tirato un sospiro di sollievo quando è stato reso noto che, nonostante i gravi danni, il sacerdote non era rimasto coinvolto nelle frane provocate dal terremoto. A pochi chilometri da Mirandola, nella provincia di Modena, Carpi ha rischiato di perdere il suo gioiello architettonico, il suo duomo dedicato all’Assunta. Commissionata dal principe rinascimentale Alberto Pio, i lavori della splendida chiesa rinascimentale iniziarono nel 1514 sotto la direzione dell’architetto Baldassarre Peruzzi, che riprese le idee che il Bramante e il Raffaello avevano per il cantiere della basilica di San Pietro a Roma. I lavori vennero interrotti dal 1525 e ripresero nel 1606, quando furono realizzate le tre navate e la facciata in stile barocco. Solo nel 1768 venne completata la cupola: questa risultò essere troppo alta e slanciata quindi venne sostituita già nel 1771 con una più bassa. L’edificio è stato terminato e consacrato infine nel 1791. Al suo interno sono conservate diverse opere d’arte del Seicento emiliano e veneto: Teodoro Ghisi, Matteo Loves, Sante Peranda, Luca Ferrari e Giacomo Cavedoni. In queste ore sono in corso le verifiche dei vigili del Fuoco e pertanto l’edificio è ancora considerato inagibile.

Sono diverse le macerie sparse nella piazza dei Martiri di Carpi a testimoniare che i danneggiamenti hanno interessato non solo la chiesa madre: molti i pennacchi franati a terra e i vigili del fuoco hanno asportato alcuni camini pericolanti sui tetti di Palazzo dei Pio e sul Portico del Grano.

In attesa che venga effettuata una stima conclusiva dei danni riportati, vi mostriamo un video che riassume quale immenso patrimonio artistico è racchiuso all’interno del piccolo borgo di Carpi.

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La terra torna a tremare provocando crolli e danni al patrimonio archietettonico delle zone colpite. A cedere definitivamente è stato lo splendido Duomo della Mirandola, in provincia di Modena, tra i territori maggiormente interessati dal sisma.

 

Questo esemplare di chiesa rinascimentale a tre navate, è sempre stata uno dei simboli del centro storico emiliano, al confine con la Lombardia. La sua storia risale infatti al 1440, quando cominciò la sua edificazione, completata venti anni dopo ad opera dei fratelli Galeotto e Anton Pico. Al suo interno il Duomo, chimato Chiesa di Santa Maria  Maggiore, ospita il mausoleo marmoreo in cui fu sepolto nel 1565 il filosofo Antonio Bernardi.

 

A cadere anche le quattro campane che svettavano sulla torre alta ben 48 metri e il cui suono gioioso intonava da sempre l’Angelus per i fedeli di Mirandola.

 
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Dopo la scosse di stamattina, stimata di magnitudo 5.8, il Duomo ha ceduto. A rendere ancor più doloroso questo evento la notizia, ancora non confermata, che sotto le macerie sia rimasta vittima una persona.
Questo è quanto rimane di uno dei monumenti italiani che ha contribuito a delineare l’identità di un’intera comunità.

 

