chefareDopo il successo della prima edizione è tornato anche quest’anno il bando Che Fare volto a premiare con 100 mila euro progetti culturali innovativi e con forte impatto sociale. Per capire le novità introdotte abbiamo intervistato Marco Liberatore, responsabile comunicazione del bando, che ci ha spiegato non solo come partecipare, ma ci ha fornito anche qualche dritta per aggiudicarsi il premio.

 

È partita la nuova edizione del Bando Che Fare 2013. Quali sono le novità rispetto all’anno passato?
Il 28 ottobre abbiamo aperto la seconda edizione del nostro bando, quella dell’anno passato è stata la prima e ci è stata utile per lanciare a livello nazionale un dibattito su uno dei temi che riteniamo di grande interesse collettivo, quello del finanziamento alla cultura, che non vuol dire solamente “Come si pagano i musei” o “dove trovano i soldi gli enti lirici” ma anche, e più semplicemente, in un paese che investe sempre meno in ricerca e in istruzione, come posso rendere sostenibile un’iniziativa culturale se i referenti tradizionali di un tempo (enti locali e istituzioni) si sono eclissati?L’edizione dello scorso anno ci è quindi stata utile per sollevare un problema e per metterci nell’ottica di cercare delle possibili risposte. Data la situazione politica ed economica come muoversi? Che strade percorrere? Di fatto il bando è espressione di un’operazione culturale più ampia.
Preso atto dell’esperienza molto positiva abbiamo deciso di riprovarci. Quando rifai una cosa del genere per la seconda volta cerchi di farla meglio, naturalmente, e questo vuol dire soprattutto potenziare la struttura, lavorando sulla squadra e ottimizzando gli aspetti critici, che ci sono sempre, individuati alla prima esperienza. Gli aspetti più evidenti sono ovviamente legati al sito, nuovo, più funzionale e ricco di contenuti. Uno di questi è il Vademecum, una sorte di guida che abbiamo stilato grazie all’apporto di alcuni nostri partner (Fondazione Fitzcarraldo, Tafter, Fondazione <ahref, Avanzi). L’altra novità è legata all’allargamento della rete dei partner.

 

Squadra che vince non si cambia. Con chi collaborate quest’anno e quale il valore aggiunto del vostro network?
Alcuni partner sono gli stessi dell’anno scorso: Avanzi, Fondazione<ahref, Tafter, Domenica del Sole 24 ore. A questi si sono aggiunti altri: Fondazione Fitzcarraldo, Societing, Vita, Bollenti Spiriti della Regione Puglia, Enel e Lìberos, il progetto che ha vinto l’anno scorso.
L’allargamento della rete è fondamentale, rafforza cheFare e ci permette di collaborare con realtà di cui abbiamo grande stima. Soprattutto ci permette di unire competenze e capacità differenti.

 

Ho un progetto nel cassetto riguardante l’innovazione sociale e culturale. Come faccio a partecipare al bando? Ci sono dei requisiti da rispettare?
Il bando e aperto a organizzazione profit e non profit e per partecipare è sufficiente andare sul nostro sito (www.che-fare.com), scaricare il bando e compilare il form online. Noi però suggeriamo prima di tutto di leggere il vademecum e di scaricare il fac-simile del modulo da compilare, in modo da avere tutto il tempo per rispondere al meglio alle domande e alle richieste lì esposte. E solo in un secondo momento riempire il modulo online.
In generale sono soprattutto due gli elementi da tenere in considerazione, gli otto requisiti richiesti ai progetti e il business model. Il nostro bando si rivolge a progetti culturali di innovazione sociale e abbiamo cercato di identificare otto criteri utili a identificarli: collaborazione, progettazione innovativa, scalabilità e riproducibilità, sostenibilità, equità, impatto sociale, approccio open source, capacità di coinvolgimento delle comunità.

 

Cosa è successo a chi ha vinto lo scorso anno?
Ha potuto dare un impulso significativo al proprio progetto, rafforzando l’organizzazione e realizzando una buona parte degli obiettivi. La prima edizione è stata vinta da Lìberos, un comunità di lettori scrittori, editori, librai e associazioni della Sardegna, un social network del libro che sfrutta la filiera editoriale per creare valore sociale, una rete virtuale e fisica, radicata sul territorio che promuove e organizza incontri, reading ed eventi culturali in mille forme e modi diversi. Per dieci mesi, dopo la premiazione, abbiamo monitorato il progetto, confrontandoci con loro sulle possibilità di crescita della loro iniziativa. Tra pochi giorni, inoltre, si terrà il loro convegno annuale (durante il fine settimana del 30 novembre) e avremo modo di conoscere quali saranno le loro prossime mosse. È un progetto molto bello e valido e anche per questo li abbiamo voluti come partner per la seconda edizione del nostro bando.

 

È tempo di consigli. 3 consigli che daresti a chi decide di partecipare…
Studiare il vademecum, fare network, guardarsi intorno e imparare da chi ne sa di più.
Sul vademecum e sul collaborare e fare rete abbiamo già detto, sull’imparare da chi ne sa di più le cose stanno così: a scuola ci insegnano che copiare dal compagno di banco è sbagliato ma nella vita come nel mondo animale si apprende soprattutto per imitazione. È il primo passo per poi fare le cose a proprio modo. C’è sempre qualcuno più bravo di noi o che ha più esperienza e che magari ha già affrontato e superato problemi che noi incontriamo per la prima volta. Credere di sapere tutto non è l’atteggiamento giusto per fare innovazione e vedere come fanno gli altri può essere il modo migliore per creare qualcosa di veramente unico e originale.

 

TAFTER è mediapartner di Che Fare

 

eucreNonostante l’arrivo dell’autunno, dall’Europa soffia un vento caldo carico di notizie positive per chi opera nel settore creativo culturale ed audiovisivo.
La Commissione Europea ha deciso di stanziare 1.801 milioni di euro tra il 2014 e il 2020, per il programma Europa Creativa, attraverso il quale prevede di raggiungere circa 8.000 organizzazioni culturali e 300.000 artisti, professionisti della cultura e le loro opere. Il Parlamento europeo ha votato favorevolmente il programma.
Scopo primario: aiutare chi si occupa di ‘cultura’ a varcare i confini nazionali, rafforzando il ruolo dei piccoli imprenditori e delle organizzazioni locali, favorire l’innovazione, la costruzione di un pubblico paneuropeo e nuovi modelli di business.

Secondo la Commissione, dal punto di vista economico questi finanziamenti sono il modo più efficace di ottenere risultati e un effetto duraturo per aiutare i professionisti del settore culturale ed audiovisivo ad inserirsi sui mercati internazionali e a lavorare con successo per promuove lo sviluppo di opere che presentano un potenziale di distribuzione transfrontaliera; più di 5.500 libri e altre opere letterarie verranno tradotte e pubblicizzate e più di 1.000 film europei, verranno distribuiti su piattaforme tradizionali e digitali.

Nonostante infatti la diversità culturale e linguistica europea sia riconosciuta dai Trattati come un principio fondamentale e più volte si sia proclamata la necessità di rafforzare la competitività dei settori culturali e creativi, i dati dell’ultimo rapporto Eurostat relativi al 2012, riportavano un panorama non proprio felice, dove tra l’altro l’Italia chiudeva la fila con una percentuale di investimenti statali nel campo culturale inferiore alla media degli altri paesi membri.
Ora sembra che ci siano tutti gli elementi per uscire dalla crisi e dare una spinta propositiva, -oltre a un sostegno economico- all’enorme ricchezza che molti, soprattutto tra i giovani continuano a ritenere il cuore vivo e pulsante in cui investire tempo e risorse, nonostante la disattenzione se non peggio, gli ostacoli da parte delle istituzioni.

Voci di corridoio sussurrano che le prime call usciranno a dicembre con scadenza a marzo. Il Programma vede un aumento di budget del 9% rispetto al precedente Programma Media e Cultura 2007-13 e resterà suddivido nei due filoni principali: Media e Cultura, oltre a una sezione tran-settoriale che istituirà una desk di supporto e archivio dati e dal 2016 un fondo di garanzia quale strumento di garanzia finanziaria destinato alle PMI e alle organizzazioni.
Quattro i settori di finanziamento: progetti di cooperazione, traduzione letterarie, network e piattaforme.

Potranno partecipare gli operatori attivi nei settori creativi culturali, aventi personalità giuridica (non sono ammesse infatti domande individuali) e sede legale in uno dei 28 Paesi Membro Ue, ma anche Norvegia, Svizzera, Turchia, Macedonia, Serbia, Islanda, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Albania; e –grande novità!- anche i Paesi partecipanti alla cosiddetta European Neighbourhood Policy -ENP: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina, Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia.

Un’opportunità importante per fare rete, acquisire competenze e, grazie alle più moderne tecnologie digitali diffondere la coproduzione europea e internazionale, scambi di competenze professionali e know-how, attraverso tournee, eventi, manifestazioni internazionali.