L’ambone nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze non si realizzerà sino a nuove disposizioni. La vicenda è iniziata nel lontano 1366, il giorno 22 settembre quando gli operai dell’Opera scrissero “Che…ne le quarte cholonne si faccia a ciaschuna un perghamo bello e onorevole”. Tuttavia il progetto rimase su carta e non vide mai la luce: sino ad oggi nello spazio liturgico adibito alla lettura è collocato un semplice leggio di legno.
Eppure a distanza di secoli l’idea di riprendere il progetto era venuta all’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, il quale aveva indetto un concorso ad inviti partito nel 2010 per costruire finalmente la mensa da cui il sacerdote officia la messa rivolto ai fedeli. La questione tuttavia è delicata: dopo la presentazione delle proposte, infatti, è tornato in auge il vecchio dilemma su come integrare un’opera contemporanea in un contesto tradizionale e immutato nei secoli.
Al concorso hanno partecipato diversi artisti e architetti tra cui Mario Botta, Massimo Lippi, Mimmo Paladino, Filippo Rossi, Enrico Savelli e Paolo Zermani. Il termine previsto per la presentazione dei progetti era il 31 dicembre 2010 e in questi due anni è stata istituita dall’Opera di Santa Maria un’apposita commissione giudicatrice. Tra tutti i progetti pervenuti erano stati selezionati quelli di Mario Botta, Mimmo Paladino e Paolo Zermani, ma in seguito ad una seconda valutazione da parte della commissione il giudizio è stato incisivo e definitivo: ”Dopo un’accurata analisi degli elaborati presentati dagli artisti invitati, la Commissione ha deciso di non accettare nessuna delle proposte pervenute”. Recita il verbale “Trattandosi di un’opera storicamente e culturalmente così importante per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, la Commissione ha ritenuto, non avendo raggiunto una ragionevole unanimità di giudizio, che nessuno dei progetti presentati sia meritevole di realizzazione, pur apprezzando lo sforzo e le intenzioni dei partecipanti”. All’annuncio della decisione sono seguiti i ringraziamenti e l’apprezzamento per le opere presentate, ritenute pregevoli dal presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore, l’avvocato Franco Lucchesi. Dunque lavori pregiati ma non abbastanza per superare il contrasto tra la contemporaneità e il valore storico dei grandi monumenti del passato, come il Duomo di Firenze. E mentre la riflessione su come colmare questo spazio proseguirà e su quali saranno i criteri che verranno adottati per giudicare altre opere, i progetti selezionati per questo concorso saranno esposti al pubblico presso il Centro Arte e Cultura (OPA), in Piazza San Giovanni 7, fino al 5 aprile 2012 compreso. Se passate per Firenze dunque potrete giudicare anche voi.

Se passate da Londra affrettatevi a fare una visita al parlamento di Westminster. La celebre torre del Big Ben sovrastante l’edificio che ospita la Camera dei Lord e quella dei Comuni è a rischio sprofondamento. Sembra infatti che tra un centinaio di anni potremmo vedere il monumento inclinato come la torre di Pisa o peggio ancora precipitare nel Tamigi su cui si affaccia parte della struttura.
Così, acquisito il parere degli esperti, i parlamentari inglesi hanno iniziato a cercare soluzioni per ovviare al problema. Dapprima è stata accettata l’ordinaria soluzione di restaurare l’intero edificio eppure sembra che quello della sua stabilità non sia l’unica preoccupazione. Anche l’impianto di riscaldamento, le cui caldaie risalgono alla seconda guerra mondiale, potrebbe saltare in aria e nei sotterranei infine è presente l’amianto, materiale pericoloso per la salute, che dovrebbe essere smaltito. Il preventivo richiesto però non sembra essere alla portata delle casse dell’amministrazione britannica: l’intero rifacimento costerebbe circa un miliardo di sterline (1 miliardo e 150 milioni di euro), l’equivalente dell’intero valore di tutto l’edificio. Una cifra che ha fatto impallidire i parlamentari di sua maestà, costretti ad ammettere che tale importo risulta quasi impossibile da stanziare in un momento di crisi economica e pesanti tagli al bilancio dello stato. E se le casse del Tesoro britannico non riescono a salvare lo storico Parlamento inaugurato nel 1213, allora si fanno largo ipotesi alternative. Tra queste John Bercow lo speaker della camera dei Comuni ha avanzato la proposta di trasferire tutta l’amministrazione in un’altra sede temporaneamente, per permettere l’avvio dei lavori. Ma se i soldi per il restauro non ci sono, basterà semplicemente traslocare? Consapevoli che il problema non è di facile risoluzione, un’autorevole voce parlamentare ha dichiarato al Mail on Sunday  -il quotidiano inglese che ha riportato la notizia,- che non esclude di vendere il simbolo dell’Inghilterra ai Russi o ai Cinesi. Una dichiarazione sconcertante che rende l’idea della crisi profonda che ha colpito la monarchia britannica. Mettendo a confronto due vicende analoghe, con un po’ di humor britannico gli italiani possono consolarsi nel pensare che almeno il Colosseo non verrà venduto al Sol Levante ma che, polemiche a parte, sarà restaurato da una ditta privata italiana. Forse una volta tanto non abbiamo nulla da invidiare allo stile British.