Letteratura, musica, architettura, archivi e biblioteche, artigianato artistico, film, televisione, videogiochi e multimediale; design, festival, arti visive, arti dello spettacolo, editoria, radio, pare siano finalmente arrivate le risorse per salvare questo nostro patrimonio inestimabile, resta ora da vedere come verranno distribuite e gestite!

 

Consulta il sito del programma Europa Creativa

 

basilicatagirareIntervista al Direttore di Lucana Film Commission, Paride Leporace

 

Insieme alla Regione Basilicata avete promosso il bando per il finanziamento di produzioni sul vostro territorio, in scadenza l’11 novembre. Quali i principali punti di forza di tale opportunità?
Fino a duecentomila euro di finanziamento per ogni film da spendere sul nostro territorio. E una quota destinata a sperimentare la nascita di piccole imprese locali vocate all’audiovisivo. Si tratta della prima pietra per edificare un sistema di piccole e medie imprese che possano formare un distretto della creatività a supporto dell’industria cinematografica

 

Cosa consiglia alle PMI che si candideranno per ricevere i finanziamenti messi a disposizione? C’è magari qualche location particolare che vuole suggerire?
Consiglio innanzitutto di non pensare alla Basilicata come un bancomat da utilizzare nella forma usa e getta. Spero si ragioni tutti in modo virtuoso e mi auguro che qualche squalo che circola in questi ambienti venga demotivato dalla rigidità dei controlli che un bando europeo propone. Per chiarimenti abbiamo attivato un servizio FAQ consultabile dal nostro sito lucanafilmcommission.it. In merito ai set da proporre io preferisco chiamarli luoghi. La Basilicata è molto vasta, contrariamente a quello che restituisce il luogo comune. Si tratta di luoghi che a volte hanno visto l’alba dell’uomo. Sono poco abitati quindi molto cinematografici. Matera è un patrimonio dell’umanità e città del cinema. Ma abbiamo anche due mari, molti laghi, cime innevate e deserti brulli, paesini che sembrano presepi e nidi di vespe arrampicati sulle colline, cattedrali medioevali, palazzi barocchi, foreste, centri storici intatti, piccole savane, campi di grano, attrazioni con filo d’acciaio che imbracati vi conducono come un angelo da un paese all’altro a grande altezza. Un campionario di scenari naturali pronto a soddisfare ogni sceneggiatura da illuminare con una luce che ha già entusiasmato molti direttori della fotografia.

 

Che tipo di interazioni si attivano tra le produzioni che giungono da voi e le realtà locali, come imprese, associazioni, istituti culturali e amministrazioni?
C’è grande accoglienza e molta partecipazione. Le amministrazioni locali, a differenza dei luoghi metropolitani, non creano ostacoli burocratici, ma favoriscono permessi e mettono a disposizioni mezzi e risorse. Le relazioni corte lucane sono molto utili per risolvere i problemi di una produzione, dove ridurre i costi e i tempi è il primo risultato da raggiungere. Il mondo delle imprese deve attrezzarsi meglio, quello della cultura essere più propositivo.

 

Tra le produzioni che avete sostenuto in passato, quale a suo avviso ha meglio rappresentato e veicolato le bellezze della Basilicata?
“Basilicata coast to coast”, grazie ad un regista lucano come Rocco Papaleo e al racconto “on the road”, ha permesso di rendere riconoscibile la Basilicata e di renderla anche molto affascinante al visitatore che non cerca luoghi banali o scontati. Abbiamo favorito la distribuzione del film anche in Francia e  grazie a questo prodotto cinematografico abbiamo notato come  la nostra regione sia attraente anche all’estero. Tra l’altro molti studi indicano questa favorevole circostanza. Il film è nato grazie all’intuito del produttore che ha ricevuto attenzione e finanziamento dalla Regione Basilicata e dal ministero, godendo anche di un’ottima campagna pubblicitaria pagata da parte di alcune compagnie petrolifere operanti nella nostra regione. E’ stata un’ottima operazione di promozione territoriale, abbinata ad un prodotto di successo economico e artistico.

 

Che tipo di attività svolgete invece sul territorio per promuovere il cinema e la sua conoscenza? Che feedback riscontrate?
Siamo in stretto contatto con una rete di Centri della creatività, nati in Basilicata grazie alla Regione, che ha riqualificato delle vecchie cattedrali nel deserto inutilizzate affidandole a gruppi e cooperative che hanno partecipato ad un bando pubblico. In questi Centri abbiamo tenuto molti incontri con i territori e oltre ai lavoratori della creatività e del cinema abbiamo anche interagito con imprenditori, amministratori, banche e categorie produttive. La nostra narrazione dimostrativa convince sempre più persone. Siamo inoltre molto impegnati a difendere le sale cinematografiche esistenti e con un Apq tra governo e Regione speriamo di poter effettuare una sperimentazione sul nuovo cinema digitale nelle nuove sale del presente. Infine, e non da ultimo, dobbiamo formare dei cittadini spettatori che abbiano una buona cultura delle immagini, che le sappiano leggere e capire. Per questo è indispensabile partire dalle scuole e dall’Università.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=MXhtveWO2w4]

La Basilicata ha un lungo trascorso cinematografico: come spiega questa particolare vocazione?
Le inchieste sociali e i documentari aprirono la strada. Girare in Lucania era come andare in un posto esotico. Poi la spedizione di De Martino apri’ la vocazione antropologica che continua ancora oggi ad un cinema che indaga e prende a pretesto riti e costumi ancestrali. Poi la decisione di Pasolini di ritrovare la Palestina di Cristo a Matera e Barile per alcune scene monumentali del Vangelo segnerà per sempre la storia del Cinema. Da allora Matera in particolar modo, ma non solo, diventa set privilegiato per film legati alla vicenda di Gesù. Quasi un genere compresa qualche parodia, metacinema e qualche flop americano. Poi si gira “The Passion” di Mel Gibson che, grazie ai suoi incassi stratosferici e alle polemiche globali suscitate, ha fatto diventare Matera una delle mete di cineturismo più conosciute al mondo. A Pasqua il turista trova le croci sulla Murgia ormai diventato Golgota nell’immaginario collettivo. Poi c’è tutto il resto. L’esordio della Wertmuller, la trilogia di Francesco Rosi che riesce a impossessarsi dell’epopea contadina di Carlo Levi negli anni Settanta, la finta Sicilia di Tornatore. La Basilicata è un set naturale che ispira il cinema d’autore per contaminazione culturale di alcuni testi e per forza dei luoghi. Grandi documentari pure. Oggi il nuovo snodo. Mettere a sistema questo grande patrimonio.

Guarda l‘infografica che in 2 minuti ti spiega come partecipare al bando, che trovi in versione integrale qui

Dopo il successo della scorsa edizione, torna anche quest’anno il bando cheFare volto a premiare il miglior progetto culturale di innovazione sociale con 100 mila euro.

Il termine per inviare la propria partecipazione è per il 9 dicembre prossimo.

I progetti saranno selezionati da un gruppo di esperti scelti dall’associazione culturale Doppiozero, promotrice del bando. Ai partecipanti che avranno superato la prima selezione, sarà garantita visibilità on line per due mesi, così da consentire alla community della Rete di esprimere il proprio voto. Tra gli otto finalisti, una giuria di saggi sceglierà infine il vincitore che potrà ricevere i 100 mila euro in premio.
[vimeo 77795294 w=400 h=230]

 

Attraverso il bando più realtà hanno la possibilità di presentarsi e farsi conoscere da esperti del settore in modo orizzontale e democratico. Ci sono infatti parametri ben precisi cui attenersi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo: di ciascun progetto presentato sarà considerata la sostenibilità economica, l’impatto sociale e la rilevanza culturale. Questi aspetti sono alla base di esperienze di successo, come dimostra Lìberos, il vincitore del bando cheFare 2012.

Lìberos è una rete sociale creata e costituita da alcuni scrittori, editori, librai, biblioteche, associazioni, festival e altri professionisti dell’editoria. Il progetto propone un sistema operativo culturale, un social network e un laboratorio permanente di progettazione comune volto a sostenere il comparto editoriale in Sardegna e non solo.

Quest’anno Lìberos figura tra i partner di cheFare insieme a TAFTER, Avanzi, Fondazione Ahref, Fondazione Fitzcarraldo e Societing.

L’obiettivo è sempre lo stesso: “CheFare è uno strumento per indagare le trasformazioni del presente e le strade del futuro” sostenendo le realtà capaci di innovare e progettare nel campo culturale.

 

 

TITOLOFreelancer.comfreelancer

 

 

COSEIl panorama lavorativo attuale è sempre più eterogeneo, cangiante, molteplice. I contratti di lavoro e le tipologie di assunzione sono differenti rispetto al passato. Sicuramente il web, internet, i social network rispecchiano le mutate condizioni di assunzione e cercano di andarvi incontro. Freelance.com risponde alle nuove richieste del settore professionale e offre opportunità e convenienza sia per chi offre lavoro, sia per chi lo cerca. Si tratta, infatti, di una piattaforma per chi cerca attività da freelancer, o per chi gestisce una piccola impresa, non ha le risorse sufficienti per assumere una figura a tempo pieno, e preferisce appoggiarsi su una figura esterna che svolga un lavoro temporaneo. Freelancer.com si definisce, infatti, “il più grande mercato al mondo di freelancing, esternalizzazione e crowdsourcing per le piccole imprese”.

 

COME
Freelancer.com funziona un po’ come un social. Ci si iscrive, agganciandosi all’email o al profilo Facebook, e si comincia scegliendo il proprio “ruolo” all’interno del meccanismo: freelancer o datore di lavoro? Se si cerca impiego è necessario indicare le proprie abilità (più o meno come su LinkedIn) e si può caricare il proprio curriculum. Una volta completato il profilo, si può cercare l’attività per la quale si è più adatti e fare un’offerta al datore di lavoro, inviando le proprie referenze e indicando il costo del proprio incarico all’ora. Se si riesce a convincere il futuro “capo”, si è assunti e una percentuale del guadagno ricevuto va al sito. Un processo più o meno speculare avviene se, invece, si cerca “personale” da assumere. E’ possibile caricare il proprio progetto oppure si può ricercare la figura adatta indicando tutte le caratteristiche necessarie ad una determinata mansione. Anche in questo caso, parte del guadagno dell’intero progetto (un 3%) va al sito.

 

proE’ un modo intelligente per trovare lavori part-time, da svolgere da casa, o svariate opportunità in tutto il mondo.

 

 

CONTROPer capire bene come funziona il tutto bisogna avere un po’ di pazienza e “studiarci un po’ su”. Lo stesso vale al momento della ricerca del lavoro o dei lavoratori: bisogna capire la strategia giusta per essere assunti o per assumere la persona più adatta.

 

SEGNI PARTICOLARIPer i freelancer, è possibile svolgere anche degli esami per dare prova delle proprie abilità. Si tratta di veri e propri test, in genere rapidi, che servono per primeggiare agli occhi dei possibili futuri datori di lavoro.

 

 

CONSIGLIATO AChi è in cerca di un lavoro, ai fantasiosi del mercato delle assunzioni, a chi non ama spostarsi per lavorare, a chi ha un’impresa, una start up, un lavoro da voler o dover assegnare a terzi.

 

 

INFO UTILIhttps://www.freelancer.com

TITOLO Job Swapper jobswapp

 

 
COSEJob Swapper è il sito giusto per chi è stanco di spostarsi ogni giorno per decine di Km per raggiungere il posto di lavoro, per chi è stufo di stressarsi e perdere tempo nel traffico, o in attesa di una metro o di un treno. Swap, dall’inglese, significa scambiare e Job Swapper è proprio un portale web cartografico che permette di cercare, scambiare e offrire un posto di lavoro con un altro, con l’ottica di trovare il lavoro più comodo e a km zero. I vantaggi prospettati sono molteplici, non solo in fatto di qualità della vita quotidiana, ma anche per ambiente e ecosistema: raggiungere il lavoro a piedi riduce lo stress e le spese, contiene l’inquinamento ambientale, migliora le prestazioni di lavoro del singolo, e arricchisce l’immagine sociale dell’azienda.

 
COMEJob Swapper richiede una fase iniziale di iscrizione in cui è necessario compilare il proprio profilo, fornendo informazioni sull’attuale domicilio e sugli eventuali profili social che si possiedono. Il sito offre, poi, tre sezioni principali: “Scambia”, “Offri”, “Cerca”. La sezione “Scambia” consente di entrare in contatto con un altro utente che ha segnalato di avere competenze analoghe alle nostre, o di lavorare in un’azienda simile, per scambiare il proprio posto di lavoro attuale. Con “Offri” è possibile offrire le proprie competenze alle aziende localizzate nell’area geografica di nostro interesse. E, infine, “Cerca” permette di sfruttare il motore di ricerca libero.

 
proSe si è fortunati si possono davvero risolvere molti problemi della vita quotidiana con un click. Il portale è totalmente gratuito e permette sia alle aziende, che ai privati di avere oltre che visibilità e vantaggi, un panoramica sul mondo del lavoro contemporaneo in Italia.

 
CONTROÈ un progetto ancora in fase di espansione, cominciato solo nel maggio 2013, che necessita di crescere. E infatti gli utenti che partecipano all’iniziativa non sono al momento molto numerosi. Sarebbe interessante inserire la possibilità di scambi anche internazionali.

 
SEGNI PARTICOLARIJob Swapper è un progetto totalmente italiano, nato dall’iniziativa di tre amici ed ex-colleghi che hanno deciso di lanciarsi in questa avventura. Autofinanziatisi fino a questo momento, hanno lanciato sul sito anche una mini campagna di crowdfunding, inserendo una sezione “Support Us”: “moltissime sono le novità che ci emozionano e vorremmo condividere subito, ma più ne introduciamo e più cresce l’esigenza economica di sostenere queste novità”.

 
CONSIGLIATO AI lavoratori estenuati dalle distanze che li separano dal posto di lavoro. Gli amanti dell’ambiente, del green, dello sviluppo sostenibile. I disoccupati.

 
INFO UTILI www.jobswapper.it

 

 

Un paese lontano, da sempre meta di flussi migratori alla ricerca di fortuna, offre ancora oggi occasioni uniche: è l’Australia. L’ufficio del turismo ha infatti indetto il concorso “Best Jobs in the World”, dal nome evocativo, che ne anticipa i premi in palio. Aperto ai giovani di tutto il mondo, di età compresa tra i 18 e 30 anni, questo originale contest consente di ottenere un impiego di sei mesi comprensivo di vitto, alloggio e stipendio (per un valore complessivo di 80.000 euro). Ma non si tratta di lavori comuni: i vincitori di “Best Jobs in the World” potranno trovare occupazione come guardia parchi, esploratori, specialisti del divertimento, maestri del gusto, fotografi e custodi della Kangaroo Island.

Noi abbiamo conosciuto Valerio Cozzi, giovane italiano che ha superato la prima selezione del concorso.

 

Che ci fa un giovane ragazzo italiano in Australia?
L’Australia è un paese bellissimo, selvaggio e allo stresso tempo incredibilmente moderno, un paese che può offrire tantissime opportunità. Ci sono andato per la prima volta quando avevo undici anni, assieme ai miei genitori, e da allora mi è sempre rimasta nel cuore. Finita la Laurea Magistrale in Archeologia e, non trovando opportunità di lavoro soddisfacenti, ho deciso di provare a fare il grande salto, per vedere come me la sarei cavata a 16.000 chilometri di distanza!

 

Come sei venuto a conoscenza del concorso Best Job in the World?
Per puro caso: il padre della mia ragazza, Amélie, ci ha mandato un email per farci sapere che le selezioni erano aperte. Una volta presa visione dell’incredibile offerta di lavoro, pur sapendo quante migliaia di persone avessero già partecipato, ho incominciato a progettare il mio video e sono riuscito a spedirlo appena qualche ora prima della chiusura della prima fase.

 

In cosa consiste il contest? Quali sono le prove da superare?La prima fase consisteva nell’attirare l’attenzione della commissione di gara con un video di soli trenta secondi. Hanno partecipato in 600.000 ma siamo stati presi solo in 150.
La seconda fase è tanto geniale quanto assurda: bisogna mostrare di essere incredibilmente mediatici, di saper comparire in blog, giornali, riviste e televisioni. Ma non essendoci regole vere e proprie ho pensato di portare avanti una maratona di “Mi piace” su Facebook – Valerio Cozzi per Wildlife Caretaker – da presentare alla commissione come glorioso “bottino di guerra”! Inoltre bisognerà trovare uno “sponsor eccellente”: Niente che abbia a che fare con la donazione di soldi, solo una persona di spicco che dica di fronte a una telecamera “È il ragazzo giusto, è lui che state cercando!” o qualcosa di simile! Al momento non ho ancora il mio testimoniale, per cui, fatevi avanti!

 

A quale degli impieghi proposti aspiri?
Concorro per la posizione di Custode dell’Isola dei Canguri, in South Australia. In pratica dovrei vivere giorno per giorno la natura e raccontarla al mondo per tutto il periodo di durata del lavoro!

 

Se, fossi tra i vincitori, e noi te lo auguriamo, come ritieni che questa esperienza influirà sulla tua crescita personale e professionale?
Già sta influendo, senza che nemmeno sia finita! Conoscere persone è la chiave del successo, perché puoi essere il migliore del mondo nella tua professione, ma se non ti nota nessuno non andrai da nessuna parte. Dal 24 aprile ad oggi sono stato costretto a contattare e conoscere centinaia di persone, e vedo questo network crescere di minuto in minuto. Sicuramente ne uscirà qualcosa di buono!