E’ nato su iniziativa di 40 volontari, un gruppo di giovani con al massimo ventotto anni, il progetto S.P.Q.R. (Salvaguardia Proteggi Qualifica Roma), gestito dall’Ufficio di Protezione Civile del Comune di Roma con il supporto del Delegato del Sindaco per la Tutela e la Valorizzazione del Centro Storico e della Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma.
L’obiettivo che ha guidato tale impresa è stato quello di migliorare i sistemi di intervento per il recupero e la salvaguardia delle opere d’arte in caso di criticità e di valorizzare il patrimonio storico artistico e monumentale del Municipio I – Centro Storico di Roma.
Il sito racconta la sfida di quaranta volontari impegnati nel completamento del censimento dei Beni Culturali e nella sensibilizzazione dei cittadini alla cultura della salvaguardia. Il gruppo di ragazzi e ragazze ha infatti provveduto ad elaborare e diffondere informazioni e norme comportamentali occupandosi inoltre della mappatura dei Beni culturali di proprietà del Comune di Roma e di quella dei rischi naturali ed antropici cui sono sottoposti.
In occasione del progetto è stato creato anche un logo raffigurante un tratto delle mura aureliane circondato dallo slogan “Salvaguardia Proteggi Qualifica Roma”.
I ragazzi hanno così iniziato la loro missione partendo dalla formazione; in particolare, si sono rivelate molto interessanti, le lezioni sulla Storia del Servizio Civile, così come le testimonianze dell’attività in occasione del terremoto de L’Aquila e quelle trascorse come ospiti presso il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di alcuni volontari.
Considerata la mole di lavoro, fondamentale si è rivelata l’elaborazione del programma dettagliato degli interventi e della relativa tempistica e, una volta individuati i gruppi sono stati prodotti: la scheda di monitoraggio per i beni culturali la progettazione del sito web, la progettazione e realizzazione di gadget, di depliant e del materiale per le scuole.
In particolare, il programma educativo elaborato per le scuole è stato adattato alle diverse fasce d’età dei ragazzi che partecipano al progetto “Protezione Civile nella didattica’’ promosso dal Comune di Roma. Per quanto concerne la scuola primaria sono state realizzate delle slides nelle quali, attraverso una storia animata, sono evidenziati i concetti di rischio antropico e di salvaguardia del patrimonio storico artistico, a cui farà seguito un’attività ludico-educativa di orienteering per scoprire le bellezze del  territorio.
Per le scuole superiori è prevista una breve spiegazione del progetto di servizio civile con un approfondimento, attraverso un rapido excursus legislativo, della definizione di “bene culturale”, dalla Legge Bottai (L. n.1089/1939) fino all’elaborazione del Testo Unico dei Beni Culturali e Ambientali (1999) e  successivamente del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2004).
Inoltre il progetto prevede di stimolare gli studenti coinvolgendoli nella realizzazione di articoli di giornale, video/spot, disegni, collage e facendoli partecipare a visite guidate d’interesse storico-artistico organizzate da volontari.
Parte integrante dell’iniziativa S.P.Q.R. è il monitoraggio; per quantificare il Rischio Antropico cui sono soggetti i beni culturali è infatti stata stilata una scheda analitica che individua le problematiche indotte dalla pressione antropica e lo stato in cui si trova il bene esposto a rischio.
Per ogni bene e per ogni elemento d’arredo inserito nel sito da monitorare, l’analisi complessiva riguarda lo stato di degrado dato dalla sussistenza di atti vandalici, la presenza di manutenzione e la sorveglianza. Il progetto ha preso in analisi 20 siti campione concordati tra la Sovrintendenza Comunale e la Protezione Civile i cui dati acquisiti sono poi stati informatizzati.
Salvaguardia Proteggi Qualifica Roma mira quindi a diffondere la cultura della salvaguardia accrescendo, nel cittadino-visitatore, il senso di appartenenza al territorio. Non resta quindi che declinare l’iniziativa per altre città italiane.