 

Dove vedi il tuo futuro: in Australia, in Italia o altrove?
Il mio futuro spero sia ovunque nel mondo: sono un viaggiatore nato e ho un’insaziabile voglia di vedere e conoscere quante più cose possibili. Amo l’Italia, e rimarrà sempre il mio paese, ma lo vedo più come base d’appoggio che come casa stabile! Il mondo è troppo bello per non vederlo tutto!

 

Si è detto di come i giovani siano l’ “Italia migliore”, il vero motore della rinascita economica e culturale. Si è detto pure di come questo valga più che mai nel mezzogiorno, un’area che offre un ventaglio di opportunità che nascono dalla ricchezza ambientale, paesaggistica e culturale endemica al territorio.
Se inizialmente era il libero associazionismo a parlare della necessità di investire sulle nuove generazioni, e poche piccole realtà imprenditoriali facevano proprio il messaggio tramite iniziative individuali, meritevoli ma sporadiche, sembra ormai che la consapevolezza abbia  raggiunto anche i vertici politici, soprattutto i più lungimiranti a livello regionale, che come sappiamo è il piano fondamentale per le politiche di sviluppo locale, data la sua presa sul territorio.

Modelli di iniziative esemplari si diffondono sempre più tra le regioni del sud Italia.
Qui proponiamo un’analisi dimostrativa di una sperimentazione regionale efficace, senza pretese di esaustività  rispetto ad altre politiche del mezzogiorno.
Zoccolo forte dello stivale, la Puglia, tramite l’Assessorato alle Politiche Giovanili,  con l’ iniziativa “Bollenti Spiriti” stimola la  cittadinanza attiva dei giovani pugliesi, con ciò dimostrando un cambio di rotta rispetto al passato: non “sistemare” i giovani ma bensì valorizzarne le risorse.

Dal 2007 la regione attiva e sviluppa un insieme di interventi volti alla partecipazione dei giovani per la crescita del territorio. Le opportunità sono molteplici, e toccano tutti gli ambiti della realtà locale.

Fulcro del programma sono i bandi “principi attivi” miranti a finanziare iniziative giovanili attinenti la tutela e la valorizzazione del territorio (tramite progetti di turismo sostenibile e sviluppo urbano e rurale), lo sviluppo dell’economia della conoscenza e dell’innovazione, e  l’inclusione sociale, connessa ai temi della qualità della vita, della disabilità, dell’antirazzismo, delle pari opportunità, dell’accesso al lavoro e della legalità.

Proprio il valore della legalità è al centro dei maggiori dibattiti in tema di potenzialità di crescita del mezzogiorno. È il Rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) 2011 a illuminare ancora una volta sull’ intreccio tra mafia ed economia: un Pil in recessione e un’industria più sofferente che nel resto del Paese sono la diretta conseguenza della morsa delle mafie che soffocano ogni iniziativa e uccidono le speranze di sviluppo. La presenza della mafia determina infatti un’adverse selection, dovuta al fatto che le risorse umane con talento tendono ad andare altrove e le imprese oneste evitano di insediarsi nei territori in cui è radicata la presenza di organizzazioni criminali, e se pure scelgono di stabilirvisi la loro crescita è più lenta e svantaggiata rispetto alle aziende colluse con la criminalità.

La Regione Puglia si fa portavoce dei sentimenti delle giovani generazioni, che più delle altre sentono soffocante l’ingiustizia di questa realtà e percepiscono come la promozione di cultura e diritti sia uno strumento essenziale nella contrapposizione ai fenomeni mafiosi, dedicando al tema una specifica azione: il “cantiere della legalità”, un insieme di interventi  per la diffusione tra i giovani della cultura dell’antimafia sociale.

Obiettivo precipuo, lo sfruttamento economico e il riuso sociale di beni sottratti alla criminalità organizzata, tramite l’affidamento della gestione a imprese e associazioni che si impegnano ad attivare spazi creativi ed eventi di formazione e discussione sulle tematiche della legalità, della memoria e dell’azione non violenta, al fine di creare un movimento giovanile che si proponga la prevenzione del crimine organizzato.

Con “Libera il Bene”, iniziativa realizzata in collaborazione con l’Associazione Libera (Associazione Nazionale di promozione sociale),  la Regione invita il pubblico e il privato ad interagire e collaborare nella lotta alle mafie per scopi sociali, economici e di tutela ambientale, tramite il riuso dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Tale iniziativa si sostanzia in un finanziamento agli enti locali destinatari dei beni, concesso sulla base di un bando aperto a partecipazioni pubblico-privato: Comuni e Province attraverso una procedura di evidenza pubblica, individuano preliminarmente un’ipotesi di riutilizzo del bene e un soggetto gestore, col quale poi redigono una proposta progettuale di recupero, ristrutturazione e rifunzionalizzazione dei beni confiscati.

 Tra i vari progetti approvati il caso del MOMArt – Motore Meridiano delle Arti, non è soltanto il più famoso, ma anche il più innovativo, avendo avviato una nuova modalità di riuso sociale dei beni appartenenti alla criminalità organizzata, sequestrati ma non ancora confiscati.

Nato dagli spazi di un’ex discoteca (il Moma di Adelfia), i l MOMArt è il risultato di una collaborazione vincente tra il Teatro Kismet OperA e l’Associazione Libera, che ha visto crescere un hub creativo di produzione artistica del territorio, uno spazio performativo e un motore di relazioni internazionali.

Il caso del MOMArt è una brillante dimostrazione di come l’intraprendenza consapevole dei giovani sia capace di creare non solo concreti simboli di lotta alle mafie, ma anche opportunità di sviluppo sociale, economico e occupazionale del territorio.

Approfondimenti:
http://bollentispiriti.regione.puglia.it/
Libera il bene
MoMart

www.euraxess.it è un canale italiano, in lingua inglese, promosso dalla CRUI Foundation, un’organizzazione non-profit creata nell’ottobre del 2001 dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane al fine di promuovere lo sviluppo in ambito accademico, gestendo iniziative atte a supportare l’innovazione nel sistema universitario, in collaborazione con l’Università di Camerino e AREA Science Park. Il progetto è stato concepito per fornire informazioni e assistenza per la mobilità dei ricercatori in entrata e in uscita dall’Italia, fornendo una sorta di guida pratica alla gestione del trasferimento: come trovare un alloggio, la struttura del sistema scolastico, sistemi di supporto alla famiglia come la maternità, il sistema sanitario, corsi di lingua, sistema fiscale. Allo stesso modo il sistema prevede un servizio informativo per i ricercatori italiani intenzionati ad andare all’estero come: le ambasciate, i consolati e le dogane, gli istituti culturali, vademecum per viaggiare in sicurezza e gli uffici di rappresentanza permanente. È inoltre presente una sezione dedicata alle opportunità di lavoro che riporta le posizioni vacanti in ambito accademico, sia in Italia che all’estero, offrendo un dataset funzionale a gestire in modo efficace le pratiche di mobilità accademica. In quest’ottica si inserisce anche la pagina che raccoglie i principali programmi di mobilità connessi all’università: the Fulbright Program, the Marie Curie Actions, Erasmus Mundus Programme, Lifelong Learning Programme.
Il sito fornisce, inoltre, una serie di link diretti ai codici fondanti della regolamentazione della ricerca in Europa come La Carta europea dei ricercatori e il Codice di Condotta per la loro assunzione che tratta dei diritti e doveri del ricercatore ed è finalizzato ad accrescere il livello di occupazione e la qualità delle condizioni di lavoro del settore in Europa.
Oltre alle varie forme di assistenza online, i ricercatori che si spostano in Italia, possono usufruire di una serie di sportelli sparsi sul territorio (sette centri di servizio e otto punti di contatto locali): l’Apre (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea), il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e la Fondazione Bruno Kessler, che forniscono servizio di front office anche in 11 atenei Italiani, da Udine a Catania.
Il sito rappresenta dunque un’interessante opportunità per creare un vero e proprio Spazio Europeo della Ricerca, in ottemperanza alla legge 240/10, meglio nota come Riforma Gelmini, che, tra i vari articoli, stabilisce l’obbligo di promozione e pubblicazione della posizione vacante in ambito accademico per posizioni di professore o ricercatore a tempo determinato.

Scaduto il precedente Piano di azione UE 2003-2010, la Commissione Europea ha elaborato e inviato ai vari organi istituzionali comunitari, la nuova proposta di strategia per il 2010-2020, doc. COM 636, del 15/11/2010 riguardante il tema della disabilità.
Circa 80 milioni sono infatti i disabili nell’intero territorio europeo che pertanto necessitano di strumenti, linee guida e supporti (anche finanziari) affinché sia raggiunta la parità dei diritti e delle opportunità.
Il documento si collega, per la parte di sua competenza, alla comunicazione “Europa 2020” che ridefinisce la strategia dello sviluppo, basata su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in cui la solidarietà sociale occupa una posizione di rilievo all’interno delle singole economie locali.
Il punto centrale del documento comunitario 2010-2020 è la definizione di  una strategia efficace, coordinata e monitorabile che consenta in primis l’eliminazione delle barriere, essenzialmente fisiche. Per raggiungere tali obiettivi, Commissione ha proposto 8 campi di intervento: l’accessibilità, la partecipazione, l’uguaglianza, l’occupazione, l’istruzione e la formazione, la protezione sociale, la salute e le azioni esterne.

Vediamoli uno ad uno:
Accessibilità: uno scoglio ancora su molti fronti (mobilità, l’ICT, spazi urbani, ecc..). Impedire accessibilità significa impedire lo svolgimento di una vita “normale”, percepita come utopica. A tal proposito, la Commissione europea intende utilizzare una parte delle iniziative presenti nella già citata strategia “Europa 2020” che, a livello operativo, consta di 7 azioni faro tra cui troviamo l’Agenda Digitale e “l’Unione dell’Innovazione”, iniziative rispondenti a risolvere i problemi dell’accessibilità.
Partecipazione: partecipare alla vita pubblica e a tutte le sue espressioni culturali e civili è un diritto che per essere acquisito necessita di una visione unica di disabilità, in modo da eliminare ogni tipo di frontiera normativa nei diversi stati membri. L’eliminazione di ostacoli nei periodi elettorali, la fornitura di servizi il più possibile ad personam, garantirebbero un servizio sociale in grado di migliorare la qualità della vita.
Uguaglianza: oltre a verificare la fruibilità dei servizi, la Commissione europea attuerà iniziative in grado di sfavorire ogni tipo di discriminazione o di disparità a livello religioso, razziale o occupazionale.
Occupazione: in periodi di crisi, come l’attuale, la disabilità sembrerebbe pagare ancor più di altre limitazioni, la mancanza di lavoro. E d’altronde senza un’occupazione di qualità, il disabile  può cadere nello stato di povertà. La strategia europea mira dunque ad una forte sensibilizzazione delle imprese, ad una formazione mirata del disabile e alla presenza di figure di sostegno supportate dal Fondo Sociale Europeo.
Istruzione e formazione: molto elevata è la percentuale di descolarizzazione fra i disabili (37%) rispetto al valore (17%) degli altri studenti. Youth on the move (gioventù in movimento) è il progetto europeo che punta all’apprendimento permanente e quindi alla di una formazione di qualità.
Protezione sociale: servizi quali i programmi per la riduzione della povertà, l’alloggio sociale, la pensione, ecc.., sono necessità primarie a cui i disabili dovranno avere sempre più ampio accesso.
Anche su questo versante verrà impiegato il FSE, considerato lo strumento finanziario più adatto alla risposta di tali problematiche.
Salute: saranno garantiti e facilmente fruibili i servizi di base, specialistici con un accesso equo e finanziariamente sostenibile. Anche l’attenzione sulla sicurezza sul lavoro diverrà un elemento di fondamentale prevenzione in ambito dell’inserimento lavorativo.
Azioni esterne: ultima azione che l’Unione Europea dovrà produrre nella sua politica di allargamento, di sviluppo e di vicinato, è la valutazione delle norme riguardanti la disabilità presenti negli Stati che richiedono l’inserimento nella UE.

Punti determinanti, quindi, per lo sviluppo di una coscienza sociale dedita a riconoscere il disabile come una figura da tutelare e che merita attenzioni ulteriori rispetto agli altri cittadini. Certo, un periodo di 10 anni (2010-2020) è sicuramente molto ampio e gli scenari socio-economici variano in tempi brevi. Importante sarà prevedere delle valutazioni intermedie che andranno eventualmente ad adattare gli interventi ai mutati cambiamenti sociali. Le premesse, per il momento, lasciano ben sperare visto l’interesse che stanno incontrando negli ultimi anni le tematiche della Responsabilità sociale di impresa e, nel settore rurale, i nuovi servizi e le nuove possibilità di occupazione determinati dall’agricoltura sociale, presente nei piani regionali di sviluppo rurale, cofinanziati dal FEASR.
Forse, qualcosa accadrà.

Pizzi creati a mano, inserti preziosi, stoffe raffinate, tinture ricercate, lavorazioni sartoriali: un abito Haute Couture non può essere considerato semplicemente un vestito. E’ un’opera d’arte da indossare.
Siamo lontani anni luce dai prodotti a basso costo delle multinazionali dell’abbigliamento, diffusi ovunque e che facilmente si riconoscono nelle strade, indossati dai passanti. Stiamo invece parlando di creazioni uniche, riservate ad una ristretta élite di benestanti, che può soddisfare gli alti compensi necessari per acquistarli. Il mercato di queste ricercate opere sartoriali è soprattutto quello dei magnati russi, arabi e orientali, ma anche dei grandi nomi dello show biz, che ricorrono agli atelier di alta moda per vestire nelle grandi occasioni.
E c’è da riconoscere che, nonostante la crisi, il fatturato delle grandi maison non ha subito la generale flessione, registrando in alcuni casi persino una crescita, com’è accaduto alla Givenchy, guidata dal duo tutto italiano Tisci e Malverdi.
La Haute Couture è del resto il campo in cui gli stilisti possono esprimere al meglio la loro creatività, e i sarti e gli artigiani della moda la loro maestria. Dietro le creazioni proposte c’è infatti un lungo e certosino lavoro che ne giustifica gli alti prezzi e la ristretta produzione.
Non sorprenda dunque se sulla passerella sfilano abiti dalla discutibile portabilità ma dal sicuro effetto scenico, perché non siamo nell’ambito del pret a porter, dove la collezione deve seguire le richieste del mercato e le esigenze del consumatore: nell’Haute Couture non ci sono regole e la scena viene rubata dalla creatività e dalla sperimentazione dello stilista, insieme alla bravura dei sarti che confezionano i modelli. Pensiamo che una “doppia” petite robe noire, corredata da una mantellina confezionata con stecche di balena e decorata con rose in tulle, è la creazione firmata Valentino che si è aggiudicata il primato di abito più costoso (88 mila euro) della prossima stagione, mentre un abito della collezione primavera-estate 2010 ricamato con minipaillettes di specchio e ornato di fiocco ha impegnato per ben 700 ore i sarti della maison Chanel.
Non a caso la neopresidente dell’autorevole AltaRoma, Silvia Venturini Fendi, in occasione dell’inaugurazione della kermesse AltaRoma AltaModa, ha parlato della città capitolina come della capitale dell’artigianato, ritenendo le manifatture romane una garanzia di qualità e un valore aggiunto capace di rafforzare il made in Italy. Le dichiarazioni sono state certamente volte anche ad  un rilancio d’immagine del sistema moda romano, che ha purtroppo subito nel corso del 2009, una contrazione del 42,8% rispetto all’anno precedente, sebbene segnali incoraggianti arrivino dai primi dati disponibili per il 2010.
Proprio AltaRoma AltaModa ha dato poi nuova visibilità ai grandi maestri della stoffa: da Sarli a Gattinoni, da Balestra a Riva, da Curiel a De Biase. Questi nomi sono tra quelli che hanno saputo rendere grande la moda nostrana, fedeli a un concetto di qualità e impegno, di ricercatezza ed eleganza, che non hanno tempo. L’amore per la tradizione non ha tuttavia impedito loro di rinnovarsi e riproporsi nel panorama creativo, in una veste più decisa ed accattivante, che molto deve ad un lavoro di studio e ricerca, dai nuovi materiali a innovative tecniche sartoriali.
Si comprende allora come mestieri apparentemente vetusti come il sarto o il ricamatore, il tessitore o il tintore, il figurinista siano invece oggetto di grande richiesta negli atelier, dove l’innovazione e la ricerca rappresentano uno stimolo vitale per questo artigianato. Molti sono infatti i corsi di formazione che si stanno attivando proprio per ovviare alla carenza di personale specializzato e per formare nuove e giovani leve del cucito e non solo. E’ questa ad esempio una delle mission della Camera Europea dell’Alta Sartoria, nata nel 2007 proprio per salvaguardare e tramandare la più nobile tradizione, senza però perdere di vista le esigenze concrete del mercato del lavoro.
Se le varie scuole di moda e design pullulano di aspiranti creativi, più magre sono però le file dei giovani desiderosi di apprendere le arti del confezionamento di abiti o del ricamo, relegate ancora nelle mani esperte degli artigiani più anziani. Eppure la carenza di manodopera capace rende questo settore fertile di opportunità lavorative, come dimostrato dai numerosi annunci di offerte d’impiego, rappresentando un’occasione più unica che rara in tempi di diffusa disoccupazione.
L’Alta Moda fonda dunque la creatività, l’innovazione e l’originalità su solide basi, che pongono al centro la qualità del lavoro, l’attenzione al dettaglio e la ricercatezza nella realizzazione del prodotto, introvabili nelle confezioni industriali. Questi abiti, che racchiudono il lavoro e l’impegno di tante persone, che hanno reso la moda un’eccellenza italiana, potrebbero allora rappresentare un rilancio per l’artigianato e un importante sbocco per il futuro di molti giovani.

Competere per il talento

La transazione dei mercati verso un contesto globale e ipercompetitivo ha avuto importanti effetti sulle dinamiche interaziendali, imponendo un’evoluzione dei rapporti spaziali diconcorrenza e l’abbandono della mono-dimensionalità, cioè il riferimento competitivo a un dominio chiuso (Brondoni 2002).

Ogni impresa si trova oggi a concorrere con molti piùcompetitors rispetto al passato e a competere su più fronti, non solo per assicurarsi una maggiore quota di mercato cioè più clienti, ma anche per attrarre lavoratori capaci e motivati (Capelli 2008).

La competizione sul talento (Chambers et al. 1998) deriva dalla consapevolezza che le persone, con il loro patrimonio di capitale umano e sociale, possono rappresentare una risorsa critica per le organizzazioni (Costa e Gianecchini 2009).

Così come per competere con successo nel proprio business non basta più offrire al cliente solo un prodotto, ma sempre di più si richiede la capacità di proporre un’esperienza, anche sul mercato del lavoro la competizione tra imprese sembra si giochi sempre più non solo o non tanto sull’offerta di una data posizione lavorativa, ma di un’esperienza lavorativa che
sia di valore per il job seeker.

Negli ultimi anni, Internet si è rivelato un canale importante che le imprese possono utilizzare anche nelle attività di comunicazione con il mercato del lavoro e di ricerca di nuovo personale.

Il web site recruiting, e in particolare l’investimento in sezioni del sito denominate  “lavora con noi” o “lavoro e carriera”, si è dimostrato per le aziende uno strumento non solo in grado di aumentare l’efficacia e l’efficienza dei tradizionali processi di reclutamento, ma anche e soprattutto capace di rinnovare il recruiting, affermandosi come potente canale attraverso il quale veicolare il proprio employer brand (Ahlrichs 2000) e attrarre candidati con caratteristiche coerenti con l’organizzazione.

Questo articolo si focalizza sull’on-line attraction delle risorse umane, e in particolare sull’utilizzo del sito web aziendale come strumento di employer branding ovvero come canale, prima ancora che di ricerca, di comunicazione sul mercato esterno del lavoro dell’esperienza lavorativa che l’impresa può offrire.

Employer branding ed e-recruiting

Alla base dell’employer branding (Martone e Galanto 2008; Lizzani et al. 2008) c’è l’idea che l’impresa debba attrarre e fidelizzarei job-seeker e i dipendenti esattamente come fa con i propri clienti nella consapevolezza che, così come può perdere un cliente non attratto o insoddisfatto daun prodotto, allo stesso modo può lasciarsi sfuggire un candidato o un collaboratore deluso dall’incapacità dell’azienda di attrarlo, motivarlo e trattenerlo.

Nell’employer branding, il lavoratore è visto come un “job consumer” (Salvadeo 2008); l’impresa è chiamata a definire il suo candidato ideale incrociando i valori e i tratti dell’organizzazione con le aspettativedel mondo esterno e, di conseguenza, a posizionarsi sul mercato del lavoro con una propria immagine distintiva (brand).

Il concetto di employer branding enfatizza la dimensione relazionale del rapporto tra lavoratore potenziale o attuale e azienda, e si fonda appunto sulla capacità dell’organizzazione di far leva sul proprio brand per costruire il contratto psicologico (Rousseau 1995) e favorire il coinvolgimento e la soddisfazione dei collaboratori.

Company brand (immagine che il pubblico dei clienti hadell’azienda) e employer brand(immagine di cui l’impresa gode tra i lavoratori come datore di lavoro) sono due concetti distinti, ma correlati (Grout e Perrin 2002).

Se l’impresa vanta un company brand solido può valorizzare le caratteristiche dei prodotti-servizi dell’azienda e la sua immagine presso i clienti per puntare ad attrarre e trattenere persone che “vivono il brand”, integrando la comunicazione di marketing con le politiche delle risorse umane al fine di creare un “legame emozionale” (Reed 2001) con il lavoratore simile a quello che ha costruito con i suoi clienti. A tal proposito, indagini recenti rilevano che la brand attraction è uno dei fattoriprincipali nel determinare l’attrattiva di un’impresa sul mercato del lavoro, soprattutto nel segmento più giovane(Curiat 2009).

Se, al contrario, l’impresa non gode di un company brand forte e conosciuto, ad esempio perché è di piccola-media dimensione, dovrebbe costruire la sua notorietà e attrattività sul mercato del lavoro facendo leva su aspetti diversi che possono essere, però, particolarmente apprezzati dai lavoratori (ad esempio, la sicurezza del posto di lavoro piuttosto che un ambiente di lavoro positivo e stimolante).

L’employer branding costituisce presupposto e, al tempo stesso, complemento del processo di ricerca sul mercatodel lavoro, ossia dell’insieme delle attività finalizzate a entrare in contatto con candidati potenzialmente interessanti per l’impresa, tra le quali poter scegliere la persona da inserire nell’organizzazione.

Tra i canali possibili, Internet e,in particolare, l’e-recruiting (Capelli 2001, Pumilia 2003) sembrano costituire non solo un canale efficace ed efficiente ma ancheparticolarmente innovativo, in quanto strumenti che consentirebbero di rinnovare i processi di ricerca spostandoli da mere attività di reclutamento verso il talentscouting, inteso come ricerca continua di risorse eccellenti o ad alto potenziale sul mercato del lavoro (Scapolan 2009).

Le applicazioni di e-recruiting più diffuse sono i job board o career portal (portali web specializzati nell’incontro tra domanda e offertadi lavoro) e il web site recruiting, ossia l’utilizzo del sito web aziendale, in particolare delle sezioni “lavora con noi” o “lavoro e carriere”, non solo come canale per la raccolta di curriculume per la pubblicazione di annunci di posizioni vacanti, ma anche e soprattutto come strumento per comunicare i tratti distintivi dell’organizzazione, le peculiarità dell’azienda come datore e ambiente di lavoro, le politiche di gestione delle risorse umane e acquisire visibilità, notorietà e attrattività sul mercato esterno del lavoro.

Le sezioni “lavoro e carriere” sembrano, a questo fine, uno strumento, oltre che efficiente (per la riduzione dei costi e dei tempi), anche particolarmente efficace: esse, infatti, possono essere visitate non solo da lavoratori che cercano attivamente una nuova occupazione, ma anche da persone– i cosiddetti “candidati passivi” (figura 1) -che, navigando nel sito dell’azienda per altri motivi, per esempio per acquisire informazioni su un prodotto o un servizio, vengono in qualche modo attratti dagli spazi dedicati al lavoro nell’organizzazione.

L’efficacia del web site recriting comecanale per attrarre i lavoratori potenziali e ottenere candidature sembra dipendere da una molteplicità di fattori che riguardano, innanzitutto il contenuto (quantità e qualità delle informazioni veicolate), ma anche la “forma” e, in particolare, l’estetica del sito, la sua capacità di interazione e la sua “usabilità” (Cober et al. 2004), tutti aspetti che sono in qualche modo riconducibili alla capacità dell’impresa dicomunicare con i potenziali candidati in modo realmente efficace.

Da queste considerazioni deriva la consapevolezza di trattare il tema dell’employer branding e della ricerca sul mercato del lavoro non solamente come una problematica di human resource management, ma anche di marketing e soprattutto di comunicazione e di provare ad analizzare lo strumento dell’e-recruiting con le categorie della comunicazione web.

La comunicazione web: dal marketing relazionale all’employer branding

Come già accennato il recruiting è stato considerato tradizionalmente piùcome una problematica di gestione delle risorse umane che di marketing e di comunicazione. In realtà, però, le riflessioni sull’importanza di investire, prima ancora che nell’attività di ricerca di nuovo personale, nella costruzione di un employer brand da comunicare sul mercato del lavoro per rendere attrattiva l’azienda agli occhi del potenziale candidato, spinge ad analizzare la ricerca sul mercato del lavoro come un processo di comunicazione tra due attori, employer e job-seeker.

A livello teorico, i primi sviluppi chehanno portato alla creazione di modelli esplicativi del generico processo comunicazionale si sono avuti alla fine degli anni ’40: prima con lo scienziato sociale Harold Lasswell (1948), che sosteneva che lacomunicazione può essere descritta rispondendo ad alcune domande chiave (Chi? Cosa dice? A chi? Attraverso qualecanale? Con quali effetti?), in seguito (e soprattutto) grazie a Shannon e Weaver (1949), che proponevano un modello rimasto tutt’oggi esemplare per chiarezza e contenuti.

Questo modello è stato negli anni rivisitato, per renderlo maggiormente fedele alla realtà (nella quale i processi comunicativi non sono quasi mai unidirezionali, ma prevedono un feedback) e applicabile anche alla comunicazione d’impresa, in particolare a quella attuata tramite il web, resa possibile dall’espansione massiva di internet (1994-97).

La comunicazione tramite la rete (web communication) ha trovato le prime applicazioni nel business aziendale come strumento di marketing. Il potere della comunicazione di marketing effettuata con i media tradizionali era infatti ormai entrata in una fase matura, il divario tra cliente e organizzazione stava diventando sempre più marcato: le aziende, nel tentativo di riallacciare i rapporti con il primo, finivano con l’essere troppo invadenti, provocando un paradossale effetto di ulteriore allontanamento.

Proprio nel periodo di esponenziale diffusione di internet, vengono pertanto ripresi ed amplificati gli studi sul relationship marketing: vi è infatti una necessità sempre maggiore di attivare un nuovo rapporto con il cliente, più intimo ed amicale, tramite il quale passare dal concetto di target a quello di persone, termine capace di ‘trasferire un atteggiamento più umano dell’azienda nei confronti del mercato e dei propri pubblici, decretando definitivamente il passaggio dalla guerra alla collaborazione’ (Cova et al. 2007, p.77, corsivo degli autori). Viene pertanto abbracciata l’idea di un nuovo rapporto tra impresa e soggetto di riferimento, nella convinzione che il potere contrattuale sia ormai passato dalla prima alla seconda sponda: sono gli individui che possono ora permettersi di scegliere liberamente a quale organizzazione indirizzarsi.Questo è reso necessario ‘perché Internet funziona da campo di addestramento dove l’individuo può imparare a sviluppare una
forma nuova di rapporto con le aziende: un rapporto su base paritaria […]’ (ivi, p.204). L’obiettivo per le imprese diventa quindi quellodi relazionarsi e interagire, abbandonando l’approccio top-down e cercando un contatto che non sia necessariamente spot, che non sfoci obbligatoriamente nell’avvento effettivo della transazione.

Dall’interazione tra un marketing più “umano” e l’avvento del www nasce il Cluetrain Manifesto (1) (Locke et al. 2001), un set di 95 tesi pubblicate nel 1999 da un gruppo di comunicatori guidati da RickLevine, esperto consulente in materia. Il manifesto invita a rivoluzionare il linguaggio utilizzato dalle aziende per comunicare efficacemente nella nuova era digitale con i diversi pubblici di riferimento, ponendosi come guida in tal senso. In particolare, ai fini dell’analisi presentata in seguito, interessano soprattutto due tesi (tra parentesi le posizioni originali):
1. (1) I mercati sono conversazioni
2. (25) Le aziende devono scendere dalle loro torri d’avorio e parlare con le persone con le quali vogliono entrare in contatto

Si comprende come la web communication sia un processo dinamico e bilaterale, che differisce sostanzialmente dalla comunicazione scritta generalmente intesa (Bigi 2006): la prima deve infatti avere il tono informale della conversazione, in quanto, come sostengono i linguisti, ‘internet fondamentalmente è un luogo di simulazione di discorsi parlati’ (ivi, p.3). Risulta naturale che ‘le imprese che non sono in grado di entrare nelle comunicazioni fra persone, cioè che nonsanno parlare il linguaggio dei propri mercati, sono destinate, secondo gli autori del Manifesto, all’emarginazione’ (Cova et al., ibidem, p.79).

Tali considerazioni, originariamente formulate riferendosi al mercato dei clienti-consumatori, possono di fatto essere applicate a tutti imercati, anche a quello del lavoro.

Il processo di digitalizzazione si è, così, in breve tempo esteso anche alla gestione delle risorseumane, portando con sé non solo gli strumenti e le tecnologie, ma anche le logiche di base appena citate.

Coerentemente con l’idea dell’employer branding, infatti, le imprese cercano sempre più, anche grazie a Internet, di relazionarsi e interagire con i loro dipendenti attuali e potenziali, e nei processi di ricerca di nuovo personale tentano sempre più di impostare la comunicazione con il job-seeker superando la monodirezionalità in favore della dialogicità
(comunicazione a due vie).

L’efficacia delle sezioni “lavora con noi”

Nel presente articolo si è sottolineato come la convergenza tra i processi di recruiting e la diffusione di Internet abbia dato vita, negli ultimi anni, alla pratica dell’e-recruiting.
La breve sintesi sull’evoluzione della comunicazione insieme all’esigenza di valutare concretamente l’efficacia del web-site recruiting come strumento efficace di employer branding e di scouting spingono a provare ad analizzare i processi di recruiting on line facendo riferimento alle categorie analitiche della comunicazione tramite il web.

(1)http://www.cluetrain.com/

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Nota: Questo articolo è pubblicato su www.ticonzero.info

artigianato_immagineL’artigianato è stato troppo spesso rappresentato nel dibattito economico e sui media come area residuale, come sopravvenienza economica contribuendo allo sviluppo di un’immagine dell’artigianato un po’ romantica, polverosa, con scarso piglio imprenditoriale, come semplice fenomeno di folklore.
Il settore dell’artigianato sta però vivendo in questi anni una “seconda giovinezza”. Non solo è il motore di una parte rilevante dell’economia del nostro Paese – concorre infatti alla formazione del PIL per il 15% ed è composto da circa 1.400.000 imprese che rappresentano il 33% del numero complessivo a livello nazionale – ma rappresenta anche un importante antidoto contro il taylorismo imperante e per alcuni tipi di lavorazioni e prodotti (maglieria, pelletteria, calzature, mobili) che richiedono una forte dose di personalizzazione creativa, è una vera e propria riserva di vitalità produttiva e commerciale che il mondo continua a riconoscere come un segno distintivo del Made in Italy. La qualità del nuovo artigiano, sia che lavori all’interno delle imprese o che costituisca un soggetto autonomo, è diversa da quella di vent’anni fa. Le differenze sono due: tradizione e uso delle nuove tecnologie convivono infatti in modo virtuoso e inoltre le imprese artigiane devono sapersi inserire in reti produttive articolate dove l’artigiano, parte di un processo produttivo più ampio centrato su aziende di media e grande
dimensione, completa e “personalizza” gli oggetti realizzati con logiche industriali “standard”.
La crescente rilevanza della cultura del saper fare, le nuove forme di manualità che personalizzano i prodotti rendendoli meno anonimi e massificati, l’esigenza di un controllo completo del ciclo produttivo, la coscienza ecologica come trend di lungo periodo rafforzano l’importanza delle “qualità artigianali” dell’oggetto prodotto e del soggetto artigiano le cui caratteristiche distintive e valori etici – il lavoro e l’autonomia, la responsabilità individuale (“sono quello che faccio”), l’integrazione sociale, la solidarietà e la cooperazione, la collaborazione con il lavoro dipendente – trascendono lo specifico settore dell’artigianato e assumono sempre più il ruolo di nuovo paradigma del lavoro creativo contemporaneo.
Il settore dell’artigianato potrebbe beneficiare in grande misura dall’attivazione di specifiche politiche per la “classe creativa” e da investimenti mirati sul capitale umano e giovanile che supporterebbero il processo di innovazione delle imprese artigiane incrementando la “visibilità” e la cultura dell’essere artigiano e creando una vera consapevolezza del valore dei saperi artigiani e del loro “posizionamento” sociale soprattutto tra i giovani. Una prima serie di iniziative, da intraprendere in logica modulare e integrata sono: 
Innovare nella forma: sviluppare meccanismi che facilitino i processi ispirativi (grazie anche alle nuove tecnologie digitali). La “maestria” non dipende infatti solo dalla manualità ma richiede molta conoscenza – spesso tacita e non facilmente codificabile – che richiede un misto di trasferimento codificato, formazione, comunicazione, passa/parola informale
Innovare nella “funzione”: portare – tramite formazione e affiancamento – la cultura e i metodi del (nuovo) design nel mondo artigiano contaminando i vecchi saperi con le nuove competenze (scenario analysis & trend setting, design thinking, management, organizzazione dei processi produttivi, web marketing, eCommerce) e forzando una comprensione più profonda del contesto in cui si opera, dei materiali impiegati e soprattutto dell’utente
Innovare nei materiali: creare un centro di competenza che monitori i nuovi materiali e ne diffonda le specificità e caratteristiche, consentendo agli artigiani di sperimentare direttamente la loro manualità su materiali che offrono prestazioni completamente diverse. 
La Camera di Commercio di Reggio Calabria ha recentemente lanciato un gruppo di iniziative integrate fra loro per cogliere con tempestività le attuali opportunità e rafforzare il settore produttivo artigianato della provincia. La modalità di interventi prescelta è quella della ricerca azione e il valore innovativo di queste proposte risiede non solo nella parte “visibile” del progetto ma anche nel processo sistemico innescato che mira alla definizione di una “cassetta degli attrezzi” strategica e facilmente replicabile – opportunamente adattata – ad altri contesti territoriali.
Le prime iniziative – identificate sulla base dei risultati di una specifica analisi svolta sul contesto territoriale – prevedono: Workshop e iniziative formative per le imprese artigiane e gli operatori del comparto – dedicati al settore della ceramica, della lavorazione pietra e marmo; della lavorazione legno e della lavorazione metalli – all’interno dei quali saranno trattate le tematiche dell’innovazione di prodotto, di processo, di marketing e distribuzione e l’innovazione negli strumenti di supporto ai processi ispirativi; Programma di affiancamento di designer e neolaureati alle imprese artigiane locali che affiancheranno l’imprenditore in uno specifico progetto supportandolo nella generazione di idee progettuali innovative e nella corretta applicazione dei principi del design strategico alla produzione e commercializzazione dei propri prodotti; il “Premio prodotto e progettazione innovativa” nell’artigianato artistico e tradizionale.

La nascita di NABAStore, temporary shop dedicato alle creazioni di arte, design e moda di studenti e docenti dell’esperienza milanese NABA, e la presenza in ArtVerona di quest’anno della sezione On Stage rivolta all’arte giovane ed a baby galleristi, sono notizie confortanti in tema di opportunità legate alla affermazione concreta di giovani talenti.
Se NABAStore si concentra sul modello della performance e della “messa in scena” nel quale è possibile accostarsi direttamente al processo creativo dei giovani autori quasi seguendo una sorta di “drammaturgia” per poi attivarsi nell’acquisto, diverso è l’approccio di On Stage, curata da Andrea Bruciati, che mostra nove piccole personali di artisti non oltre i 40 anni, le cui opere sono preventivamente acquistate da compratori privati, con l’impegno di darle in comodato d’uso a strutture istituzionali come Musei di Arte Contemporanea.
Queste due esperienze confermano che il ruolo di palcoscenico svolto da strutture come festival, fiere e contenitori culturali per rendere visibili creazioni e personaggi, così come quello di “vivaio” di idee e personalità da parte del mondo della formazione, ancora del tutto inadeguato in tal senso, vanno legati virtuosamente in un maggiore aggancio con il sistema e con il mercato delle istituzioni e dei pubblici di riferimento.
Rielaborare alcune modalità praticate in altri contesti dell’innovazione, come nel caso di alcuni incubatori di impresa scientifico-tecnologici, punte di diamante di diverse Università italiane, o finalizzare parte del sostegno pubblico a progetti ed attività che insistano su questo aspetto potrebbe essere un bel modo per valorizzare un potenziale inesplorato, dando un contributo al ricambio generazionale del mondo dei creativi.
Lucio Argano insegna gestione della cultura a Roma Tre ed è coordinatore del Festival del Film di Roma

Informazione e orientamento sui programmi promossi dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa rivolti ai giovani. È quello che detto in maniera sintetica offre il sito Eurodesk.it. In maniera più esplicita si traduce in offerta di una miniera di informazioni. Tutto quello che propone il sito è visibile a colpo d’occhio dall’homepage. La parola chiave per comprendere appieno Eurodesk è opportunità. Presenta infatti tutte le occasioni che la comunità europea intraprende per i propri giovani a proposito di studio, lavoro, formazione, volontariato, conoscenze, esperienze.
La navigazione del sito non potrà assolutamente prescindere da una cliccata alla sezione Servizi.
Interessano le segnalazione di eventi e iniziative europee di interesse giovanile? Andate nella sezione Iniziative giovanili. Siete alla ricerca di opportunità di studio e lavoro nei 27 paesi comunitari? Leggete Bandi e opportunità di finanziamento, sezione aggiornata mensilmente che offre una panoramica sulle opportunità di finanziamento. Oppure ci si può iscrivere alla Newsletter mensile. Oltre a questi strumenti informativi fruibili on line, il sito prevede anche la somministrazione di servizi informativi personalizzabili, come la Richiesta Informazioni, un form on line per avere ragguagli su bandi, scadenze, programmi su circa 200 iniziative comunitarie di interesse giovanile. Se la “disponibilità” informativa non sembra sufficiente, esistono un numero verde nazionale e un elenco di PLD Eurodesk, ovvero una rete di Punti Locali Decentrati  dislocati su tutto il territorio nazionale. L’Italia, primo Paese per numero di Punti Locali Decentrati (attualmente 111), è anche l’unico ad aver avviato la sperimentazione, coordinata direttamente da alcuni Punti Locali Decentrati, di una rete territoriale di enti/strutture/centri (Antenne Territoriali Eurodesk) che, ancora più capillarmente, offrono informazione e orientamento sui programmi comunitari per i giovani.Un sistema che prevede che le reti locali, come si potrà evincere dalla sezione Databse del sito, utilizzino una intranet nazionale dedicata per comunicare e condividere le attività e per fornire dati aggiornati. È da poco più di 10 anni (dal 1997) che, insieme ad altri 7 Paesi europei, l’Italia ha avvia il servizio di informazione ed orientamento dei giovani sulle opportunità europee e dal 1999 ogni Paese membro della rete Eurodesk ha  implementato una rete nazionale di Punti Locali Decentrati.
Ritornando al sito, altro punto forte è la presenza di notizie sempre aggiornate sui temi di cui la struttura del programma comunitario Gioventù in Azione si occupa. Ultima novità in ordine cronologico è una sezione informativa che utilizza la piattaforma di messaggistica on line Twitter.
Molti meriti al sito, quindi. Non solo informa ma opera uno sforzo indispensabile di decodifica delle informazioni europee quali bandi, formulari, ecc che oggettivamente non è facilissimo comprendere per un non addetto ai lavori.

lavoroturismoCercare (e offrire) lavoro nel settore turistico è ora più facile, grazie alla presenza in rete del sito www.lavoroturismo.it, sito della società Formazione Lavoro Turismo. A garanzia della serietà della società si legge che è anche iscritta all’Albo delle Agenzie per il Lavoro. Se si vuole lavorare in hotel, ristoranti, agenzie viaggio, tour operator e imprese turistiche in genere è il sito che fa per  voi. Un sito semplice e chiaro nella sua organizzazione interna, con cinque sezioni fondamentali: in Presentazione si possono reperire le informazioni autoreferenziali, mentre nelle altre quattro si offrono strumenti differenziati e utilissimi alla ricerca e all’offerta. In-Formazione, come si può intuire dal nome, propone una serie di corsi di formazione e di aggiornamento, master e quanto altro il mondo professionale turistico possa proporre; ma anche libri consigliati, link ed eventi per sperimentare e testare il proprio grado di interesse per il settore lavorativo.
La specialità del sito è chiaramente la sezione  Ricerca lavoro, in cui è possibile effettuare una ricerca (per settore, per regione, per area operativa, ecc…) ;  se poi la selezione dovesse includere troppi risultati, si accede ad una seconda selezione più restrittiva. La ricerca avviene tra le offerte di oltre 2.000 aziende clienti! Inoltre, tramite questa sezione è possibile attivare gli Job Alert ma anche consultare i Consigli Utili. Le ultime due seizoni sono riservate agli iscritti: Io CandidatoIl mio curriculum. I candidati registrati sono oltre 50.000.  Ma non finisce qui…per il sito, on line dall’ormai lontano 2000, nel prossimo futuro è prevista l’introduzione di servizi che metteranno in contatto le persone tra di loro e anche con le aziende, e vedranno al partecipazione diretta degli utenti alla vita del sito.

youth-pressProfilo tipo di un “giovane” giornalista italiano? Almeno over 30, più facile se “figlio d’arte”. Una realtà provinciale, tutt’altro che uniforme alla media europea, dove l’accesso alla professione avviene in età “giovane” (almeno al di sotto dei 30 anni), e le prime esperienze si svolgono di solito già al momento di frequentare le scuole superiori, per poi proseguire a livello professionale. Parola di Youth Press Italia, associazione di giovani giornalisti e media makers italiani (14-30 anni), primo partner e membro osservatore italiano di European Youth Press (www.youthpress.org), nata qualche mese fa con l’obiettivo di promuovere la formazione al giornalismo, e la nascita, la collaborazione e la crescita del giornalismo e dei media giovanili in Italia, e in particolare di sostenere la partecipazione e l’integrazione dei giovani nel panorama mediatico nazionale ed europeo.
Youth Press Italia è nata nel 2008 dall’incontro di un gruppo di ragazzi italiani con l’associazione European Youth Press nel corso dell’annuale European Youth Media Days. Proprio nei giorni scorsi, al Festival del giornalismo di Perugia, è stata presentata ufficialmente alla stampa (è il caso di dirlo) e al pubblico nel corso di un incontro sul giornalismo europeo.
Il sito web, on line da poco e per questo ancora poco nutrito a livello di contenuto, è la porta di accesso all’associazione e alla sua attività.  Qualunque giovane giornalista può farsi avanti ed entrare a far parte di questo network italiano con due piedi in Europa, per cogliere le numerose opportunità offerte. Oltre alla segnalazione di occasioni di stage, proposte formative o di premi che l’Associazione seleziona e lancia ai suoi iscritti  – sempre europee o riferite al contesto del bacino del mediterraneo – si può leggere di incontri dedicati ai temi dell’informazione e del giornalismo.
Per aggiungersi ai circa 50mila giovani giornalisti di 18 nazioni europee del network European Youth Press, basta leggere lo Statuto e inviare una mail al consiglio direttivo.